di Daniela Padoan
La Risoluzione sulla missione italiana in Libia proposta dal governo è passata alla Camera e al Senato con un’ampia maggioranza, grazie al voto di Forza Italia e di una parte dei parlamentari del Movimento Democratico Progressista. Si tratta, in sintesi, della possibilità per l’Italia di mettere in atto la fase 3 dell’operazione Eunavfor Med, finora impedita dall’assenza di un voto in seno al Consiglio di sicurezza dell’ONU. Verrà messo in campo un dispositivo aeronavale che fiancheggerà – e di fatto controllerà, malgrado le dichiarazioni del ministro Roberta Pinotti sulla piena sovranità del governo di Tripoli – la guardia costiera libica, e darà all’Italia l’opportunità di «ricognizione in territorio libico per la determinazione delle attività di supporto da svolgere».
Per far questo, c’era bisogno di sgomberare il campo dalle Ong. Ecco cosa dice il testo, in proposito: «La Camera autorizza la piena attuazione alle misure contenute nella Deliberazione approvata in Consiglio dei ministri in data 28 luglio 2017, impegnando il governo a determinare conseguenze concrete per quelle organizzazioni non governative che, non sottoscrivendo il codice di condotta, si sono poste fuori dal sistema organizzato di soccorso in mare, a partire dalla sicurezza delle imbarcazioni stesse», e «a concordare con le autorità libiche intese tecniche stringenti con riferimento alla destinazione dei migranti soccorsi in mare, favorendo l’impegno delle autorità libiche a controllare i punti di imbarco nel pieno rispetto dei diritti umani».
Le Ong che, pur con grandi diversità di motivazioni, hanno sottoscritto il codice di condotta dettato dal Viminale e avallato dall’UE, ora dovranno sottostare alle disposizioni dalla guardia costiera libica, in un mare militarizzato.
I migranti ripresi in mare verranno portati a terra, di nuovo imprigionati in centri, con la copertura di una problematica presenza dell’ACNUR e dell’OIM. Con la risoluzione, infatti, il governo si impegna «a sostenere al più presto l’istituzione di centri di protezione e assistenza nel territorio libico per i migranti soccorsi in mare gestiti dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR) e dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), anche ai fini dell’accertamento del diritto d’asilo».
La Risoluzione impegna il governo «in parallelo, a continuare ad elaborare programmi operativi e progetti di cooperazione in territorio africano nelle aree di partenza e passaggio del flusso migratorio al fine di ridurre la pressione sulle coste libiche». Ovvero a mettere a punto quelle che sembrano prassi di respingimento differito finanziate dalla cooperazione.
Subito dopo il voto, il pattugliatore della Marina militare italiana “Comandante Borsini” ha avuto disposizione di entrare in acque libiche, facendo rotta verso Tripoli.
Contemporaneamente, la nave “Iuventa” della ong tedesca Jugend Rettet, fermata a Lampedusa per controlli, è stata sequestrata e scortata dalla Guardia costiera verso un porto siciliano.
Nel frattempo, nell’hotspot di Moria, sull’isola greca di Lesbos, un rifugiato curdo siriano versava in condizioni sempre più gravi dopo 35 giorni di sciopero della fame, per protesta contro la detenzione inumana e ingiustificata nel centro, le percosse, gli abusi, la minaccia di deportazione in Turchia, malgrado l’evidente diritto a ricevere protezione umanitaria.
«Le gravi violazioni dei diritti umani nell’hotspot di Lesbos mostrano che le politiche dell’Unione stanno affossando la Convenzione di Ginevra», hanno scritto Barbara Spinelli, Elly Schlein e altri sei eurodeputati in una lettera rivolta al governo greco e alla Commissione europea. Un monito caduto nel vuoto.
É l’altro versante della morsa imposta dall’UE, in cui Grecia e Italia stanno diventando luoghi di sospensione del diritto, territori-cuscinetto a protezione dell’Europa dei “non-PIIGS”, che può così continuare la finzione della democrazia.
L’asticella dei diritti è sempre più bassa, in questa estate di indifferenza e intolleranza, in cui nessuna forza politica di rilievo è in grado di risollevarsi dall’aver fatto proprie politiche che hanno ridotto la nobile figura del profugo a immagine dell’invasione, che hanno oscurato le evidenze di tortura e schiavismo in Libia, che hanno trasformato in fastidio lo stillicidio di migranti che muoiono in mare, e inoculato il dubbio sui volontari che cercano di salvarli.
Non si sfugge allo sgomento guardando alle motivazioni di chi ha dato voto contrario alla Risoluzione, se si esclude il gruppo SI Possibile, che ha dichiarato di considerare la missione illegittima e pericolosa. La Lega ha votato contro «perché il testo non prevede chiaramente il respingimento», e il M5S, come spiegato nella dichiarazione di voto del portavoce, perché «alla Francia il petrolio, a noi i barconi».
Entro la prima decade di settembre, è scritto nella Risoluzione, il governo dovrà «riferire in Parlamento in merito agli esiti della missione e ai risultati da essa ottenuti». Le spallate vengono date sempre in agosto.