di Fulvio Vassallo Paleologo
1, Un governo di guerra sta facendo di tutto per rinnovare tacitamente gli accordi per bloccare le partenze dei migranti in cerca di protezione, per chiudere ogni via di fuga. Oggi con la Turchia di Erdogan, domani con uno Stato fallito senza un governo unitario come la Libia. Le violazioni dei diritti umani e la cancellazione del diritto di asilo non contano più. Da anni rmangono inascoltate le durissime critiche del Consiglio d’Europa e delle Nazioni Unite ad accordi che l’Italia ha perfezionato con la Libia con il Memorandum d’intesa del 2017, ma che in realtà prendono avvio nel 2004, con le prime intese sui respingimenti collettivi da Lampedusa, ed hanno una significativa svolta operativa con il Protocollo di polizia, definito come “aggiuntivo tecnico-operativo” stipulato nel dicembre 2007 dal governo Prodi, poi confluito nel Trattato di amicizia e cooperazione tra Italia e Libia firmato nel 2008 da Berlusconi e Gheddafi. Accordi confermati ed aggiornati nel 2012, dopo le primavere arabe e la caduta di Gheddafi, dal governo Monti con il ministro dell’interno Cancellieri che andava e veniva da Tripoli. La sedicente Guardia costiera libica è così cresciuta grazie alle donazioni di motovedette provenienti dall’Italia e dai suoi diversi governi nel tempo. Tutti dovrebbero sapere come si sono utilizzate quelel motovedette, e quante vite si sono perse a causa della loro presenza. Lo scorso anno oltre 30.000 persone sono state intercettate in acque internazionali e rigettate nei lager libici dai quali erano fuggite.
Un rapporto sulla Lbia, redatto da un gruppo di esperti delle Nazioni Unite, documentava igià nel 2017 come ” gruppi armati, alcuni dei quali hanno ricevuto un mandato o almeno un riconoscimento dalla Camera dei rappresentanti o dal Consiglio di presidenza, non sono stati sottoposti a un controllo giudiziario significativo. Ciò ha ulteriormente aumentato il loro coinvolgimento nelle violazioni dei diritti umani, inclusi rapimenti, detenzioni arbitrarie ed esecuzioni sommarie. I casi indagati dal gruppo comprendono abusi”. Secondo lo stesso rapporto, “Abd al-Rahman Milad (alias Bija), e altri membri della guardia costiera, sono direttamente coinvolti nell’affondamento delle barche dei migranti usando armi da fuoco. A Zawiyah, Mohammad Koshlaf ha aperto un rudimentale centro di detenzione per i migranti nella raffineria di Zawiyah. Il gruppo di esperti scientifici ha raccolto informazioni su abusi contro i migranti da parte di diverse persone (cfr. Allegato 30). Inoltre, il gruppo di esperti scientifici ha raccolto notizie di cattive condizioni nei centri di detenzione dei migranti a Khums, Misratah e Tripoli. Secondo lo stesso rapporto “il capo della guardia delle strutture petrolifere di Zawiyah, Mohamed Koshlaf, noto anche come Kasib o Gsab (v. punti 105 e 258), è coinvolto nell’approvvigionamento di carburante per i trafficanti. Comanda anche la cosiddetta milizia Nasr.81 Suo fratello, Walid Koshlaf, noto anche come Walid al-Hadi al-Arbi Koshlaf, gestisce la parte finanziaria dell’azienda. Il capo della guardia costiera di Zawiyah, Abd al-Rahman Milad (alias Bija) (vedi anche punti 59, 105 e 258), è un importante collaboratore di Koshlaf nel settore dei carburanti.” Eppure, malgrado questo Rapporto dell’ONU, il Memorandum d’intesa del 2 febbraio 2017 veniva concluso ed attuato proprio contando sull’appoggio di quelle milizie di Zawia che i rapporteurs dell’ONU avevano indicato come collusi con le organizzazioni criminali.
E’ rimasta del tutto inascoltata la Commissaria ai diritti umani del Consiglio d’Europa Dunja Mijatovic che già nel 2019 chiedeva di “sospendere ogni collaborazione con la Libia e fare in modo che il meccanismo per gestire congiuntamente sbarchi e ridistribuzione dei migranti porti anche alla “creazione di un sistema a lungo termine e ambizioso per diminuire la pressione dei flussi migratori su certi Stati come Italia, Grecia e Malta”. Secondo il Commissario,“oggi gli Stati Ue hanno la possibilità di prevenire nuovi disastri umanitari decidendo di sospendere ogni collaborazione con le autorità libiche che implica il ritorno in Libia dei migranti intercettati in mare, sino a quando il Paese non darà chiare garanzie sul pieno rispetto dei diritti umani”. Ancora oggi le autorità marittime italiane (e maltesi) collaborano attivamente con la sedicente guardia costiera “libica”, nella finta zona di ricerca e salvataggio che, su spinta dell’Italia, il governo di Tripoli ha istituito nel mese di giugno del 2018, con una comunicazione all’IMO (Organizzazione internazionale del mare).
Purtroppo l’Unione Europea, dagli infami accordi del 2016 con la Turchia di Erdogan, fino ai più recenti finanziamenti al Marocco, continua a confermare nei fatti le politiche nazionali basate sugli accordi bilaterali, e sulla esternalizzazione dei controlli di frontiera e dei respingimenti collettivi, su cui si fonda la strategia del Piano europeo sulle migrazioni del 2020.
Dopo il rinnovo tacito del Memorandum del novembre 2019 il prossimo 2 novembre si andrà all’ennesimo rinnovo tacito, e poi interverranno le camere per finanziare gli accordi e definirne il quadro politico complessivo. Su questo non si possono attendere sorprese dai partiti di governo, malgrado le recenti fibrillazioni che, dopo le ulrime elezioni, hanno spaccato partiti e movimenti.
2. Si nasconde agli italiani la portata della crisi libica ed il ruolo sempre più determinante della Russia che influenza il governo di Bengasi e condiziona le scelte di tutti gli attori del teatro di una guerra strisciante, civile ed economica, malgrado le tregue periodicamente dichiarate, che continua ad affliggere un paese praticamente diviso in tre parti (Tripolitania, Cirenaica, Fezzan). Dietro il mantenimento degli accordi con i libici si cela uno dei più grandi fallimenti della politica estera italiana, che non riesce a bloccare le partenze dei migranti, non garantisce la continuità della produzione e della commercializzazione del petrolio libico, ed al contempo è sempre più inserita nelle logiche di guerra che dilaniano il paese, sempre ostinatamente, dalla parte sbagliata. Dalla parte di chi non riconosce i diritti umani delle persone migranti e degli stessi libici, come è dimostrato dalla repressione violenta che segue ad ogni azione di protesta e dall’attacco all’ambasciata italiana a Tripoli.. Ma si trattava di “proiettili vaganti”, per certa stampa italiana.
Occorre prendere atto che dopo l’intervento nel 2020, a difesa di Tripoli, contro gli attacchi del generale Haftar. già sostenuto dagli egiziani e dai russi, la Turchia ha una posizione di predominio sulle politiche del governo di Tripoli, ed estende la sua influenza alle zone marittime di maggiore interesse commerciale. Il ruolo dell’Italia nel controllo della Marina militare e della Guardia costiera libica è ormai marginale, e si inserisce all’interno di rapporti di comunicazione che portano alla delega di respngimenti collettivi alle motovedette che partono dalle coste della Tripolitania, assai più di rado dalla Cirenaica. La Turchia ha ormai il coordinamento e cura la formazione della Guardia costiera libica, ed ha aperto una sua base navale nel porto di Khoms.
Sono finiti i tempi in cui il coordinamento della sedicente Guardia costiera libica veniva operato dalla plancia delle navi militari italiane di base nel porto militare di Tripoli (Abu Sittah), nel qudro della missione NAURAS. Per nascondere questa realtà e non fare arrivare migranti in Italia qualcuno ha ritenuto che era meglio allontanare le ONG dal Mediterraneo centrale, ad ogni costo e con tutti i mezzi, anche giudiziari, e questo ha avuto un costo umano che non si può neppure misurare.Ma soprattutto, mentre ci si accaniva nella “guerra” contro i soccorsi umanitari, guerra che con toni diversi prosegue ancora oggi, non si coglieva quanto stava succedendo in Libia, o si cercava di nasconderlo a tutti i costi.
La ricerca del sostegno di regimi autoritari che cancellano i diritti fondamentali della persona, riconosciuti dalle Convenzioni internazionali, costituisce ormai una costante delle politiche italiane, ossessionate dalla ricerca di risorse energetiche sostitutive di quelle bloccate dalla Russia, ma anche orientate alla cancellazione del diritto di asilo in Europa, ed alla pratica occulta dei respigimenti collettivi illegali delegati ai paesi terzi e della detenzione amministrativa arbitraria in lager invisibili ai confini esterni dell’Unione Europea.
Rimangono inascoltati tutti gli appelli provenienti dalle Organizzzioni inrernazionali, da ultimo dell’OIM, per una qualsiasi tutela dei diritti umani dei migranti intrappolati in Libia. L’impegno, più volte assunto dal ministro degli esteri Di Maio di negoziare con il governo di Tripoli clausole di rispetto per i diritti umani, è rimasto soltanto sulla carta. Come è successo nei rapporti con altri paesi terzi che violano sistematicamente i diritti umani, come Turchia ed Egitto, ma con i quali si concludono o si rinnovano accordi per bloccare quella che viene definita soltanto come “immigrazione clandestina”. Eppure la Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951 impedisce di considerare “illegali” le persone che arrivano in frontiera per chiedere asilo e di effettuare respngimenti verso paesi terzi che non riconoscono effettivamente il diritto di asilo (art.33), come la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (art. 19) e la Convenzione europea a salvaguardia dei diritti dell’Uomo, con il Quarto Protocollo allegato alla CEDU (art.4), vietano i respingienti collettivi. Ormai per i giverni europei, e per le forze di polizia di frontiera che ne eseguono gli ordini, come FRONTEX, queste Convenzioni sono diventate carta straccia.
3. Occorre una grande risposta di mobilitazione civile, in un momento in cui in Parlamento rimane ,consolidata dall’emergenza guerra, una maggioranza trasversale che certamente riuscirà a rinnovare il Memorandum d’intesa Gentiloni-Minniti del 2017, in un momento in cui si sceglie il regime di guerra con tutti i poteri affidati all’esecutivo, e con un Parlamento ridotto d organo di mera ratifica, per affrontare tutte le questioni di politica estera. Regime di guerra che è stato alimentato per anni dalla diffusione sistematica della paura dei migranti, paura dell'”invasione” di chi cerca soltanto un rifugio, una possibilità di sopravvivenza. Il governo Draghi rimane nel solco della narrazione tossica delle migrazioni attraverso il Mediterraneo centrale che nel 2019 portava al Decreto sicurezza bis, n.53/2019, imposto dall’ex ministro dell’interno Salvini. Per il ministro dell’interno Lamorgese e per i comandi della Guardia costiera i soccorsi nelle acque internazionali non sono eventi SAR di ricerca e soccorso, ma soltanto eventi di immigrazione irregolare. Per i quali non ricorrerebbero situazioni di distress (pericolo) ed obblighi di interveto immediato degli Stati che ne vengono informati. Anche se tutti dovrebbero riconoscere che le imbarcazioni sulle quali sono caricate i migranti spediti verso l’Italia sono sovraccariche e possono affondare al minimo imprevisto. Non sappiamo davvero quanto nell’attuale contesto politico possano valere gli appelli al Parlamento. Forse occorre promuovere iniziative dal basso, di segno diverso e maggiormente incisive per il coinvolgimento diretto dei cittadini solidali.
Non si può prevedere oggi quanto i cittadini solidali possano incidere sulle prossime scadenze elettorali, ma un vasto fronte di opposizione agli accordi che non rispettano i diritti umani , se sarà capace di aggregazione e di comunicazione, potrà fare cadere alibi ed ipocrisia, dentro e fuori il Parlamento. E” tempo di fare pagare il prezzo che merita, in termini di caduta di consenso, chi vota per il rinnovo di accordi che finora hanno significato il rafforzamento della corruzione e delle milizie colluse con i trafficanti in Libia, morte per omissione di soccorso in mare e per abbandono nel deserto o nei centri di detenzione libici, che tutte le principali istituzioni internazionali definiscono come lager. Accordi che nel nostro paese hanno avuto un gravissimo effetto “(de)costituente”, con lo smottamento sempre più irreversibile dei principi basilari di uno Stato democratico, verso la cancellazione sostanziale di valori fondamentali sanciti dalla Costituzione, con lo svuotamento della portata degli articoli 3,10,11,13,24 e 32.
Una svolta reale, forse, si potrà avere soltanto quando le politiche di guerra, spacciate per lotta al’immigrazione illegale, nel Mediterraneo, o nei Balcani o ai confni orientali dell’Unione europea, avranno ricadute negative sulla vita dei cittadini europei, magari per il restringimento delle fonti energetiche, con un ulteriore rialzo dei prezzi. La politica di guerra alle migrazioni si è trasformata oggi in politica di guerra a tutto campo, in tutte le relazioni internazionali. La crisi al confine tra Bieorussia e Polonia, ancora oggi non risolta, è stata soltanto una anticipazione dell’invasione dell’Ucraina. Ovunque prevale la logica di guerra. Con una ricaduta sul tenore di vita delle famiglie che non sarà facilmente riducibile alla logica del “capro espiatorio”. Soltanto allora, forse, si capirà quanto il regime dei muri di frontiera e degli accordi con paesi terzi che non rispettano i diritti umani, oltre ad agevolare l’illegalità nei paesi di origine e transito, senza ridurre in alcun modo gli ingressi irregolari, potrà avere pesanti ripercussioni sulle prospettive di vita,di convivenza e di coesione sociale di tutti coloro che vivono nella vecchia Europa. Che si condanna in questo modo all’isoilamento e per questo non avrà alcun futuro. Nel frattempo pero’, altre migliaia di persone perderanno la vita o saranno abusate nei campi di detenzione libici e sulle rotte del Mediterraneo centrale.
Occorre andare oltre la cancellazione del Memorandum d’intesa Gentilon Minniti con il governo di Tripoli. In ogni caso, come priorità assoluta, vanno evacuate tutte le persone a rischio di tortura o di arresti arbitrari oggi presenti in Libia. Questo impegno va messo al centro di un processo di riconciliazione in Libia che, dopo il fallimento delle elezioni del 24 dicembre 2021, possa superare la situazione di stallo, sempre vicina allo scontro armato, che i migranti in transito continuano a subire ancora oggi, peggio del resto della popolazione civile residente, in Tripolitania, in Cirenaica, nel Fezzan, regioni libiche mai tarnto divise, malgrado i tentativi di riunificazione. Per andare in questa direzione, per una prospettiva di pace in Libia, e non solo, rimane fondamentale il coinvolgimento dell’Unione Europea, con un superamento degli accordi bilaterali con i paesi terzi che negano i diritti fondamentali delle persone. Anche se i governi si stanno muovendo in una direzione opposta, all’interno di una logica inter-governativa, e di accordi regionali, adducendo lo “stato di emergenza” derivante dal conflitto Russo-Ucraino, è proprio questa tragica vicenda di guerra all’interno dell’Europa che cambierà per sempre la cd. “dimensione esterna” dell’Unione Europea, che dovrebbe condurre a politiche alternative, di pace e di inclusione, rispetto a quelle praticate fino ad oggi, con gli esiti che sono sotto gli occhi di tutti.