Indagini sulla strage di Cutro: ancora una volta voleranno soltanto gli stracci ?

di Fulvio Vassallo Paleologo

1.Con un rilievo marginale rispetto ai giorni della conferenza stampa del governo a Cutro si è appreso che la magistratura inquirente starebbe indagando su rappresentanti della Guardia di Finanza, per stabilire eventuali responsabilità, dopo che i primi investigatori e l’onda mediatica indotta nei giorni immediatamente successivi al naufragio, si erano concentrati soltanto sui presunti scafisti che venivano arrestati e sbattuti in prima pagina.

Una inchiesta internazionale ha portato nuovi elementi di conoscenza, tutti da verificare, su quello che avvenne nella notte antecedente il naufragio di Cutro. Si è anche appreso che sarebbero stati effettuati sequestri e perquisizioni, con le dovute comunicazioni di garanzia agli agenti istituzionali più direttamente esposti. Non si hanno notizie ancora oggi, invece, di una iscrizione nel registro degli indagati di rappresentanti di Frontex, che pure è stata chiamata in causa nei titoli di molti giornali, nè tantomeno di esponenti del Viminale, partecipanti al Centro di controllo operativo presso il Ministero dell’interno, e della Guardia costiera, che, con la sua Centrale di coordinamento (IMRC) dovrebbe intervenire in tutte le operazoni di ricerca e salvataggio, quale che sia il livello di allerta o di distress segnalato dalle prime autorità statali entrate in contatto con una imbarcazione in navigazione in alto mare, senza le più elementari dotazioni di sicurezza e generalmente sovraccarica. Nei commenti si ripropone la questione dell’accertamento delle condizioni di distress, periicolo grave ed attuale, che probabilmente saranno al centro delle indagini.Una questione che non può consentire depistaggi. Secondo la Procura di Agrigento, e il prevalente orientamento della giurisprudenza, fino alla Corte di cassazione,, “Il pericolo attuale di danno grave alla persona che determina lo stato di necessità, secondo quanto indicato nelle Raccomandazioni emanate dal Consiglio europeo nel giugno 2019, sussiste sin dal momento della partenza dalle coste nordafricane delle imbarcazioni, che devono essere considerate sin da subito in distress in considerazione deI fatto che sono sovraccariche e inadeguate a percorrere la traversaIa. prive di strumentazione e di personale competente.“. Certo le condizioni di un caicco in navigazione in alto mare possono essere diverse da quelle di un barchino aperto e sovraccarico sulla rotta libica, ma gli indici di distress sono fissati dalle Convenzioni internazionali e dal Regolamento Frontex n.656 del 2014, e possono ricorrere in entrambi i casi. Come è comprovato dalle decine di interventi di ricerca e soccorso operati nel corso degli anni nei confronti di imbarcazioni da diporto sovraccariche di migranti, come il caicco affondato davanti Steccato di Cutro, provenienti dalla Turchia. E non si potrà certo sostenere che le finalità di sorveglianza delle frontiere e di contrasto dell’immigrazione irregolare possono prevalere sull’obbligo assoluto di intervenire nel più breve tempo possibile per salvaguardare la vita umana in mare.

Secondo quanto riferito da Askanews il 4 aprile scorso, “L’intervento al di fuori dell’area Sar – che per il nostro Paese è già molto estesa, circa 500mila km quadrati -, intervento che per la Convenzione di Amburgo sarebbe una eccezione, nell’attuale scenario mediterraneo – con partenze di Migranti soprattutto da Libia, Egitto, Tunisia e Turchia – è diventata una prassi sempre piu’ frequente”. Lo ha sottolineato il comandante generale della Guardia costiera, ammiraglio ispettore capo Nicola Carlone, nel corso di una audizione davanti alla commissione Trasporti della Camera. “Le nostre unita’ – ha ricordato Carlone – intervengono quotidianamente a distanze elevatissime dalle nostre coste, in soccorso di imbarcazioni sovraccariche, prive di equipaggio e senza alcuna condizione di sicurezza”.

I soccorsi sulla rotta turca sono operati continuativamente dalla Guardia costiera italiana anche al di fuori delle acque territoriali italiane. Come si apprende dal Corriere della Calabria del 5 giugno 2023, “Sono 74, e non 61 come si era appreso in precedenza, i migranti giunti in mattinata nel porto di Roccella Ionica dopo essere stati soccorsi dalla Guardia costiera mentre si trovavano a bordo di una barca a vela ormai alla deriva localizzata a circa 100 miglia al largo delle coste della Locride. Si tratta di cittadini provenienti da Afghanistan, Siria e Iran. Dieci sono i minori e una ventina le donne. Dopo l’arrivo a Roccella, i profughi, che sarebbero salpati giovedì scorso dalle coste della Turchia, sono stati sottoposti ad una prima visita medica e successivamente, su disposizione della Prefettura di Reggio Calabria, momentaneamente sistemati, nello stesso scalo portuale reggino, all’interno della tensostruttura gestita dai volontari della Croce Rossa, della Protezione Civile e da una equipe di Medici senza frontiere. Con lo sbarco di oggi è salito a 16 il numero degli “arrivi” di profughi, nel solo Porto di Roccella, nel 2023, per un totale di circa 2,5 mila migranti. Lo scorso 27 maggio, nello scalo marittimo reggino, erano arrivati 95 migranti di varie nazionalità, tra cui 18 bambini“. Può bastare la mancata richiesta dei soccorsi, o la circostanza che l’imbarcazione non venga definita “alla deriva”, per fare la differenza tra la vita e la morte ? Nei confronti di una imbarcazione già monitorata con un notevole sovraccarico e con condizioni meteo in peggioramento, è lecito non avviare operazioni di ricerca e salvataggio dopo la perdita dei contatti ?

2. Come è naturale, i primi atti di indagine sulla strage di Cutro si sono concentrati sugli organi periferici che più direttamente sono stati coinvolti negli eventi che hanno portato al naufragio del caicco, davanti alle coste sabbiose di Steccato di Cutro. Ma dovrebbe essere a tutti chiaro, e soprattutto alla procura che sta indagando, che nel caso dei soccorsi di massa, la responsabilità del coordinamento non si limita alle autorità periferiche di Guardia di Finanza e del Corpo delle Capitanerie di Porto, ma risale fino ai livelli più elevati con sede a Roma, nelle centrali di coordinamento ubicate al Ministero delle infrastrutture (Centrale di coordinamento della Guardia costiera-IMRCC) e del Ministero dell’interno ( Coordnamento interforze presso il Viminale). Lo stabilisce il Piano nazionale SAR approvato con decreto ministeriale nel 2021. e lo confermano le fonti normative più risalenti ed una prassi che si riscontra quotidianamente ancora oggi, anche con l’assegnazione dei porti di sbarco “vessatori” da parte del Ministero dell’interno. Una pratica illegittima che dimostra le competenze (e dunque la responsabilità) del Viminale che tende a impedire il pieno impiego delle navi del soccorso civile nelle attività di soccorso in acque internazionali. Una prassi che avrebbe dovuto essere contrastata per tempo dalle ONG, che invece non hanno portato a fondo sul piano legale tutte le azioni e le denunce che sarebbero state possibili dopo che lo scorso anno la Corte di Giustizia dell’Unione Europea aveva ridimensionato con una importante sentenza la pratica dei fermi amministrativi, ribadendo il valore assoluto degli obblighi di soccorso dei comandanti rispetto al potere discrezionale delle autorità amministrartive e politiche tendente a limitare il numero dei naufraghi soccorsi dalle navi umanitarie. Come poi si è tentato di ribadire con il Decreto legge n.1 del 2020, che sotto molteplici profili, anche per la sua concreta attuazione, appare in contrasto frontale con quanto previsto dalle Convenzioni internazionali di diritto del mare e dal Regolamento europeo n.656 del 2014, che nessuna autorità statale può continuare ad ignorare, anche per effetto del combinato disposto degli artticoli 10 e 117 della Costituzione, soprattutto quando le operazioni di sorveglianza e di soccorso sono cogestite con unità navali ed aeree appartenenti all’agenzia Frontex.

Nel caso Rackete la Corte di Cassazione, con la sentenza n.6626 del 2020, pone un limite preciso alle attività di law enforcement (contrasto dell’immigrazione irregolare) che si traducono in divieti di ingresso nelle acque territoriali, e richiama strumenti di diritto internazionale ratificati dall’Italia e pertanto pienamente efficaci nel nostro ordinamento: la Convenzione per la salvaguardia della vita umana in mare (SOLAS-Safety of Life at Sea, stipulata a Londra nel 1974 e ratificata dall’Italia con legge n. 313 del 1980); la Convenzione internazionale sulla ricerca ed il salvataggio marittimo (SAR, stipulata ad Amburgo del 1979 e resa esecutiva dall’Italia con la legge n. 147 del 1989, nonché con il D.P.R. n. 662 del 1994); la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritto del mare (UNCLOS, stipulata a Montego Bay nel 1982 e recepita dall’Italia dalla legge n. 689 del 1994). Si tratta, osserva la Corte, di «disposizioni ben conosciute da coloro che operano il salvataggio in mare, ma anche da coloro che, per servizio, operano in mare svolgendo attività di polizia marittima».

3. Abbiamo già visto la durata dei procedimenti penali quando erano chiamati in causa comandanti militari e centrali operative della Marina militare o della Guardia costiera. Ed abbiamo visto come in questi casi l’accertamento delle responsabilità si sia fermato ai livelli intermedi, senza risalire ai vertici militari ed ai rappresentanti politici che dettavano i loro indirizzi operativi, anche sulla base di accordi conclusi con paesi terzi che non erano visibilmente in grado di garantire diritti umani e soccorsi efficaci. Ieri l’Albania e Malta, oggi ancora Malta, la Tunisia e quello che rimane della Libia, divisa tra milizie, corpi antimmigrazione e guardie costiere che non rispondono ad un unico comando politico o militare.

Non sappiamo quanto potranno durare le indagini pr la strage di Cutro, e se si ariverà, con un un rinvio a giudizio, ad un processo degli agenti istituzionali responsabili ed alla loro condanna. Di certo quello che andrebbe chiarito oggi, e subito, anche al fine di evitare depistaggi, o per non vedere ancora una volta “volare soltanto gli stracci”, è la reale catena di comando che nella notte della strage di Cutro sarebbe stata chiamata a gestire le prime segnalazioni e poi la situazione di emergenza. Emergenza che di certo non si è determinata soltanto dopo che il caicco ha urtato con la chiglia sulla secca antistante la spiaggia di Steccato di Cutro. Perchè una situazione di emergenza (un vero e proprio caso di distress) esisteva già al momento delle prime segnalazioni fornite alle autorità italiane dall’aereo di Frontex che aveva avvistato e ripreso con video il barcone proveniente dalla Turchia che avanzava con crescenti difficoltà verso le coste italiane, mentre le condizioni meteo andavano progressivamente peggiorando. Sono gli indici di distress contenuti nel Regolamento europeo n.656 del 2014 che impediscono di affermare che il caicco turco sia arrivato davanti alla spiaggia, dove ha poi fatto naufragio, in condizioni di “normale navigabilità”.

Nei giorni sucessivi alla strage il medico soccorritore Orlando Amodeo era stato molto esplicito: “Abbiamo fatto centinaia di soccorsi in mare, nel dicembre 2013 con la capitaneria di porto, mare forza 8, cioè il doppio di quello del giorno della strage. Frontex seguiva l’imbarcazione e a Crotone ci sono tre rimorchiatori; il radar di questi rimoschiatori è a trecento metri in linea d’aria dal punto in cui è avvenuta la tragedia.” Quindi “Qualcosa non è andato come doveva, oppure qualcuno, non so chi, ha sottovalutato la situazione.” Non sappiamo fino a quando confermerà queste posizioni, dopo le reazioni che lo hanno investito, comunque si tratta di una testimonianza che non potrà essere cancellata.

In una comunicazione pervenuta all’ANSA Frontex affermava che aveva segnalato «un’imbarcazione pesantemente sovraffollata che si dirigeva verso le coste italiane: come sempre in questi casi, abbiamo immediatamente informato tutte le autorità italiane dell’avvistamento». Secondo l’art.7 del Regolamento Frontex (Guardia di frontiera e costiera europea) n.1896, che richiama per intero il precedente Regolamento n.656 del 2014 “La guardia di frontiera e costiera europea attua la gestione europea integrata delle frontiere come responsabilità condivisa tra l’Agenzia e le autorità nazionali preposte alla gestione delle frontiere, comprese le guardie costiere nella misura in cui svolgono operazioni di sorveglianza delle frontiere marittime e qualsiasi altro compito di controllo di frontiera. Gli Stati membri mantengono la responsabilità primaria della gestione delle loro sezioni di frontiera esterna”.

4. Ma allora chi doveva accertare la ricorrenza di una situazione di distress ed avviare senza alcun indugio tutte le attività SAR (di ricerca e salvataggio) con mezzi idonei rispetto alle condizioni del mare ed al numero delle persone da soccorrrere ?

Il Decreto ministeriale del 14 luglio 2003 («Disposizioni di contrasto all’immigrazione clandestina») distingue l’attività svolta in acque internazionali dalle unità navali della Marina militare dall’attività svolta in acque territoriali (e nella zona contigua) dalle unità navali in servizio di polizia (artt. 3, 5). In questo caso più recente non si riscontra la presenza di unità della Marina militare, ma certo su quella rotta, dalla Turchia e dalla Grecia verso le coste italiane,con la riformulazione e la estensione della missione Mare sicuro, adesso denominata Mediterraneo sicuro, la loro presenza, almeno per la sorveglianza militare, appare scontata. Lo stesso decreto distingue poi l’«intervento di soccorso», il cui coordinamento «è di competenza delle Capitanerie di porto», dall’«intervento di polizia», (law enforcement) la cui competenza è attribuita, in via prioritaria, alle Forze di polizia (e dunque alla Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere, sotto la diretta responsabilità del ministro dell’interno). Sotto questi profili il limite dele acque territoriali (12 miglia dalla costa) non rileva affatto. La Guardia di Finanza può intervenire per operazioni di law enforcement anche nella zona contigua (24 miglia dalla costa) o in acque internazionali, mentre per interventi di ricerca e salvataggio non vi sono limiti di intervento ma obblighi di coordinamento immediato. La Centrale di coordinamento (IMRCC) può avvalersi anche al di fuori della propria area di competenza, di tutte le unità navali militari, incluse le unità della Guardia di finanza, come di unità commerciali o civili, che possano concorrere utilmente al salvataggio di vite umane in pericolo. Questa competenza prevalente della Centrale di coordinamenro nazionale (MRCC) nel coordinamento dei soccorsi è ribadita nel Manuale Iamsar dell’IMO e nel Piano SAR nazionale 2020, che raccolgono tutte le disposizioni più rilevanti in materia di ricerca e salvataggio in mare. Le regole delle attività di law enforcement ( contrasto dell’imigrazione irregolare) nelle quali siano inserite unità Frontex ( adesso è in corso l’operazione Themis) sono indicate nel Regolamento europeo Frontex n.656 del 2014, ma nei singoli paesi Frontex opera sotto coordinamento delle autorità statali. “Tutti gli assetti impiegati nell’operazione sono sotto il comando del ministero dell’Interno italiano. Themis è guidata da un Centro di coordinamento internazionale (Icc) che opera nella sede del Comando aeronavale della Guardia di finanza all’aeroporto di Pratica di Mare (Roma)” Il Centro di coordinamento internazionale (ICC) istituito presso il Comando Operativo Aeronavale di Pratica di Mare, ha come referente immediato il ROAN (Reparto operativo aeronavale) della Guardia di finanza e le sue articolazioni periferiche.

Nel Decreto Interministeriale del 14 luglio 2003 e nel conseguente Accordo Tecnico Operativo del 14 settembre 2005, è delineato il dispositivo di vigilanza nazionale in materia di contrasto all’immigrazione clandestina nel quale alla Guardia di Finanza è affidato il ruolo di coordinamento delle attività di contrasto svolte in mare da tutti gli operatori nazionali. Come si legge nel sito della Guardia di finanza, “Questa ampia proiezione operativa è stata rafforzata con il decreto del Ministro dell’Interno del 15 agosto 2017, concernente la Direttiva sui comparti di specialità, emanato a seguito del Decreto Legislativo 19 agosto  2016, n. 177, affidando al Corpo il comparto della “sicurezza del mare” e individuando la Guardia di Finanza quale unica Forza di polizia deputata ad assicurare i servizi di Ordine e Sicurezza Pubblica in ambiente marino”. Tali funzioni operative di sicurezza del mare si sostanziano tra le altre: “nella sorveglianza delle frontiere marittime, anche ai fini del contrasto all’immigrazione clandestina all’interno del mare territoriale e della zona contigua, compreso l’esercizio delle attività connesse alle operazioni di cooperazione internazionale sotto l’egida dell’European Border and Coast Guard Agency – Frontex, nel cui ambito è assegnato alla Guardia di Finanza il ruolo esclusivo di coordinamento tattico”.

L’art. 11 del Testo unico sull’immigrazione (d.lgs. n. 286/1998) attribuisce al Ministro dell’interno poteri molto ampi in materia di controllo delle frontiere. I piani operativi, concordati con il ministero delle infrastrutture, e dunque con la Centrale di coordinamento della Guardia costiera (IMRRC), che sono generalmente riservati, e che dovrebbero essere in questa occasione oggetto di accertamento da parte dell’autorità giudiziaria, attribuiscono comunque alla Guardia costiera tutte le attività (anche di coordinamento) necessarie all’adempimento degli obblighi di ricerca e salvataggio (SAR), che dunque ricadono nell’area di responsabilità dal Ministero delle infrastrutture e trasporti, come peraltro è confermato dal Codice della navigazione e dal Piano SAR nazionale del 2020 che lo richiama.

In base al Decreto Legislativo 19 agosto  2016, n. 177 spetta dunque al Ministro dell’interno l’emanazione delle misure necessarie per il coordinamento unificato dei controlli sulla frontiera marittima e terrestre italiana, ai sensi dell’art. 11, c. 1 bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e al Dipartimento della pubblica sicurezza, attraverso la Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere, il raccordo degli interventi operativi in mare finalizzati alla prevenzione e al contrasto dell’immigrazione clandestina, secondo quanto previsto anche dall’art. 35 della legge 30 luglio 2002, n. 189, incluso l’eventuale concorso del Corpo delle Capitanerie di porto – Guardia Costiera, in ragione delle proprie competenze accertative a carattere specialistico.
A tale riguardo, la citata Direzione centrale è deputata ad essere il terminale unico di tutti i dati e le informazioni riguardanti lo specifico settore e a sviluppare le conseguenti analisi, di livello operativo e tattico, ai sensi dell’art. 6, c. l, lett. a) della 1. n. 121/1981 e dell’art. 5, c. l, del Regolamento (UE) 1052/2013; è inoltre deputata a svolgere le funzioni di impulso e coordinamento delle attività di polizia di frontiera, nonché di contrasto all’immigrazione clandestina e al traffico di migranti via mare.

Presso la direzione centrale dell’immigrazione, al ministero dell’interno, è istituita una cabina di regia unica, (Centro nazionale di coordinamento per l’immigrazione (National Coordination Center – ncc) ove operano in stretta collaborazione oltre ai rappresentanti della polizia di stato anche gli operatori della Guardia di finanza, dei carabinieri, della capitaneria di porto, nonché della Marina militare, conformemente al quadro legislativo nazionale ed europeo. Questa struttura di coordinamento a livello centrale è frutto di una decisione amministrativa di coordinamento tra enti ministeriali diversi, sia pure in attuazione di normative eurounitarie (Regolamento EUROSUR), e sembra destinata a svolgere prevalenti fiunzioni di coordinamento delle attività di law enforcement / contrasto del’immigrazione irregolare,ma non può evidentemente sottrarre competenze stabilite per legge, per Convenzioni internazionali e per Regolamenti europei vincolanti, ad altre autorità statali che hanno la responsabilità della salvaguardia della vita umana in mare.

5. Non sarà facile continuare ancora a lungo addossare responsabilità esclusivamente su Frontex, come ha immediatamente avvertito anche la Commissione Europea. E su questo terreno d’indagine si potrebbe profilare dunque l’ennesima crisi con l’Unione Europea se nella ricostruzione dei fatti, quando si arriverà ad individuare rsponsabilità precise, si scaricassero tutte le responsabilità su Frontex, che ne ha sicuramente e molto gravi, per la cooperazione con paesi terzi che non rispettano i diritti umani, ma che, nel caso della strage di Cutro, operava nell’ambito di una operazione certamente coordinata dalle autorità italiane, dalla Guardia di finanza, ma anche dal National Coordination Center (NCC) del ministero dell’interno, e per suo tramite della Centrale operativa di coordinamento della Guardia costiera italiana (IMRCC). Fatta salva l’eventuale presenza ancora da acertare, sulla rotta di avvicinamento alle coste italiane seguita dal caicco turco, di unità della Marina militare italiana, che normalmente presidiano quell’area marittima, in acque internazionali, e delle quali non si sa nulla.

Il Codice della Nvigazione sanziona all’art. 1113 il reato di omissione di soccorso con pene che sono poi aggravate in caso di naufragio :”Chiunque, nelle condizioni previste negli articoli 70, 107, 726, richiesto dall’autorità competente, omette di cooperare con i mezzi dei quali dispone al soccorso di una nave, di un galleggiante, di un aeromobile o di una persona in pericolo ovvero all’estinzione di un incendio, è punito con la reclusione da uno a tre anni”. Il concetto di “persona in pericolo” può ritenersi corrispondente al termine inglese distress adottato nelle Convenzioni internazionali.

In definitiva, il rispetto delle regole imposte dal diritto internazionale, dal diritto eurounitario e dal diritto interno, in materia di attività di ricerca e soccorso (search and rescue), è orientato esclusivamente al salvataggio della vita umana in mare e dovrebbe rimanere indifferente a valutazioni di politica migratoria o ad esigenze di “difesa dei confini” o di conrasto dell’immigrazione “illegale”(law enforcement). Lo stabilisce il Protocollo addizionale contro il traffico di esseri umani allegato alla Convenzione ONU contro il crimine transnazionmale di Palermo del 2000 e lo ribadisce anche il Regolamento europeo n.656 del 2014. Non sarò certo il Decreto legge Piantedosi n.1 del 2023 che potrà modificare consolidate Convenzioni internazionali e Regolamenti europei. Tocca adesso ai giudici indagare in piena autonomia ed all’opinione pubblica, almeno per quella parte che non accetta tesi preconfezionate, svolgere un continuo monitoraggio sugli sviluppi delle indagini.


Frontex co-wrote interception report with Italy before shipwreck

By Eleonora Vasques | EURACTIV.com

,,,”At the time of interception, the live streaming of sensors was shared live both with Italian authorities and the Frontex headquarters in Warsaw, reinforced by two Italian experts, in the analysis of different data and recognition signs, an official source from Frontex told EURACTIV.

“We have a law enforcement expert [from Guardia di Finanza] and a SAR (search and rescue) expert from Guardia Costiera. They are there to advise in their areas of expertise, suggest where to monitor and provide the team leader from Frontex with additional information if needed,” the Frontex source explained.

Elements of interception

At the time of the interception, some information indicated the possibility that the boat “might be carrying a large number of people”, according to thermal signs analysed by a Frontex expert.”….

…”Despite the boat “sailing normally” as confirmed both by Frontex and the Italian Coast Guard, the information shared with Italy at the time of interception indicated potential distress at sea and therefore, a need for a SAR operation.

Frontex cannot officially say whether a situation at sea calls for a search and rescue operation or a law enforcement one, according to international law.”


IL RIFORMISTA 2 marzo 2023

Lo scaricabarile sulle responsabilità della strage

Cosa è Frontex e perché smentisce il governo, ecco la scheda inviata al Coordinamento soccorsi

….La scheda inviata da Frontex all’Italia è esplicita e precisa. Descrive una “barca a motore” con “notevole risposta termica dalla stiva”. Precisa che “non ci sono giubbotti salvavita visibili”. Dice che “296 gradi è la rotta”, “la velocità 6 nodi”. Dà indicazione della posizione della barca e una sigla chiarissima: “Sar 4”, la zona di salvataggio di competenza italiana. Non la zona in cui l’Italia può intervenire, no: la zona in cui l’Italia ha l’OBBLIGO di intervenire. Roma sapeva quindi già alle 22,26 di sabato che il caicco al largo di capo Rizzuto aveva una persona sola sola visibile sovracoperta e una stiva…..

…..Il buco nero nella catena dei soccorsi mancati della strage di Cutro sta al Viminale. Si chiama Centro nazionale di coordinamento. Ha una sigla: Ncc. È lì che probabilmente è stato commesso il gigantesco errore. È lì che, nonostante quell’esplicito “notevole risposta termica dalla stiva” che può voler dire solo che sottocoperta ci sono esseri umani, si sarebbe deciso di ordinare un’operazione di polizia invece di un’operazione di soccorso marino. Come è stato possibile? Negli ultimi tempi la guardia costiera è stata scippata di molte sue funzioni. E se le è lasciate scippare. È di fatto, dicono molti militari del corpo, diventata molto permeabile all’aria che tira al Viminale…..

…..L’origine della doppia catena di comando – ci dice una fonte – sta nella subordinazione al Viminale del Centro nazionale del coordinamento del soccorso marino che è invece responsabilità e competenza dalla guardia costiera. Alla segnalazione di un avvistamento di mezzo marino in probabile difficoltà dovrebbe essere compito del Mrcc decidere se si tratta di un evento Sar, ossia di un’operazione di salvataggio da compiere. Indipendentemente da ciò che dice il Viminale, che ha competenza solo per l’ indicazione del porto di sbarco per i naufraghi. Questa è la legge e così era fino a sei, sette anni fa. Le operazioni di polizia in mare erano subordinate alle attività di soccorso. È successo poi che paventando la necessità di arrestare gli scafisti si è di fatto introdotta la priorità delle indagini di polizia sui salvataggi”….


INTERPELLANZA URGENTE

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell’interno, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell’economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa si è appreso che domenica 26 febbraio 2023 si è verificato, a meno di cento metri dalla spiaggia di Steccato di Cutro, il naufragio di un natante proveniente dalla Turchia, con a bordo persone provenienti dall’Iraq, dalla Siria e dall’Afghanistan, per il quale sono state fin qui accertate almeno 67 persone annegate, tra i quali 15 minori, l’ultimo dei quali di appena 5 o 6 anni; un numero questo purtroppo destinato a crescere a causa dei numerosissimi dispersi;

   durante la giornata di mercoledì 1° marzo 2023 il comandante della Capitaneria di porto di Crotone, Vittorio Aloi, ha dichiarato che a suo giudizio la Guardia costiera sarebbe potuta intervenire, affermando che «quel giorno c’era mare forza quattro, non sei o sette. Le nostre motovedette avrebbero potuto navigare anche con mare forza otto», e lasciando intendere che l’invio di mezzi di soccorso al barcone che si trovava a 40 miglia dalla costa crotonese sarebbe stato possibile anche con quelle condizioni meteo marine;

   nonostante infatti dalle notizie a mezzo stampa si sia appreso che già dalle 22.00 del 25 febbraio un aereo Frontex avesse rilevato e segnalato la presenza di un’imbarcazione partita da Smime in Turchia, Aloi ha ribadito di aver ricevuto la prima chiamata come Guardia costiera solamente alle 4.30 del mattino del 26 febbraio, e di essere stato coinvolto esclusivamente per i soccorsi a terra, dichiarando altresì di non aver saputo nulla di una pubblica comunicazione di «imbarcazione in difficoltà» che il centro di coordinamento e soccorso di Roma avrebbe invece ricevuto ventiquattro ore prima con richiesta specifica di «sharp lookout» ossia di sorveglianza attiva per quel barcone;

   risulterebbe invece che nelle prime ore del 26 febbraio per ben due volte sarebbe stato effettuato un tentativo di avvicinamento del barcone in difficoltà da parte di due motovedette della Guardie di finanza, che tuttavia, a differenza della Guardia costiera, non disporrebbe di imbarcazioni adeguate a effettuare operazioni di salvataggio in mare, specie in presenza di condizioni meteo avverse;

   quest’ultima circostanza desta particolare perplessità alla luce del fatto che, per stessa ammissione del comandante Aloi, in base alle regole di ingaggio, le operazioni vengono condotte dalla Guardia di finanza quando vengono classificate come operazioni di sicurezza, mentre qualora venissero classificate come un cosiddetto evento Sar (Search and Rescue), ossia un’operazione di salvataggio, esse dovrebbero prevedere l’intervento della Guardia costiera;

   sempre nella giornata di mercoledì la stessa Agenzia europea Frontex, dopo aver confermato di aver immediatamente informato il Centro di coordinamento internazionale Themis e le altre autorità italiane competenti dell’avvistamento, fornendo la posizione dell’imbarcazione, le immagini a infrarossi, la rotta e la velocità, avrebbe dichiarato che «sono sempre le autorità nazionali competenti a classificare un evento come ricerca e soccorso»;

   dalle notizie riportate sembrerebbe dunque che, nonostante il Centro di coordinamento e soccorso di Roma avesse ricevuto ventiquattro ore prima la segnalazione di un «imbarcazione in difficoltà» (distress), tale imbarcazione sarebbe stata invece successivamente trattata e classificata dalle autorità amministrative italiane come una «questione di ordine pubblico» (law enforcement), tale da ritenere opportuno l’intervento delle motovedette della Guardia di finanza e non delle imbarcazioni della Guardia costiera;

   i fatti riportati gettano ombre inquietanti sulla linearità della catena di comando che sarebbe stata seguita nel gestire i soccorsi tra il 25 e 26 febbraio 2023, e soprattutto sulle diverse responsabilità dei Ministri coinvolti da cui difenderebbero in ultima istanza la classificazione di un evento come ricerca e soccorso; responsabilità per le quali sono in corso accertamenti atti a ricostruire la catena di comando, e che se confermate delineerebbero un quadro molto grave, che non avrebbe permesso l’intervento tempestivo della Guardia costiera, che avrebbe invece potuto salvare quelle decine di vittime e tanti bambini, che da giorni si stanno raccogliendo in mare –:

   come funzioni normalmente la catena di comando con riguardo alle diverse attività in capo sia alla Guardia costiera che alla Guardia di finanza; perché le autorità italiane successivamente alla comunicazione resa dall’agenzia europea Frontex delle 22.00 di sabato 25 febbraio 2023, non abbiano valutato di classificare l’operazione in atto come operazione Sar, impedendo di fatto l’intervento della Guardia costiera in tempo utile per salvare la vita dei naufraghi; e se, e quali, responsabilità politiche e amministrative vi siano state nella gestione della catena di comando.

(2-00090) «Schlein, Serracchiani, Provenzano, Bonafè, De Luca, Ferrari, Ghio, Toni Ricciardi, Roggiani, Casu, Fornaro, De Maria, Amendola, Ascani, Bakkali, Barbagallo, Berruto, Boldrini, Braga, Carè, Ciani, Cuperlo, Curti, D’Alfonso, De Micheli, Di Biase, Di Sanzo, Fassino, Forattini, Fossi, Furfaro, Gianassi, Girelli, Gnassi, Graziano, Gribaudo, Guerra, Iacono, Lacarra, Lai, Laus, Letta, Madia, Malavasi, Mancini, Manzi, Marino, Mauri, Merola, Morassut, Orfini, Orlando, Ubaldo Pagano, Peluffo, Porta, Quartapelle Procopio, Andrea Rossi, Sarracino, Scarpa, Scotto, Simiani, Stefanazzi, Stumpo, Tabacci, Vaccari, Zan, Zingaretti».

(2 marzo 2023)


AMNESTY INTERNATIONAL

Italia: l’evitabile perdita di vite in mare richiede una rapida revisione delle procedure di ricerca e salvataggio e delle politiche sui visti

18 Marzo 2023