di Fulvio Vassallo Paleologo
Dopo l’archiviazione del caso Rackete disposta dal Gip del Tribunale di Agrigento sulla base di quanto riconosciuto dalla sentenza della Cassazione del 16-20 febbraio 2020, in ordine ai soccorsi in acque internazionali da parte delle ONG come “adempimento di un dovere giuridico”, si susseguono le archiviazioni dei procedimenti penali avviati contro rappresentanti delle ONG, da ultimo sul caso Mare Ionio e sul caso Sea Watch 3 (maggio 2019). La ricostruzione attenta dei fatti e le motivazioni di carattere giuridico alla base dei provvedimenti di proscioglimento, si rivelano un boomenrang per chi ha cercato di fermare i soccorsi in acque internazionali operati da navi civili con le denunce penali e con una devastante campagna d’opinione che ritorna ancora oggi con il consueto linguaggio d’odio e con le ormai logore fake-news, a margine delle sentenze di archiviazione.
Dai provvedimenti adottati dai giudici emergono con chiarezza tutti gli elementi che abbiamo individuato da anni per ribaltare sui governi in carica e segnatamente sui ministri dell’interno le responsabilità per la collaborazione garantita, almeno fino al luglio del 2020 dalla missione Nauras della Marina militare italiana di stanza nel porto di Tripoli con riconosciute funzioni di coordinamento della sedicente Guardia costiera libica (ruolo riconosciuto anche dal GIP di Catania già nel 2018 nel primo caso Open Arms), per i dinieghi di ingresso nelle acque territoriali italiane, impartiti solo nei confronti delle navi delle ONG, per i ritardi nella indicazione di un porto di sbarco sicuro, per l’illegittimo trattenimento dei naufraghi a bordo con il pretesto di trattative a livello europeo per la loro successiva distribuzione. Non mancano tuttavia ombre preoccupanti per gli sviluppi futuri. Anche per la chiara manipolazione da parte di alcune fonti giornalistiche che fanno dire ai giudici quello che i giudici non hanno scritto nei loro provvedimenti.
Nel provvedimento della Procura di Agrigento sul caso Sea Watch 3 sembrerebbe infatti scorgersi una eco della teoria della competenza primaria dello Stato di bandiera (flag state) della nave soccorritrice, tanto cara alla ministro Lamorgese, in piena continuità con quanto riteneva il senatore Salvini quando occupava la poltrona del Viminale, ed impediva il completamento delle operazioni di soccorso, secondo le modalità ed i tempi imposti dal diritto internazionale del mare e dal diritto umanitario. Quanto riferito da una parte della stampa rispetto ad un presunto riconoscimento della competenza primaria dello Stato di bandiera (che si assume sarebbe rinvenibile nell’ultima richiesta di archiviazione della procura di Agrigento sul caso Sea Watch 3) è smentito oltre che dal Diritto internazionale, come la Convenzione di Amburgo (SAR) del 1979, persino da quanto riconoscono autorevoli esponenti della Marina militare sulla impossibilità di concludere le operazioni di ricerca e soccorso (SAR) scaricando sugli Stati di bandiera la competenza ad indicare ( o magari anche fornire) un porto sicuro di sbarco. Come Salvini prima, a partire dal caso Aquarius del giugno 2008, e la ministro Lamorgese dopo, hanno proclamato all’unisono per anni. Un asse del rifiuto che si protrae ancora in questi giorni con la mancata indicazione di un porto di sbarco sicuro per la Sea Watch 3.
La stessa sentenza della Corte di cassazione che riconosce il diritto alla protezione umanitaria per conseguenza delle violenze subite in Libia, a cui si aggiungono le sentenze dei giudici di Messina e di Milano sui casi dei torturatori libici finiti sotto processo in Italia, escludono categoricamente qualsiasi possibilità di configurare ieri, come oggi, la Libia come un porto sicuro di sbarco, o tantomeno di fondare un diritto alla intercettazione in acque internazionali in capo ad autorità libiche. Le ONG hanno il diritto di operare i soccorsi in acque internazionali senza essere obbligate a ritirarsi davanti all’intervento dei libici, o peggio riconsegnare loro i naufraghi. Come ha fatto invece nel 2019 il comandante del rimorchiatore ASSO 28 finito per questo sotto processo e condannato in primo grado a Napoli per avere abbandonato ai libici, con una rendition illegale, le persone soccorse in mare, tra cui anche alcuni minori.
Dalle decisioni più recenti dei Tribunali, che hanno sistematicamente applicato il principio di gerarchia delle fonti sancito dalla Corte di Cassazione nel 2020 sul caso Rackete, si ribadisce anche il contrasto con il diritto internazionale del mare dei decreti sicurezza imposti da Salvini durante il primo governo Conte, oltre che dei diversi provvedimenti amministrativi di rifiuto di ingresso nei porti italiani, adottati sulla base di Direttive ministeriali “ad navem“ e più recentemente in base al Decreto interministeriale del 7 aprile 2020. Che sulla base di una pretesa situazione di emergenza sanitaria che sarebbe derivata dallo sbarco dei migranti soccorsi in acque internazionali, ha perpetuato i poteri del ministro dell’interno di vietare o di ritardare ogni oltre misura compatibile con il rispetto dei diritti umani l’assegnazione di un porto di sbarco sicuro. Come si sta verificando ancora in questi giorni con le 400 persone soccorse a bordo della nave umanitaria Sea Watch 3 per le quali il Viminale continua a negare l’assegnazione di un porto di sbarco sicuro in Italia.
Su questa linea di continuità tra la ministro Lamorgese e la Lega, confermata anche con la nomina di Maroni nella Consulta contro lo sfruttamento lavorativo, lo stesso che da ministro dell’interno si era macchiato dei respingimenti illegali in Libia del 2009, condannati dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo, si è giocato il procedimento penale Gregoretti, con una interminabile udienza preliminare che si è conclusa con il non luogo a procedere nei confronti del senatore Salvini senza neppure applicare i criteri ermeneutici suggeriti dalla Corte di cassazione nel 2020 sul caso Rackete, ma sulla base di quanto dichiarato dai ministri chiamati a testimoniare dalla difesa. Tra questi il ministro Di Maio, che ancora oggi è a Tripoli per negoziare una collaborazione ancora più efficace con le autorità libiche per bloccare le partenze dei migranti e chiudere così le uniche vie di fuga che rimangono, per sottrarsi a violenze ed estorsioni diffuse, certificate anche da diverse agenzie delle Nazioni Unite, e riconosciute in modo inconfutabile anche dalla Corte di Cassazione, con la recente sentenza che riconosce la protezione umanitaria ad un giovane senegalese proprio in virtù dei trattamenti disumani e degradanti subiti in Libia, e non nel suo paese di origine.
Rimane quindi una continuità sostanziale, un vero e proprio asse, tra le politiche respingimento e di criminalizzazione delle ONG adottate da Salvini e le prassi più recenti dei fermi amministrativi e della mancata tempestiva indicazione dei porti di sbarco sicuri che continuano a caratterizzare l’operato della ministro Lamorgese. Tutto a scapito dei diritti umani delle persone soccorse in mare e della loro stessa integrità fisica. Sui provvedimenti di fermo amministrativo contro le Ong si dovrà pure pronunciare la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, e nel provvedimento di archiviazione adottato nei confronti dei responsabili della della nave umanitaria Mare Ionio ci sono già elementi (inesistenza di una categoria di navi di soccorso”) che destituiscono di fondamento i presupposti sulla base dei quali il ministero delle infrastrutture e le Capitanerie di porto hanno disposto i fermi amministrativi. Che oltre a privare di soccorso persone che avrebbero potuto essere salvate in acque internazionali, o sottratte al naufragio o al ritorno nell’inferno libico, se le navi umanitarie non fossero rimaste bloccate in porto, hanno generato un danno patrimoniale che potrebbe essere oggetto di azioni di risarcimento per importi assai elevati. E quindi, probabilmente, fonte di una grave responsabilità contabile.
il 23 ottobre proseguirà a Palermo il processo Open Arms nei confronti del senatore Salvini, ed assisteremo all’ennesimo tentativo della difesa di confondere le responsabilità e di difendere il precedente ministro dell’interno chiamando in causa presunte responsabilità o connivenze delle ONG, tentativo che emerge chiaramente dalla richiesta di includere negli atti del procedimento anche il voluminoso fascicolo processuale del caso IUVENTA ancora aperto davanti al Tribunale di Trapani, che deve ancora fissare l’udienza preliminare. Dopo il lungo tempo trascorso per stralciare una grande quantità di intercettazioni, di avvocati, giornalisti, operatori umanitari, conservate illegittimamente nei faldoni del processo IUVENTA, quasi a costituire una schedatura di tutti coloro che hanno difeso nel tempo i soccorsi umanitari.
Siamo certi che anche nel processo di Palermo, al di là del clamore mediatico, dopo le pronunce della Corte di Cassazione e dei tribunali sui soccorsi in acque internazionali come “adempimento di un dovere sancito dalle Convenzioni internazionali”, potranno emergere ancora più nettamente i profili di responsabilità ascrivibili a Salvini, che nella veste di ministro dell’interno, nel mese di agosto del 2019, negava lo sbarco ai naufraghi soccorsi dalla ONG Open Arms, a poche settimane dall’entrata in vigore del Decreto sicurezza bis, malgrado una sentenza del Tribunale amministrativo del Lazio avesse sospeso un suo primo provvedimento di divieto.
Ben oltre lle vicende processuali che riguardano il senatore Salvini occorrerebbe che il governo italiano e la ministro Lamorgese prendessero atto di quanto affermano la Corte di cassazione ed i Tribunali italiani, senza insistere sulle politiche di abbandono in mare e garantendo la sollecita indicazione di un porto sicuro di sbarco. Al di là dei conati che ancora avvelenano la comunicazione sui social occorre avere il coraggio di rimettere in attività in acque internazionali le navi della Marina militare e della Guardia costiera che in passato hanno soccorso decine di migliaia di persone, perché i soccorsi in alto mare non possono essere delegati alla sporadica presenza delle navi umanitarie delle ONG, che si cerca ancora di rallentare in tutti i modi, o alle navi commerciali, il cui intervento non garantisce certo la salvaguardia della vita umana in mare.
Se poi il premier Draghi volesse centrare davvero le sue richieste all’Unione Europea, piuttosto che insistere sul finanziamento della collaborazione con i libici o con l’ampliamento dei compiti di Frontex con riferimento a respingimenti ed espulsioni, dovrebbe sollecitare un ritorno di navi di questa agenzia nelle acque internazionali a nord della Libia e della Tunisia, dove erano presenti fino al 2018, e dove hanno soccorso altre decine di migliaia di persone.
Non possiamo però illuderci che l’attuale governo con la Lega al suo interno, arrivi a proporre queste soluzioni, e tantomeno imporle a livello europeo, in una fase in cui l’Unione Europea si sta avviando al tramonto, sotto la pressione dei partiti populisti che governano in 12 dei 27 stati membri.
Diventa dunque sempre più importante il ruolo della società civile, ormai priva su questi temi di una rappresentanza politica, e costretta ad una quotidiana attività di documentazione e denuncia che proseguirà anche nei giorni delle prossime udienze del processo Open Arms nei confronti del senatore Salvini, nel quale sono costituite numerose parti civili, e nei prossimi procedimenti contro le ONG ancora aperti a Ragusa ed a Trapani. Più si vorrà indagare contro le ONG, maggiormente emergeranno profili di responsabilità di chi ha voluto promuovere il suo successo politico, negando il diritto/dovere di soccorso, sovvertendo il principio gerarchico delle fonti, adottando provvedimenti amministrativi in contrasto, oltre che con il diritto interno (art. 10 ter T.U. 286/98), con il diritto internazionale del mare e con la Convenzione di Ginevra sui rifugiati (art.33), e con il richiamo che ne opera l’art. 117 della Costituzione.

UN COMUNICATO SCONCERTANTE- MEGLIO LEGGERE GLI ATTI.
GIOVEDÌ 21 OTTOBRE 2021 15.16.07
Migranti: archiviata inchiesta Sea Watch3, Pm bacchettano Stati
(ANSA) – AGRIGENTO, 21 OTT – I pm della Procura di Agrigento, l’aggiunto Salvatore Vella e Cecilia Baravelli, nell’escludere – e il gip ha disposto l’archiviazione – la responsabilità penale del comandante della Sea Watch3, bacchettano gli Stati che non avrebbero cooperato nel salvataggio dei migranti. A partire dall’Olanda, Stato battente bandiera della nave che, secondo quanto sostenuto da pm e gip, avrebbe avuto l’obbligo di adoperarsi. “Non e’ stata registrata alcuna assunzione di responsabilità da parte delle autorità olandesi che si sono limitate a suggerire alla Sea Watch 3 di trovare un porto sicuro in Tunisia o altrove”. Più duro il giudizio sulle autorità libiche che avrebbero intimato alla nave di allontanarsi. Giustificate, infine, le scelte di non dirigersi verso Malta (“che in passato ha manifestato perplessità a operazioni del genere”) e Tunisia “che non offriva alcun porto sicuro”. (ANSA).21-OTT-21 15:14
LE CONSEGUENZE….
GIOVEDÌ 21 OTTOBRE 2021 18.58.04
Migranti: Bernini (FI), Italia non e’ unico porto sicuro Mediterraneo
NOVA0717 3 POL 1 NOV EST INT Migranti: Bernini (FI), Italia non e’ unico porto sicuro Mediterraneo Roma, 21 ott – (Nova) – Per la presidente dei senatori di Forza Italia, Anna Maria Bernini, “i salvataggi in mare sono sempre un dovere, ma il sostegno surrettizio a chi lucra sul traffico di esseri umani non dovrebbe esserlo mai. Escludendo responsabilità penali per il comandante della Sea Watch 3 – continua la parlamentare in una nota -, la Procura di Agrigento ha criticato l’Olanda, Stato battente la bandiera della nave, per non essersi assunta alcuna responsabilità, ma allo stesso tempo ha giustificato la scelta del comandante di non dirigersi verso Malta e Tunisia, presupponendo così che gli unici porti sicuri del Mediterraneo siano solo e sempre quelli italiani”. L’esponente di FI parla di “una ‘condanna’ all’accoglienza indiscriminata che confligge con altri pronunciamenti dell’autorità giudiziaria, a conferma che la soluzione alla questione dei Migranti non può che arrivare da una politica comune di asilo che resta la grande incompiuta dell’Unione europea”.
PROCURA DELLA REPUBBLICA DI AGRIGENTO
RICHIESTA D’ARCHIVIAZIONE
- Art. 408 c.p.p. –
Al Sig. Giudice per le indagini preliminari
I Pubblici Ministeri,
Letti gli atti del procedimento penale a margine indicato a carico di:
C. A, nato il……………….. elettivamente domiciliato presso lo studio dell’alvv. MARINO Leonardo, sito in
Agrigento via Mazzini n. 205
Difeso di fiducia dagli aw. MARINO Leonardo del Foro di Agrigento e GAMBERINI Alessandro del Foro di Bologna
per: Art. 12 comma 1 e 3 lett. a) D.lgs. 28611998
Perché, nella qualità di “comandante” della nave “Sea Watch 3” IMO 7302225, battente bandiera olandese, violando le disposizioni contenute nel medesimo decreto legislativo, trasportavano o comunque compivano atti diretti a procurare illegalmente l’ingresso nel territorio italiano di 65 cittadini extracomunitari. ln particolare, dopo averli fatti salire a bordo della nave, in seguito all’evento SAR occorso in posizione 33′ 35 N 012′ 07′ E, in zona SAR di competenza libica, guidavano verso l’isola di Lampedusa, ove avveniva infine, 1o sbarco.
Con l’aggravante dell’aver consentito l’ingesso nel territorio italiano di più di cinque persone.
Commesso in Lampedusa dal 15 al 19/05/2019
1. CRONOLOGIA DEGLI EVENTI I fatti oggetto del presente procedimento penale riguardano un evento SAR accaduto in acque internazionali, all’interno dell’area S.A.R. libica, a decorrere dalle I 1.378 (Bravo, ora di Roma, UTC +2) del 15105/2019, data e orario del primo avvistamento del gommone (rubber boat) di
colore blu con a bordo 65 cittadini extracomunitari di diverse nazionalità.
Secondo le informazioni fomite da alcuni dei migranti salvati dalla nave “Sea Watch 3” IMO 7302225, battente bandiera olandese:
il 14/05/2019 erano partiti da una spiaggia nei pressi del porto di Zuwara (Libia), nella tarda serata, a bordo di gommone blu di circa 7-10 metri, condotto da un libico facente parte dell’ organizzazione dei trafficanti.
Poco dopo la partenza il libico si buttava in acqua, tomando a iva a nuoto e lasciando i migranti privi di riferimento.
La cronologia predisposta da MRCC Roma (Guardia Costiera Italiana) non è I’unico documento acquisito agli atti in cui si mettono in fila gli avvenimenti del 15 e 19 maggio 2019. Ulteriori ricostruzione vengono effettuate anche da:
– Stazione Navale Palermo – Guardia di Finanza (V. Annotazione di Polizia Giudiziaria a firma del Tenente Colonnello Alessandro SANTARELLI allegata alla Nota prot. n. 0283434/2019 del 19/05/2019 della Tenenza G.d.F. di Lampedusa);
. Tenenza della Guardia di Finanza di Lampedusa (V. CNR Prot. n. 0284460/2019 del 20/05/2019 a firma del Lgt. Antonino GIANNO con allegato il verbale di sequestro della nave “Sea Watch 3” del l9/05/2019 alle 18,01
. Documentazione prodotta dalla difesa dell’indagato C. A.;
Dai documenti ufficiali sopra citati, dalle dichiarazioni rese in sede d’interrogatorio dall’indagato C. A. (Comandante della nave “Sea Watch 3” IMO 7302225) e dalla documentazione prodotta da quest’ultimo è possibile effettuare una sommaria descrizione dei fatti. In particolare si ricava che:
L’11 maggio 2019
La SW3 lasciava it porto di Marsiglia (Francia) con direzione il Sud del Mar Mediterraneo, autorizzata in tal senso dall’Olanda (stato di bandiera della nave), che aveva espresso il consenso al proseguimento fino al 15.08.2019 dell’attività di salvataggio in mare svolto dalla nave (V. Dichiarazioni rese da C- A. nel corso dell’interrogatorio del 21/05/2019 dinanzi ai PP.MM. di Agrigento)
15 maggio 2019
. Alle prime luci del giorno la nave “Sea ‘Watch 3” IMO 7302225 (da questo momento in poi SW3) giungeva nei pressi della costa libica sul 33’ parallelo, all’altezza di Marsa Al Bulayoh, in acque internazionali.
. Mentre I’equipaggio stava decidendo se pattugliare la zona ad est o ad ovest di Tripoli, ricevevano in canale aereo una comunicazione in inglese dal velivolo “Colibrì” dell’associazione francese “Pilotes volontaires” in merito all’avvistamento di un gommone con circa 50 persone a bordo, la maggior parte delle quali indossava un giubbotto di salvataggio, con posizione 33’29’ N – 017″08’E.
. La SW3 in quel momento si trovava a più di due ore di navigazione dal punto segnalato dal “Colibrì”. Ii capo missione H. P. T. O decideva di inviare i RHIB per accertare se ll rubber boat fosse in difficoltà, in sostanza se si trattasse di un evento SAR.
Decisero di inviare i rhib in quanto potevano raggiungere più velocemente l’obiettivo, dato che potevano tenere una velocità di crociera molto superiore a quella della nave .
. 10.55 Il rhib Atlantic veniva messo in acqua come risulta da pag. 39 del giornale di bordo.
ore 11.00 Il secondo rhib Tango veniva messo in acqua con la medesima destinazione.
(Dichiarazioni rese da C. A. , riscontrate dalla documentazione prodotta)
– 11.37 la SW3 …………..informava via email i Centri di Coordinamento del Soccorso Marittimo di Libia, Malta, Olanda (stato di bandiera dell’unità navale) e Italia di trovarsi in posizione (d’ora in avanti “psn”) 33″ 32’N – 012″ 30’E, ricadente nell’area di responsabilità per la ricerca e il soccorso libica (d’ora in avanti “SRR libica”) e di essere impegnata in un’operazione di soccorso relativa ad un gommone blu con circa 50 persone a bordo che si trovava ad una distanza di circa 2l miglia nautiche (d’ora in avanti “mn”) e sul rilevamento vero 263 gradi rispetto alla posizione della nave ONG (v. mail n. I dell’allegato 4 della produzione difensiva del 2l/05/2019). La Centrale Operativa del Maritime Rescue Coordination Centre di Roma (Centro di Coordinamento del Soccorso Marittimo, d’ora in avanti “MRCC Roma”) assegnava all’evento la numerazione Imm. 116/2019.
11.46 MRCC Roma contattava telefonicamente NAVE CAPRI, chiedendo se le Autorità Libiche avessero ricevuto informazioni in merito all’avvistamento comunicato dalla SW3. NAVE CAPRI comunicava che avrebbero contattato i libici e che avrebbero richiamato
NAVE CAPRI è una unità della Marina Militare italiana dislocata nel porto di Tripoli nell’ambito della “OPERAZIONE MARE SICURO”, ufficialmente per ll “supporto logistico e addestramento a favore della Marina e della Guardia Costiera Libica”. In realtà dagli elementi probatori acquisiti nel procedimento penale n. 146412019 RGNR Mod. 21 a carico di C. L. + 1 (c.d. “MARE JONIO l’) sembra, invece, che NAVE CAPRI, e quindi la Marina Militare italiana, svolgevano di fatto le funzioni di centro decisionale della c.d. Guardia Costiera libica, fossero cioè il reale centro operativo di comando della c.d. Guardia Costiera libica.
11:50 MRCC Roma contattava telefonicamente il Joint Rescue Coordination Centre libico (Centro Congiunto di Coordinamento del Soccorso libico, d’ora in avanti JRCC Libia) per chiedere conferma della ricezione della e-mail della nave SW3, ma l’operatore rispondeva di non parlare inglese, poi cadeva la linea.
1 l:51 MRCC Roma contattava telefonicamente l’interprete arabo per metterlo in contatto con JRCC Libia per chiedere conferma della ricezione della e-mail della nave SW3. JRCC Libia rispondeva negativamente in merito alla email.
12:00 MRCC Roma provvedeva ad informare formalmente dell’evento tutti i vari Ministeri/Enti interessati con messaggio prot. 2434lCO
12.00 circa il rhib Atlantic raggiungeva il rubber boat. L’equipaggio del rhib Atlantic descrive che il rubber boat era di colore blu, con motore fermo, tubolari sgonfi, ma ancora galleggianti, con acqua a bordo e un forte odore di benzina, e che vi erano diverse persone a bordo, la maggior parte della quali indossava giubbotti di salvataggio arancioni. Le persone a bordo apparivano in stato di distress e vi erano a bordo dei neonati. Le condizioni del mare erano stabili con onda bassa e vento debole.
12:19 il velivolo COLIBRI’ della ONG “PILOTES VOLONTARIES” con e-mail comunicava a diversi Enti di essere in area e disponibile a fornire assistenza alla SW3.
12:23 L’ufficiale di collegamento presso I’Operazione Sophia “EUNAVFORMED”, comunicava via E-MAIL a diversi Enti l’avvistamento di un gommone blu.
12:27 L’ufficiale di coordinamento presso la missione MAS (Multipurpose Aerial Survillonce) distaccato al centro di coordinamento dell’Agenzia Europea della Guardia di Frontiera e Costiera “FRONTEX” a Varsavia (d’ora in avanti “Sar Expert Mas Varsavia’,) chiedeva conferma della ricezione della e-mail di avvistamento da parte dell’assetto aereo denominato Seagull, di “ELINAVFORMED”, risulyante in psn 33″ 35′ N – 012. 07, E
NOTA L’operazione “Sophia”, ufficialmente denominata European Union Naval Force Mediterranean (Forza navale mediterranea dell’Unione europea) e conosciuta anche con l’acronimo EUNAVFOR Med, è la prima operazione militare di sicurezza marittima lanciata dall’Unione Europea nel maggio 2015. Lo scopo dichiarato dell’Operazione era quello di avviare sforzi sistematici per individuare, catturare e distruggere le navi ed attrezzature utilizzate o sospettate di essere utilizzate da contrabbandieri e trafficanti di migranti. L’Operazione è stata chiusa il 31103/2020 La sede operativa era situata a Roma. La base navale di Sigonella era l’aeroporto dell’Aeronautica Militare italiana che forniva il supporto aereo all’Operazione, con assetti aerei di Lussemburgo, Spagna e Polonia.
12:33 MRCC ROMA veniva contattata da NAVE CAPRI che confermava I’avvenuta ricezione, da parte delle Autorità libiche della mail di avvistamento inviata dal SW3.
12.40 apag.39 del Giornale di bordo della SW3 viene annotata la posizione del rubber boat blu in distress.
12.58 (qualche minuto dopo l’avvistamento del rubber boat da parte del rhib Atlantic) il capo missione della SW3 H. invitava alle medesime Autorità una seconda email, riportante i dati sulla scena riferiti dal rhib Allantic via radio alla SW3. (v mail n. 2 dell’allegato 4 della produzione difensiva del 21/05/2019).
Cominciava l’imbarco dei migranti sul rhib Atlantic, prima che sul luogo arrivasse il secondo rhib Tango.
Sull’Atlantic venivano imbarcati i primi 16 naufraghi. Prima che I’imbarco fosse completato, sul luogo arrivava il rhib Tongo agli ordini del driver W.J. D., che era anche un medico. In quel momento la SW3 si trovava ancora a circa l0 miglia dall’obiettivo, in navigazione verso il gommone blu in distress. La SW3 al radar “batteva” i due rhib, ma non riusciva ancora a “battere” il rubber boat, verosimilmente per
le caratteristiche costruttive del rubber.
13:01 Tramite email SW3 comunicava a diversi Enti di essere in psn 33o 32’N – 012″ 14’E, e che un loro RHIB aveva raggiunto il gommone blu con 56 persone a bordo, con presenza di donne e bambini. SW3 rappresentava che avrebbe raggiunto la posizione del gommone in circa 40 minuti e che avrebbe proceduto a soccorrere le persone in distress, effettuando i controlli di carattere sanitario.
13:04 EUNAVFORMED comunicava via email a diversi Enti, la posizione aggiornata dell’unita con i migranti e confermava che alle ore 10.252 il RHIB del SW 3 aveva iniziato le operazioni di soccorso al gommone. Il velivolo SEAGULL aveva lasciato I’area
13:10 MRCC Roma comunicava formalmente gli aggiornamenti ai vari Ministeri/Enti interessati con messaggio prot. 2436/co.
13:57 Il velivolo COLIBRI’ con e-mail comunicava di aver lasciato l’area di pattugliamento.
1 5:28 Le Autorità libiche inoltravano una mail, in risposta all’avvistamento di “EUNAVFORMED”, diretta a diversi Enti con la quale confermano la ricezione del messaggio e comunicavano che avrebbero intrapreso le azioni necessarie.
. 15.30 avveniva I’ultimo trasbordo dei migranti dal rhib Atlantic alla nave sw3.
L’operazione di imbarco dei migranti sulla sw3 era avvenuta con diversi passaggi effettuati tra i due rhib e la.sw 3. Quando il rhib ritornava nei pressi della nave, il comandante C. modificava la rotta in modo da mettere a ridosso il lato di dritta dell’ imbarcazione, abbassando la velocità di crociera intorno ai 4-5 nodi (in modo da non perdere la manovrabilità del natante). ln questo modo si consentiva al rhib di affiancarsi sul
iato di dritta e a quel punto aweniva il trasbordo dei naufraghi dal rhib al main deck della SW3. Tutto questo senza mai arrestare il moto della SW3.
(Dichiarazioni rese da C. A., riscontrate dalla documentazione prodotta)
. 15:57 MRCC Roma contattava telefonicamente EIINAVFORMED per chiedere se avevano inoltrato la risposta delle Autorità libiche at SW3. Gli stessi rispondevano negativamente’
. 16:12 MRCC Roma contattava telefonicamente la Sala Operativa del Centro nazionale di coordinamento per I’ immigrazione “ROBERTO IAVARONE”, istituita presso la Direzione centrale dell’ immigrazione e della Polizia delle frontiere (d’ora in avanti “SALA IAVARONE) per aggiornamento situazione.
16:12 Il Comando in Capo della Squadra Navale della Marina Militare italiana (d’ora in avanti “CINCNAV”) richiedeva a MRCC Roma aggiornamenti sull’evento in corso.
Quest’ultima comunicava che il coordinamento era stato assunto dalle Autorità libiche con messaggio delle ore 15.28.
16.48 SW3 comunica alle Autorità marittime la posizione del rubber boat brue (v. mail n. 3 dell’allegato 4 della produzione difensiva del 21/05/2019) e cioè 33′ 36′ N – 012″07’E. La mail delle 16.48, veniva inviata da SW3 dopo aver completato le operazioni d’imbarco delle 65 persone salvate, mentre la nave era ferma alla deriva, nell’attesa di indicazioni sul da farsi da parte delle Autorità marittime che erano state interessate. Con la suddetta mail delle 16.48 la SW3 chiedeva per la prima volta un POS (acronimo di “Place of Safety” ovvero “Porto Sicuro”, d’ora in avanti “POS”) a tutte le Autorità marittime interessate.
In merito al P.O.S. due norme internazionali, la Risoluzione MSC 167-78, adottata nel maggio 2004 (punti dal 6.12 al6.lS) e la circolare FAL (punto 2.3)3 prevedono, in sostanza, che: il POS è il luogo in cui terminano le operazioni di salvataggio, in cui la vita dei soprvvissuti non è più minacciata e in cui le loro esigenze primarie sono soddisfatte (MSC 6.12);
La nave dei soccorsi non deve essere considerato un POS, anche se ha le attrezzature adeguate a prendersi cura dei sopravvissuti deve essere sollevata da questa responsabilità prima possibile (MSC 6.13);
Le circostanze per I’individuazione del POS includono diversi fattori, quali la situazione a bordo della nave dei soccorsi, le condizioni della scena, le esigenze mediche, la disponibilità di trasporlo. Ogni caso è unico; (MSC 6. 15);
I Governi dovrebbero cooperare tra loro per fornire il POS ai sopravvissuti, dopo aver considerato i diversi fattori e i rischi più rilevanti (MSC 6.16); F E’ necessario evitare luoghi di sbarco ove i sopravvissuti potrebbero essere esposti a pericoli o minacce per la loro vita o libertà, in particolare per richiedenti asilo e rifugiati (MSC 6.17);
Se la nave dei soccorsi non è in grado di raggiungere un POS gli RCC dovrebbero organizzare delle alternative (MSC 6.1 8); F “Tutte le parti coinvolte (ad esempio il Governo responsabile dell’area SAR in cui le persone sono state soccorse, gli altri Stati costieri sulla rotta prevista della nave soccorritrice, lo Stato di bandiera, gli armatori ed i loro rappresentanti, lo Stato di nazionalità o di residenza delle persone soccorse, lo Stato da cui le persone soccorse erano partite, se conosciuto, e l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati UNHCR) dovrebbero cooperare in modo da assicurare che lo sbarco delle persone soccorse sia eseguito rapidamente, tenendo in considerazione la soluzione preferita dal comandante ed i bisogni primari delle persone soccorse. Il Governo responsabile dell’area SAR in cui le persone sono state soccorse dovrebbe avere la responsabilità principale di assicurare che tale cooperazione avvenga, se 1o sbarco dalla nave soccorritrice non può essere predisposto rapidamente altrove, il Governo responsabile dell’area SAR dovrebbe acconsentire allo sbarco delle persone soccorse in conformità con le leggi e i regolamenti sull’immigrazione dello Stato membro in un luogo sicuro sotto il suo controllo dove le persone soccorse possano avere tempestivamente accesso al supporto post salvataggio, (FAL punto 2.3)
Dalle 17.00 in poi SW3 decideva di rimanere alla deriva (macchine al minimo per mantenere la governabilità del mezzo e la posizione dove era avvenuto il distress) in attesa di disposizioni dalle Autorità marittime. Il mare era assolutamente calmo e la nave non avevo difficoltà a governare e a rimanere in posizione.
(Dichiarazioni rese da C. A., riscontrate dalla documentazione prodotta)
18:17 Il Sar Expert Mas Varsavia inoltrava tramite e-mail a MRCC Roma le foto relative all’evento fomite da EUNAVFORMED.
18:43 MRCC ROMA inviava una e-mail al Joint Rescue Coordination Centre olandese (d’ora in avanti “JRCC l’Den Helder”) specificando che il SW3 (battente bandiera olandese) aveva operato in autonomia in SRR libica e che MRCC Roma non aveva coordinato l’evento.
18:44 MRCC ROMA inoltrava, via l’e-mail, a JRCC Den Helder la comunicazione pervenuta dalle Autorità libiche, relativa all’assunzione del coordinamento.
In merito alle condotte tenute dal Joint Rescue Coordination Centre JRCC olandese (informato costantemente della situazione sia dalla SW3 che dalle Autorità marittime italiane e internazionali, come sopra meglio specificato), non è stata registrata alcuna assunzione di responsabilità da parte della Autorità olandesi di coordinare l’evento SAR dichiarato dalla SW3, ne il JRCC Olandese si è mai attivato per trovare un POS per la nave SW3, dopo che i naufraghi erano stati portati a bordo della nave, nonostante l’esplicita richiesta avanzata dalla SW3 anche all’Olanda.
Le autorità olandesi si sono sempre e soltanto limitate a suggerire alla SW3 di trovarsi un POS in Tunisia, senza prendere alcun contatto diretto con le Autorità tunisine e senza fornire alcuna certezza al Comandante della SW3 su un POS in Tunisia o altrove, ove la nave avrebbe potuto concludere le operazioni di salvataggio.
18.43 MRCC Roma invia una prima email di risposta alla SW3 (:. mail n. 4 dell’allegato 4 della produzione difensiva del 21/05/2019), con la quale l’Autorità italiana si dichiara incompetente per quell’evento SAR e affermava di aver ricevuto una mail dall’Autorità libica che aveva deciso di prendere in cura il caso. Non vi erano allegati alla suddetta mail.
La SW3 non riceveva però alcuna email dall’Autorità libica a riscontro di quanto affermato da MRCC ROMA per quanto riguarda l’evento SAR del 15.05.2019, né direttamente né in allegato alle email ricevute anche in seguito dalle altre Autorità marittime.
(Dichiarazioni rese da C. A., riscontrate dalla documentazione prodotta)
19:51 e 21:11 SALA IAVARONE contattava telefonicamente MRCC Roma per richiedere aggiornamenti e l’indirizzo email del SW3 e la sua posizione.
20:00 MRCC Roma provvedeva a comunicare formalmente gli aggiornamenti ai vari Ministeri/Enti interessati
16 maggio 2019
01:24 La SW3 inoltrava una email a RCC Malta, JRCC Den Helder e MRCC Roma con la quale confermava di non aver ricevuto alcuna istruzione dalle Autorità libiche, di essere in contatto con le autorità olandesi tramite diretta corrispondenza, richiedendo nuovamente il POS al fine di procedere allo sbarco il prima possibile dei migranti
06.00 il comandante C. veniva svegliato con urgenza dal primo ufficiale I. N. (di turno dalla prima mattina). salito immediatamente in plancia, ove si trovava già il capo missione H. e parte dell’equipaggio, si accorgeva che dal radar di bordo risultava un mezzo navale in avvicinamento a forte velocità proveniente da sud. A quel punto il comandante della SW3, dopo aver avvistato personalmente il mezzo in avvicinamento ed essersi accertato che si trattava di un mezzo militare, poiché era verde, ordinava all’equipaggio di mettersi in sicurezza adottando la procedura antipirateria.
Dopo numerose richieste di contatto radio avanzate dalla SW3 sul canale 16, i militari libici risposero qualificandosi come un assetto navale libico, intimando inoltre, alla SW3 di allontanarsi perché non erano graditi in quella zona in cui si trovavano che, a loro dire, era sotto la loro giurisdizione. In realtà la SW3 mi trovava a più di 30 miglia dalla costa libica e quindi, fuori dalle acque territoriali libiche.
Dopo la conversazione radio i militari libici si avvicinavano alla SW3, sino a circa 30 metri, per poi allontanarsi, rimanendo tuttavia in zona.
(Dichiarazioni rese da C. A. il 21/05/2021, riscontrate dalla documentazione prodotto in particolare dal file audio della conversazione radio tra la SI43 e la motovedetta libica del 6/05/2019)
La condotta tenuta dal personale della motovedetta libica appare in contrasto con quanto normalmente previsto in tutto il mondo per l’attività SAR, cioè per l’attività di ricerca e salvataggio n mare, nella quale di solito gli Stati si avvalgono di ogni mezzo a disposizione (pubblico o privato) presente nell’area dell’evento per individuare il natante in difficoltà e per salvare le persone a bordo. A maggior ragione nel caso di natanti, come il rubber boat in oggetto, che non hanno lanciato direttamente un S.O.S. e che non hanno a bordo attrezzature G.P.S. per fornire la loro precisa posizione a eventuali soccorritori.
Nonostante il gommone blu con a bordo i migranti non apparisse in immediato pericolo di affondamento è convinzione di quest’Ufficio che si trattasse comunque di un’imbarcazione che si trovava in una evidente situazione di pericolo, per cui si doveva temere per la salvaguardia della vita umana in mare, tenendo in considerazioni i seguenti fattori:
E’ notorio che i gommoni utilizzati dai trafficanti libici per il trasporto dei migranti sono di pessima fattura, costantemente a rischio di lacerazione delle camere d’aria e del conseguente improvviso affondamento, come comprovato da decine di eventi SAR, diversi dei quali conclusisi con la morte delle persone a bordo, alcuni dei quali di diretta cognizione di questa Procura della Repubblica di Agrigento;
Il gommone blu lungo metri 7-10 era certamente sovraccarico, in quanto trasportava molte più persone (65) di quanto ne consentisse una navigazione in sicurezza, in modo da comprometterne la stabilità e la galleggiabilità;
Diverse persone a bordo non aveva salvagenti o altri dispositivi personali o collettivi di sicurezza, che ne avrebbero consentito il salvataggio in caso d’improvviso affondamento del mezzo;
E’ notorio che la maggior parte dei migranti trasportati con questi mezzi, soprattutto quelli provenienti dagli Stati sub sahariani, non sanno nuotare e non hanno la minima capacità di restare a galla, tanto da annegare nel giro di pochissimi minuti, come comprovato da decine di eventi SAR, diversi dei quali conclusisi con la morte delle persone a bordo, alcuni dei quali di diretta cognizione di questa Procura della Repubblica di Agrigento; alla luce di quanto sancito dalle disposizioni normative internazionali e nazionali, meglio descritte nella seconda parte del presente atto.
Alla luce delle considerazioni sopra svolte sussisteva a carico del comandante della nave “Sea
Watch 3″ IMO 7302225 l’obbligo di prestare soccorso e assistenza alle persone presenti a bordo del
gommone blu e di provvedere al successivo trasporto in un luogo sicuro di sbarco (POS), alla luce
06:55 Subito dopo aver ricevuto la risposta dalla vedetta libica il comandante C. preoccupato, contattava con il telefono satellitare di bordo la centrale operativa della Guardia Costiera Italiana sul numero italiano con prefisso 06. Il comandante della SW3 comunicava telefonicamente a MRCC Roma che alle ore 06.228 erano stati avvicinati d una motovedetta (d’ora in avanti “M/V”) libica che aveva intimato loro di allontanarsi dalla zona. MRCC Roma diceva al comandante del SW3 di contattare la sua Autorità di bandiera (Olanda) per investire quell’Autorità SAR del problema di sicurezza in corso.
C informava MRCC Roma dell’atteggiamento ostile tenuto dai i libici, pur precisando che non avendo utilizzato alcuna condotta violenta o minaccia. Roma rispondeva che nulla potevano fare in mancanza di un attacco armato.
Quindi la mattina del 16105/2019 diventa noto a tutti i soggetti che hanno auto un qualche ruolo nella vicenda, compresa MRCC Roma (con l’Olanda Stato di bandiera della nave soccorritrice e ‘Italia Stato costiero sulla rotta che sarà tenuta dalla SW3), che la Libia (Stato responsabile dell’area SAR in cui è avvenuto il soccorso) aveva “concluso” la sua attività S.A.R. senza indicare a SW3 (nave soccorritrice con a bordo i naufraghi salvati) un P.O.S. (place of safety). cioè un luogo sicuro ove sbarcare rapidamente le persone soccorse).
Tale condotta tenuta dalla Libia al termine dell’attività SAR del 1610512019 non era una anomalia o
una eccezione alle ordinarie condotte del Centro di Soccorso marittimo JRCC Libico, infatti “non
risulta che le Autorità libiche, per le attività di ricerca e soccorso nella propria area SAR, abbiano mai assegnato un place of safety (POS) sut territorio libico ad organizzazioni non governativa” ONG.
(V. Nota prot. n. 0191648/2019 del 02/04/2019 Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di
Porto – II Reparto, a firma del Capo della Centrale Operativa C.V. A. T.)
Tale condotta abituale da parte della Libia era assolutamente in contrasto con la normativa internazionale in materia di soccorso in mare, che prevede espressamente che l’attività SAR coordinata da un Centro di soccorso nazionale si concluda sempre a terra, con l’indicazione di un “luogo sicuro” ove operare la sbarco dei naufraghi, senza alcuna eccezione nel caso in cui il salvataggio sia stato operato da un natante di una ONG.
A quel punto il comandante della SW3 C. decideva di allontanarsi dalla zona, ubbidendo ai libici, ponendo la prua della nave in direzione NORD, quindi allontanandosi dalla costa libica. C. affermava di aver preso tale decisione “in quanto le previsioni meteo in mio possesso in quel momento mi informavano che vi era una perturbazione in arrivo in quella zona da NORD – NORD OVEST. Voglio precisare a questo punto che la SW 3 è un ex rimorchiatore che ha la poppa aperta, una imbarcazione che tiene bene il mare, ma soffre mare e vento al traverso. Non avevo altra scelta che dirigere la prua della nave nella direzione di provenienza del vento e delle onde, in modo da evitare un eccessivo rollio e I’ingresso dell’acqua dalla parte aperta della poppa, zona ove si trovavano i naufraghi maschi adulti. Ho mantenuto nella rotta di allontanamento della Libia una velocità moderata di circa 6-7 nodi, in modo da evitare un eccessivo beccheggio.”
(v. Dichiarazioni rese da C. A. il 2l/05/2019)
Tra le 07:39 e le 09:19 MRCC Roma aggiornava telefonicamente diversi Enti circa la posizione del SW3.
09:42 Il comandante della SW3 comunicava via email a RCC Malta, JRCC Den Helder e MRCC Roma circa l’avvicinamento della motovedetta libica (riportante sullo scafo il numero identificativo 648) la quale aveva intimato alla nave ONG di abbandonare I’area, senza fornire alcuna istruzione.
10:05 MRCC Roma provvedeva a comunicare formalmente gli aggiornamenti ai vari Ministeri/Enti interessati
11.00 il maltempo colpiva la nave SW3, le condizioni del mare peggiorarono costantemente fino ad arrivare a mare forza 7, nella notte tra il 16 e il 17 maggio 2021. Tutti i naufraghi soccorsi soffrivano il mare vomitando e anche quella parte dell’equipaggio non particolarmente esperta, in particolare la cuoca e i giornalisti.
Tra le 19.00 e le 20.00 C. decide di dirigere la nave verso il porto di Lampedusa, che in quel momento distava circa 100 miglia, mentre Malta era a circa 140 miglia e Zarzis in Tunisia a circa 50 miglia: “,Scelsi di andare a Lampedusa in quanto era I’unica rotta che mi consentiva di affrontare il maltempo da prua, se avessi voluto dirigermi a Zarzis avrei avuto il maltempo a traverso, creando delle condizioni proibitive a bordo e mettendo in pericolo la mia imbarcazione. Se avessi voluto dirigermi verso Malta avrei avuto il
maltempo a mascone di sinistra, in tal modo avrei imbarcalo acqua nella parte di sinistra della poppa. La scelta sulla rotta da tenere fu, quindi, una mia scelta tecnica, legata esclusivamente alle condizioni meteo marine che stavamo affrontando e alle caratteristiche della 5W3.”
Nel corso della navigazione verso Lampedusa la SW3 contattava nuovamente Malta per chiedere soccorso. La risposta di Malta fu il divieto di avvicinarci alle loro acque territoriali in quanto non eravamo i benvenuti. La SW3 non riuscì, invece, a mettersi in contatto con la Tunisia, né direttamente né mediante I’Autorità marittima olandese, con [a quale comunque ci interfacciavamo in quanto stato di bandiera
(v. Dichiarazioni rese da C. A. il 2l/05/2019)
17 maggio 2019
00.32 la SW3 inviava una nuova email a MRCC Roma e per conoscenza al ministro olandese Kees METSELAAR e al loro supporto in Germania. Il comandante della SW3 richiedeva nuovamente un Pos per lo sbarco dei naufraghi, motivando la richiesta per [e base delle cattive condizioni meteo e del precario stato di salute dei migranti (v. mail n. 5 dell’allegato 4 della produzione difensiva del 21/05/2019).
00:44 MRCC Roma provvedeva a comunicare formalmente il contenuto della mail di cui all’allegato 22 ai vari Ministeri/Enti interessati
02.02 MRCC Roma riceveva una email dal Centro nazionale di coordinamento per I’immigrazione, istituito presso la Direzione centrale dell’immigrazione e della Polizia delle frontiere (d’ora in avanti (‘NCC ltalia”), contenente Ia notifica di intimazione al Comandante della SW3 ad evitare I’ingresso/transito nelle acque territoriali italiane, ad attenersi alle normative nazionali ed internazionali in materia SAR, a rispettare le
prerogative di coordinamento delle autorità straniere legittimamente intitolate in materia SAR, a non reiterare condotte in contrasto con la normativa nazionale ed internazionale n materia SAR. MRCC Roma inoltrava tale email a SW3.
In quel momento la SW3 si trovava a circa 4 ore di navigazione dal limite delle acque
territoriali italiane, con mare forza 6/7 .
(v. Dichiarazioni rese da C. A. il 21/05/2019)
. 05-00 circa il tempo cominciò a migliorare con mare forza2/3.
. 06:05 MRCC Roma aggiornava telefonicamente SALA IAVARONE del NCC Italia del MINISTERO DELL’INTERNO dell’ingresso della SW3 in SRR italiana.
. 06.15 la SW3 fu contattata sul canale VHFI6 dal moto-pattugliatore V803 della Guardia di Finanza, che io in quel momento la nave non batteva al radar. I militari italiani informarono la SW3 non era la benvenuta nelle acque territoriali italiane, senza ordinarle alcunché, pur citando la direttiva del Ministero degli interni che era stata allegata alla email delle 02:02 del 17.05.2019 dell’NCC.
Il comandante della SW3 C. decideva di ubbidire alla intimazione della V803 e modificò la sua rotta, pendoÌando nella zona dove si trovava, stando ben attento a non entrare nelle acque territoriali italiane, mantenendo una bassa velocita di circa 4 nodi, come in quel momento consentivano le condizioni meteo marine.
. O7 .45 C. contattava Circomare Lampedusa (l’Ufficio Circondariale marittimo della Guardia Costiera di Lampedusa) per avere aggiornamenti su eventuali autorizzazioni all’accesso in porto. Circomare Lampedusa rispondeva che non vi erano novità.
. 09.00 C. contattava nuovamente Circomare Lampedusa (l’Ufficio Circondariale marittimo della Guardia Costiera di Lampedusa) per avere aggiornamenti su eventuali autorizzazioni all’accesso in porto. Circomare Lampedusa rispondeva che non vi erano novità, nonostante la SW3 avesse comunicato al1’Autorita marittima che avevano a bordo anche sei bambini piccoli. Continuarono a non ricevere alcuna autorizzazione allo sbarco.
(v. Dichiarazioni rese da C. A. il 21/05/2019)
08:59 CIRCOMARE Lampedusa, riferiva telefonicamente a MRCC ROMA di aver ricevuto una comunicazione radio VHF sul canale 12 dalla SW3, la quale rappresentava la presenza a bordo di donne incinta e bambini senza comunque richiedere MEDEVAC8.
09.50 la SW3 fu contattata via radio su VHFl6 dalla V803 della Guardia di Finanza che ci ribadì I’ordine di non accedere nelle acque territoriali italiane.
10-.47 La SW3 usciva dalla SRR italiana. Venivano informati gli Enti/Ministeri interessati.
11 :1 8 CIRCOMARE Lampedusa inviava e-mail a MRCC ROMA, a sua volta ricevuta alle ore 10:50 dalla SW3, con la quale il Comandante dell’unità rappresentava la sua intenzione di avvicinarsi a Lampedusa; al contempo lo stesso forniva un resoconto dell’attività condotta, ivi inclusa la richiesta di POS avanzata a ltalia, a Malta e all’Olanda.
A detta del Comandante, considerando che nessuna Autorità aveva assunto il coordinamento delle operazioni, visto il deterioramento delle condimeteo e dello stato di salute dei migranti, l’unica soluzione era quella di procedere verso il porto di Lampedusa considerato quale porto sicuro più vicino. Allegata alla mail veniva inviato un medical report.
11.35 Circomare Lampedusa chiamava la SW3, facendo presente che potevano chiamare il CIRM (Centro Internazionale Radio Medico) nel caso in cui ritenessero di avere delle emergenze sanitarie a bordo della nave. C. informò anche il medico di bordo della necessità di preparare un report sulle condizioni sanitarie dei naufraghi.
l2:30 MRCC Roma contattava telefonicamente la SALA IAVARONE, che confermava la ricezione della mail delle 11:18. A riguardo NCC Italia riferiva che stava valutando Ia richiesta del SW3.
12:52 MRCC Roma provvedeva a comunicare formalmente il contenuto della email delle 10,50 della SW3 ai vari Ministeri/Enti interessati.
13:05 MRCC Roma riceveva per conoscenza una email inviata da CIRCOMARE Lampedusa a SW3, con la quale comunicava di aver inoltrato la richiesta avanzata dal Comandante della nave con email alla Autorità Centrale Nazionale per le valutazioni di competenza, fornendo la disponibilità per eventuali situazioni di emergenza
14.00 circa il comandante C. contattava il Centro Internazionale Radio Medico (d’ora in avanti “CIRM”), con il suo telefono cellulare. La comunicazione avveniva prima con il comandante e successivamente con i medici a bordo della SW3.
15:18 MRCC Roma riceveva la chiamata del medico del CIRM, Dott. NAPOLEONE, a sua volta interessato da SW3 per le condizioni sanitarie non buone dei migranti. Il medico rappresentava che i casi sanitari comunicategli dovevano essere curati medicalmente a terra. MRCC Roma comunicava al CIRM la vigenza di una direttiva di MININTERNO che vietava l’ingresso della menzionata nave all’interno delle acque territoriali italiane, ma che i casi sanitari gravi valutati tali dal CIRM sarebbero stati gestiti su territorio italiano.
15:20 MRCC Roma riceveva la chiamata della SALA IAVARONE, che chiedeva aggiornamenti sull’ingresso del SW3 in acque italiane. MRCC Roma aggiorna sulla richiesta di MEDEVAC formulata dal SW3 al CIRM e di non avere ulteriori dettagli.
15:27 MRCC Roma contattava il Comandante di CIRCOMARE Lampedusa che riferiva che la CP 319 si stava avvicinando al SW3 per effettuare le MEDEVAC.
15:33 MRCC Roma contattava telefonicamente il CIRM per sapere se fosse già stata prodotta la messaggistica relativa alle MEDEVAC.
15:40 Il comandante della SW3 indirizzava una email al CIRM, con la quale ingraziava per il supporto fornito, allegando l’ultimo rapporto sanitario redatto dal medico di bordo ed comunicando la presenza di casi vulnerabili (due neonati, diversi minori, casi di disidratazione ustioni da carburante). MRCC ROMA riceveva la mail per conoscenza.
15:50 MRCC Roma veniva contattata dalla SALA IAVARONE, in quanto quest’ultima aveva ricevuto notizia, da un assetto della Guardia di Finanza, che una M/v della Guardia Costiera si stava avvicinando al SW3 per effettuare la MEDEVAC. MRCC Roma aggiornava MININTERNO sullo sviluppo della situazione, riferendo di essere ancora in attesa di conoscere il numero di persone da evacuare con relativi accompagnatori.
15:55 MRCC Roma riceveva e-mail dal GIRM con la quale veniva richiesto lo sbarco urgente per 8 migranti dal sw3, in quel momento a circa 12 mn (miglia nautiche) a sud di Lampedusa. Il medico del CIRM rappresentava che la dottoressa del sw3 aveva segnalato la presenza di altre persone con stato di profonda sofferenza fisica e disidratazione.
15:56 MRCC Roma provvedeva a comunicare formalmente la richiesta di MEDEVAC a CIRCOMARE Lampedusa.
16:00 Il capo centrale di MRCC Roma comunicava di aver parlato con la dottoressa LIGUORI di MININTERNO in merito alle MEDEVAC e di aver aggiornato il Comandante di CIRCOMARE Lampedusa circa l”autorizzazione ad effettuare le MEDEVAC e a far sbarcare le madri dei minori in qualità di accompagnatrici
16.00 Circomare Lampedusa comunicava formalmente che SW3 poteva sbarcare i bambini, le madri e i padri e, in più, una donna che aveva riportato ustioni da benzina nella parte inferiore del corpo.
16:11 MRCC Roma aggiornava il Comando generale della Guardia di Finanza (d’ora in avanti “COGEGUARFI) sulle MEDEVAC.
l6:09 MRCC Roma provvedeva a comunicare formalmente il contenuto della email delle 15,55 del CIRM ai vari Ministeri/Enti interessati.
17:10 Il Capo Centrale di MRCC Roma forniva aggiornamenti sul numero delle persone sbarcate dal SW3 per MEDEVAC. Si trattava di 7 minori, 7 madri e 3 padri. In merito alla notizia di un migrante senza gamba a bordo del SW3, il Capo Centrale rappresentava la necessità di una valutazione da parte del CIRM.
17: 15 MRCC Roma provvedeva a comunicare formalmente ai vari Ministeri/Enti interessati che un totale di 18 persone erano sbarcate congiuntamente ai casi sanitari, in qualità di accompagnatori.
17:28 Il Capo Centrale di MRCC Roma disponeva di attendere un’ulteriore conferma prima dello sbarco in banchina delle MEDEVAC e forniva informazioni sull’età dei minori sbarcati. Le stesse informazioni erano già state condivise con MININTERNO.
17:58 SALA IAVARONE richiedeva a MRCC Roma riscontro sulle nazionalità dei migranti sbarcati per MEDEVAC, sull’orario stimato di arrivo (d’ora in avanti “ETA”) e sul luogo di sbarco.
18:04 Il Capo Centrale di MRCC Roma riferiva che la Dottoressa LIGUORI gli aveva comunicato I’autorizzazione per lo sbarco del migrante con ustioni, dei 7 minori e delle 7 madri e 3 padri accompagnatori.
18:10 MRCC Roma provvedeva a comunicare formalmente ai vari Ministeri/Enti interessati dettagli dei minori sbarcati.
18:10 MRCC Roma riportava a NCC ITALIA di aver preso atto del rilascio dell’autorizzazione allo sbarco delle MEDEVAC e degli accompagnatori’
l8:25 COGEGUARFI riferiva a MRCC Roma che il loro Pattugliatore OLTRAMONTI (d’ora in avanti “PV5”), in forza al Reparto Operativo Aeronavale di Palermo, aveva mollato gli ormeggi da Porto Empedocle per dirigere su Lampedusa, a supporto dell’assetto GdF già schierato sull’isola.
t8:38 Il Capo Centrale di MRCC Roma confermava I’avvenuto sbarco dei casi di MEDEVAC da parte della M/V CP3l9. In quel momento la SW3 era ancora in stand by in acque internazionali.
o La notte det l7 e la mattina del 18 le condizioni meteo-marine cominciarono a peggiorare. con un intensificarsi del vento di scirocco proveniente da SUD, sino alla mattina del 18.
(v. Dichiarazioni rese da C. A. il 21/05/2019)
. 2l:50 MRCC Roma provvedeva a comunicare formalmente ai vari Ministeri/Enti interessati ulteriori dettagli relativi all’evacuazione medica.
18 maggio 2019
08.30 il comandante C. chiamava Circomare Lampedusa chiedendo di far entrare la nave in porto a Lampedusa, viste le condizioni di salute dei naufraghi: “Preciso che in quel momento non riuscivo a tenere urta rotta ottimale per evitare la sofferenza dei passeggeri a bordo, in quanto avevamo ancora una onda lunga che proveniva da NORD, una onda corta insieme al vento che provenivano da SUD EST. Questo causava grandi sofferenze ai naufraghi che avevamo ancora a bordo. Io informai inoltre la Guardia Costiera di Lampedusa che le mie condizioni cominciavano ad essere non più ottimali in quanto nei
giorni precedenti avevo dormito pochissimo.”
(v. Dichiarazioni rese da C. A. il 2l/05/2019)
08:30 CIRCOMARE Lampedusa riferiva telefonicamente a MRCC ROMA di aver ricevuto una chiamata radio VHF dalla SW3, che riportava di avere una situazione difficile a bordo e chiedeva istruzioni. CIRCOMARE Lampedusa comunicava al SW3 che eventuali MEDEVAC dovevano essere preventivamente concordate con il CIRM.
09:18 La SW3 tramite email richiedeva al CIRM (mettendo per conoscenza diversi Enti) lo sbarco delle restanti 47 persone presenti a bordo della nave in virtù del loro precario stato di salute, con particolare riferimento ad una donna in stato di gravidanza e di un uomo mutilato di una gamba.
09:35 MRCC Roma inoltrava formalmente ai vari Ministeri/Enti interessati la email di richiesta di sbarco inviata dalla SW3 al CIRM.
09:44 il GIRM inoltrava a MRCC Roma la email di risposta al SW3, con la quale venivano richiesti specifici dettagli relativamente a tutte le persone che a giudizio del medico di bordo necessitavano di essere sbarcate. 10:00 MRCC Roma inoltrava formalmente ai vari Ministeri/Enti interessati la mail inviata dal cIRM alla sw3. 10:30 sala Iavarone confermava la ricezione della messaggistica da parte di MRCC Roma.
10:50 La sw3 inviava email al GIRM (mettendo per conoscenza diversi enti), con la quale dava riscontro alla precedente richiesta dell’ente, specificando che avrebbe inoltrato le generalità dei casi sanitari (dati non fomiti a MRCC Roma nemmeno successivamente) e rappresentando che a bordo erano presenti 8 minori non accompagnati, dei quali aveva dato anche notizia al tribunale dei minori competente. sw3 allegava report sanitario. 11:10
MRCC Roma inoltrava formalmente ai vari Ministeri/Enti interessati la mail inviata dalla SW3 al CIRM (ALLEGATO 40).
12:09 La SW3 rappresentava al ClRM via mail (mettendo per conoscenza diversi enti) I’insostenibilità della situazione a bordo e manifestava la volontà di entrare nelle acque territoriali italiane e dirigere all’ormeggio nel porto di Lampedusa per lo sbarco dei migranti.
12:18 MRCC Roma aggiornava il comandante di CIRCOMARE Lampedusa relativamente all’intenzione mostrata dal comandante della SW3 di entrare in acque italiane. 12:20 MRCC Roma inoltrava formalmente ai vari Ministeri/Enti interessati la email inviata dalla SW3 al CIRM (ALLEGATO 42).
12:30 Maritime Rescue sub centre (centro di Salvataggio Marittimo secondario – MRSC) Palermo riferiva telefonicamente a MRCC Roma che la sw3 aveva contattato, tramite il numero di emergenza 1530, la capitaneria di Porto di porto Empedocle, richiedendo l’autorizzazione per entrare nelle acque italiane e dirigere verso il porto di Lampedusa.
12:40 CIRCOMARE Lampedusa comunicava telefonicamente a MRCC Roma che iL comandante del sw3 aveva riportato le pessime condizioni di bordo e la necessità dl sbarcare i migranti. CIRCOMARE Lampedusa ribadiva a sw3 il diniego di ingresso nelle acque territoriali italiane.
12:52 MRSC Palermo comunicava telefonicamente a MRCC Roma che il comandante della sw3 aveva nuovamente chiamato la capitaneria di porto di Porto Empedocle, riportando di stare poco bene e di non poter assicurare la condotta dell’unità chiedendo I’ausilio del pilota.
12.53 la SW3 inviava una mail (v. mail n. l0 dell’allegato 4 della produzione difensiva del 2l/05/2021) con la quale chiedeva la revoca al diniego di ingresso al porto di Lampedusa, in considerazione delle condizioni dei naufraghi e delle condimeteo. Il Comandante dell’unità specificava di essere personalmente provato e debilitato dalla situazione e dal peso della vicenda. In quel momento la SW3 si trovava ancora in acque internazionali.
13:35 Il Comandante della SW3 reiterava la sua intenzione di condurre la nave all’interno delle acque territoriali italiane per fare ingresso nel porto di Lampedusa, alla luce delle sue valutazioni di comandante.
13:45 Il comandante di CIRCOMARE Lampedusa riferiva telefonicamente a MRCC Roma di essere stato contattato dal Comandante del SW3 il quale ribadiva di essere debilitato e provato dalla situazione. Il Comandante di CIRCOMARE Lampedusa reiterava a SW3 la vigenza del divieto di ingresso nelle acque territoriali italiane disposto da MININTERNO. Il comandante della SW3 confermava di aver informato dell’intera situazione il proprio armatore.
13:52 CIRCOMARE Lampedusa riferiva telefonicamente a MRCC Roma di aver contattato via radio VHF la SW3 dopo aver notato il cambio di rotta verso Lampedusa. Il Comandante della SW3 riportava I’intenzione di dirigere sotto la sua responsabilità verso il porto di Lampedusa nonostante la diffida. Il Comandante di CIRCOMARE Lampedusa informava quindi la Guardia di Finanza e si teneva pronto ad inviare una M/V in supporto.
14.00 il comandante C. decideva di dirigere la prua della SW3 verso le acque territoriali italiane con il dichiarato intento di entrare nel porto di Lampedusa, a causa delle pessime condizioni sanitarie in cui si trovavano i naufraghi a bordo.
(v. Dichiarazioni rese da C. A il 2l/05/2019)
14:20 MRCC Roma inoltrava formalmente ai vari Ministeri/Enti interessati il messaggio con il quale informava che la SW3 aveva comunicato via radio a CIRCOMARE Lampedusa la sua intenzione di procedere verso il porto nonostante la vigenza della diffida ribadita da predetta Autorità Marittima. sw3 procedeva comunque verso le acque italiane.
14:29 MRCC Roma informava telefonicamente la SALA IAVARONE che il SW3 era entrato nelle acque territoriali italiane.
14:30 MRCC Roma informava tramite messaggio i vari Ministeri/Enti interessati che alle ore 14.29 il SW3 aveva fatto ingresso nelle acque territoriali italiane
14.30 la SW3 entra in acque territoriali italiane nel punto lat. 35o l8’N Long.0120 31′ E. Immediatamente dopo C. ricevette una chiamata VHF I6 dalla Guardia Costiera italiana che gli chiedeva quali fossero le sue intenzioni. Dal ponte comando della SW3 risposero di volere entrare in porto a Lampedusa per fare sbarcare i naufraghi a causa delle loro condizioni sanitarie. A questo punto la nave venne scortati nel suo viaggio
verso il porto di Lampedusa da due motovedette, una della Guardia di Finanza e una della Guardia Costiera.
(v. Dichiarazioni rese da C. A. il 21/05/2019)
14:32 il comandante di CIRCOMARE Lampedusa riferiva a MRCC Roma di aver comunicato al Comandante del SW3, via radio e via telefono, di aver violato la diffida di MININTERNO. Il comandante del SW3 ribadiva di aver agito sotto la sua responsabilità’
14..37 il Comandante di CIRCOMARE Lampedusa riferiva di aver aggiornato I’Autorità Giudiziaria.
15:13 il PV5 riferiva di aver notificato al sw3 la violazione delle direttive di MINITERNO. Il comandante del SW3 rispondeva di essere a conoscenza della violazione commessa, specificando che non aveva potuto fare altrimenti per la tutela della salute dei passeggeri e per la circostanza che lui stesso non si sentiva bene.
15:30 MRCC Roma informava il Ministero degli Affari Esteri e della cooperazione Internazionale (d’ora in avanti “MAECI”) che la sw3 aveva fatto ingresso .nelle acque territoriali italiane in violazione della diffida di MININTERNO come piiù volte reiterata.
15:40 La sw3 contattava CIRCOMARE Lampedusa chiedendo di poter entrare in porto, ricevendo risposta negativa.
15.42 la Guardia costiera circomare Lampedusa comunicava alla sw3 che non vi era possibilità di ormeggiare nel piccolo porto di Lampedusa, perché all’ormeggio vi era già la “MARE JONIO” e il traghetto di linea era in arrivo, inoltre l’altezza della S.W non consentiva un ormeggio in sicurezza per il traffico aereo dell’aeroscalo di Lampedusa. La Guardia costiera diede un punto di fonda alla sw3, a ridosso dell’isola di Lampedusa nei
pressi di Cala Francese.
15:57 Il comandante di CIRCOMARE Lampedusa riferiva al capo centrale di MRC Roma di aver autorizzato il SW3 ad andare alla fonda a sud dell’isola.
l5:58 MRCC Roma riceveva una email da CIRCOMARE Lampedusa relativa alla richiesta di accosto da parte della SW3. CIRCOMARE Lampedusa comunicava l’impossibilità di posto di ormeggio in banchina ai sensi dell’art. 62 Cod. Nav.
16:05 MRCC Roma riceveva una mail da CIRCOMARE Lampedusa relativa alla richiesta dell’assegnazione di un punto di fonda avanzata dal sw3. CIRCOMARE Lampedusa accordava la richiesta valutate le condimeteo in zona, assegnando un punto di fonda a circa 1 miglio nautico a sudest dal porto di Lampedusa
o 16. l5 la SW3 calava l’ancora nel punto di fonda indicato da CIRCOMARE Lampedusa.
o C. affermava che “una volta che eravamo alla fonda a Lampedusa I’umore delle persone rimaste a bordo era di molto peggiorato. Molti dei migranti mostravano segni di frustrazione, minacciavano di compiere atti di autolesionismo à, indossando i salvagenti, minacciavano di lanciarsi in mare per raggiungere d nuoto la terraferma.,’
(v. Dichiarazioni rese da C. A. il 2t/05/2019)
‘ 16:40 MRCC Roma inoltrava formalmente ai vari Ministeri/Enti interessati la richiesta di posto in banchina e successivamente di punto di fonda da parte di SW3.
o l6:40 La SW3 raggiungeva il punto di fonda assegnato.
o 17:40 MRCC Roma riceveva nota verbale con Ia quale, nella serata del 17 maggio 2019, il MAECI informava I’Ambasciata olandese che la nave sw3 non era stata autorizzata ad entrare nelle acque italiane.
‘ 19:0Q MRCC Roma aggiornava JRCC Den Helder sulla situazione della sw3, specificando che il Comandante dell’unità aveva manifestato la volontà di violare il divieto di ingresso nelle acque territoriali italiane.
o 19:45 La sw3 indirizzava una email al CIRM (mettendo per conoscenza diversi enti) aggiornando sulla persistente precarietà delle condizioni mediche dei migranti.
o 20:00 MRCC Roma inoltrava formalmente ai vari Ministeri/Enti l’aggiornamento delle condizioni sanitarie pervenute dal SW3.
o 22:13 CIRCOMARE Lampedusa richiedeva a MRCC Roma se esistevano eventuali motivi ostativi all’ingresso in porto del SW3, venendo ad essere coinvolti profili di ordine pubblico.
19 maggio 2019
00:10 MRCC Roma inoltrava formalmente ai vari Ministeri/Enti interessati un messaggio riepilogativo degli accadimenti che avevano riguardato la SW3, richiedendo di conoscere eventuali intendimenti da parte da parte delle Autorità competenti all’Ordine e alla Pubblica Sicurezza alla luce della nuova richiesta del SW3 di poter entrare nel porto di Lampedusa.
00:44 La SALA IAVARONE, contattata telefonicamente da MRCC Roma, confermava la ricezione del messaggio delle ore 00,10.
06.30 la SW3 chiamava via radio CIRCOMARE Lampedusa per un aggiornamento. La Guardia Costiera rispondeva che non vi erano aggiornamenti e che, quindi, non avevamo alcuna autorizzazione a ormeggiare in porto, né tantomeno erano autorizzati allo sbarco dei migranti.
07.54 la SW3 inviava una email alle Autorità marittime italiane, in cui dichiarava di voler entrare nelle acque interne del Porto di Lampedusa per lo sbarco dei migranti. 08:05 MRCC Roma inoltrava formalmente ai vari Ministeri/Enti interessati la email di cui all’allegato 59 pervenuta dalla SW3.
09:00 CIRCOMARE Lampedusa comunica via email al Comando di bordo della SW3 che, all’esito dell’analisi delle caratteristiche tecniche dell’unità, la stessa non poteva accedere al porto di Lampedusa per mancanza di banchine idonee e con particolare riferimento all’ingombro aereo, l’eventuale ingresso in porto avrebbe determinato la chiusura dello spazio aereo dell’aeroporto di Lampedusa e la conseguente interruzione dei pubblici servizi di linea aeroportuali.
09:08 La SW3 in risposta all’email di CIRCOMARE Lampedusa richiedeva e suggeriva il trasbordo dei migranti con mezzi navali. 09:15 MRCC Roma inoltrava formalmente ai vari Ministeri/Enti interessati le e-mail pervenute da CIRCOMARE Lampedusa e dalla SW3 (ALLEGATO 63).
17:42 Il Comandante della SW3 inviava una email a MRCC Roma e per info ad altri Enti, con la quale manifestava la volontà, sotto la sua responsabilità, di voler entrare in porto a Lampedusa per lo sbarco dei migranti dopo le ore 20:30.
. 17.45 il comandante C. riceveva una chiamata via radio VHFI6 dalla Guardia di Finanza che gli comunicava di preparare la murata di sinistra. Successivamente un’imbarcazione della Guardia di Finanza si affiancava alla SW3.
(v. Dichiarazioni rese da C. A. il 2l/05/2019)
18:08 COGEGUARFI comunica a MRCC Roma che il PV5 alle ore l],[ aveva raggiunto la SW3.
18,07- La nave sw3 veniva posta sotto sequestro penale da personale della Guardia di Finanza (Stazione navale di Palermo, Tenenza di Lampedusa e 7′ Squadriglia di Lampedusa) (V. Verbale di sequestro probatorio della Sll3 del l9/05/2019).
18:37 COGEGUARFI comunicava a MRCC Roma che alle ore 17.55 erano iniziate le operazioni di P.G. nei confronti della SW3. Si sarebbe al sequestro probatorio di iniziativa e poi I’unità sarebbe stata trasferita a Licata, per impossibilità di ormeggio a Lampedusa. Non vi erano informazioni sul trasbordo dei migranti.
19:20 !! ClRM disponeva [o sbarco urgente di una migrante in stato di gravidanza con minaccia di aborto e suggeriva, altresì, lo sbarco del marito della stessa in qualità di accompagnatore.
19:22 La Centrale operativa di MRCC Roma, sentito il capo centrale, autorizzava lo sbarco.
o 19:36 La Guardia di Finanza informava che alle 18:55 erano terminate le operazioni di P.G. con consegna dell’ordine di sequestro dell’unita ONG sw3, la quale si sarebbe diretta su Licata (AG).
o 20:22 Iniziavano le operazioni di trasbordo dei 45 migranti sulla cp302, unitamente a personale GdF che procedeva a perquisizioni con metal detector.
c 20:53 La Guardia di Finanza informava MRCC Roma che la procura di Agrigento aveva disposto il sequestro dell’unità e il trasferimento della stessa a Licata.
o 2l:30 CIRCOMARE Lampedusa riferiva a MRCC Roma che Ia cp302 aveva ancora bordo 35 migranti e che altri 10 erano stati trasbordati sulla M/V della GdF Y2067; e che i due mezzi dirigevano insieme su Lampedusa.
o 2l:45 Iniziava il trasbordo dei 45 migranti al molo Favaloro del porto di Lampedusa.
o 2l:55 MRCC provvedeva a fornire gli aggiornamenti occorsi ai vari Ministeri/Enti interessati .
o 22:05 Terminava il trasbordo.
o 23:31 MRSC PALERMO comunicava che il convoglio dalle 23:15 stava facendo rotta verso Licata. La cP302 sarà sostituita da cp860 con cui farà rendez vous 07:30 e ETA a Licata alle ore 1200 circa del giomo 20 maggio.
20 maggio 2019
14:09 MRSC PALERMO comunicava a MRCC Roma che nave sw3 era ormeggiata in
porto a Licata
2. DIRITTO
In data 20/05/2019 quest’Ufficio riceveva la comunicazione di Notizia di Reato ex art. 34: c.p.p. della Tenenza della Guardia di Finanza di Lampedusa (C.N.R. prot. n. 02g4460/2019 del 20/05/2019 a firma del Lgt. Antonino GIANNO con allegato il verbale di sequestro della nave “Sea Watch 3” del 19/05/2019 alle 18,07) con la quale si denunciava il comandante della sw3 C. A per favoreggiamento aggravato dell’Immigrazione clandestina (afi. 12 commi I e 3 lett. A del D.lgs. n. 286/98).
L’ipotesi delittuosa contestata al comandante C. era sostanzialmente di per aver condotto la predetta imbarcazione all’interno delle acque territoriali italiane con a bordo 65 cittadini extracomunitari clandestini, nonostante il divieto d’ingresso nella acque italiane espresso dal Ministero dell’interno, il quale aveva affermato che vi fosse una presunta violazione da parte del comandante della SW3 delle normative nazionali e internazionali sul soccorso in mare.
Si tratta, pertanto, di valutare se la condotta, complessivamente considerata, posta in essere dal comandante della nave, sia sussumibile nella fattispecie delittuosa suindicata.
2.1 Art.12 d.lgs. 286198. La sussistenza delle cause di giustificazione.
a) Lo stato di necessità ex art.54 c.p.
In primo luogo occorre esaminare la fattispecie prevista e punita dall’art. 12 D.lgs. 2g619g, la quale sanziona il favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, che si sostanzia nell’introduzione illegale di immigrati clandestini all’interno delle frontiere dello Stato italiano, ossia nel compimento di atti idonei ad effettuare il trasporto di cittadini extracomunitari nel territorio nazionale, eludendo i canali legali e sottraendoli al controllo dei flussi migratori consentiti.
Con riferimento alla sussistenza del reato di favoreggiamento dell’ immigrazione clandestina in alto mare, in tema di individuazione della giurisdizione italiana, anche quando ancora non vi sia stato un interessamento delle acque territoriali o della zona contigua, nell’ambito della giurisprudenza della Corte di Cassazione si è consolidato l’orientamento in virtù del quale: “una qualsivoglia attività diretta a favorire I’ingresso degli stranieri nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, non richiede, per il suo perfezionamento, che I’ingresso illegale sia effettivamente avvenuto ” (Cass., 22 dicembre 2015 n. 11165; 17 dicembre 2015 n. 17625; 11 marzo 2014 n. 18354: 16 giugno 2011 n.27106;23 settembre 2008 n. 38159).
Si afferma, dunque, la sussistenza della giurisdizione italiana anche quando i migranti vengano abbandonati in mare in acque extraterritoriali, su natanti, spesso inadeguati o sovraccarichi, al fine di provocare l’intervento di soccorso e far sì che i trasportati siano accompagnati a terra dai soccorritori, i quali intervengono al fine di trarre in salvo le persone e, pertanto, con la scriminante dello stato di necessità.
La situazione di pericolo in cui vengono posti i migranti, infatti, che determina lo stato di necessità, è creata dai trafficanti e si lega inscindibilmente al primo segmento di condotta posta in essere in acque extraterritoriali, ricadendo così nella previsione dell’art. 6 c.p. Lo stato di necessità, in altre parole, in forza del quale si attiva l’intervento di soccorso, viene provocato dagli scafisti, allo scopo di realizzare l’ingresso illegale degli extracomunitari nel territorio dello Stato italiano e l’attività dei trafficanti costituisce, quindi, frammento essenziale della condotta delittuosa.
Da tale consolidato orientamento giurisprudenziale può ricavarsi un principio essenziale ai fini delle valutazioni giuridiche nella vicenda che qui ci occupa: il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina viene correttamente addebitato ai trafficanti e ai responsabili del trasporto, non anche ai soccorritori che materialmente determinano l’ingresso dei migranti nelle acque territoriali, posto che la condotta di questi ultimi viene ritenuta non antigiuridica, perché posta in essere in stato di necessità.
I soccorritori agiscono, infatti, perché costretti dalla necessità di salvare le persone che si trovano a bordo delle precarie imbarcazioni con le quali effettuano le traversate del Mar Mediterraneo, dal concreto pericolo attuale di un danno grave alla vita o all’integrità fisica, pericolo che certamente non è causato dai soccorritori e che non è altrimenti evitabile.
Il pericolo attuale di danno grave alla persona che determina lo stato di necessità, secondo quanto indicato nelle Raccomandazioni emanate dal Consiglio europeo nel giugno 2019/0, sussiste sin dal momento della partenza dalle coste nordafricane delle imbarcazioni, che devono essere considerate sin da subito in distress ln ragione deI fatto che sono sovraccariche, inadeguate a percorrere la traversata. prive di strumentazione e di personale competente (p.23)
Si consideri, inoltre, che nel caso di specie, le circostanze in cui veniva individuato il gommone erano tali da rendere evidente e concreto il pericolo, atteso che l’equipaggio della SW3, una volta individuato il gommone segnalato in distress, poteva notare che il gommone blu aveva già i tubolari parzialmente sgonfi e che le persone a bordo non tutte erano dotate di giubbotto di salvataggio, né di altri dispositivi di sicurezza.
Se, dunque, lo stato di necessità, si determina in forza di circostanze obiettive, consistenti nel verificarsi di una situazione di pericolo attuale di un danno grave alla persona, la sua sussistenza non sarà, certamente, messa in discussione, a parità di circostanze, dalla qualità pubblicistica o privatistica del soggetto che effettua il salvataggio: Ìa descritta condotta di salvataggio scrimina il reato di cui all’art. 12 D.lgs. 286198 anche quando posta in essere da un’imbarcazione privata, quale era la SEA WATCH 3.
b) L’adempimento del dovere ex art. 5l comma I c.p,
La condotta degli indagati non risulta, inoltre, antigiuridica, perché posta in essere nell’adempimento dei doveri previsti dalle fonti nazionali e sovranazionali, che impongono agli Stati e ai comandanti delle imbarcazioni tutte, pubbliche e private, il salvataggio delle vite umane in mare.
L’obbligo di salvataggio delle vite in mare costituisce, infatti, un dovere degli stati e prevale sulle norme e sugli accordi bilaterali finalizzati al contrasto dell’immigrazione irregolare. Le Convenzioni internazionali in materia, cui l’Italia ha aderito, costituiscono, infatti, un limite alla potestà legislativa dello Stato ai sensi degli artt. 10, 11 e 117 della Costituzione.
La convenzione delle Nazioni unite sul diritto del mare del 1982 (Convenzione lUNCLOS United Nations Convention on the Law of the Sea) al primo paragrafo dell’art. 98 stabilisce che: “Ogni Stato deve esigere che il comandante di una nave che batte la sua bandiera, nella misura in cui gli sia possibile adempiere senza mettere a repentaglio la nave, I’equipaggio o i passeggeri, presti soccorso a chiunque sia trovato in mare in pericolo di vita quanto più velocemente possibile”; il secondo paragrafo detta gli obblighi che dal salvataggio in mare derivano per i Governi: “ogni stato costiero promuove la costituzione e il funzionamento permanente di un servizio adeguato ed efficace di ricerca e soccorso per tutelare la sicurezza marittima e aerea e, quando le circostanze lo richiedono, collabora a questo fine con gli stati
adiacenti tramite accordi regionali. “
L”‘obbligo di collaborazione ai fini del soccorso in mare” cui fa riferimento la Convenzione UNCLOS è concetto già presente in precedenti trattati internazionali elaborati dall’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO), tutt’oggi vigenti e cogenti per gli Stati firmatari, aventi quale oggetto specifico l’attività di soccorso in mare: la convenzione internazionale per la sicurezza della vita in mare del 1974 “SOLAS” (Safety of Life At sea) ela Convenzione internazionale di Amburgo sulla ricerca ed il soccorso marittimi del 1979 “SAR,, (Search And Rescue).
La Convenzione SOLAS, in particolare, obbliga il “comandante di una nave che si trovi nella posizione di essere in grado di prestare assistenza, avendo ricevuto informazione da qualsiasi fonte circa la presenza di persone in pericolo in mare, a procedere con tutto rapidità alla loro assistenza, se possibile informando gli interessati o il servizio di ricerca e soccorso del fatto che a nave sta effettuando tale operazione… ” (capitolo v, Regolamento 33). Allo stesso tempo, la medesima convenzione richiede agli Stati parte “…di garantire che vengano presi gli accordi necessari per le comunicazioni di pericolo e per il coordinamento nella propria area di responsabilità e per il soccorso di persone in pericolo in mare lungo le loro coste. Tali accordi dovranno comprendere I’istituzione, I’atttivazione ed il mantenimento di tali strutture di ricerca e soccorso, quando esse vengano ritenute praticabili e necessarie… ” (capitolo v, Regolamento 7).
La Convenzione di Amburgo denominata “SAR”, attuata nel nostro paese con D.p.R. n. 66211994, invece, obbliga gli stati parte a ” garantire che sia prestata assistenza ad ogni persona in pericolo in mare… senza distinzioni relative alla nazionalità o allo status di tale persona o alle circostanze nelle quali tale persona viene trovata” (capitolo 2.1 . l0) e a fornirle le prime cure mediche o di altro genere ed a trasferirla in un luogo sicuro” l capitolo ).
Da tutte queste Convenzioni emerge un obbligo di salvataggio in mare della vita umana, proveniente da una consuetudine marittima risalente nel tempo. che viene posto a fondamento di queste convenzioni internazionali e riguarda sia i comandanti delle navi sia gli stessi Stati contraenti.
Ai sensi del primo comma dell’art. 5l c.p.. di conseguenza- non potrà essere chiamato a rispondere del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina il comandante dell’imbarcazione che adempia ai doveri di salvataggio di persone in pericolo di vita in mare e di successivo trasporto dei naufraghi verso la terra ferma- imposti dalle predette fonti normative.
c) La scelta dell’Italia come P.O.S.
Si deve, a questo punto, considerare se la scelta del comandante della SW3 di dirigersi, a seguito dell’evento di salvataggio in mare, fino alle coste di Lampedusa e richiedere il P.O.S. (Place of Salety) alle Autorità italiane, anziché fare rotta verso porti di diverse nazioni, sia comportamento che consenta di superare le considerazioni sinora svolte e sia quindi idoneo a conferire rilevanza penale alla condotta tipica.
Per poter dare risposta a questo quesito occorre, innanzitutto, premettere che rientra nell’obbligo
di ricerca e soccorso in mare (S.A.R.) I’individuazione di un porto sicuro dove sbarcare le persone in pericolo di vita. È soprattutto la Convenzione di Amburgo a stabilire obblighi, procedure e modalità organizzative che gli Stati contraenti devono seguire per assicurare la ricerca e il soccorso in mare di persone in pericolo. La Convenzione SAR prevede, in particolare, che la fase dello sbarco delle persone tratte in salvo presso un porto sicuro costituisca parte integrante di qualunque operazione di soccorso (capitolo 1.3.2.).
In tale prospettiva, per far fronte ai problemi legati all’ottenimento del consenso di uno Stato allo sbarco delle persone tratte in salvo, gli Stati membri dell’IMO (International Maritime Organization), nel 2004 hanno adottato emendamenti alle Convenzioni SOLAS e SAR, in base ai quali la responsabilità in ordine all’individuazione di un porto sicuro spetta allo Stato aderente nella cui zona SAR è awenuto I’evento di salvataggio, ma tale responsabilità non comporta che il luogo sicuro debba necessariamente essere individuato sul territorio dello Stato che ha coordinato I’operazione; lo Stato potrà, infatti, individuare, collaborando con altri Paesi, il luogo di sbarco più adatto.
Gli Stati parte devono, dunque, coordinarsi e cooperare nelle operazioni di soccorso e prendere in carico i naufraghi, fornendo al più presto la disponibilità di un luogo di sicurezza, inteso come luogo in cui le operazioni di soccorso si intendono concluse e la sicurezza dei sopravvissuti garantita.
Secondo le linee guida dell’Intemational Maritime Organization (IMO) può considerarsi sicuro un luogo dove, tra I’altro, la vita dei sopravvissuti non sia più minacciata e le necessità umane fondamentali (quali cibo, riparo e cure mediche) possano essere soddisfatte. ln forza del principio del non-refoulement (non respingimento) costituisce, inoltre, violazione dell’art. 3 Cedu ricondurre le persone tratte in salvo in luoghi dove rischiano di subire torture o trattamenti numani o degradanti.
Le linee guida adottate nel 2004 dal Comitato Marittimo per la Sicurezza dell’IMO precisano, altresì, che:
l) in ogni caso il primo Centro di soccorso marittimo che venga a conoscenza di un caso di pericolo. anche se I’evento interessa l’area SAR di un altro Paese. deve adottare i primi atti necessari e continuare a coordinare i soccorsi fino a che I’autorità responsabile per quell’area non ne assuma il coordinamento
2) lo Stato cui appartiene I’MRCC che per primo abbia ricevuto la notizia dell’evento o che comunque abbia assunto il coordinamento delle operazioni di soccorso, ha l’obbligo di individuare sul proprio territorio un luogo si ove sbarcare le persone soccorse, qualora non vi sia la possibilità di raggiungere un accordo con uno Sato il cui territorio fosse eventualmente più prossimo alla zona dell’evento- indipendentemente da qualsiasi considerazione in merito al loro status
Secondo il Diritto internazionale, pertanto, gli obblighi imposti agli Stati cessano solo dal momento dell’arrivo dei naufraghi nel “luogo sicuro”, da interpretarsi secondo le indicazioni poc’anzi richiamate.
Qualora, poi, i naufraghi possano essere qualificati anche come migranti/rifugiati/richiedenti asilo, destinatari quindi delle tutele e procedure di protezione internazionale, il concetto di luogo sicuro si arricchisce di ulteriori requisiti, legati all’esigenza di non violare i diritti fondamentali delle persone, sanciti dalle norme internazionali sui diritti umani (Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali – Convenzione di Ginevra del 1951 relativa allo status di rifugiati – Convenzione europea dei diritti dell’uomo). Uno sbarco in luogo “non sicuro” per questi soggetti si tradurrebbe, infatti, in una evidente violazione del principio di non-respingimento, del divieto di “espulsioni collettive” e, più in generale, del diritto di “protezione internazionale” accordati ai rifugiati e ai richiedenti asilo.
Alla luce delle precedenti considerazioni occorre, allora, valutare se il comandante della SW3, dopo aver effettuato l’intervento di salvataggio dei migranti in zona SAR Libica, avrebbero dovuto concludere le operazioni di salvataggio, trasportando i naufraghi in Libia o in altro porto sicuro diverso da quello italiano.
Ci si chiede, innanzitutto, se avrebbero dovuto riportare i migranti in Libia, luogo dal quale questi ultimi erano partiti.
E’ stato accertato nel presente procedimento penale che le Autorità libiche, nonostante avessero dato generiche rassicurazioni alle Autorità Italiane in merito all’assunzione della responsabilità dell’evento SAR in oggetto, di fatto hanno ordinato alla SW3 di allontanarsi dalle acque libiche, con tutti i naufraghi a bordo, in quanto considerata imbarcazione indesiderata.
In ogni caso è opportuno valutare se la Libia fosse, al momento dei fatti, in grado di offrire un “porto sicuro”, secondo i criteri interpretativi sopra richiamati.
A tal fine, in data 20.06.2019 questo Ufficio richiedeva all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e, in particolare, all’Ufficio della Rappresentanza Regionale per il Sud Europa, se la Libia possa essere considerata un “Place of safety” in relazione alle fonti sovranazionali in materia, in precedenza citate.
L’UNCHR rispondeva in data 03.10.2019 nota prot. NV/29l2019) allegando un rapporto nel quale, dopo aver ripercorso i conflitti in corso in Libia nell’anno 2019, esaminava la situazione di richiedenti asilo, rifugiati e migranti in quei territori, evidenziando come alcune migliaia di loro si trovano in condizione di detenzione arbitraria e sottoposti a violazioni dei loro diritti umani.
Veniva rappresentato, inoltre, che in data 21.07 .2019, in una lettera al Ministro dell’Interno Libico, l’Unione Europea, I’Unione Africana, UNSMIL, UNHCR, OIM, OHCHR, i maggiori Paesi donatori coinvolti nella situazione della migrazione in Libia (Stati Uniti, Canada, Francia, Italia, Regno Unito, Olanda, Svezia, Spagna, Germania e Svizzera) e il Forum INGO chiedevano la fine della detenzione arbitraria di rifugiati e migranti in Libia e la chiusura dei centri di detenzione.
L’UNCHR concludeva affermando che, alla luce delle descritte circostanze, dell’instabile situazione di sicurezza, degli abusi nei confronti di richiedenti asilo, migranti e rifugiati, dell’assenza di protezione da tali abusi e dell’assenza di soluzioni durevoli, la Libia si ritiene non soddisfi i requisiti per poter essere considerata come un luogo sicuro ai fini dello sbarco all’esito di soccorso in mare.
Nella medesima nota, l’UNCHR aggiungeva che:. “ai comandanti, che si trovano ad assistere persone in situazioni di emergenza in mare, non può essere chiesto, ordinato, e gli stessi non possono sentirsi costretti, a sbarcare in Libia le persone soccorse, per paura di incorrere in sanzioni o ritardi nell’assegnazione di un porto sicuro.” (V. pag. 4 Rapporto UNHCR “Situazione in Libia (settembre 2019)” del 2019 allegato alla Nota prot. NY /29 12019 del 03. 1 0.20 19).
Le stesse posizioni vengono assunte nelle Raccomandazioni emanate dal Consiglio europeo nel giugno 2019, ove si afferma a chiare lettere che “la Libia non può essere considerato un porto sicuro” (p.28). A sostegno di tale assunto vengono citati gli studi effettuati dagli organismi delle Nazioni Unite, quali I’UNSMIL (United Nations Support Mission in Libya), l’Alto commissariato per i diritti umani e l’Alto commissariato per i rifugiati, nonché da diverse ONG, dai quali è emerso che i migranti recuperati dalla Guardia costiera libica e ricondotti in Libia, sono stati sistematicamente sottoposti a detenzioni arbitrarie,
torture, estorsioni, lavori forzati, violenze sessuali, nonché ad altri trattamenti inumani e degradanti.
Si consideri, infatti, che la Libia non ha ratificato la Convenzione di Ginevra relativa allo status di rifugiato e non prevede alcuna procedura di asilo e di tutela per i rifugiati; una volta riportati i migranti in Libia, dunque, non vi sarebbe alcuna distinzione di trattamento da parte delle Autorità locali, tra i rifugiati, i richiedenti asilo ed altri migranti clandestini.
Nelle Raccomandazioni si afferma espressamente, quindi, che un eventuale coordinamento con 1’JRCC libico non libera gli Stati membri dai loro obblighi di tutelare la vita e garantire 1l non-refoulement e che in nessun caso lo sbarco potrà avvenire in Libia o in altro luogo non sicuro.
Anche la giurisprudenza italiana è già stata chiamata a pronunciarsi sul punto. In particolare, nel caso Vos-Thalassa (G.I.P. Trapani, sent. 23 maggio 2019, dep. 3 giugno 2019), è stato affermato che i[ rinvio dei migranti in Libia avrebbe posto in pericolo il loro diritto alla vita e all’integrità fisica: “laddove le persone soccorse in mare, oltre che ‘naufraghi’, si qualifichino – in termini di status – anche come migranti/rifugiati/richiedenti asilo’, soggetti quindi alle garanzie ed alle procedure di protezione internazionale, I’accezione del termine ‘sicuro’ (riferita al luogo di sbarco) si connota anche di altri requisiti, legati alla necessità di non violare i diritti fondamentali delle persone, sanciti dalla norme internazionali
sui diritti umani (…), impedendo che avvengano ‘sbarchi’ in luoghi ‘non sicuri” che si tradurrebbero in aperte violazioni del principio di non-respingimento, del divieto di ‘espulsioni collettive’, e, più in generale, pregiudizievoli dei diritti di ‘protezione internazionale’ accordati di rifugiati e richiedenti asilo” (p.27).
Esaminando il concetto di “porto sicuro”, il G.I.P. di Trapani, infatti, ha affermato che la Convenzione di Amburgo non consente affatto il rimpatrio in Libia dei migranti soccorsi, ma al contrario, imponendo il loro ricovero in un porto sicuro, rappresenta un preciso ostacolo normativo ad ogni forma di respingimento verso la Libia.
Secondo il Giudice di Trapani, quindi, non è tanto la convenzione di Amburgo ad essere in contrasto con le norme comunitarie che vietano il refoulement verso Paesi non sicuri, quanto lo è, invece, la decisione di respingere i migranti verso la Libia, che contrasta anche con il diritto internazionale (in particolare, con la Convenzione di Amburgo).
Viene, poi, esaminata la compatibilità con il diritto internazionale del mare, e, in particolare, con la Convenzione di Amburgo, del memorandum d’intesa stipulato tra Italia e Libia nel febbraio 2017, con cui l’Italia si impegnava a cooperare con le Autorità libiche nel contrasto all’immigrazione irregolare, in virtù del quale MRCC di Roma è tenuta ad avvisare e coinvolgere la Guardia Costiera libica quando pervengono richieste di soccorso relative ad imbarcazioni che si situano nelle vicinanze delle acque territoriali libiche, cooperando affinché siano le stesse autorità libiche ad intervenire e a riportare i migranti sulle coste africane. Si dice: “Il memorandum ltalia-Libia, essendo stato stipulato nel 2017, quando il principio di non- refoulement aveva già acquisito rango di jus cogens, è: – privo di validità, atteso che ai sensi dell’art. 53 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati ‘è nullo qualsiasi trattato che, al momento della sua conclusione, sia in contrasto con una norma imperativo di diritto internazionale generale; – incompatibile con I’art. 10 co. I Cost., secondo cui ‘l’ordinamento italiano si conforma alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute, tra le quali rientra ormai anche il principio di non-refoulement”‘ (p. 38).
Alle medesime conclusioni è giunto anche il Tribunale di Ragusa (G.I.P. – Decreto di rigetto di richiesta di sequestro preventivo del 16.04.2018): “vi [sono]ancora attualmente diverse ragioni documentate e serie per non considerare il territorio libico un posto al sicuro dalla pena di morte, tortura, persecuzioni o trattamenti inumani o degradanti, al riparo da minacce fondate sulla razza, I’orientamento sessuale, I’appartenenza ad un gruppo sociale o politico. Dunque se la Libia non costituisce un Pos affidabile il recupero dei 218 migranti da parte della nave di Proactiva open Arms è stato quello che appare: un legittimo salvataggio a tutti gli effetti e non l prodromo di un traffìco di esseri umani.”
Alla luce delle acquisizioni sopra richiamate e delle citate statuizioni giurisprudenziali, che si ritengono condivisibili, la scelta degli odierni indagati …………………e ……………… di non avanzare richiesta di P.O.S. alle Autorità Libiche è assolutamente legittima e non contestabile.
Esaminate le condizioni politiche e sociali della Libia, che ne escludono l’idoneità ad essere considerato posto sicuro, occorre analizzare la scelta degli indagati di non dirigersi verso @!!4 per completare le operazioni di salvataggio.
Con riferimento a Malta occorre ricordare che la conferenza IMO di Valencia del 1995, in cui sono state delimitate le zone di competenza SAR, non è stata accettata da Malta che, pur reclamando unilateralmente una vastissima zona SAR coincidente con la propria Flight Information Region (F.I.R.) ed in parte sovrapposta alla zona SAR italiana, ,non ha ratificato gli emendamenti alle convenzioni SAR e SOLAS (lnternational convention for the safety of life at sea), che l’avrebbero obbligata a fornire il POS in caso di richiesta, con la motivazione che la sua ridotta consistenza territoriale non le consentirebbe di mantenere gli impegni che ne conseguirebbero.
si aggiunga che in diverse occasioni, note alle cronache e in alcuni procedimenti penali trattati da quest’Ufficio, Malta ha manifestato resistenze in ordine al rilascio di un POS alle imbarcazioni ONG che avevano in corso interventi di salvataggio in mare. vi sono, pertanto, ragioni oggettive che giustificano la scelta dall’equipaggio della SW3 di non dirigersi verso l’isola di Malta.
In relazione alla Tunisia, Paese più volte suggerito dalle Autorità olandesi alla SW3 come luogo di sbarco nel corso degli eventi sopra riportati, pur avendo la stessa ratificato la Convenzione SAR del 1979 non ha finora dichiarato una propria area di responsabilità SAR marittima, di conseguenza, non è obbligata ad assicurare quella cooperazione e quella collaborazione previste per tali eventi dalle Convenzione internazionale.
Le Autorità Tunisine sono state informate di tutti gli eventi SAR in cui avrebbero potuto intervenire e assumere il coordinamento delle operazioni, ma le stesse non lo hanno mai fatto.
Anche nei casi in cui MRCC Roma ha chiesto formalmente alle Autorità di autorizzare quantomeno lo sbarco in un proprio porto per un sopravvenuto stato di necessità non hanno dato il loro consenso.
A riprova di ciò, va detto che nel caso di specie, la Tunisia, non offriva alcun POS alla SW3.
Si consideri, poi, che è in ogni caso riconosciuto un margine di discrezionalità al comandante della nave nella individuazione del place of safety più vicino e più sicuro, considerate le esigenze del caso concreto.
Nelle già citate Raccomandazioni emanate dal Consiglio europeo nel giugno 2019 si sottolinea, infatti, che, sebbene il coordinamento delle operazioni spetti agli RCC, anche i capitani delle navi hanno un ruolo cruciale durante le fasi decisionali dell’intera operazione di salvataggio (p. 29): sono loro, infatti, ad avere una visione d’insieme della situazione a bordo, incluse le condizioni delle persone soccorse, nonché dei fattori esterni, quali in particolare le condizioni metereologiche e la capacità dell’imbarcazione di portare a termine l’operazione in sicurezza. Essi godono pertanto di un margine di discrezionalità nel prendere
qualunque decisione che, secondo il loro apprezzamento professionale, risulta necessaria alla tutela della vita umana. Lo stesse linee guida dell’lMO prescrivono al comandante di sorvegliare affinché le persone non vengano sbarcate in luoghi dove la loro incolumità possa essere nuovamente minacciata.
E’ per questo che si raccomanda agli Stati non solo di istruire i comandanti al fine di consentire il raggiungimento di un porto sicuro, senza esporre le persone trasportate ad ulteriori rischi, ma anche di rispettare la loro eventuale decisione di non condurre i migranti in Libia o in ogni altro luogo insicuro. (p. 29-30)
In sostanza, dopo il salvataggio dei naufraghi, SW3 non poteva dirigersi verso la Libia per le ragioni ampiamente illustrate; allo stesso modo appare giustificabile la scelta di non dirigersi verso Malta, poiché Malta non forniva le garanzie necessarie per poter portare a termine in sicurezza il salvataggio dei naufraghi. Allo stesso modo, per le ragioni sopra esposte, anch la scelta di non dirigersi in Tunisia è giustificata e comprensibile.
Si ritiene, dunque, che l’equipaggio della SEA WATCH 3 non abbia, nel caso in esame, violato regole e principi imposti dalle fonti di diritto sovranazionale che disciplinano le operazioni di salvataggio in mare e, di conseguenza, trovano conferma le valutazioni già illustrate, ossia che Ie condotte poste in essere dal comandante C. non possono dirsi antigiuridiche, perché poste in essere nel corso di una doverosa attività di soccorso di vite in mare e, pertanto, scriminate sia dallo stato di necessità che dall’adempimento di un dovere giuridico.
Pertanto, visto I’art. 408 c.p.p.
CHIEDE
disporsi l’archiviazione del procedimento e la conseguente restituzione degli atti al proprio Ufficio.
Agrigento, li 17/09/2021
II PUBBLICO MINISTERO
dr, Salvatore VELLA
IL PUBBLICO MINISTERO
dr.ssa Cecilia BAVARELLI