Piano Minniti per la “migrazione”

di Daniela Padoan

In attesa di un testo definitivo – che leggeremo su Gazzetta Ufficiale – e del successivo dibattito in parlamento e, si spera, nel paese,  proviamo a riassumere gli elementi essenziali delle misure contenute nel decreto legge che dovrebbe, nelle intenzioni di chi governa, risolvere i problemi connessi alla presenza di migranti e richiedenti asilo in Italia. Lasciamo a chi ci legge la valutazione di tali misure, ma ci sono già da registrare evidenti differenze fra quanto dichiarato dal Ministro nel corso delle sue audizioni e quanto contenuto nei testi finora emersi.

Lo scorso 10 febbraio Paolo Gentiloni, su proposta dei ministri dell’Interno Marco Minniti e della Giustizia Andrea Orlando, ha presentato al Consiglio dei ministri uno schema di decreto legge sull’immigrazione che dovrebbe entrare in vigore entro la fine del mese.

Nel primo pacchetto di misure approvate non si trova traccia di numerose dichiarazioni rese da Minniti il 9 febbraio, nel corso dell’audizione davanti alle Commissioni riunite Affari costituzionali di Camera e Senato, abbondantemente riprese dai media, riguardanti le linee programmatiche del suo dicastero e in particolare il “Piano di contrasto all’immigrazione irregolare”.

Non si parla di lavoro per i richiedenti asilo ma di attività volontarie. Non si parla di rimpatri forzati né di rimpatri assistiti, per i quali Minniti aveva promesso un raddoppio dei fondi, né di trasparenza nelle gare per la gestione dei centri.

Per analizzare il decreto legge che introduce «disposizioni urgenti per l’accelerazione delle procedure amministrative e giurisdizionali in materia di protezione internazionale, per l’introduzione di misure volte ad accelerare le operazioni di identificazione dei cittadini di Paesi non appartenenti all’Unione europea e per il contrasto dell’immigrazione illegale», al momento dobbiamo basarci sullo schema di decreto legge e sul comunicato stampa del Governo del 10 febbraio.

Il decreto legge sull’immigrazione persegue due obiettivi essenziali: il potenziamento del sistema dei rimpatri tramite la disseminazione di centri di detenzione amministrativa in quasi tutte le regioni, e l’accelerazione delle procedure amministrative e giurisdizionali in materia di protezione internazionale, anche tramite l’abolizione del grado di appello per i ricorsi e la creazione di sezioni specializzate in alcuni grandi tribunali ordinari.

É probabile che molte misure si sostanzieranno – come sempre più spesso accade – in ulteriori decreti -di uno si parla già con insistenza – o che verranno attuate con prassi amministrative, e che in alcuni casi si tratti di propaganda. É ormai prassi, per il Consiglio dei ministri, approvare testi non definitivi che vengono via via modificati fino alla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale. É anche possibile che alcune misure – come il lavoro obbligatorio per i richiedenti asilo – non abbiano quel carattere d’urgenza che ne possa giustificare l’inserimento in un decreto legge, o che non possano trovare copertura finanziaria all’interno di questo decreto.

I provvedimenti che corrispondono alle dichiarazioni di Minniti si riassumono nella proliferazione dei centri di detenzione amministrativa e nella soppressione del grado d’appello – una misura che potrà avere gravi conseguenze sull’effettiva fruizione dei diritti di difesa garantiti a tutti dalla Costituzione italiana e dalla Convenzione europea a salvaguardia dei diritti dell’Uomo.

Nel decreto legge si parla invece, a sorpresa, di una misura non preannunciata:l’affondamento da parte delle forze navali italiane di natanti in “alto mare”.Un’operazione in acque internazionali, evidentemente – inserita non senza difficoltà e polemiche nelle operazioni della seconda fase della missione europea Eunavfor Med – per cui occorre un mandato internazionale, qualora si intenda estenderla alle acque territoriali libiche.

SISTEMA DEI RIMPATRI

Centri di Permanenza per i Rimpatri (CPR)

Lo schema di decreto legge, ravvisata «la necessità e urgenza di adottare misure idonee ad accelerare l’identificazione dei cittadini stranieri per far fronte alle crescenti esigenze connesse alle crisi internazionali in atto e alla necessità di definire celermente la posizione giuridica di coloro che sono condotti nel territorio nazionale in occasione di salvataggi in mare o sono comunque rintracciati nel territorio nazionale», ritorna ad ampliare il sistema dei vecchi CIE. Si chiameranno Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) e ne verranno aperti 20 su base regionale, per un totale di 1.600 posti. Saranno più piccoli (80-100 posti) e lontani dai centri abitati.

Nei CPR, «il Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale esercita tutti i poteri di verifica e di accesso». Non si vede come questo possa modificare la situazione attuale, visto che si tratta di luoghi in cui il trattenimento è sottoposto alla convalida dell’autorità giudiziaria. Più probabile che si voglia frapporre un’ulteriore motivazione per negare il diritto di ingresso alle organizzazioni non governative indipendenti.

Rimpatri forzati e assistiti

Nello schema di decreto legge non si parla di rimpatri forzati, che Minniti aveva tuttavia nominato nell’audizione, dichiarando che «sono cruciali e andranno accelerati, perché se funzioneranno cominceranno a funzionare anche i rimpatri volontari assistiti». Per questi ultimi, sempre nell’audizione del 9 febbraio, Minniti aveva parlato di un raddoppio dei fondi, passaggio di cui non si trova traccia nel testo del decreto legge.

SISTEMA DI ASILO

Eliminazione di un grado di giudizio per i ricorsi in materia di protezione internazionale

Per intervenire sul sovraccarico del sistema di asilo, il governo reitera la Proposta di riforma del processo civile per la trattazione dei ricorsi in materia di protezione internazionale preannunciata il 21 giugno 2016 dal ministro della Giustizia Andrea Orlando durante un’audizione davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, identificazione ed espulsione. La proposta – come ha largamente argomentato Fulvio Vassallo su questo sito – prevede l’eliminazione del grado di appello per chi ha ricevuto un diniego in primo grado, riducendo così le garanzie in sede giurisdizionale – anche per il largo ricorso alla videoregistrazione e alla mancata presenza dell’interessato in udienza, con grave violazione del principio del contraddittorio e dei diritti di difesa. Anche il Il primo presidente della Cassazione, Giovanni Canzio ha espresso perplessità in merito a tale provvedimento che, a suo dire, «non può significare soppressione delle garanzie»

 

Sezioni specializzate presso i tribunali ordinari

In conseguenza «dell’aumento esponenziale delle domande di protezione internazionale e dell’incremento del numero delle impugnazioni giurisdizionali» il decreto legge prevede l’istituzione di sezioni specializzate in materia di immigrazione e protezione internazionale presso i tribunali ordinari di 14 città (Bari, Bologna, Brescia, Cagliari, Catania, Catanzaro, Firenze, Lecce, Milano, Palermo, Roma, Napoli, Torino e Venezia). Non comporteranno oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato né incrementi di dotazioni organiche (Capo I art. 1) e saranno competenti per il mancato riconoscimento del diritto di soggiorno, l’impugnazione del provvedimento di allontanamento nei confronti di cittadini Ue per motivi di pubblica sicurezza, il riconoscimento della protezione internazionale, il mancato rilascio, rinnovo o revoca del permesso di soggiorno per motivi umanitari; il diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari; accertamento dello stato di apolidia (Capo I art.3a).

La Scuola superiore della magistratura organizzerà, in collaborazione con EASO e UNHCR, corsi di formazione per i magistrati (Capo I art. 2).

 

Notificazioni ai richiedenti asilo affidate ai gestori dei centri di accoglienza

Per ridurre i tempi di risposta delle commissioni territoriali, il governo semplifica la procedura delle notificazioni affidandone la ricezione ai gestori dei centri di accoglienza: una misura che in caso di inerzia dei gestori potrebbe danneggiare gravemente i destinatari delle comunicazioni.

 

Lavoro volontario per i richiedenti asilo

Nello schema di decreto legge si prevede l’utilizzo dei richiedenti asilo per attività volontarie di pubblica utilità, d’intesa tra Prefetture e Comuni e con incentivi per i Comuni.[1] La parola “lavoro” non figura mai, né vengono introdotti i concetti di obbligatorietà o ricattabilità per la concessione dell’asilo.

Di lavoro però ha parlato Minniti nell’audizione del 9 febbraio davanti alle commissioni riunite Affari costituzionali di Camera e Senato: «Non si creerà una duplicazione nei mercati del lavoro perché il lavoro non sarà retribuito». E ne hanno abbondantemente parlato i giornali, che nei giorni scorsi hanno lasciato sgocciolare indiscrezioni di fonte ministeriale, tanto che il Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR) ha dichiarato che sarebbe «assolutamente inammissibile» l’ipotesi di un legame tra lavoro e riconoscimento dello status o della protezione sussidiaria.

La possibilità di coinvolgere i richiedenti asilo in attività di pubblica utilità a favore delle popolazioni locali era già contenuta in una circolare ministeriale del novembre 2014, in cui si argomentava che in tal modo «si assicurano loro maggiori prospettive di integrazione nel tessuto sociale del nostro Paese, scongiurando un clima di contrapposizione nei loro confronti». Minniti ha usato la stessa retorica, aggiungendo che il lavoro servirà a «colmare il vuoto dell’attesa» (due anni in media). Lo schema di decreto legge apre a collaborazioni con il terzo settore che potranno utilizzare, d’intesa con i Comuni, i fondi europei per l’integrazione.

Proprio oggi il Portale immigrazione parla di un deludente decreto flussi 2017, che prevede solo 30.000 permessi. «Poche o nulle possibilità per chi è già in Italia ma senza permesso di soggiorno e fino ad oggi ha lavorato in nero aspettando il momento buono per emergere regolarmente».A quanto sembra, proprio queste persone saranno tra le principali vittime delle retate e dei rimpatri previsti dal Piano Minniti.

AFFONDAMENTO DI NATANTI

Art. 18

(Misure di contrasto dell’immigrazione illegale)

«All’articolo 12, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, dopo il comma 9-sexies, sono aggiunti i seguenti:

9-septies. Nell’ambito delle attività di contrasto all’immigrazione irregolare e delle operazioni di soccorso di migranti effettuate in alto mare, il comandante dell’unità navale militare operante, nel rispetto degli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali, può procedere, in luogo del sequestro di cui al comma 9-quater, all’affondamento del natante utilizzato per il trasporto, nei casi eccezionali in cui tale misura risulti indispensabile per fronteggiare un pericolo concreto ed attuale per la salvaguardia della vita umana degli stranieri soccorsi o dell’equipaggio dell’unità navale ovvero per la sicurezza della navigazione e non siano praticabili in concreto altri interventi, assicurando, ove possibile, ogni fonte di prova. Il comandante dell’unità navale militare che ha proceduto all’affondamento informa, senza ritardo, il pubblico ministero competente, trasmettendo, entro le quarantotto ore successive, il verbale delle operazioni compiute. Il verbale contiene l’indicazione delle circostanze di fatto che hanno legittimato il ricorso all’affondamento. La misura dell’affondamento prevista dal presente comma si applica solo ai natanti di stazza lorda (GT) inferiore a cinquecento».

 

Ulteriori misure anticipate dal ministro Minniti in audizione:

 

Coinvolgimento degli enti locali nella rete SPRAR, accoglienza diffusa e gare d’appalto trasparenti per la gestione dei centri

Impegno a garantire un maggior coinvolgimento degli enti locali nella rete SPRAR, a far crescere l’accoglienza diffusa e integrata e a migliorare la trasparenza nella gestione dei centri.

Gli appalti di gestione per i servizi dei centri non saranno più a gara unica ma divisi in lotti messi a gara separatamente: mensa, assistenza sanitaria, alloggio. Il Viminale si è confrontato con l’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) che il 1° febbraio ha dato parere favorevole e vincolante al nuovo capitolato.

 

(AP Photo/Eric Gay, Pool)

DDL Minori non accompagnati

L’approvazione al Senato del ddl sui minori non accompagnati, «in drammatico aumento» (25.485 sbarcati nel 2016 contro i 12.360 del 2015) dovrebbe essere prossimo.

 

Relocation

Richiamo all’UE. Minniti in audizione: «Nel 2015 furono promesse 40mila ricollocazioni entro settembre 2017. Oggi siamo a 3200 perché c’è un’evidente indisponibilità ad accogliere i migranti».

 

[1] Questo il testo dell’art. 8, intitolato Partecipazione dei richiedenti protezione internazionale ad attività di utilità sociale:

  1. I prefetti promuovono, d’intesa con i Comuni, anche nell’ambito dell’attività dei Consigli territoriali per l’immigrazione […] ogni iniziativa utile all’implementazione dell’impiego di richiedenti protezione internazionale, su base volontaria, in attività di utilità sociale in favore delle collettività locali, nel quadro delle disposizioni normative vigenti.
  2. Ai fini di cui al comma 1, i prefetti promuovono la diffusione delle buone prassi e di strategie congiunte con i Comuni e le organizzazioni del terzo settore, anche attraverso la stipula di appositi protocolli di intesa.
  3. Per il coinvolgimento dei richiedenti protezione internazionale nelle attività di cui al comma 1, i Comuni possono predisporre, anche in collaborazione con le organizzazioni del terzo settore, appositi progetti da finanziare con risorse europee destinate al settore dell’immigrazione dell’asilo. I progetti presentati dai Comuni che prestano i servizi di accoglienza […] sono esaminati con priorità ai fini dell’assegnazione delle risorse di cui al presente comma».