
Buio. La luce di un lampione, un ragazzo si sta rollando una sigaretta, non curante dei poliziotti in tenuta antisommossa che si muovono verso di lui. Alcuni lo raggiungono mentre si staglia in piedi, nel suo fisico longilineo. Un poliziotto lo colpisce una prima volta, il ragazzo rimane immobile. Lo colpisce dunque una seconda volta, alla nuca. Il ragazzo crolla a terra.
Perde i sensi. Verrà accompagnato presso la stazione di polizia e solo molto tempo dopo in ospedale; in
coma.È quanto avvenuto nella notte del 16 marzo, a Madrid, quartiere Lavapies. Per un paio di giorni il quartiere e non solo è stato teatro di numerose manifestazioni in seguito alla morte di Mama Mbaye, un trentacinquenne di origini senegalesi che si occupava di
commercio ambulante.
Durante le manifestazioni è morto un altro cittadino senegalese, Ousseynou Mbaye, 54 anni.
Arouna Diakhatè, 38 anni, da anni frequenta il quartiere Lavapies, uno dei luoghi a maggiore vocazione multiculturale e popolare di Madrid, nel quale il gruppo politico ‘Podemos’ riesce ancora a parlare al proprio popolo di riferimento. Al momento dell’aggressione Diakhatè non stava partecipando alle manifestazioni che attraversavano il quartiere. In un attimo si è ritrovato oggetto della violenza cieca di un gruppo di poliziotti che prima l’hanno colpito, poi lo hanno abbandonato riverso sul selciato, come testimonia questo video filmato da qualcuno che si trovava sul posto e che ha assistito, incredulo e impotente, alla scena.
Fortunatamente il giorno successivo Diakhatè si è risvegliato e ora sta meglio. In Spagna da 15 anni, è cittadino Spagnolo, con il cuore senegalese. È stata la comunità Senegalese, infatti, ad aiutare la famiglia a mettersi in contatto con lui e a cercare un legale che potesse seguire il caso. Perché – ciò che appare chiaro dalle parole dello stesso Arouna
in una intervista rilasciata dal letto dell’ospedale– ha tutta l’intenzione di procedere con una denuncia affinchè quanto è accaduto a lui non accada più ().
Al centro della questione vi sarebbe – secondo Gueye – la “
ley de extranjeria” – che regolamenta la vita degli stranieri in territorio spagnolo – la quale spingerebbe i migranti nella spirale dell’irregolarità e consentirebbe alla forze dell’ordine di esercitare un potere al quale molti non sono in grado di opporsi.
Quanto è accaduto a Diakhatè sembra rientrare esattamente in questa cornice e in quella xenofobia che ormai attraversa inarrestabile l’Europa. Le forze dell’ordine non hanno però probabilmente fatto i conti con il documento spagnolo che l’uomo porta nelle proprie tasche, un pezzo di carta che forse gli permetterà di avere giustizia, come invece non capiterà a Mbaye e ai tanti fantasmi che continueranno a vivere le strade di una vivacissima Madrid, culla di turisti e studenti che arrivano da tutto il mondo, ma cosí matrigna con chi vi migra alla ricerca di un presente migliore.