di Fulvio Vassallo Paleologo
Aggiornamento importante del 27 gennaio 2022, Giorno della Memoria
La rotta libico-tunisina uccide ancora. Per sfuggire ai controlli di Frontex e dei guardiacoste linici assistiti dall’Italia, le imbarcazioni cariche di migranti partite dalla Tripolitania navigano al confine tra la SAR libica e le acque territoriali tunisine nel tentativo di raggiungere la zona SAR maltese, che nessuno controlla.
Naufragio al largo della Tunisia, un barcone partito ieri dalla Libia è affondato durante la traversata. I #migranti a bordo erano 70,al momento solo 34 i sopravvissuti,soccorsi dalle autorità tunisine.6 i cadaveri recuperati. I dispersi sarebbero 30, ma continuano le ricerche.
(ANSAMED) 27 JANUARY, 17:28 ZARZIS – Six migrants drowned and another 30 are missing after their boat sank off the Tunisian coast while trying to reach Europe, said local authorities and the Tunisian Red Crescent.
Another 34 migrants were rescued by Tunisian Coast Guard units after the boat sank off Zarzis near the Libyan border, Tunisian Defense Ministry spokesman Mohamed Zekri said.
According to survivors, there were 70 people on the boat when it left Libya, including Egyptians, Sudanese and one Moroccan.
A search operation is still underway for the missing.
The survivors were taken to a port in Ben Guerdane, said Tunisian Red Crescent official Mongi Slim.
1. Secondo quanto comunicato dalla Guardia costiera italiana nelle prime ore di martedi’ 25 gennaio, “due motovedette della Guardia Costiera sono intervenute per trarre in salvo 280 migranti presenti a bordo di un barcone di 20 metri, a circa 20 miglia a sud dell’isola di Lampedusa, in area di responsabilità SAR italiana. L’evento era iniziato diverse ore prima in acque territoriali tunisine. Le autorità tunisine avevano da subito coordinato le operazioni inviando in soccorso del barcone alla deriva una nave, che nelle successive attività di ricerca non individuava l’unità in difficoltà.
Nelle ore seguenti il barcone, che verosimilmente aveva ripreso la navigazione verso nord, veniva individuato in prossimità delle acque di responsabilità italiane per la ricerca e soccorso da un velivolo Frontex, inviato in area per le operazioni di ricerca.
L’unità veniva quindi raggiunta, in acque SAR italiane, da due motovedette della Guardia Costiera partite da Lampedusa. Presenti in area una motovedetta della Guardia di Finanza e l’unità ONG Aita Mari che hanno garantito una cornice di sicurezza alle attività di soccorso.
Durante le operazioni, rese particolarmente complesse a causa delle difficili condizioni meteomarine, sono stati trovati senza vita a bordo del barcone tre migranti. Altri quattro migranti, apparsi già in condizioni disperate ai medici del CISOM presenti a bordo delle unità della Guardia Costiera, sono morti prima di arrivare sull’isola. Dai primi accertamenti eseguiti, la causa della morte dei 7 migranti è verosimilmente dovuta ad ipotermia”.

Si è quindi diffusa la notizia dell’apertura di una inchiesta per “morte come conseguenza del reato di agevolazione dell’immigrazione clandestina“. Le dichiarazioni del Procuratore capo di Agrigento sembrerebbero orientare le indagini verso gli scafisti o gli organizzatori della traversata, e si riconosce con un plauso certamente condivisibile il valore dell’intervento degli uomini della Guardia costiera e della Guardia di finanza. Rimagono però da chiarire i tempi dell’avvicinamento del barcone, avvistato una prima volta al limite della zona SAR tunisina, e poi, dopo avere attraversato la zona SAR maltese, intercettato a 24 miglia a sud di Lampedusa, limite dalla zona contigua italiana e quindi soccorso all’interno della zona Sar italiana.
I comunicati ufficiali sono molto scarni, soprattutto perchè non riportano le fasi successive all’abbandono dei soccorsi da parte delle autorità marittime tunisine, a causa dell’allontanamento del barcone verso nord in acque internazionali. Non si può omettere che tra la zona SAR (non dichiarata, di fatto 12 miglia dalla costa) della Tunisia e la zona SAR italiana c’è la zona SAR maltese. Non si ha notizia del coordinamento dei soccorsi durante l’attraversamento della zona SAR maltese. E evidente come anche questa volta le autorità maltesi non siano intervenute. Si è appreso soltanto che alla fine della giornata di lunedì 24 gennaio il salvataggio dei migranti è iniziato attorno alla mezzanotte, a seguito di una operazione SAR condotta da due mezzi classe CP 300 della Guardia costiera italiana e da un mezzo della Guardia di finanza. Nei pressi della zona delle operazioni era presente la piccola nave ONG Aita Mari, che dopo essere rimasta in quell’area per alcune ore, dalle 21 fino alla mezzanotte di lunedi’, sotto evidente coordinamento delle autorità italiane, non veniva coinvolta nel trasbordo dei naufraghi e si allontanava attorno alle 24, a seguito dell’intervento dei due mezzi della Guardia costiera e del pattugliatore dlla Guardia di finanza partiti da Lampedusa. Perchè è ststa fatta allontanare la Aita Mari, dopo tre ore di “sorveglianza” dell’evento SAR? Cosa è sucecsso davvero nella fase in cui il barcone ha attraversato la zona SAR maltese? Eppure a tale riguardo il Piano Sar nazionale 2020, adottato lo scorso anno, contiene indicazioni molto precise, soprattutto per il caso in cui lo Stato responsabile di una zona SAR, come nel caso di Malta, non assuma il coordinamento dei soccorsi.

2. Guardando le informazioni indipendenti diffuse su Twitter da Alarmphone e da Aita Mari, vengono numerosi dubbi. Come è possibile che quel barcone abbia navigato per tante ore senza che nessuno intervenisse, in una giornata gelida, dal limite delle acque territoriali tunisine ( la Tunisia non ha ancora dichiarato una sua zona SAR) fino a raggiungere la zona SAR italiana, dove poi sono scattati i soccorsi? Soccorsi operati con piccole unità aperte, o con poca capienza di posti al coperto, le uniche presenti a Lampedusa, mentre le grandi navi della Marina e della Guardia Costiera, come la Dattilo e la Diciotti, che in passato hanno salvato migliaia di persone operando in acque internazionali, in piena zona SAR maltese, oggi sono tenute lontane da quel triangolo della morte, corrispondente alla zona SAR italiana (overlapped) sovrapposta con la zona SAR maltese. Con la Valletta, a partire dalla fine dell’operazione Mare Nostrum nel dicembre del 2014 e dal ritiro delle untà navali di Frontex, nel 2016, le autorità di Roma non hanno mai trovato un accordo sul coordinamento dei soccorsi e sulla indicazione di un porto sicuro di sbarco. Ache perchè Malta non ha mai sottoscritto gli emendamenti alle Convenzioni SAR del 2004 che obbligano gli Stati che coordinano le operazioni di soccorso ad indicare un porto sicuro di sbarco. Emendamenti che adesso anche in Italia qualcuno vorrebbe denunciare con il ritiro della sottoscrizione italiana. Questo nei propositi delle destre sempre più vicine al controllo pieno del ministero dell’interno, competente per effetto del decreto sicurezza bis n.53 voluto da Salvini nel 2019 ad indicare i porti di sbarco alle unità che operano soccorsi in acque internazionali. Perchè la invenzione di una zona SAR “libica” e la mancata cooperazione con Malta, a sua volta titolare di una immensa zona SAR nella quale i libici hanno ormai libero accesso, per intercettare i barconi carichi di migranti, sembrerebbero forse a qualcuno condizioni necessarie per difendere con maggiore durezza i confini nazionali.
Ancora sabato 22 gennaio i libici (General Department of Coastal Security) hanno potuto intercettare un barcone carico di migranti a 70 miglia a nord di Al Lhums, quasi in zona SAR maltese, dove ormai le motovedette libiche hanno campo libero a seguito degli accordi con il governo di La Valletta. E il giorno precedente, un’altra imbarcazione carica di migranti in fuga dalla Libia era stata intercettata al largo della piattaforma offshore di Mellitah, in acque internazionali. Appena qualche giorno prima, anche le autorità tunisine avevano interettato migranti in fuga dalla Libia, che ormai vengono fatti partire da punti vicini alla frontiera di Ras Jedir, talvolta anche dal territorio tunisino. Pechè sulle rotte più dirette, che partivano da Sabratha e da Zuwara o da Garabouli, i controlli coordinati da assetti europei (Frontex), con i mezzi forniti ancora di recente dall’Italia, sono sempre più efficaci e riescono a bloccare la maggior parte delle persone che tentano la fuga dagli orrori della Libia. Eppure La Libia e la Tunisia non costituiscono porti sicuri di sbarco, lo afferma anche la giurisprudenza italiana.

Secondo un comunicato del portavoce dell’OIM (Organizzazione internazionale dele migrazioni) Flavio De Giacomo, riportato dall’AGI il 25 gennaio, “Altri 7 morti nel Mediterraneo centrale, 35 da inizio mese (1.581 nel 2021). Si muore anche per ipotermia: e’ necessario che ci siano piu’ navi di soccorso in mare, in grado di intervenire in modo tempestivo e veloce per salvare in tempo le vite in pericolo e portare i migranti in un porto sicuro”. Come ricorda Sergio Scandura di Radio Radicale, “tra i sopravvissuti salvati in mare in fuga dagli “orrori inimmaginabili della Libia” (cit. ONU) c’è anche chi è stato ripetutamente catturato e respinto dalle vedette libiche per un numero ancor maggiore di tentativi. Eppure solo pochi giorni fa erano stati rafforzati gli accordi tra le autorità libiche, quelle italiane e le missioni europee presenti in Libia, come Eubam da anni impiegata su quel terreno, ormai stabilmente interconnesse con la missione IRINI di Eunavfor Med a mare, e con Frontex che, dopo il ritiro degli assetti navali, usa soltanto droni ed altri asssetti aerei per garantire la sorveglianza dal cielo. La cooperazione con le diverse autorità libiche, da inquadrare tra le politiche di esternalizzazione dell’Unione Europea, anhe se queste non garantiscono in alcun modo il rispetto dei diritti umani, rimane ancora un pilastro centrale delle politiche europee di sorveglianza delle frpntiere esterne. Eppure si tratta di una sorveglianza che spesso non vede, o finge di non vedere, chi sta attraversando il Mediterraneo, ed in alcun modo antepone la salvaguardia della vita umana in mare al controllo delle frontiere, come sarebbe invece imposto dal Diritto internazionale del mare e dalla Convenzione di Ginevra sui rifugiati.

Come è possibile che nessuno abbia rilevato il barcone che, dopo essere partito dalla Libia, per evitare di essere intercettato dai libici guidati da Frontex, aveva sfiorato la le acque tunisine, e si stava avvicinando all’isola di Lampedusa? Eppure Alarmphone aveva lanciato i segnali di allarme già dalle 18,55 di lunedi’ 24 gennaio. Come si può ritenere che il barcone non sia stato tracciato ben prima prima delle canoniche “24 miglia a sud di Lampedusa”, con i sofisticati sistemi di avvistamento di Frontex e delle unità militari presenti in zona? Si era forse deciso che si trattava di un mero “evento migratorio” che non meritava un intervento immediato di soccorso fino a quando il barcone restava in acque internazionali?
Alla fine potrebbe andare a processo soltanto il solito :acafista per necessita”, mentre la disposizione degli assetti SAR in acque internazionali resterebbe del tutto inadeguata rispetto alla portata degli eventi in corso, e soprattutto rispetto al prevedibile aumento delle partenze dalla Libia nei prossimi mesi, ed al perdurante rifiuto di Malta di intervenire con propri mezzi, per non essere poi obbligata ad assegnare un porto di sbarco sicuro alle navi che soccorrono naufraghi all’interno della vastissima zona SAR, in parte sovrapposta a quela italiana, che si riconosce a quel paese.. E le persone in fuga dalla Libia continueranno a morire anche la’ dove dovrebbero essere soccorse.
3. Quanto successo in queste ultime ore. ed il tragico bilancio di morti che si deve rinnovare, a pochi giorni da un altro naufragio avvenuto al largo delle coste tunisine, riporta alla memoria quanto affermato dall’ammiraglio Liardo iil 17 dicembre scorso,i n occasione del processo Open Arms nei confronti del senatore Salvini, processo che doveva riprendere proprio sabato scorso con una udienza che è stata rinviata al 4 marzo per gli impegni dell’imputato rimasto a Roma per gli incontri in vista della scelta del nuovo Presidente della Repubblica. E probabilmente anche per la ridefinizione di un nuovo governo. Secondo quanto dichiarato nel corso della sua testimonianza dall’ammiraglio Liardo, soltanto quando la Centrale operativa della Guardia costiera italiana (IMRCC) ritenesse sussistere pericolo immediato (distress) per la sicurezza delle persone a bordo si potrebbe classificare l’evento (destrefa) come evento “S.A.R.” (ricerca e soccorso) facendo scattare senza ulteriore dilazione di tempo tutte le attività di soccorso previste dal DPR 662/1994 e dal Piano Nazionale S.A.R.. In tutti gli altri casi invece in acque internazionali, al di fuori della zona SAR italiana, la presenza dell’imbarcazione carica di migranti, anche se si tratta di persone in fuga dalla Libia, si configura soltanto come un “evento migratorio” da affrontare con gli strumenti del cd. law enforcement, come mero contrasto dell’immigrazione irregolare, quindi con un tracciamento della navigazione, e la ricerca di eventuali “navi madre”, sia pure tenendo sotto attenzione la sorte dei migranti dal punto di vista della salvaguardia del diritto alla vita.
Tuttavia, come ricordava nel 2019 lo stesso Liardo in una audizione parlamentare “Riguardo allo specifico scenario del Mediterraneo Centrale, occorre rilevare che ad oggi (2019) l’unico Stato che pur avendo provveduto a ratificare la convenzione SAR del 1979, non ha tuttavia dichiarato formalmente la sua specifica area di responsabilità SAR rimane solo la Tunisia; l’Egitto che invece non ha ratificato la Convenzione di Amburgo si è però dotata di una organizzazione SAR ed ha dichiarato una propria regione di responsabilità ai fini della ricerca e del soccorso marittimo. La Libia ha ratificato la Convenzione ed ha formalmente dichiarato la propria area di responsabilità SAR il 14 dicembre 2017. Tale area di responsabilità è stata riportata sul Global Integrated Shipping Information System (GISIS) dell’International Maritime Organization11 (IMO), il 27 giugno 2018” .Lo stesso LIARDO affermava che “Ovviamente, non avendo tutti gli Stati costieri ratificato la convenzione, né provveduto ad organizzare una propria specifica organizzazione S.A.R., allo scopo sempre di tutelare il principio di integrità dei servizi S.A.R., le discendenti linee guida emanate dall’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO) un’agenzia delle Nazioni unite, in base a quanto espressamente previsto dalle citate convenzioni, prevedono che il primo MRCC che riceva notizia di una possibile situazione di emergenza S.A.R. ha la responsabilità di adottare le prime immediate azioni per gestire tale situazione, anche qualora l’evento risulti al di fuori della propria specifica area di responsabilità. Ciò almeno fino a quando tale responsabilità non venga formalmente accettata da un altro MRCC, quello competente per l’area o altro in condizioni di prestare una più adeguata assistenza (Manuale IAMSAR – Ed. 2016; Risoluzione MSC 167-78 del 20/5/2004). Ciò determina la certezza, per ciascun navigante, di individuare l’Autorità responsabile per il soccorso della vita umana in mare”.
In quell’occasione l’Ammiraglio LIARDO affermava anche che “L’obbligo del S.A.R. prescinde dai limiti della piena giurisdizione marittima di uno Stato costiero (non è neppure limitato, alla specifica area di responsabilità S.A.R., che comunque non è un’area di giurisdizione e, pertanto, si estende di norma ben oltre le acque territoriali e l’eventuale zona contigua), mentre l’attività di polizia, “law enforcement”, al di fuori delle acque territoriali è soggetta a ben precisi limiti, stabiliti dalla normativa nazionale e nel rispetto di quella internazionale. La conseguenza pratica di ciò è che se un’imbarcazione carica di migranti localizzata al di fuori delle acque territoriali di uno Stato costiero è ritenuta versare in una situazione di potenziale pericolo (caso S.A.R.), scatta l’obbligo di immediato intervento e, quindi, del successivo trasporto a POS delle persone soccorse.

4. Rimane intanto senza un porto di sbarco sicuro la Geo Barents di MSF, già oggetto di attacchi di odio da parte dei soliti siti di destra, con centinaia di naufraghi a bordo, molti dei quali già vittime di intercettazione da parte dei libici, con notti gelide ed un mare che non dà tregua. La nave sembra muoversi al limite delle acque territoriali italiane, con un lento moto da oriente verso occidente e viceversa, e si trova attualmente a sud del porto di Sciacca. Evidentemente il soccorso che ha operato la nave in acque internazionali viene considerato come un mero “evento migratorio”per il quale semmai prevedere, alla fine del consueto calvario (giorni di attesa in mare aperto), un POD ( porto di destinazione) e non un POS (porto di sbarco sicuro). Un’altra notte inflitta ai naufraghi perchè evidentemente al governo, nei giorni della grande sarabanda per l’elezione del Presidente della Repubblica, pesano ancora di più le pressioni del centro destra, ancora legato alla politica dei porti chiusi, come è confermato in maniera evidente dalla candidatura presidenziale del magistrato Nordio, che è stato uno dei più strenui sostenitori dell’operazione di criminalizzazione delle ONG. Tentativo che finora non ha avuto alcun riscontro in sede processuale, ma che tiene ancora aperti a tempo indeterminato procedimenti penali che si sarebbero dovuti archiviare da anni, come per il caso della nave IUVENTA, sequestrata a Lampedusa il 2 agosto del 2017. Quando al governo erano ancora le forze che oggi si vorrebbero contrapporre al centro destra, anche se, proprio a partire dal “Memorandum d’intesa Gentiloni”con il governo di Tripoli del 2 febbraio 2017, hanno creato tutte le condizioni per la successiva avanzata delle destre proprio sull’onda della campagna di odio contro i migranti ed i soccorsi operati dalle ONG che si ostinavano a operare i soccorsi in acque internazionali, soccorsi che i mezzi dello Stato non operavano più. Come del resto si verifica ancora in questi ultimi mesi. Lo “svuotamento” del Mediterraneo centrale, con l’allontanamento delle navi di soccorso civili e statali che fino ad allora salvavano la vita a decine di migliaia di persone anche in acque internazionali, cominciava allora, e continua a dispiegare i suoi effetti perversi fino ad oggi, come è confermato dalle stragi più recenti.
Comunicato di Aita Mari ( Ong Soccorso Marittimo Umanitario). di marted 25 gennaio 2022
Aita Mari asiste a 280 personas en peligro.
El buque de rescate AITA MARI de la ONG (Salvamento Marítimo Humanitario) ayer día24 de Enero, encontraba dirigiéndose rumbo al sur de Lampedusa cuando a las 20:30h ecibió información por radio procedente de una conversación entre un buque pesquero y Lampedusa Radio, avisando de un bote en ‘distress’ con una información muy indeterminada.
Aita Mari puso rumbo a su posición aproximada y cuando localizó la embarcación, notificó inmediatamente a las autoridades españolas, maltesas e italianas su situación.
Las autoridades italianas a media noche han comunicado que varios buques de salvamento se dirigirían a la zona ordenando al Aita Mari no intervenir, solamente monitorizar su posición. Se trataba de un barco de madera azul de 15m de eslora aproximada, abarrotado de personas, más de 200.
Cuando han llegado los 3 buques de salvamento italianos, en una maniobra complicada por las características del buque y el estado de la mar, han logrado intervenir con un resultado satisfactorio.
Esta mañana la ONG Alarmphone ha informado que más de 270 personas han sido desembarcadas en Lampedusa, entre ellas, 7 cadáveres presumiblemente por hipotermia debido a la dura travesía.
La tripulación de Aita Mari ha podido visualizar la intervención de las autoridades. En estos momentos, Aita Mari continúa navegando rumbo sur del Mediterráneo Central para continuar con sus labores de rescate y monitorización.
Rogamos difusión.
Saludos cordiales

Aita Mari assiste 280 persone in pericolo.
La nave di soccorso AITA MARI dell’Ong (Soccorso Marittimo Umanitario) il 24 gennaio si stava dirigendo a sud di Lampedusa quando alle 20:30 ha ricevuto informazioni radio da una conversazione tra un peschereccio e Radio Lampedusa, con l’avviso di una barca in ‘distress’ molto indeterminato.
Aita Mari ha impostato la rotta verso la sua posizione approssimativa e quando ha localizzato il nave, ne ha immediatamente informato le autorità spagnole, maltesi e italiane.
Le autorità italiane a mezzanotte hanno comunicato che diverse navi di soccorsi sarebbero andate nella zona, ordinando all’Aita Mari di non intervenire, ma solo monitorare la sua posizione. Era una barca di legno blu lunga 15 metri approssimativamente, gremita di persone, più di 200.
Quando sono arrivate le 3 navi di soccorso italiane, in una complicata manovra per le caratteristiche della nave e lo stato del mare, sono riusciti ad intervenire con un risultato soddisfacente.
Questa mattina la ONG Alarmphone ha riferito che oltre 270 persone sono sbarcate a Lampedusa, di cui 7 cadaveri presumibilmente per ipotermia a causa del duro attraversamento. L’equipaggio di Aita Mari ha potuto visualizzare l’intervento delle autorità. In questo momento, Aita Mari continua a navigare a sud del Mediterraneo centrale
per continuare con i suoi compiti di salvataggio e monitoraggio.
Si prega di diffondere.
Cordiali saluti
