Caccia ai migranti

Il documento audio che ci ha inviato la nostra cara amica Flore Murard-Yovanovitch, apre una finestra su una porzione di mondo tanto vicina quanto attualmente dimenticata o rimossa dai media, tanto presi dal denunciare chi salva le persone in mare. Qui si racconta di persone che sono a poche centinaia di chilometri  da noi, che viaggiano da mesi se non da anni e che sono intrappolate  in un mondo di violenza e di scempio quotidiano. Non sbarcano, non rischiano di arrivare da noi e quindi non fanno notizia, sono lontani e ad altri Stati, a cui l’Italia è però legata da vincoli internazionali (l’Ungheria fa parte dell’UE) spetta il copito di fare il lavoro sporco, quello di negare loro un futuro. E proponiamo ai nostri lettori di ascoltare questi 20 minuti intensi e carichi di vita immaginando quanto questa catastrofe si stia ripetendo, in modalità e con caratteristiche diverse in tanti luoghi oscuri. Soltanto portando un po’ di luce in questi luoghi, come ha fatto Flore e come fanno solo pochi altri seri e coscenziosi professionisti, possiamo sperare di salvarci dalle tante catastrofi che si avvicinano. Per  questo la ringraziamo
Cari amici,
Il primo maggio è andato in onda sulla Radiotelevisione Svizzera un lavoro a cui tengo in modo particolare: il mio documentario audio realizzato con Sara Sartori, dal reportage fatto insieme al fotografo Mario Badagliacca sul confine serbo-ungherese, sotto il Muro-Limbo-Europa.
Dà voce ai rifugiati deportati in Serbia, pestati e torturati dalle polizie, paramilitari guardie delle frontiere ungheresi e croati; svelando il fascismo xenofobo ungherese e la violenza inaudita della Frontiera europea. Cliccando qui sotto, sul titolo evidenziato potrete ascoltarlo per intero.

 

Caccia ai migranti

La frontiera serbo-ungherese

di Flore Murard-Yovanovitch e Sara Sartori

A marzo 2016 l’accordo tra Unione Europea e Turchia chiude ufficialmente le frontiere orientali dell’Europa: la così detta “rotta balcanica”. Come conseguenza migliaia di profughi rimangono intrappolati in Serbia, meta di centinaia di uomini donne e bambini che ancora tentano disperatamente di entrare nei paesi dell’Unione attraverso l’Ungheria. Lì, un muro di filo spinato e elettrificato lungo 175 km li separa dal loro futuro e li lascia in un limbo pieno di violenze. Ultimo atto di una vasta repressione contro i migranti, la nuova legge ungherese in materia di immigrazione, votata il 7 marzo 2017, permette di detenere donne uomini e bambini in container lungo il confine e di deportarli indietro, in Serbia, negando loro l’asilo politico. Intanto, sul confine armato, polizie, corpi speciali chiamati “border hunters”, guardie di frontiera e gruppi paramilitari cacciano i migranti torturandoli e violentandoli psicologicamente, nella totale impunità. 

Come sopravvivono e come vengono maltrattati i migranti in questo confine balcanico? Lo scopriamo a Subotica, nel nord della Serbia, dove ogni notte, nascosti nei boschi, uomini e minori non accompagnati, provenienti per la maggior parte dal Pakistan e dall’Afghanistan, cercano di attraversare la frontiera innumerevoli volte, rischiando la vita. In pieno territorio ungherese, ma anche croato, vengono brutalmente pestati, svestiti, sono stati fatti camminare senza scarpe nel gelo anche durante lo scorso inverno e poi deportati indietro in modo coatto. A molti vengono aizzati contro i cani e rotti i telefoni cellulari, unici ponti di comunicazione con le famiglie nei paesi di origine. Vere e proprie torture fisiche e psicologiche.

Attraverso il racconto in prima persone di Flore Murard-Yovanovich, giornalista e scrittrice, ascolteremo  le testimonianze di migranti e volontari; racconteremo le conseguenze che  generano morte delle scelte politiche di Bruxelles, sulla vita di profughi che scappano da zone di guerra, i diritti negati e gli abusi, il fascismo xenofobo in Ungheria e la crescente violenza della Frontiera.

Ringraziamo tutti i profughi che ci hanno concesso di raccontare la loro storia, in particolare Manzoor, Shihad, Rehab e Zain, i volontari di Fresh Response, Anita Iqbal che ci ha tradotto l’urdu e permesso di comunicare con loro, e le voci di chi ha voluto doppiarli, in particolare Giorgio, romano di 11 anni, che doppia Ashan, profugo pakistano di 12 anni.

foto di Mario Badagliacca