Guerra ai migranti nel Mediterraneo, perchè alla fine gli stati saranno sconfitti.

di Fulvio Vassallo Paleologo

1. “Siamo in guerra”. Una frase che ricorre sempre più spesso nel linguaggio della politica e nella comunicazione tra le persone, non una sola, ma tante guerre. Monta l’indignazione per migliaia di vittime, in maggior parte le persone più vulnerabili, vecchi, malati, lavoratori a rischio, che pagano con la vita i ritardi nella risposta alla pandemia da COVID-19, lo sfascio della sanità pubblica, il regionalismo leghista, che ha creato sistemi sanitari fortemente differenziati a seconda dei territori e del censo. Mancano persino i presidi sanitari fondamentali, come tute e mascherine, e non si riesce a garantire la tempestiva diagnosi dei malati e degli operatori. Il numero delle vittime della pandemia diventa così incontrollabile e corrisponde sempre meno ai dati sui decessi che le autorità propinano quotidianamente. Ancora una volta le tanto vituperate Organizzazioni non governative si sono trovate in prima linea a sopperire per quanto potevano alle criticità del sistema sanitario.

Piuttosto che adottare misure preventive di contenimento del COVID-19, aumentando le capacità di diagnosi e cura, si è puntato prevalentemente su misure repressive, che stanno mettendo a rischio le libertà fondamentali e la tenuta economica del paese. Uno stato di emergenza che, da una fase all’altra, si avvia a diventare permanente, con lo svilimento di quei valori di solidarietà sociale e di uguaglianza, anche tra italiani, sui quali si fondava il patto costituzionale. Non sarà certo sufficiente, comunque, chiudere i porti, prolungare a tempo indeterminato il trattenimento nei centri di prima acccoglienza e moltiplicare le zone rosse attorno agli insediamenti informali (occupazioni abitative) nei quali si verificano casi di contagio da COVID-19.

Lo stesso approccio repressivo si è riproposto contro i migranti, ancora privati in Italia di una qualsiasi possibilità di regolarizzazione, condannati alla precarietà ed allo sfruttamento, e respinti alle frontiere come se fossero portatori di una infezione, mentre, nella maggior parte dei casi, sono loro a rischiare di essere contagiati dopo il loro ingresso in Italia. E’ risultato così negativo al COVID-19 il giovane ghanese morto nei gioni scorsi nel CAS di (Aragona) per cause che la magistratura deve ancora accertare, ed è ancora incerto come il ragazzino egiziano trovato positivo al virus a Pozzallo, dopo essere sbarcato tre giorni prima a Lampedusa da

un barcone e non da una ONG, abbia contratto l’infezione. Altre decine di migranti, arrivati autonomamente, sono stati trasferiti oggi nel Centro Hotspot di Pozzallo dopo essere transitati da Porto Empedocle. Sono casi che non si legano più alle attività di ricerca e salvataggio delle ONG, perchè si tratta d persone soccorse da mezzi della Guardia di finanza vicino a Lampedusa, mentre i barconi su cui si trovavano erano diretti verso le coste siciliane. Non si è ancora riscontrato un solo caso di positività tra i migranti soccorsi dalle ONG, che fino a qualche settimana fa potevano sbarcare in Italia, venendo sottoposti a screening accurati ed a lunghi periodi di quarantena, come si è verificato dopo gli ultimi soccorsi operati dalla Ocean Viking della ONG SOS Mediterraneè. E’ provato dai fatti che i soccorsi operati dalle ONG, come quelli che potrebbero essere effettuati da navi della Guardia costiera o della Marina militare, consentono la predisposizione più tempestiva delle procedure di quarantena ed una più sicura redistribuzione dei naufraghi nei centri di seconda accoglienza.Sempre che i sindaci dei luoghi di sbarco non alzino le barricate. Se non sono i mestatori leghisti a montare manifestazioni di protesta nelle quali cercano di coiinvolgere la popolazione, come è successo a Lampedusa. Dove non sembra che qualcuno, in piazza, pensi a far rispettare le misure di “distanziamento sociale”.

Dietro la guerra alle ONG ed ai soccorsi in mare si nascondono le vere emergenze. La pervicace volontà di mantenere centinaia di persone ancora rinchiuse nei centri di detenzione (CPR) e l’incapacità di svuotare, almeno in parte, le carceri con la liberazione dei detenuti con pene più lievi, in molti casi stranieri, sta alimentando vere e proprie bombe sanitarie e sociali. Le destre si oppongono sistematicamente a qualunque provvedimento che riduca il numero dei detenuti, già largamente al di sopra del limite massimo di capienza dei penitenziari italiani. E per molti detenuti stranieri non esiste nessuna prospettiva di arresti domiciliari.

2. Le campagne di odio contro i migranti e contro chi li soccorre, o li assiste a terra, dopo avere toccato il culmine lo scorso anno con l’adozione del decreto sicurezza bis, stanno per esssere rilanciate. Sotto il ricatto dei sovranisti italiani, il governo italiano ha deciso di chiudere i propri porti dichiarando che il nostro paese non è in grado di garantire place of safety (POS) luoghi di sbarco sicuri. Con un decreto interministeriale rivolto evidentemente contro l’unica nave umanitaria ancora operativa, la Alan Kurdi della ONG tedesca SEa Eye, che aveva tratto in salvo oltre 150 persone nelle acque internazionali al largo della costa libica, si sta impedendo da giorni lo sbarco in Italia, uno sbarco che sarebbe imposto dalle Convenzioni internazionali recepite nel nostro paese anche per espresso richiamo della Costituzione (art.10 e 117).

La chiusura dei porti, definiti “non sicuri” per ragioni sanitarie, costituisce una dichiarazione di guerra contro i migranti, adesso che stanno riprendendo le partenze dalla Libia, una scelta disumana che viola il diritto internazionale in nome dell’emergenza COVID-19, una scelta politica che è stata immediatamente seguita “a cascata” dai maltesi e dai libici che hanno dichiarato “non sicuri” i loro porti. Il governo di Tripoli è arrivato al punto di impedire per diverse ore lo sbarco a terra di oltre 280 persone intercettate in acque internazionali e riportate indietro da motovedette libiche, quelle motovedette donate dall’Italia e finanziate dall’Unione Europea. Si tratta probabilmente, almeno in parte, di persone che si trovavano a bordo di uno dei due barconi che erano già arrivati nella zona SAR (ricerca e salvataggio) maltese e che le autorità maltesi avevano abbandonato in alto mare dopo avere tranciato i cavi di connessione del motore. Una delle tante operazioni di “respingimento congiunto” che i maltesi realizzano da anni, dopo che, a seguito del Protocollo d’intesa stipulato tra l’Italia ed il governo di Tripoli nel febbraio del 2017, avevano perfezionato analoghe intese operative con la sedicente guardia costiera libica. E intanto i velivoli di Frontex intensificano le loro missioni per segnalare alla Guardia costiera libica le imbarcazioni dirette verso le coste europee. Sembra che poi la maggior parte di queste persone sia stata sbarcata proprio mentre sul porto infuriava un bombardamento. Dopo un tentativo di fuga, come comunica l’OIM, tutte queste persone sono state riportate nei centri di detenzione. Adesso saranno, di nuovo, nelle mani dei trafficanti e dei torturatori dai quali erano fuggiti.

Sotto la spinta di una propaganda martellante, che si ripropone anche oggi, caricata di tutto l’odio contro i possibili “untori”, si sono eliminate tutte le ONG che operavano soccorsi nel Mediterraneo centrale. Dove non sono arrivati i processi penali, sono stati adottati decreti legge e decreti interministeriali che hanno reso impossibile la prosecuzione delle attività di salvataggio delle navi umanitarie, soprattutto se battenti bandiera straniera. Se già negli anni scorsi veniva cancellato il valore della vita delle persone che venivano abbandonate in mare, e ne morivano centinaia nell’indifferenza generale, se non venivano respinte verso i centri di detenzione controllati dalle milizie e dai trafficanti in Libia, oggi, ai tempi del COVID.19, con la morte che è entrata nelle case di tanti italiani, si nasconde il rischio di morte che corrono quotidianamente i migranti. Piuttosto che individuare le responsabilità istituzionali ed adottare misure preventive, si punta solo sugli strumenti repressivi. Come se l’inasprimento della lotta a quella che definiscono”immigrazione illegale”, e la difesa dei “confini nazionali” ,potessero garantire maggiore sicurezza, oggi anche da un punto di vista sanitario, ai cittadini italiani. Una ennesima operazione di mera propaganda elettorale.

3. Le politiche di chiusura dei porti, così come lo spiegamento degli assetti navali militari al limite delle acque territoriali italiane, e gli accordi con paesi che non garantiscono attività di salvataggio e rispetto dei diritti umani, hanno prodotto, e produrranno ancora di più in futuro, abbandono e morte in mare, violazioni della dignità umana e trattamenti inumani o degradanti nei territori, sia nei paesi di origine che nei paesi di arrivo. Il dispiegamento delle unità navali europee della missione IRINI al largo delle coste orientali della Libia non sembra in grado di intercettare il traffico di armi che sta alimentando il conflitto civile che divampa ancora in questi giorni. La mancanza di una politica estera europea e l’ipoteca americana sulla politica delle Nazioni Unite in Libia stanno accrescendo la conflittualità non solo sul terreno ma anche nelle acque del Mediterraneo centrale, dove il vero controllo militare è svolto prevalentemente dalle navi della marina militare turca, alleata del governo di Tripoli. Nella capitale libica, intanto, il generale Haftar, l’uomo forte della Cirenaica, ha continuato a bombardare gli ospedali ed a tagliare le condutture d’acqua, gettando nel panico la popolazione civile, che adesso deve affrontare anche la minaccia del COVID-19.

Il governo italiano, che pure farebbe bene a considerare le crescenti difficoltà che si profilano per le attività dell’ENI in Libia, sembra interessato soltanto a fare la guerra alle ONG, senza considerare che la maggior parte dei migranti arriva, e comunque arriverà anche nei mesi prossimi su imbarcazioni che sono in grado di raggiungere il territorio italiano. Dal governo di Malta si possono solo attendere altre omissioni di soccorso. Le autorità de La Valletta, che già hanno accordi con i libici, hanno annunciato che non cosentiranno più alcuno sbarco sulla loro isola, ritenendo anche il loro porto “non sicuro”. Una ennesima violazione del diritto internazionale del mare e della Convcenzione di Ginevra, che prende spunto dalle ultime decisioni del governo italiano.

Avevamo chiesto il rinforzo ed il coordinamento delle operazioni di soccorso in mare, con un coordinamento tra attività delle ONG e le doverose attività di ricerca e salvataggio degli stati, anche in acque internazionali. Avevamo richiesto l’adozione di un piano nazionale per gli sbarchi, in un momento in cui potrebbe venire meno la limitata disponibilità di alcuni paesi europei ad accettare, sulla base del Memorandum provvisorio di Malta dello scorso anno, il ritrasferimento di una parte delle persone sbarcate in Italia dopo essere state soccorse in mare. Nessuna di queste richieste è stata accolta ed anzi il governo italiano ha inasprito le precedenti scelte repressive imposte da Salvini quando era ministro dell’interno. Adesso si è arrivati nella sostanza ad accettare le scelte di chiusura dei porti proposte dalla Meloni. Ed a lasciare in mare senza un porto di sbarco, senza neppure fornire viveri e medicinali, centinaia di persone, ammassate sulla Alan Kurdi, ancora bloccata a sud della costa siciliana. Qualcuno prospetta il loro trasferimento su navi traghetto, magari con il coinvolgimento della Croce Rossa. Una ipotesi che non può essere accolta da un corpo che è firmatario della Convenzione di Ginevra sui rifugiati. Non saranno di certo “navi prigione” a garantire che la quarantena dei naufraghi si possa completare prima dello sbarco in terra.

La guerra ai soccorsi in mare che si combatte nel Mediterraneo centrale è certamente più lontana ( anche nel cuore degli italiani) dalla guerra contro il Coronavirus, una guerra che, soprattutto nelle regioni settentrionali sta facendo ancora centinaia di vittime tutti i giorni. Vittime vicine, visibili, a diferenza delle migliaia di vittime disperse in mare o incatenate nei centri di detenzione in Libia, sotto bombardamento. Per tutte queste vittime, la tragicità della morte disintegra i tentativi di manipolazione e di occultamento. Se qualcuno pensa che si possano bloccare gli sbarchi di migranti in fuga dalla Libia eliminando le ONG ed impedendo i soccorsi, o ritirando i mezzi della Marina e della Guardia costiera che in passato operavano attività di ricerca e salvataggio nelle acque internazionali del Mediterraneo centrale, si troverà presto smentito. E si dovrà affrontare una grave emergenza perchè gli sbarchi incontrollati saranno molto più numerosi di quelli conseguenti ai soccorsi operati dalle navi umanitarie italiane e straniere. Le conseguenze dell’allontanamento delle ONG si riverbereranno anche sullo stato di salute delle persone che arriveranno comunque a sbarcare a terra. E nelle prossime settimane saranno centinaia, se non migliaia di persone, ennesima riprova che non erano le ONG a costituire un fattore di atttrazione (pull factor). Se la risposta sarà il panico e l’improvvisazione, con la creazione di tante zone rosse, si può prevedere un collasso di tutte le strutture di prima accoglienza ancora operative in Sicilia e nelle regioni meridionali.

La guerra nel Mediterraneo contro i migranti non avrà vincitori ma soltanto vinti. I primi a perdere saranno coloro che ci rimetteranno la vita, o che saranno riportati indietro dalla sedicente guardia costiera libica, ammesso che il governo di Tripoli continui a collaborare con le autorità italiane e con l’Unione Europea, per intercettare anche in acque internazionali le persone che riescono a fuggire da un territorio che ormai è fuori controllo e nel quale le diverse milizie si affrontano con i mezzi più spietati. Ma saranno sconfitti anche i governi europei, ormai fortemente condizionati dai partiti sovranisti e nazionalisti, ed i loro sostenitori, perchè senza piani di accoglienza allo sbarco e di regolarizzazione delle persone comunque presenti nel territorio dello stato, si troveranno ad affrontare una emergenza sociale e sanitaria senza precedenti. Le misure repressive non basteranno più. Nè il carcere, nè i centri di detenzione potranno risolvere questi problemi. Alla fine comunque si dovranno trovare politiche e prassi operative capaci di rispondere immediatamente alle richieste di soccorso in mare e distribuire tempestivamente, sull’intero territorio nazionale, con il rispetto di rigorosi protocolli sanitari, tutte le persone che saranno salvate, anche al di fuori delle acque territoriali italiane. Ci vorranno poi altre politiche per concordare con gli stati che sono titolari di zone SAR limitrofe interventi coordinati per il salvatgaggio e lo sbarco in un porto sicuro, senza lasciare perire in mare altre migliaia di innocenti e senza alimentare milizie che in Libia, da tutte le parti, stanno dimostrando una crescente crudeltà. Ci vorrà soprattutto un aproccio al conflitto civile libico, ed alle crisi nei paesi di origine, che privilegi la soluzione dei problemi che sono all’origine delle partenze, come la guerra o la dittatura, ed anche le crisi sanitarie, piuttosto che puntare esclusivamente sul contenimento, a qualsiasi costo, degli arrivi in Europa.


Coronavirus: migrante positivo in hotspot Pozzallo,ira sindaco

Pubblicato: 10/04/2020 08:45
(AGI) – Ragusa, 10 apr. – ​Si tratta di un giovane migrante trasferito ieri mattina da Porto Empedocle all’hotspot di Pozzallo: un quindicenne di origine egiziana, approdato a Lampedusa con un sbarco autonomo tre giorni fa. Il giovane attualmente si trova isolato all’hotspot di Pozzallo, in un container attrezzato a servizio della struttura. Il centro, essendo il giovane sintomatico, febbre e congiuntivite e sintomi manifestati, verrà chiuso e si attendono misure di isolamento e controllo straordinarie per garantire anche il personale che opera all’interno della struttura dove, oltre ai volontari che gestiscono la struttura, opera anche il nucleo interforze di polizia. L’hotspot è comunque sorvegliato dai militari dell’Esercito. “Era evidente che il giovane stava male – spiega il sindaco di Pozzallo Ammatuna, tanto che appena arrivato a Pozzallo è stato isolato. Farò un esposto alla procura di Agrigento – ribadisce – per comprendere cosa sia accaduto, ho chiesto incontro in prefettura, e ho scritto anche all’assessore regionale alla Salute”. (AGI)
RG3/MRG


Migranti. Orlando “Si garantisca alla Alan Kurdi possibilità di rifornimento”*

“La giusta necessità di evitare rischi legati al contagio da Covid-19 non può far dimenticare che il diritto alla salute è un diritto per tutti, così come è un diritto/dovere quello del salvataggio di vite umane.
Per questo chiedo al Governo nazionale di trovare il modo che le navi impegnate in missioni umanitarie possano comunque garantire condizioni di sicurezza per gli equipaggi e per i naufraghi. Di fronte all’impossibilità di ospitare altre persone nei centri già sovraffollati, si permetta alla Alan Kurdi almeno il rifornimento di viveri e medicine, non ripetano gli errori del passato.”

Lo ha dichiarato Leoluca Orlando


Libia: Oim, migranti in fuga da porto di Tripoli bombardato
”Circa 200 recuperati da autorita” e messi in centri detenzione”

(ANSA) – ROMA, 10 APR – Fuga di migranti questa mattina dal
porto di Tripoli bombardato. Lo fa sapere l”Oim, spiegando che
il gruppo di fuggitivi faceva parte delle 277 persone
intercettate in mare, riportate indietro ieri dalla guardia
costiera libica e trattenute su una motovedetta per ragioni di
sicurezza. Circa 200 sono stati successivamente presi dalle
autorita” e trasferiti in due strutture di detenzione.
“Siamo ad un punto di rottura – lamenta il capo missione di
Oim Libia, Federico Soda – abbiamo ripetutamente lanciato
l”allarme sulle condizioni dei centri di detenzione libici e
chiesto alla comunita” internazionale di fermare il ritorno di
migranti in Libia. L”intensificarsi del conflitto, associato
alla crisi Covid, stanno mettendo una pressione senza precedenti
su migranti, libici sfollati e coloro che stanno cercando di
assisterli”.

NE
10-APR-20 19:16 NNNN