Martedì 18 aprile, alle ore 18, a Palermo, presso la libreria Feltrinelli, il libro/conversazione di Alessandro Dal Lago, “A che cosa servono le scienze sociali ?”, curato da Marco Traversari

Martedì 18 aprile, alle ore18, a Palermo, presso la libreria Feltrinelli, Fulvio Vassallo Paleologo, Simone Lucido e Serena Giordano, presentaranno il libro di Alessandro Dal Lago, “A che cosa servono le scienze sociali ?”, una conversazione con Marco Traversari, suo ex studente di Scienze Politiche a Milano ed oggi docente di Antropologia politica all’Università di Bologna. Come scrive Serena Giordano, docente all’Accademia di belle arti di Palermo e compagna di vita di Alessandro, “un viaggio, attraverso episodi a tratti drammatici a tratti divertenti, dal Sessantotto, al G8 di Genova, fino alla recente guerra in Ucraina. Il comune denominatore è situarsi sempre “altrove”, violare i confini, rompendo gli automatismi che tiranneggiano le singole discipline”.

Nella conversazione con Marco Traversari, contenuta nel libro “A che cosa servono le scinze sociali ?”, Alessandro ripercorre tutti i temi del suo impegno scientifico e politico, dagli anni della formazione universitaria fino a quando ci ha lasciato. “L’avventurarsi di Dal Lago oltre le frontiere era certamente un’indole istintiva, ma anche una scelta etica” – scrive Thomas Harrison nell’ introduzione al volume. Gli argomenti trattati sono molteplici, calcio e spettacolarizzazione della violenza, arte e letteratura, guerra e pacifismo, media e politica, migranti e diritti, pandemia e libertà, sono i temi della ricerca e dell’insegnamento di Alessandro, ma anche gli spazi di incontro che abbiamo condiviso per anni, sconfinando dai recinti accademici e impegnandoci insieme, anche se da postazioni diverse, nelle battaglie per i diritti fondamentali da riconoscere a tutti, senza esclusione alcuna, senza frontiere che limitassero le libertà. Il senso (auto)critico di Alessandro, ed il “ragionevole distacco” che si imponeva, non escludeva un suo contributo concreto alle lotte di chi si trovava in prima linea, anche quando si dovevano constatare limiti e fallimenti dei movimenti. Ma solo su una piena consapevolezza dei propri limiti e dei propri insuccessi, che è mancata per anni alla “sinistra” italiana, alla quale dedicava uno splendido libretto, si può costruire un percorso ricerca e di impegno per realizzare quella riabilitazione delle componenti più fragili della società, che Alessandro aveva come orizzonte.

Nel mio caso si trattava anche di un rapporto di amicizia e di collaborazione avviato prima del G 8 di Genova, autentico punto di svolta per noi tutti nel 2001, quando la cancellazione della dignità delle persone migranti si rendeva già evidente nei centri di permanenza temporanea (CPT) per stranieri da espellere, introdotti dalla legge Turco-Napolitano nel 1998. Un rapporto proseguito dopo, nel nuovo millennio, nell’impegno contro l’avvio delle politiche di esternalizzazione dei controlli di frontiera e contro gli accordi con paesi terzi che non rispettavano i diritti umani. Fino all’ultimo lavoro, che speravamo di concludere insieme, ma purtroppo rimasto incompiuto, sulla criminalizzazione della solidarietà attraverso il processo al modello Riace e a Mimmo Lucano.

Per molti di noi Alessandro Dal Lago è stato un punto di riferimento costante ed un amico sensibile ed affettuoso, che ha lasciato una traccia indelebile ed ancora attuale, nel percorso di quanti hanno cercato di difendere i diritti e le vite di un numero sempre maggiore di non-persone, escluse dall’accesso all’esercizio effettivo dei diritti fondamentali ed oggetto di una continua strumentalizzazione. Mentre si innescava quella “guerra tra poveri” che oggi sta dilagando ovunque, producendo la disgregazione, forse irreversibile, di qualsiasi forma di solidarietà sociale. Una guerra al “nemico interno”, che si continua a combattere nel nostro paese, attraverso la moltiplicazione e l’intrecciarsi delle frontiere interne ed esterne, e che sta portando ad uno stato di guerra permanente, per adesso apparentemente a bassa intensità, ma con un numero già troppo elevato di vittime civili, nell’intero spazio del Mediterraneo, sia a mare che a terra, nei paesi costieri.

Come scriveva Alessandro nel suo saggio “Le nostre guerre”, pubblicato da Manifestolibri nel 2010, “La sparizione delle frontiere tradizionali, l’obsolescenza dei confini e la disseminazione dei fronti non comportano dunque alcuna vittoria dei diritti umani, né la democratizzazione della società globale. Invece, questa è l’epoca in cui, in nome della legalità e della sicurezza (militare, sociale, culturale), gli stati violano apertamente i diritti delle persone”. Ed ancora “Quello che allora era intervento diretto per conquistare politicamente i paesi poveri o appropriarsi delle loro risorse oggi è divenuto il tentativo, destinato probabilmente allo scacco, di impedire ai poveri di sfuggire alla povertà”. Rimane ancora oggi evidente come “La “portaerei italiana”, così inefficace durante la seconda guerra mondiale, funziona perfettamente in un’epoca di pace virtuale. Soddisfa le ossessioni di un paese che scarica sugli stranieri e sui poveri migranti le proprie ansie profonde, la paura della globalizzazione e l’incertezza del futuro. Fin quando questo processo non sarà interrotto – e ciò non appare probabile, a breve termine –, il Mediterraneo italiano non sarà uno spazio di circolazione di idee e visioni del mondo, di speranze ed esperienze culturali, ma di guerra contro i poveri e gli stranieri”.

Rimane un cantiere aperto, un nuovo campo di impegno da condividere, bene individuato nel contributo di Serena Giordano che ci parla del libro su cui stava lavorando con Sandro sul tema della “falsità del vero” nell’arte. Su questo terreno, che si estende a molti altri campi, credo che ci ritroveremo insieme, tenendo accanto a noi Sandro, e la sua capacità visionaria e critica, per un ulteriore lavoro di ricerca e di denuncia di fronte a scelte politiche ed a processi sociali e culturali che, non solo sulle questioni di politica delle migrazioni, vedono quotidianamente invertito il rapporto tra vero e falso.