di Fulvio Vassallo Paleologo
Le vittime di Barcelona potrebbero essere nostri figli, fratelli, sorelle, mogli, o genitori. Ma il nostro sguardo non si può arrestare su quei corpi distesi sul selciato. Non possiamo restare in silenzio di fronte ad appelli che evocano una unità che sà soltanto di finzione. Non ci faremo togliere il diritto di parola e continueremo a ricercare verità e giustizia per le vittime di strage. Di tutte le stragi, in mare ed in terra. Negli stessi giorni attentati terroristici hanno colpito vittime inermi in parti diverse del mondo, in Spagna ed in NIgeria. Tutte quelle vittime che vediamo, ma anche quelle che vengono nascoste, meritano la stessa pena e la stessa esecrazione per i responsabili diretti che hanno colpito, come per i loro mandanti o per coloro che se ne avvalgono a livello propagandistico.
Ritornano alla carica i professionisti dell’odio, ed emerge la saldatura tra chi fa ricorso al terrore, e chi quel terrore strumentalizza per consolidare un assetto politico che tende a cancellare ovunque i principi fondanti dello stato democratico, a partire dai valori dell’uguaglianza e della solidarietà. Si ritorna a riproporre lo schema della “guerra di religione” anche se è chiaro ogni giorno di più quali interessi si nascondano dietro la contrapposizione religiosa. Si dimentica che si tratta di una lacerazione che divide profondamente al suo interno anche il mondo musulmano. E che queste divisioni sono alimentate anche dai paesi occidentali che si fanno concorrenza per accaparrarsi risorse e mercati.
Nessuno si chiede dove ci porteranno le strategie militari che in questi anni sono state adottate per garantirci la difesa dei confini, come presupposto per sicurezza ed ordine. Nessuno fa un bilancio obiettivo di un periodo nel quale si sono abbattute molte garanzie individuali, ma non si è riusciti ad estirpare la mala pianta del terrorismo. Ci manca solo che qualcuno torni a collegare terrorismo ed immigrazione di massa. Nessuno che si chieda dove e perché si è fallito. E’ più facile rimettere in moto la macchina della paura ed incassare il massimo vantaggio elettorale.
I peggiori dittatori che promettono di allearsi nella “lotta al terrore” vengono ritenuti alleati credibili ed utili, anche per i rapporti economici e militari che ne possono derivare. Cosa importa se a morire sotto tortura è stato un ragazzo italiano ? Gli imprenditori scalpitano per la normalizzazione dei rapporti commerciali con l’Egitto.
La cifra di questi cedimenti è data dall’invio dell’ambasciatore italiano nell’Egitto di Al Sisi, quando tutte le richieste di verità sono state eluse ancora una volta. Ma l’Egitto è un importante alleato dell’Italia nella riammissione dei propri cittadini giunti nel nostro paese, anche se richiedenti asilo, e poi potrebbe giocare un ruolo importante nella “stabilizzazione” della Libia. In realtà un calcolo che potrebbe rivelarsi fallimentare, anche a seguito delle ultime dichiarazioni, ostili all’Italia, del Generale Haftar, uomo forte della Cirenaica.
Poi magari sono proprio dittature alleate, come quella saudita, o alcuni emirati del Golfo, ad alimentare, non solo economicamente, le organizzazioni terroristiche su scala globale. Terrorismo e globalizzazione appaiono sempre più interconnessi. Si nasconde generalmente il peso della corruzione ormai generalizzata e l’invadenza dei poteri economici internazionali sui governi dei paesi africani. La sorte dei migranti rinchiusi nei lager libici sembra ormai non interessare più nessuno, eppure ne muoiono tanti anche in quelle strutture che l’Unione Europea vorrebbe moltiplicare, in un paese, come la Libia, nel quale non c’è alcuna garanzia per l’effettivo rispetto dei diritti umani. Si sottovaluta il pericolo che le organizzazioni criminali che gestiscono i traffici di esseri umani possano collegarsi in vario modo con gruppi terroristici, o espandere anche in Europa catene di controllo sui migranti ricattati dal bisogno economico.
In realtà la minaccia terroristica non arriva ( ancora) con i barconi ma è già radicata in Europa. La diffusione di “cani sciolti” che si impegnano in attività terroristiche ha cause complesse che non si possono ridurre all’identità religiosa o ad una generica volontà di rivalsa. Nella maggior parte dei casi si tratta di cittadini europei, e non certo di immigrati dell’ultima ora.
Nessuno si interroga sugli effetti e sui fallimenti delle strategie contro il terrorismo adottate dai paesi europei a partire dall’11 settembre 2001. Nessuno si sforza di conoscere davvero le condizioni terribili nelle quali versano molti paesi africani, nei quali i paesi europei hanno interessi consistenti e contrapposti. Molti di questi paesi sono diventati terreno fertile per la diffusione di organizzazioni in vario modo caratterizzate dal ricorso all’arma del terrorismo. La Libia, o quello che ne rimane, è soltanto un caso emblematico dagli sviluppi ancora imprevedibili. Potrebbe davvero trasformarsi in una nuova Somalia.
Questi ultimi attentati in Spagna ed in Nigeria devono farci ricordare che solo con la soluzione negoziata dei conflitti, combattendo ingiustizia e menzogne, potremo vivere in una società basata sulla pace e sul rispetto reciproco. Altrimenti non rimarrà che accettare giorno dopo giorno il modello “israeliano” dell’attacco preventivo e dell’arresto di polizia senza mandato della magistratura. E magari ci potremmo ritrovare anche una magistratura prona alle sollecitazioni del potere esecutivo.
La “guerra” che si è scatenata contro i migranti, anche se richiedenti asilo, e in particolare contro tutti i migranti di religione musulmana, rischia di alimentare un pericoloso conflitto interno che può demolire alle fondamenta le democrazie occidentali, trasformandole, non appena i livelli di conflitto saliranno ancora, in veri e propri stati di polizia. Non si ha neppure pietà per i minori isolati dalle loro famiglie di origine e per le donne migranti in stato di gravidanza.
Tocca a tutti gli uomini e le donne di buona volontà impegnarsi quotidianamente contro gli imprenditori dell’odio ed i loro esecutori, che in questi mesi hanno gioco facile ad alimentare paura ed esclusione. In questa direzione vanno denunciate tutte le menzogne che vengono diffuse contro gli operatori della solidarietà e della mediazione, additati come pericolosi nemici, bollati con il marchio di “buonisti”, quando sono le uniche forze che possono arrestare questo declino verso l’intolleranza e la guerra. Per coloro che invece vogliono accreditarsi come fautori dell’ordine e della sicurezza a tutti i costi, non rimane che prospettare lo “stato di eccezione” permanente. Le sperimentazioni non mancano, neppure in Italia. Zone franche come gli Hotspot sottratte, per garantire le finalità di controllo, all’applicazione della legge.
Non si possono tollerare accordi con stati che detengono illegalmente i migranti o nei quali, come l’Egitto, la tortura e le sparizioni forzate sono pratiche quotidiane, né ci si può schierare nei conflitti interni di altri paesi solo per conseguire i massimi vantaggi nei rapporti economici e commerciali. Occorre restituire autorevolezza alle Nazioni Unite e limitare la stretta interconnessione tra industrie delle armi e le alte gerarchie militari. Se si vuole dare ancora un senso all’Unione Europea dovrà adottarsi una politica estera comune che rispetti i principi dei Trattati e del diritto internazionale, come la Commissaria Mogherini non è stata in grado di garantire. UNHCR ed OIM devono schierarsi con tutto il loto peso per la difesa delle persone che sono al centro del loro mandato, senza fornire alibi ai governi che vogliono esternalizzare i controlli di frontiera. Il Mediterraneo deve tornare ad essere un mare di pace e di scambio.
Chi crede che l’unica risposta possibile agli attacchi terroristici sia costituita dallo stato di polizia e dall’abbattimento di tutte le garanzie costituzionali, potrebbe essere smentito dalla storia. Il caso spagnolo è emblematico, per il ruolo che hanno avuto in un recente passato le comunità musulmane che , per prime hanno isolato le aggregazioni terroristiche. Un ruolo che negli ultimi tempi era stato oggetto di attacchi, con una crescita esponenziale della islamofobia.
Barcellona città della pace. Il terrore non ci costringerà a cambiare per quello che siamo: una città aperta al mondo, lottatrice e solidale
Ada Colau, sindaco di Barcellona
Giustizia sociale, solidarietà internazionale, rispetto delle diversità, valorizzazione delle relazioni interpersonali e pratiche di accoglienza diffusa sono le uniche armi che rimangono in mano alle nostre società per opporsi alla barbarie dei terrorismi e dei fascismi che ne sono complici, anche quando dicono di combatterli. Il caso della Turchia, partner dell’Unione Europea per bloccare le fughe di siriani dal loro paese è emblematico.
Una battaglia decisiva si gioca in materia di immigrazione ed asilo, questioni che non possono essere affrontate soltanto sul piano della pubblica sicurezza, o nell’ottica militare o di polizia della lotta al terrorismo. Anche perché i terroristi che hanno colpito finora appartenevano più alla categoria dei cittadini europei che a quella dei migranti. Non si tratta di aumentare il numero di espulsioni e respingimenti o di difendere una pretesa “identità europea” ma di salvaguardare il carattere democratico degli stati europei a partire dai principi affermati nelle Costituzioni nazionali e nei Trattati europei. Rimane decisivo il rispetto della divisione dei poteri tra legislativo, esecutivo e giudiziario, e la salvaguardia della indipendenza della magistratura.
In tempi di continua campagna elettorale, giocata ricorrendo ad argomenti falsificati e falsificanti, va salvaguardata la libertà della informazione. Una informazione che però dovrebbe essere controllata per evitare la continua minaccia costituita dai messaggi di odio e dalla diffusione di fake news, che avvelenano il corpo sociale. E gli sciacalli da tastiera che usano i computer come manganelli, potrebbero trasformarsi presto in veri e propri picchiatori. Azioni apparentemente ridicole, e dall’esito fallimentare, rischiano di produrre un grave smottamento nel senso comune delle persone , anche dopo la loro frettolosa chiusura, come nel caso della missione Defend Europe conclusa oggi, davanti al rifiuto di Malta di aprire le proprie acque territoriali.
Esistono gruppi organizzati e ben finanziati, coordinati a livello europeo, come quelli denominati Generazione identitaria, che alimentano le ragioni dell’ostilità verso i migranti e quei cittadini solidali che si schierano al loro fianco. Attacchi infamanti contro chi salva vite umane o pratica accoglienza possono solo esasperare contrapposizioni che potranno risultare sempre più laceranti del tessuto sociale che rimane. Occasioni come gli attentati “di matrice islamica” diventano immediatamente occasione per attività di propaganda e di diffusione indifferenziata di discriminazione a base razziale o nazionale. Tutte le altre vittime non suscitano il minimo senso di pietà. Anzi, si infierisce su chi soccorre.
Oggi è il giorno del dolore per le vittime di strage, ma da domani dobbiamo impegnarci con azioni concrete perché vengano meno, o possano almeno risultare ridotti, i fattori di odio e di contrapposizione sociale e religiosa che ci possono soltanto portare verso la guerra. Da soldati di conflitti che altri dichiarano in nostro nome per proteggere i loro interessi, a cittadini consapevoli che la difesa della democrazia e della sicurezza non si possono delegare a comandi militari per combattere altre guerre “giuste”, o a singoli corpi dello stato, soprattutto quando non vi sono più le garanzie per il rispetto dei diritti fondamentali delle persone e dei principi basilari della giustizia interna ed internazionale.