Rappresaglia di governo dopo la sconfitta sulle procedure accelerate in frontiera per richiedenti asilo provenienti da paesi terzi “sicuri”.

di Fulvio Vassallo Paleologo

1. Quando un ministro arriva a dire “ora riformiamo la giustizia” dopo una sentenza che dichiara inapplicabile una normativa in contrasto con il vigente diritto dell’Unione europea, facendo richiamo al principio gerarchico delle norme sancito dalla Costituzione, tutti i cittadini dovrebbero preoccuparsi del degrado dello Stato di diritto e dunque della democrazia nel nostro paese. A Salvini duole che i tempi tagliola ideati con il cd.Decreto Cutro per i ricorsi nelle “procedure accelerate in frontiera” non abbiano cancellato del tutto i diritti di difesa previsti dall’art.24 della Costituzione. E per questo motivo si scaglia contro la recente decisione del Tribunale di Catania che non ha convalidato alcuni decreti di trattenimento emessi a carico di richiedenti asilo tunisni, detenuti nel nuovo centro per “procedure accelerate in frontiera” situato nell’area industriale al confine tra i comuni di Modica e Pozzallo (Ragusa). La Presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni si spinge ancora oltre, e dopo essersi definita “basita” per la decisione del giudice, travisa del tutto la portata di una delle sentenze adottate dal Tribunale di Catania ed elude le importanti questioni di diritto che queste sollevano, per concentrarsi sulle situazioni personali dei richiedenti asilo, quasi ad ammonimento delle Commissioni territoriali che dovranno decidere sulle loro richieste. Afferma Giorgia Meloni, “Sono rimasta basita di fronte alla sentenza del giudice di Catania, che con motivazioni incredibili (“le caratteristiche fisiche del migrante, che i cercatori d’oro in Tunisia considerano favorevoli allo svolgimento della loro attività”) rimette in libertà un immigrato illegale, già destinatario di un provvedimento di espulsione, dichiarando unilateralmente la Tunisia Paese non sicuro (compito che non spetta alla magistratura) e scagliandosi contro i provvedimenti di un governo democraticamente eletto”. Un falso clamoroso che viene ripetuto ad oltranza, a reti unificate, dai sostenitori del governo, che neppune hanno letto la sentenza. Il Tribunale di Catania non ha espresso alcuna valutazione sulle motivazioni con cui i tunisini hanno chiesto l’asilo.

“L’azione del governo per fronteggiare la migrazione illegale”, per la Meloni “è un lavoro difficile, certo, ma che può portare a risultati concreti, con pazienza e determinazione. Certo, tutto diventa molto più difficile se nel frattempo altri Stati lavorano nella direzione diametralmente opposta, e se perfino un pezzo di Italia fa tutto il possibile per favorire l’immigrazione illegale. E non parlo solo della sinistra ideologizzata e del circuito che ha i propri ricchi interessi nell’accoglienza”. In questo pezzo d’Italia che “fa di tutto per favorire l’immigrazione illegale”, cì sono evidentemente anche quei magistrati che non si piegano agli indirizzi politici del governo e che si limitano ad applicare la legge.

Le reazioni scomposte dei rappresentanti della maggioranza di governo stanno facendo emergere un vulnus democratico che va ben oltre la questione del trattenimento amministrativo dei richiedenti asilo che provengono da paesi terzi ritenuti sicuri, magari per accordi con regimi autoritari come con il governo di Saied in Tunisia che non rispettano i diritti umani. Secondo il senatore Gasparri.”I magistrati che si oppongono alle norme del governo in materia di immigrazione sono nemici della sicurezza della nostra nazione. Sono un ostacolo alla difesa dell’ordine pubblico. Confermano l’uso politico della giustizia. La Magistratura è da tempo il primo problema del Paese. Altro che riforma, servirebbe una rifondazione di una Istituzione che appare nemica delle esigenze primarie degli italiani”.

Adesso il rischio concreto che si corre è che il governo cerchi di ottenere per via amministrativa, sulla pelle dei richiedenti asilo, con una valanga di dinieghi per chi proviene da “paesi sicuri”, quel segnale di “cambio di passo” da dare all’elettorato, dopo una serie di disfatte a livello internazionale. Non c’e stata infatti alcuna copertura per la richiesta della Meloni di un “blocco navale” davanti alle coste libiche delegato ad unità europee e libiche. Solo il rinnovo della vecchia missione Eunavfor Med attiva dal 2015 e denominata adesso IRINI. Che non e’ più a guida italiana ma e’ passata sotto il comando di un ammiraglio greco. Un flop internazionale dietro l’altro, fino all’ultimo Vertice di Malta. Non rimane che affidarsi ai metodi violenti dei guardiacoste libici che si continua a sostenere. E rilanciare in Italia politiche repressive basate su una serie interminabile di decreti sicurezza e di misure amministrative (respingimenti, espulsioni, detenzione amministrativa).

Da parte della Meloni e del suo governo, per dare copertura al cd. Decreto Cutro, si contava su modifiche alla normativa europea in materia di procedure ed accoglienza dei richiedenti asilo, contenute nel più recente Patto su migrazione e l’asilo che ancora oggi non è stato approvato, nè dal Consiglio, nè dal Parlamento europeo, di fatto anticipandone alcune previsioni, che sono fortemente contestate perchè ritenute lesive dei diritti fondamentali e del diritto di asilo, già stabiliti dalla vigente normativa europea. Lo scontro in atto con la Germania sulla richiesta italiana di criminalizzare i soccorsi umanitari allontana le prospettive di una intesa sul Patto che divide i paesi membri sia sulla prospettiva interna (redistribuzione) che sui rapporti con i paesi terzi (esternalizzazione).

2. Già a maggio di quest’anno l’UNHCR Italia, Agenzia ONU per i rifugiati, aveva inviato al governo un “documento tecnico” contenente raccomandazioni sulle disposizioni in materia di asilo contenute nella Legge 5 maggio 2023 n. 50, il cosiddetto decreto Cutro. A suscitare “profonda preoccupazione” si segnalavano diverse disposizioni che presentavano delle “criticità” rispetto alla compatibilità con “la normativa internazionale sui rifugiati e sui diritti umani”, in merito “alla fattibilità delle misure previste», al potenziale “impatto sul sistema d’asilo” e allo «spazio di protezione garantito a richiedenti asilo, rifugiati e persone apolidi”. Il governo ignorava tutti questi rilievi e procedeva spedito all’inasprimento del Decreto Cutro, fino ad introdurre la detenzione amministrativa generalizzata, con una cauzione per evitare il trattenimento, e ridurre al minimo i diritti di difesa e le possibilità di ottenere il riconoscimento di uno status di protezione per i richiedenti asilo peovenienti da paesi ritenuti “sicuri”.

L’ACNUR dopo una generale considerazione positiva delle procedure accelerate in frontiera, soprattuto nei casi in cui appare maggiormente probabile l’esito positivo della domanda di protezione, “Raccomanda, tuttavia, di incanalare in procedura di frontiera (con trattenimento) solo le domande di protezione internazionale che, in una fase iniziale di raccolta delle informazioni e registrazione, appaiano manifestamente infondate.
In particolare, la domanda proposta dal richiedente proveniente da un Paese di origine sicuro non deve essere incanalata in tale iter quando lo stesso abbia invocato gravi motivi per ritenere che, nelle sue specifiche circostanze, il Paese non sia sicuro. Si sottolinea, a tal fine, la centralità di una fase iniziale di screening, volta a far emergere elementi utili alla categorizzazione delle domande (triaging) e alla conseguente individuazione della procedura più appropriata per ciascun caso”.

I provvedimenti resi dai Questori che stabiliscono il trattenimento amministrativo non possono essere privi di motivazione su questo aspetto essenziale e vanno garantiti i diritti di informazione al fine di individuare la “procedura più appropriata per ciascun caso”.

La vigente direttiva procedure (dir. 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013) con gli articoli da 36 a 39 disciplina in termini molto dettagliati i contorni della nozione di Paese di origine sicuro e le conseguenze di tale nozione sulle procedure di valutazione delle domande. Nelle fonti europee non vi sono norme specifiche che stabiliscano il trattenimento amministrativo generalizzato dei richiedenti asilo provenienti da paesi terzi ritenuti “sicuri”. Che non si rinvengono neppure nella Direttiva rimpatri 2008/115/CE, ancora in vigore. Che invece impone una tutela rafforzata in caso di vulnerablità della persona.

In base alla nota sentenza della Corte di cassazione (prima sezione) n. 4455 del 23.2.2018, la condizione di “vulnerabilità” può “avere ad oggetto anche la mancanza delle condizioni minime per condurre un’esistenza nella quale non sia radicalmente compromessa la possibilità di soddisfare i bisogni e le esigenze ineludibili della vita personale, quali quelli strettamente connessi al proprio sostentamento e al raggiungimento degli standard minimi per un’esistenza dignitosa”, oltre a poter essere “la conseguenza di un’esposizione seria alla lesione del diritto alla salute, non potendo tale primario diritto della persona trovare esclusivamente tutela nel d.lgs. n. 286 del 1998, art. 36” o ancora “essere conseguente ad una situazione politico-economica molto grave con effetti d’impoverimento radicale riguardanti la carenza di beni di prima necessità, di natura anche non strettamente contingente, od anche discendere da una situazione geo-politica che non offre alcuna garanzia di vita all’interno del Paese di origine (siccità, carestie, situazioni di povertà inemendabili)”. Secondo la Corte “Queste ultime tipologie di vulnerabilità richiedono l’accertamento rigoroso delle condizioni di partenza di privazione dei diritti umani nel Paese d’origine perché la ratio della protezione umanitaria rimane quella di non esporre i cittadini stranieri al rischio di condizioni di vita non rispettose del nucleo minimo di diritti della persona che ne integrano la dignità”.

3. La sentenza del Tribunale di Catania, e le altre che potranno arrivare nello stesso senso, si limitano a fare coerente applicazione di principi già affermati dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea e dalla Corte di cassazione. La contraria affermazione di parte governativa secondo cui le modalità procedimentali introdotte dal cd.Decreto Cutro(legge n.50/2023) sarebbero corrispondenti a quanto previsto da Direttive europee non corrisponde al vero ed è destinata a produrre un grave disorientamento nell’opinione pibblica, che viene indotta a ritenere che si tratti di questioni meramente interpretative e non di gravi lesioni dei diritti fondamentali delle persone.

Il Tribunale premette innanzitutto che “la Corte di giustizia dell’Unione Europea -Grande Sezione- nella sentenza 8 novembre 2022 (cause riunite C-704/20 e C-39/21), ha chiarito che “l’articolo 15, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, l’articolo 9, paragrafi 3 e 5, della direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, e l’articolo 28, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, in combinato disposto con gli articoli 6 e 47 della Carta
dei diritti fondamentali dell’Unione europea, devono essere interpretati nel senso che
il controllo, da parte di un’autorità giudiziaria, del rispetto dei presupposti di legittimità, derivanti dal diritto dell’Unione, del trattenimento di un cittadino di un paese terzo deve condurre tale autorità a rilevare d’ufficio, in base agli elementi del fascicolo portati a sua conoscenza, come integrati o chiariti durante il procedimento contraddittorio dinanzi a essa, l’eventuale mancato rispetto di un presupposto di legittimità non dedotto dall’interessato”. Appare quindi fondamentale il richiamo al noto orientamento della Corte costituzionale, secondo cui la normativa interna incompatibile con quella dell’Unione va disapplicata dal giudice nazionale (Corte cost., 11 luglio 1989, n. 389);

Nessuna “scelta ideologica” dunque da parte del giudice, come sostenuto da Salvini e da Donzelli, braccio destro della Meloni, nel corso di una trasmissione televisiva, ma una coerente applicazione di principi di diritto in base al principio di gerarchia delle fonti normative scandito, oltre che dalla Corte di giustizia UE, dall’art.117 della Costituzione italiana. Un principio che è stato chiaramente ribadito dalla nota sentenza della Corte di Casazione n.6626 del 16-20 febbraio 2020, sul caso Rackete, che molti oggi preferiscono dimenticare, anche per il peso che potrebbe assumere nel procedimento penale ancora in corso a Palermo sul caso Salvini/Open Arms, nel quale si riscontra lo stesso sovvertimento delle fonti normative, con la sovrapposizioni di decreti legge e decisioni ammiistrative a principi imposti dal diritto internazionale e dai Regolamenti europei.

Il giudice catanese aggiunge che “gli articoli 8 e 9 della direttiva 2013/33/UE “devono essere interpretati nel senso che ostano, in primo luogo, a che un richiedente protezione internazionale sia trattenuto per il solo fatto che non può sovvenire alle proprie necessità, in secondo luogo, a che tale trattenimento abbia luogo senza la previa adozione di una decisione motivata che disponga il trattenimento e senza che siano state esaminate la necessità e la proporzionalità di una siffatta misura” (CGUE (Grande Sezione), 14 maggio
2020, cause riunite C-924/19 PPU e C-925/19 PPU).

Il Tribunale di Catania ricorda poi che “l’art. 6 – bis del D. Lgs 142/2015 prevede una garanzia finanziaria che non si configura come misura alternativa al trattenimento ma come requisito amministrativo imposto al richiedente prima di riconoscere i diritti conferiti dalla direttiva 2013/33/UE, per il solo fatto che chiede protezione internazionale”.

In sostanza il richiamo ad una garanzia finanziaria prevista dal Decreto Cutro (legge n.50/2023), per evitare l’applicazione della misura del trattenimento amministrativo nei casi di procedure accelerate in frontiera, non comporta una reale “alternativa” alla misura limitativa della libertà personale, anche a fronte della sua conclamata inapplicabilità, già sotto il profilo dei termini ristretti e dell’assenza di documenti validi degli interessati, ma costituisce soltanto un passaggio formale e scontato per una applicazione generalizzata della detenzione amministrativa per tutti i richiedenti asilo provenienti da paesi terzi ritenuti “sicuri” che, avendo minime possibilità di accoglimento della propria domanda di protezione, sarebbero “destinati” ad espulsioni “veloci”, per usare i termini adottati dagli esponenti del governo. Non sembra possibile, in altri termini, ipotizzare alcuna “equivalenza funzionale” della garanzia finanziaria con la misura del trattenimento aministrativo imposta dal questore per tutti i richiedenti asilo provenienti da paesi terzi ritenuti “sicuri”.

Il Tribunale di Catania richiama quindi il considerando 38 della direttiva 32/2013UE secondo cui “Molte domande di protezione internazionale sono presentate alla frontiera o nelle zone di transito dello Stato membro prima che sia presa una decisione sull’ammissione del richiedente. Gli Stati membri dovrebbero essere in grado di prevedere procedure per l’esame dell’ammissibilità e/o del merito, che consentano di decidere delle domande sul posto in circostanze ben definite. Motivazioni e possibilità (“circostanze ben definite”)di decidere sulle domande “sul posto” appaiono oscure, tanto nelle norme del decreto Cutro, oggi legge 50 del 2023, quanto nei provvedimenti di trattenimento adottati ad oltre sette giorni dall’ingresso dei richiedenti asilo nel territorio nazionale, dal Questore di Ragusa.

Per il Tribunale di Catania, inoltre, in base alla direttiva procedure 32/2013/UE, la citata direttiva “non autorizza quindi, salve le ipotesi di cui al comma 3 dell’art. 43, l’applicazione della procedura alla frontiera, presupposto, nella specie, della misura del trattenimento, in zona, diversa da quella di ingresso, ove il richiedente sia stato coattivamente condotto in assenza di precedenti provvedimenti coercitivi”. Anche dopo il decreto Cutro (legge n.50/2023) non sono mancati, e non mancano, i trattenimenti di fatto, senza alcun
provvedimento e senza un tempestivo esame individuale. Nei casi esaminati dal Tribunale di Catania il provvedimento di trattenimento amministrativo era stato notificato dal Questore di Ragusa agli interessati, trasferiti nel nuovo centro per richiedenti asilo in procedure accelerate di Modica/Pozzallo, dopo una settimana dal loro ingresso nel territorio nazionale, avvenuto a Lampedusa.

L’osservazione del giudice catanese è assai importante perchè segnala il rischio che la persona possa essere detenuta “de facto”, senza un corrispondente provvedimento amministrativo, nelle more dell’arrivo sul territorio nazionale fino al trasferimento nel centro di transito in cui viene avviata la procedura accelerata in frontiera. Come se la frontiera non fosse più un luogo fisico ben determinato, ma seguisse in qualche modo la persona, come una qualità personale, in assenza di “precedenti provvedimenti coercitivi”, come se questa non avesse fatto ingresso nel territorio nazionale, prima dell’avvio, nel successivo centro di transito, della procedura accelerata per la richiesta di asilo. Come se non esistesse l’art.13 della Costituzione italiana, come se l’Italia non fosse stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo, proprio per l’ingiustificato e prolungato trattenimento di cittadini tunisini nel Centro Hotspot di Contrada Imbriacola a Lampedusa.

Come ricorda lo stesso tribunale, in base all’art. 43, paragrafo 1, della direttiva 2013/32, un trattenimento fondato sulla disposizione di cui all’articolo 8, paragrafo 3, primo comma, lettera c), della Direttiva 33/2013/UE è giustificato soltanto al fine di consentire allo Stato membro interessato di esaminare, prima di riconoscere al richiedente protezione internazionale il diritto di entrare nel suo territorio, se la sua domanda non sia inammissibile, ai sensi dell’articolo 33 della Direttiva 2013/32, o se essa non debba essere respinta in quanto infondata per uno dei motivi elencati all’articolo 31, paragrafo 8, di tale direttiva, e ciò al fine di garantire l’effettività delle procedure previste dal medesimo articolo 43″. In base all’art. 34 della stessa Direttiva, (“Norme speciali in ordine al colloquio sull’ammissibiltà),”Prima che l’autorità accertante decida sull’ammissibilità di
una domanda di protezione internazionale, gli Stati membri consentono al richiedente di esprimersi in ordine all’applicazione dei motivi di cui all’articolo 33 alla sua situazione particolare. A tal fine, gli Stati membri organizzano un colloquio personale sull’ammissibilità della domanda. Gli Stati membri possono derogare soltanto ai sensi dell’articolo 42, in caso di una domanda reiterata”. Il trattenimento amministrativo non può dunque essere attuato di fatto dalla polizia, o disposto dal Questore, come misura generalizzata per tutti i richiedenti asilo provenienti da paesi ritenuti “sicuri”. E la prestazione di una garanzia finanziaria non costituisce una reale alternativa alla misura del trattenimento.

Secondo il comma 3 dell’articolo 43 della Direttiva procedure 32/2013/UE, ” Nel caso in cui gli arrivi in cui è coinvolto un gran numero di cittadini di paesi terzi o di apolidi che presentano domande di protezione internazionale alla frontiera o in una zona di transito, rendano all’atto pratico impossibile applicare ivi le disposizioni di cui al paragrafo 1, dette procedure si possono applicare anche nei luoghi e per il periodo in cui i cittadini di paesi terzi o gli apolidi in questione sono normalmente accolti nelle immediate vicinanze della frontiera o della zona di transito”. A parte la valutazione doverosa della congruità del richiamo a luoghi di acoglienza “nelle immediate vicinanze della frontiera o della zona di transito”, la circostanza che si possano verificare arrivi di massa in tempi ravvicinati non sembra legittimare il trattenimento amministrativo generalizzato dei richiedenti asilo provenienti da paesi terzi “sicuri”, appena mascherati dalla previsione di una “garanzia finanziaria”, che nella quasi totalità dei casi nessuno sarà in grado di prestare.

Assume infine un rilievo assorbente la considerazione del tribunale secondo cui ” Ritenuto, infine, che, in ogni caso, l’art. 8, lett. c) della direttiva 2013/33/UE va interpretato alla luce del principio sancito dall’art. 10, co. 3, Cost., nel significato chiarito dalle SS. UU. nella Sentenza 26 maggio 1997, n. 4674 ; alla luce del principio costituzionale fissato da tale articolo, deve infatti escludersi che la mera provenienza del richiedente asilo da Paese di origine sicuro possa automaticamente privare il suddetto richiedente del diritto a fare ingresso nel territorio italiano per richiedere protezione internazionale”. Non si vede come si possa contestare questa posizione, se solo si considera la falsa “alternativa” della garanzia finanziaria rispetto al trattenimento amministrativo, e la previsione contenuta nel Decreto “Cutro” (legge 50/2023) che il trattenimento sarebbe finalizzato a valutare ll “diritto del richiedente di entrare nel territorio”, ipotesi mutuata dalla Direttiva UE 32/2013 sulle procedure. In questo caso il trattenimento amministrativo potrebbe preludere, in caso di diniego sulla richiesta di protezione, ad una espulsione/respingimento con un immediato accompagnamento forzato, senza una effettiva possibilità di ricorso o di presentazione di una domanda reiterata. Senza il rispetto di quelle garanzie procedurali e sostanziali che, secondo la consolidata giurisprudenza italiana, discendono direttamente dall’articolo 10 comma 3 della Costituzione.

Si può osservare a questo punto come in ogni caso i questori e le commissioni territoriali dovranno adottare provvedimenti con motivazioni congrue che tengano conto della valutazione su base individuale delle esigenze di protezione manifestate, nonché della necessità e proporzionalità della misura restrittiva della libertà personale in relazione alla possibilità di applicare misure meno coercitive.

4. Sarebbe sbagliato fare dipendere il peso, e la stessa attendibilità, della decisione del Tribunale di Catania dall’esito delle procedure individuali dalle quali sono scaturiti i ricorsi che hanno portato alla sentenza. Si può prevedere che le Commissioni territoriali, guidate da un prefetto, con una presenza ormai dominante di funzionari amministrativi, opereranno con una raffica di dinieghi, come veri e propri “plotoni di esecuzione” di direttive impartite dal ministero e dalla Commissione centrale. Sarà poi il tempo dei ricorsi di singoli richiedenti asilo “denegati” e delle decisioni di altri tribunali. La definizione di “paese terzo sicuro” sarà al centro di questi ricorsi e delle successive decisioni, che impongono comunque motivazioni su base individuale.

In diversi casi cittadini tunisini hanno ottenuto asilo o protezione speciale in Italia, e l’aggravarsi della crisi democratica in Tunisia, per le posizioni sempre più autoritarie del premier Saied imporrebbero di cancellare questo paese dalla lista di “paesi terzi sicuri”, o quanto meno di valutare su base individuale e con particolare attenzione le richieste di protezione di cittadini provenienti dalla Tunisia. Lo afferma da tempo la giurisprudenza italiana che, su base individuale, ha riconosciuto, a cittadini tunisini che avevano ricevuto un diniego dalle Commissioni territoriali, la protezione (prima) umanitaria, ed adesso speciale, in base ad una normativa ed al richiamo dell’art. 10 della Costituzione, che non possono essere abrogati da una legge ordinaria, come la legge n.50 del 2023 (ex “Decreto Cutro”).

Pochi giorni dopo la sentenza del Tribunale di Catania, si è avuta notizia di un provvedimento con cui il Tribunale di Firenze ha bocciato le stesse premesse di base del trattenimento amministrativo generalizzato per i richiedenti asilo provenienti da paesi ritenuti “sicuri”. Il tribunale esclude che la Tunisia possa essere comunque ritenuta un “paese terzo sicuro , accogliendo il ricorso di un richiedente asilo tunisino contro il ministero dell’interno e sospendendone pertanto l’espulsione. Nel ricorso si poneva in discussione l’inclusione della Tunisia nella lista dei “paesi terzi sicuri”, aggiornata con un decreto ministeriale del marzo di quest’anno. Si adduceva quindi, come questione dirimente che il Tribunale ha accolto, “La grave crisi socioeconomica, sanitaria, idrica e alimentare, nonché l’involuzione autoritaria e la crisi politica in atto sono tali da rendere obsoleta la valutazione di sicurezza compiuta a marzo dal governo italiano”.

Per il Tribunale di Firenze, a fronte della possibilità accordata dalle Direttive europee di stilare una “lista di paesi sicuri”, come l’Italia ha fatto da anni, con continui aggiornamenti, “il sacrificio dei diritti dei richiedenti asilo non esonera il giudice dal generale obbligo di verifica e motivazione in ordine ai profili di sicurezza del Paese, sia con riferimento al rischio determinato da ragioni peculiari del singolo richiedente, sia in ordine alla sussistenza si violenza indiscriminata prodotto da un conflitto armato interno o internazionale”.

La lista deve essere formata ed integrata “all’esito di una procedura amministrativa e fondata su informazioni raccolte da fonti qualificate (come Onu e Consiglio d’Europa), e costantemente aggiornate”. Il Tribunale riconosce il principio della «separazione dei poteri», ma individua nella giurisdizione “una garanzia di legalità supplementare” che sulla base delle norme internazionali ed unionali può portare alla disapplicazione di un decreto del governo (come-osserviamo noi- quello contenente l’aggiornamento della lista dei paesi terzi sicuri).

Lo stesso Tribunale di Firenze riporta poi “recentissimi e gravi sviluppi” che hanno gravemente colpito la democrazia tunisina, come la destituzione e l’arresto di giudici, dopo che il premier Saied aveva affermato che “qualunque magistrato avesse osato esonerare dalle loro responsabilità gruppi criminali sarebbe stato considerato loro complice”. Una dichiarazione non troppo lontana dai feroci attacchi della Meloni e di altri membri del suo governo contro i giudici italiani che hanno osato disapplicare o contestare le norme del Decreto Cutro (legge n.50/2023) che risultano in contrasto con la Costituzione (artt.10 e 117), con le Direttive europee in materia di procedure e di accoglienza, con il diritto internazionale dei rifugiati, che vieta respingimenti ed espulsioni verso paesi terzi “non sicuri” (art.33 della Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati).

Ancora poche settimane fa, si osserva nella sentenza, “la Tunisia ha vietato l’ingresso di una delegazione del Parlamento Europeo”, ed è notizia recentissima il rifiuto dei fondi messi a disposizione dell’Unione europea nell’ambito del Memorandum d’intesa Tunisia-UE, concluso nel luglio di quest’anno, solo apparentemente sembra, a scopo di propaganda per qualche foto opportunity. Saied ha bloccato l’attuazione del Memorandum, perchè i fondi in arrivo da Bruxelles sono stati ritenuti troppo esigui nella misura anticipata, mentre per la restante parte restavano vincolati al rispetto dei diritti umani, richiesto anche dal Fondo monetario internazionale, che il presidente tunisino non ha evidentemente alcuna intenzione di rispettare.

5. I rilievi, in gran parte ancora da sviluppare, sulla inapplicabilità del cd. Decreto Cutro e della sua contrarietà alle previsioni delle Direttive europee e della Convenzione di Ginevra sui rifugiati, oltre che agli articoli 3, 10, 24, 117 della Costituzione rimangono tutti. Se il governo non procederà ad una modifica legislativa, che sembra probabile solo in senso peggiorativo, si potrebbe arrivare, magari in sede di interpretazione pregiudiziale, ad una pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ed a una serie di ricorsi alla Corte europea dei diritti dell’Uomo. Salvini può stare tranquillo. Gli avvocati non “sono sui barconi”, ma saranno con la massima tempstività, come si è verificato a Catania, accanto ai richiedenti asilo ed a tutti i migranti per i quali faranno valere i diritti fondamentali, a partire dai diritti di difesa previsti dalla Costituzione e dalle norme europee.

………………………………

SABATO 30 SETTEMBRE 2023 15.46.05

Viminale ricorrerà contro decisione Tribunale Catania ( (ANSA) –

Il ministero dell’Interno impugnerà il provvedimento del tribunale di Catania che ha negato la convalida del trattenimento di tre migranti: la fondatezza dei richiami giuridici contenuti nel provvedimento sarà quindi sottoposta al vaglio di un altro giudice. Fonti vicine al dossier migranti sottolineano che “la procedura accelerata di frontiera è uno degli aspetti che, già contenuto nella direttiva europea 2013, trova oggi l’unanime consenso dei Paesi europei nell’ambito del costruendo nuovo Patto per le migrazioni e l’asilo e che il Governo italiano ha disciplinato nel decreto Cutro”. (ANSA). 2023-09-30 15:44


Che l’art.13 della Costituzione non si applichi ai migranti irregolari conferma ignoranza e malafede di Tosi. Stanno innescando uno scontro civile ed istituzionale senza precedenti. Difendiamo la Costituzione e la autonomia della magistratura. Non passeranno.

Migranti: Tosi (Fi): da tribunale Catania provvedimento politico

(ANSA) – ROMA, 02 OTT – “La magistrata di sinistra che non fa rispettare un decreto del governo è una pessima servitrice dello Stato. Tra l’altro qui viene messo gravemente in discussione il principio liberale e costituzionale della separazione dei poteri. Le varie associazioni dei magistrati dovrebbero prendere le distanze dalla dottoressa Apostolico, ma non lo fanno, perché quelle sono sempre pronte a difendere la loro casta”. Ad affermarlo Flavio Tosi, deputato di Forza Italia, che definisce”immotivato e stupido” il provvedimento della magistrata Iolanda Apostolico del Tribunale di Catania, che non ha convalidato il fermo di quattro migranti nel Cpr di Pozzallo, di fatto disapplicando il decreto del Governo Meloni. Tosi dice che “la magistrata è chiaramente una pasdaran di. sinistra, le sue tante prese di posizione sui social contro esponenti di centrodestra lo confermano, e il suo provvedimento è politico, anche perché si disapplica un decreto con un’interpretazione surreale e forse un po’ pretestuosa della Costituzione”. Il riferimento di Tosi corre all’articolo 13 della Costituzione sulla libertà personale che è inviolabile a meno di un atto motivato dell’autorità giudiziaria. Tosi dice:”Quell’articolo è del 1948, fu scritto in un contesto storico diverso, in un’Italia che usciva da un conflitto e che non subiva l’immigrazione di massa. È chiaro che nell’articolo 13 non si fa riferimento ai migranti irregolari, ma alla libertà inviolabile degli italiani e di chi ha la cittadinanza italiana.La Costituzione invece non vieta per certo di inserire temporaneamente un immigrato clandestino in un centro, in modo da accertare se ha diritto all’asilo (secondo i criteri. stabiliti dai trattati internazionali), o se deve essere rimpatriato. Infine sarebbe folle anche solo pensare che per ogni migrante trattenuto per le verifiche del caso, sia indispensabile un provvedimento di un magistrato: da inizio anno ne sarebbero stati necessari decine di migliaia “. (ANSA).2023-10-02 15:45


IL FATTO QUOTIDIANO

2 OTTOBRE 2023

Migranti, il costituzionalista Azzariti: “Da Meloni reazione scomposta, qui è in gioco lo Stato di diritto. Cambi la legge o lo farà la Consulta”


QUESTIONE GIUSTIZIA

2 OTTOBRE 2023

Il giudice non convalida i trattenimenti di tre migranti tunisini disposti in base alla nuova disciplina delle procedure di frontiera

di Silvia Albano
Giudice Tribunale di Roma

Con allegate le sentenze del Tribunale di Catania sulla convalida dei trattenimenti ammiistrativi disposti dalla Questura di Ragusa nel nuovo Centro di Pozzallo/Modica


ANMAssociazione Nazionale Magistrati

2 OTTOBRE 2023

Migranti, Anm: “Pericoloso rappresentare magistrati contro interesse del Paese, serve rispetto”

“Esprimersi in questi termini crea confusione nella pubblica opinione, una confusione pericolosa, si rappresenta la giurisdizione come se non facesse il bene del Paese e remasse contro gli sforzi che il governo sta facendo per contrastare l’immigrazione illegale, è una rappresentazione fuorviante, falsa che fa male alle istituzioni prima ancora che ai magistrati”….”Non entro nel merito, ma di là del merito, che non discuto, perché è possibile che il provvedimento veda una revisione nei successivi gradi di giudizio, ne faccio una questione di metodo: bisogna muoversi all’interno di un reciproco rispetto”, “La giurisdizione non è un pezzo del governo, per fortuna, siamo un organo di garanzia autonomo e indipendente, facciamo un altro mestiere, tuteliamo i diritti fondamentali delle persone, che in materia di immigrazione sono il nucleo centrale, e lo facciamo inserendo le normative nazionali in un quadro più complesso, della normativa sovranazionale ed europea, e guardando i principi e i valori costituzionali. E’ un lavoro complicato, dove si può anche sbagliare, ma che va guardato con rispetto, è un lavoro complesso e non si può pensare che venga fatto guardando gli interessi del programma di azione del governo, che non deve essere ostacolato ma che non deve fare velo se un magistrato, nell’interpretazione libera delle norme, individua un problema e la necessità di dare la priorità alle fonti sovranazionali”.

“Bisogna rispettarsi reciprocamente ci sono tutti gli strumenti per vedere se quel provvedimento vada confermato o meno, bisogna avere rispetto della funzione e delle persone. La collega sui giornali di oggi è stata fortemente aggredita, attraverso la ricerca di un pregiudizio in materia, alcuni pezzi della stampa fanno molto male. Un magistrato può avere le sue idee ma quando esercita la giurisdizione lo fa nel rispetto delle norme, se viene meno questa convinzione viene meno la tenuta del sistema, dobbiamo intenderci se abbiamo a cuore il bene delle istituzioni oppure no, io credo che si debba tornar a un maggiore equilibrio”.


LA STAMPA

2 OTTOBRE 2023

Csm, rivolta contro Meloni: raccolta di firme per la magistrata di Catania. “Un attacco all’autonomia, è la macchina del fango”

La pratica a tutela sottoscritta da 13 togati


IL FOGLIO

2 OTTOBRE 2023

Le bufale di Meloni contro la giudice di Catania riaccendono lo scontro con le toghe


LUNEDÌ 02 OTTOBRE 2023 19.37.16

Gasparri, presentata interrogazione a Nordio su giudice Catania. Valutare un’ispezione nei confronti della procura (ANSA)

ROMA, 02 OTT – “Ho presentato un’interrogazione al ministro della Giustizia, Nordio, dopo che sono emersi alcuni aspetti relativi al magistrato Iolanda Apostolico del Tribunale di Catania che, come apprendo per mezzo stampa, non ha convalidato il fermo di tre migranti tunisini trattenuti nel cpr di Pozzallo, disapplicando il decreto del governo che prevede il trattenimento dei richiedenti asilo nei cpr”. Lo annuncia in una nota il senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri, specificando di aver chiesto al ministro “se non ritenga doveroso avviare una ispezione nei confronti della procura di Catania visto che le decisioni del magistrato, alla luce delle sue idee più volte espresse sui social, la rendono evidentemente imparziale e non adatta a ricoprire il proprio ruolo”. Riferendosi al giudice Apostolico, Gasparri ricorda: “Avrebbe ‘dichiarato illegittimo il fermo disposto dal questore di Ragusa sostenendo che fosse contrario alle normative europee e alla Costituzione’. Appare infatti singolare che tale iniziativa arrivi da un magistrato che sul proprio profilo social, come emerso sulla stampa, avrebbe condiviso diverse campagne lanciate da Potere al popolo contro il centrodestra e una mozione di sfiducia contro il leader leghista Matteo Salvini nel 2018′”. Quindi conclude: “Su questa vicenda andremo fino in fondo senza farci intimidire da chi, colme Albamonte, continua ad abbaiare contro il governo e a difendere una magistratura, questa si involuta, che appare sempre più lontana dal proprio ruolo e sempre più politicizzata”. (ANSA). 2023-10-02 19:34


GIORNALE DI SICILIA

2 OTTOBRE 2023

A Pozzallo si svuota il centro rifugiati dopo la sentenza del Tribunale di Catania

La struttura è stata aperta appena sette giorni fa. Nell’hotspot attiguo, invece, al momento ci sono 237 ospiti, tra dei quali ospedalizzati


GIORNALE DI SICILIA

2 OTTOBRE 2023

Lo scontro sui migranti, il giudice di Catania: «La questione giuridica non diventi personale»

Criticata per i suoi post sui social. I colleghi la difendono: «Indegno scavare nella vita privata»


LA REPUBBLICA

2 OTTOBRE 2023

Migranti, il costituzionalista Celotto: “Non spetta a Meloni valutare la sentenza di Catania, così si torna all’ancien régime”

di Liana Milella

Intervista al docente dell’Università Roma Tre dopo l’attacco social alla decisione sui trattenimenti: “Un premier non può entrare nei contenuti giuridici. Cirielli chiede di punire la giudice? Un magistrato può non applicare una legge se contrasta con il diritto della Ue”


3 OTTOBRE 2023

GIUNTA ESECUTIVA SEZIONALE

Distretto della Corte d’Appello di CATANIA

COMUNICATO

La Giunta dell’Associazione Nazionale Magistrati del Distretto di Catania ha appreso con sgomento del contenuto delle dichiarazioni di recente rilasciate da esponenti della maggioranza di Governo e dal Presidente del Consiglio dei Ministri in relazione ad un provvedimento emesso dalla Sezione Specializzata in materia di immigrazione del Tribunale di Catania.

Tali dichiarazioni – che, tra le altre, accusano un giudice del suddetto tribunale e la magistratura italiana tutta di essere “nemici della sicurezza della […] nazione”, “un ostacolo alla difesa dell’ordine pubblico” e di scagliarsi “contro i provvedimenti di un governo democraticamente eletto” –, al di là della loro conclamata infondatezza, ricorrono a toni scomposti, lontanissimi da quelli che dovrebbero sempre informare una corretta dialettica tra poteri dello Stato.

Il fatto che i magistrati siano talora chiamati a pronunciarsi in relazione a vicende che hanno anche un rilievo politico, oltre che più propriamente giuridico, non significa, né potrà mai significare che i provvedimenti emessi dall’autorità giudiziaria non traggano il proprio fondamento esclusivamente da una rigorosa valutazione dei fatti ed applicazione delle norme di diritto: tali sono, nel caso di specie, le valutazioni operate dalla dott.ssa Iolanda Apostolico (giudice della Sezione Specializzata in materia di immigrazione del Tribunale di Catania) in relazione ad un decreto del Questore di Ragusa di trattenimento di un cittadino straniero richiedente asilo.

Alla luce di tali considerazioni, gli attacchi e le polemiche infondatamente promosse da alcuni esponenti politici ed organi di stampa nei confronti del suddetto giudice sono del tutto gratuite ed irriguardose, oltre che non rispettose delle sfere di attribuzione funzionale e finanche della dignità stessa della persona del magistrato in questione – esposto ad una gogna mediatica (con annessa pubblicazione di fotografie che ritraggono momenti di vita privata della collega) anche unitamente a membri del suo nucleo familiare.

La Giunta dell’Associazione Nazionale Magistrati del Distretto di Catania esprime pertanto piena solidarietà e vicinanza alla collega autrice del provvedimento e ricorda che gli atti dell’autorità giudiziaria possono certamente essere criticati e non condivisi, oltre che impugnati nelle opportune sedi; tuttavia, anche la più aspra delle critiche non deve mai trascendere nella delegittimazione personale e professionale dei magistrati che li hanno redatti, né nello strumentale travisamento dei contenuti di quegli stessi provvedimenti o, ancora, in moniti intimidatori verso chiunque – come la collega in questione – eserciti l’attività giurisdizionale attenendosi quotidianamente ai più alti standard legali e deontologici.

La Giunta dell’Associazione Nazionale Magistrati del Distretto di Catania


LA STAMPA

4 OTTOBRE 2023

Migranti, “Nessuna espulsione verso la Tunisia”: dopo Catania anche il tribunale di Firenze boccia l’esecutivo

Negato il rimpatrio di un migrante perché il suo Paese non è sicuro

GIUSEPPE SALVAGGIULO

04 Ottobre 2023 alle 01:00