Chi salva le persone in mare e difende la salute. Chi diffonde odio per far dimenticare le proprie colpe

Verrebbe da dire “dagli all’untore” ma chi sono gli untori? Può sembrare paradossale ma in un Paese dove, in pochi mesi, a causa della privatizzazione del sistema sanitario, dello scempio nelle RSA, dello strapotere di Confindustria che ha imposto di tenere aperte fabbriche non essenziali come quelle di armi, nelle regioni più colpite dalla pandemia che ha causato almeno 35 mila vittime si va già cercando un altro propagatore di virus, il richiedente asilo. È cronaca di queste ore. La Sea Watch 3 nave dell’ong tedesca ha portato in salvo 211 persone in fuga dalle persecuzioni in Libia di cui i governi italiani sono stati e sono complici e conniventi. Di questi, portati al largo di Porto Empedocle in una “nave da quarantena”, la Moby Zaza, 28 sono risultati positivi asintomatici al virus, 1 è ricoverato in ospedale a Caltanissetta. Da Sea Watch è giunto un articolato comunicato in cui si racconta come siano state pienamente le norme di sicurezza sanitaria richieste. «Pur non avendo ancora ricevuto alcuna comunicazione ufficiale dalle autorità sanitarie, oggi abbiamo richiesto un secondo tampone per il nostro equipaggio, che già si era sottoposto al test prima della partenza, con esito negativo” – affermano dalla ong – il personale medico ha messo in atto il protocollo di monitoraggio costante dell’insorgere di potenziale sintomatologia nelle persone presenti a bordo, con relativa trasmissione dei dati alle autorità competenti». Giorgia Linardi che dell’organizzazione è portavoce ha fatto presente come in Libia i contagi siano in questi giorni raddoppiati a causa delle condizioni di vita impossibili a cui sono sottoposti i migranti, ammassati in strutture fatiscenti o in barche per giorni interi prima di poter partire. «Continueremo a salvare persone in mare – ha poi affermato – continuando a rispettare le norme sanitarie che giustamente ci vengono chieste dall’Italia e dall’Europa, sia per i rifugiati che per il nostro equipaggio. Ma se la situazione in Libia sta precipitando anche dal punto di vista sanitario ci sono evidenti responsabilità». Le destre hanno immediatamente alzato il tiro. Il presidente della Regione Sicilia Musumeci, ha rivendicato con orgoglio la scelta di aver, dal 14 aprile, impedito l’ingresso in territorio siciliano senza aver superato la quarantena. Peccato che la scelta di dichiarare l’Italia “porto non sicuro” a seguito dell’emergenza e quindi a tentare di fermare ogni arrivo attenga al sedicente governo giallo / rosso. Peccato che i decreti Salvini siano ancora lì col loro carico di morte e che in un Paese in cui a centinaia di migliaia di persone, a causa non solo dei suddetti decreti ma di una legislazione fallimentare degli ultimi trenta anni, siano esclusi da un pieno utilizzo del SSN e quindi dal rischio di divenire vittime, spesso più che portatori di contagio. Sono già stati vari e per fortuna contenuti i casi di situazioni abitative in cui sono costretti nuclei familiari di migranti e rifugiati, privi di necessari servizi, in cui si sono esplosi piccoli focolai. A Roma viene in mente la vicenda del Selam Palace, il palazzo in cui da decenni vivono soprattutto cittadini sudanesi ed eritrei privi di possibilità abitative e la palazzina occupata da migranti e italiani nel quartiere di Garbatella. In entrambi i casi, grazie ad un opportuno e non xenofobo intervento sanitario si è riusciti a contenere il contagio ed è andata incredibilmente bene in altri luoghi del Paese in cui non si sono trovate soluzioni all’emergenza abitativa. Ma la pandemia non è ancora terminata quindi o si procede ad un serio piano che garantisca a tutte/i adeguata condizione socio sanitaria (anche per questo urge una regolarizzazione generalizzata o altrimenti, i rischi, in tutte le aree povere del Paese, indipendentemente dall’essere italiani o stranieri, permane. Possiamo sappiamo dire poco su quali saranno gli sviluppi futuri di questo o di altri virus ma alcuni elementi chiave di interpretazione li dovremmo tenere a mente 1) Siamo oramai un paese vulnerabile non a causa di migranti e rifugiati ma per una distruzione sistematica del sistema di welfare che si è accompagnato ad un invecchiamento demografico della popolazione, o si ripensa il Servizio Sanitario Nazionale in ragione di ciò o altre vittime cadranno. 2) siamo un Paese vulnerabile perché le risorse da destinare alla salute servono unicamente al profitto e così quelle per il diritto all’abitare. Col risultato che tanto autoctoni, quanto persone di origine straniera ma con basso reddito e richiedenti asilo cacciati da un sistema di accoglienza che, già carente è stato negli ultimi 3 anni annientato, si ritrovano in situazioni di fortuna dove la loro salute non viene assicurata. 3) siamo un Paese fondato sul lavoro semischiavistico nei ghetti, dove si muore per banali malattie se non per riscaldarsi, figuriamoci quanto può essere garantita una assistenza sanitaria speciale in epoca di pandemia. 4) siamo in un Paese assurdo in cui gli stessi che denunciano come pericolosa peste l’arrivo di poche centinaia di persone hanno distrutto le infrastrutture mediche territoriali di base, i presidi, ridotto il numero degli ospedali pubblici, dei dipendenti, mancato di assicurare loro i mezzi in nome del profitto dei privati. In 10 anni 37 mld di euro sono stati sottratti alla sanità pubblica. A pagarne le spese chi è più povero e chi, in una sorta di “americanizzazione della società” è di fatto escluso dal SSN. Si preoccupano delle tante morti provocate nelle regioni che amministrano e di cui controllano la sanità, non di chi salva vite non pensando al paese di origine ma occupandosi contemporaneamente di salute pubblica.