di Fulvio Vassallo Paleologo
L’audizione dei ministri Lamorgese e Di Maio come testimoni sul caso Gregoretti davanti al Giudice dell’Udienza preliminare di Catania si è svolta in una giornata caratterizzata dall’ ingresso della Lega di Salvini nel governo e dalla ripresa di una comunicazione tossica che cerca di confondere il piano politico della questione “sbarchi” con i profili di fatto e di diritto attinenti alla specifica vicenda verificatasi nel mese di luglio del 2019, sulla quale il Tribunale dei ministri di Catania aveva richiesto che l’ex ministro dell’interno fosse sottoposto a processo per i reati di sequestro di persona e di abuso in atti di ufficio.
I media hanno dato rilievo soprattutto ad un comunicato proveniente dall’area di Salvini nel quale si mette in evidenza la continuità delle prassi e delle politiche di negoziazione con l’Unione europea, prima degli sbarchi dei naufraghi soccorsi nel Mediterraneo centrale. E che ci fosse una continuità politica sotto questo profilo si può ben vedere considerando i ritardi nell’abrogazione, poi risultata molto parziale, del Decreto sicurezza bis (Legge n. 77 del 2019), anche alla luce del Decreto interministeriale del 7 aprile 2020 che, nelle mutate circostanze dello stato di emergenza proclamato dopo il diffondersi della pandemia da Covid 19, dichiarava la chiusura dei porti italiani definendoli ” non sicuri”. Non certo nell’interesse dei naufraghi, come prescriverebbe il diritto internazionale, ma in nome di una astratta tutela della “salute pubblica” che non è stata certo minacciata dall’arrivo dei migranti lo scorso anno, e tantomeno negli anni precedenti. Di certo, il decreto sicurezza bis ed il Decreto interministeriale del 7 aprile dello scorso anno, firmato anche dal ministro della salute Speranza, non erano applicabili nel caso di persone soccorse in alto mare che si trovavano già a bordo di una nave militare italiana come la Gregoretti, dunque già in territorio italiano.
Da parte dei giornali vicini all’area politica del governo Conte 2, come Repubblica, si profila invece una deposizione del ministro Lamorgese che avrebbe messo in rilievo una certa discontinuità rispetto a quanto avveniva con Salvini al Viminale. Come scrive su Repubblica Alessandra Ziniti, “a parte i primi tre sbarchi del suo ministero ( tra cui quello della Ocean Viking di ottobre 2019 lasciata in mare per una settimana dopo il suo ingresso in acque italiane) Luciana Lamorgese ha tenuto a sottolineare che dal Viminale la richiesta di redistribuzione è sempre partita contemporaneamente alla concessione del porto di sbarco che dipende solo ed esclusivamente dal ministero dell’Interno tramite l’ufficio di collocamento. Così come, durante la gestione Lamorgese, non è mai esistito un caso come la Gregoretti in cui per migranti soccorsi da una nave militare italiana sia stata chiesta la redistribuzione. “E’ territorio italiano – ha spiegato il ministro dell’Interno – e non esiste chiedere la redistribuzione”. Ma cosa c’entra quanto riferisce il ministro Lamorgese su una fase successiva all’epoca dei fatti, quando si tratterebbe di accertare se mandare a processo un imputato accusato dal Tribunale dei ministri di Catania in base a precise norme del codice penale, su fatti specifici che si sono verificati quando al Viminale sedeva il capo della lega e non l’attuale ministro?
Il tentativo della difesa dell’ex ministro dell’interno, che, con la richiesta di citazione come testi di numerosi politici ha cercato di nascondere i gravi rilievi formulati dal Tribunale dei ministri, sulla base della normativa vigente al momento dei fatti, sembra dunque riuscito, sia per gli sviluppi processuali ai quali stiamo assistendo, sia per l’impatto sui principali canali di comunicazione. Si sta pure dispiegando un sistematico attacco alla indipendenza della funzione giurisdizionale che ha preso spunto anche da alcune dichiarazioni dello stesso Giudice dell’Udienza preliminare che esulavano dai fatti contestati a Salvini. E adesso lo stesso Salvini, proprio a margine del procedimento Gregoretti, arriva pure a minacciare di riprendersi il Viminale e le “sue” politiche migratorie, imponendo un sottosegretario a commissariare il ministro dell’interno.
Non si vede come la pretesa continuità nei rapporti di governo con i paesi europei, sul tema della redistribuzione dei richiedenti asilo, possa assumere rilievo in un processo penale rispetto ai fatti contestati dal Tribunale dei ministri ed alle norme violate dall’ex ministro dell’interno, attinenti la libertà personale dei naufraghi indebitamente trattenuti per giorni a bordo di una nave militare come la Gregoretti.
Se una qualche continuità politica si potesse configurare dopo le odierne audizioni dei ministri, adesso riconfermati nel nuovo governo, Lamorgese e Di Maio, nessun artificio della difesa potrebbe mettere in discussione il carattere personale della responsabilità penale, per la quale si può semmai prevedere una estensione in caso di correità, e le circostanze di fatto e di diritto messe bene in evidenza dal Tribunale dei ministri. Durante i giorni del caso Gregoretti la ministro Lamorgese non era neppure in carica, eppure dalle sue dichiarazioni si vorrebbero trarre argomenti per valutare la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal Tribunale dei ministri. Appare così del tutto pretestuoso quanto affermato da Salvini già lo scorso ottobre, dopo avere ottenuto la chiamata come teste, davanti al Giudice dell’Udienza preliminare di Catania, del ministro dell’interno Lamorgese. Salvini aveva dichiarato: ”Sono contento che debba essere ascoltata anche l’attuale ministro dell’Interno Lamorgese e che le si possa chiedere: avete fatto qualcosa di diverso l’anno successivo? Perchè in decine di interviste si dice che l’iter è stato lo stesso, anche con una permanenza di 11 giorni, e non 4, in attesa di ricollocamento”.
Può essere nascosto soltanto da commentatori in mala fede il dato oggettivo che la nave Gregoretti era (ed è) una nave militare italiana, e che dunque i naufraghi trattenuti arbitrariamente a bordo si trovavano già in territorio italiano da quando erano saliti sulla nave, a differenza di quanto si è verificato nel caso delle navi delle ONG che battono bandiera straniera, bloccate dopo avere effettuato soccorsi in acque internazionali. Tanto che tale differenziazione viene ripresa anche dal Decreto interministeriale del 7 aprile 2020, che pur presentando numerosi aspetti di illegittimità, non risulta applicabile al naviglio, privato o militare, battente bandiera italiana, ragione questa che destituisce di fondamento la chiamata come testimone del ministro Lamorgese, che non si è mai occupata, durante la sua carica al Viminale, del trattenimento di naufraghi a bordo di navi militari. Di quale “continuità” si vuole davvero parlare nelle audizioni dei testimoni chiamati a Catania dalla difesa del senatore Salvini, forse di quella politica, che denunciamo da tempo, ma che non è certo rilevante sotto il profilo dell’accertamento di reati?
In sede di udienza preliminare si sarebbe dovuto valutare piuttosto quanto affermato dal Tribunale dei ministri di Catania, che mirava ad un accertamento delle responsabilità personali e non ad un processo politico : “La decisione del ministro ha costituito esplicita violazione delle convenzioni internazionali in ordine alla modalità di accoglienza dei migranti soccorsi in mare e, al contempo, non sussistevano profili di ordine pubblico di interesse preminente e tali che giustificassero la protratta permanenza dei migranti a bordo della Gregoretti”. Per lo stesso tribunale, “per il reato di sequestro di persona “è sufficiente il dolo generico, consistente nella consapevolezza di infliggere alla vittima la illegittima restrizione della sua libertà fisica, intesa come libertà di locomozione”. Si trattava dunque di “una costrizione a bordo non voluta e subita, sì da potersi qualificare come apprezzabile e dunque penalmente rilevante l’arco temporale di privazione della libertà personale sofferto”.
Risulta peraltro agli atti del Tribunale dei ministri che già il 27 luglio 2019 la Centrale di coordinamento della Guardia costiera italiana (IMRCC) aveva richiesto al ministero dell’interno la indicazione di un POS (Porto sicuro di sbarco) richiesta che veniva respinta fino al 30 luglio 2019, per oltre tre giorni dunque. E quindi la decisione sullo sbarco o sul trattenimento delle persone che si trovavano a bordo della Gregoretti in quei giorni di luglio del 2019, mentre si svolgevano trattative con altri governi europei sulla destinazione dei naufraghi, era direttamente ed esclusivamente riferibile all’ex ministro dell’interno. Come riferiva La Stampa del 29 luglio del 2019, “Si lascerà comunque a Salvini piena libertà di iniziativa, nei limiti dei suoi poteri di ministro, ma l’appoggio dell’intero governo, di cui avrebbe goduto mesi fa, potrebbe venire a mancare. Gli inusuali silenzi di Di Maio e di Conte sulla vicenda sono un primo campanello d’allarme”. Evidentemente oggi a qualcuno manca la memoria, e conviene fare da sponda a Salvini, nuovo alleato di governo.
In realtà sembra che a Catania si stia celebrando già un processo prima del processo, con un totale stravolgimento della funzione dell’udienza preliminare e con l’acquisizione di prove e documentazione che esulano dalle richieste dello stesso Tribunale dei ministri e riguardano la sfera politica laddove sarà davvero arduo configurare profili di responsabilità penale. Oggi anche la difesa delle parti civili è incorsa in uno scivolone chiedendo la citazione come teste del giudice Palamara, una occasione che potrebbe diventare per Salvini un pretesto per una ulteriore delegittimazione della magistratura che in questi anni si è occupata di soccorsi in mare e di sbarchi di naufraghi a terra, giungendo ad enunciare principi che forse avrebbero dovuto essere ricordati anche nel procedimento di Catania, in particolare con la nota sentenza della Corte di Cassazione del 16-20 febbraio 2020 sul caso Rackete.
Continuano così a circolare nell’opinione pubblica, e rischiano di condizionare anche l’esito dell’Udienza preliminare, informazioni del tutto distorte, diffuse dalla difesa del senatore Salvini per alzare un polverone sui fatti contestati dal tribunale dei ministri. Ed anche quando si va all’esposizione dei fatti non mancano le inesattezze volte a nascondere le responsabilità di chi negava uno sbarco ai naufraghi concentrati sulla nave Gregoretti. Si richiama in modo del tutto errato la vigenza di un effettivo impegno alla redistribuzione derivante dal cd. Patto di Malta, peraltro successivo (!) allo svolgersi dei fatti contestati in sede penale, e rimasto un atto non vincolante, una mera dichiarazione. Mentre si omette di ricordare che in diverse occasioni rappresentanti della Commissione europea o di singoli Stati europei avevano ribadito, già dai tempi di Minniti al Viminale, che le trattative sulla redistribuzione dei richiedenti asilo, e non di tutti i naufraghi, come confonde la difesa di Salvini, si potevano svolgere soltanto dopo lo sbarco a terra e non sotto il ricatto di centinaia di persone tenute a bordo delle navi soccorritrici in attesa che gli Stati concordassero il loro successivo trasferimento da un paese all’altro.
Vedremo adesso come il senatore Salvini, diventato arbitro degli equilibri della nuova maggioranza di governo, farà pesare tutte le sue ragioni politiche, come quelle di avere “difeso i confini nazionali” o di avere garantito la “sicurezza” degli italiani, che sono argomenti di propaganda elettorale che non dovrebbero pesare in una aula di giustizia. Vedremo presto come si comporterà il nuovo governo Draghi nei confronti dei naufraghi soccorsi oggi dalla nave umanitaria Ayta Mari e in che tempi verrà assegnato un porto sicuro di sbarco. Temiamo che la “continuità” vantata da Salvini si riaffermi anche in questo caso.
Il principio di sovranità nazionale, che Salvini sostiene di avere difeso, può essere certo salvaguardato dopo lo sbarco a terra ed il completamento dell’operazione di salvataggio in mare, nel rispetto delle leggi italiane e della normativa europea (come la Direttiva sui rimpatri 2008/115/CE e le Decisioni del Consiglio Europeo) che prevedono l’identificazione dei naufraghi con l’approccio hotspot (disciplinato in Italia dall’art. 10 ter T.U. 286/98 che riguarda precisamente “Disposizioni per l’identificazione dei cittadini stranieri rintracciati in posizione di irregolarità sul territorio nazionale o soccorsi nel corso di operazioni di salvataggio in mare) le procedure per l’accesso alla protezione.
Con tutte le forze che si potranno mobilitare contrasteremo i tentativi di confondere scelte amministrative ,atti collegiali di governo e fatti penalmente rilevanti, con la riproposizione di una politica che mina alle fondamenta il primato della legge ed il principio di uguaglianza dei cittadini, di tutti i cittadini, ministri compresi, davanti alla giustizia e mette a rischio, anche in prospettiva futura, il rispetto dello stato di diritto.
Ci auguriamo che la magistratura, nel suo complesso, riesca anche in questi tempi di grave crisi a restare indipendente ed a garantire a tutti il principio di legalità e il carattere personale della responsabilità penale, per evitare che prevalga anche davanti ai tribunali la logica che il fine giustificherebbe i mezzi, ammesso pure che il fine, consistente nell’impedire lo sbarco dei naufraghi per esercitare pressioni nei confronti dell’Unione europea, si possa ritenere lecito in conformità con le norme internazionali, con i Regolamenti vincolanti e con le Direttive europee. Comunque vada il procedimento sul caso Gregoretti, i fatti e le norme violate, così come accertate dal Tribunale dei ministri nel suo atto di accusa, peseranno come un macigno non solo sulla valutazione delle responsabilità del capo della Lega ma anche sulle politiche in materia di immigrazione del nuovo governo Draghi.
Alessandro De Angelis sull’Huffington Post si chiede oggi “chi potrà puntare l’indice dell’indignazione quando, ai primi sbarchi che già sono ripresi e diventeranno più frequenti con la bella stagione, le navi non attraccheranno come avvenuto col Conte 1 o col Conte 2 e Salvini chiederà di fare come si è sempre fatto? È la classica vecchia storia delle pietre e dei senza peccato”.
Se si vuole chiudere il caso Gregoretti trasformandolo in caso politico, sarà sul piano della politica che il senatore Salvini continuerà a restare sul banco di accusa. Le sofferenze inflitte alle persone migranti, indebitamente trattenute dopo i soccorsi in mare a bordo delle navi, per effetto dei divieti di sbarco da lui direttamente impartiti, non si potranno cancellare con l’ennesimo colpo di spugna. Gli occhi dell’Europa dei diritti rimangono puntati sull’Italia. E su questo banco di prova, sul fronte degli sbarchi e dei soccorsi, che si preannunciano numerosi già nelle prossime settimane, si vedrà presto quanto il governo Draghi voglia rimanere nel solco della continuità invocata da Salvini.
COMUNICATO SULL’AUDIZIONE DEI MINISTRI LAMORGESE E DI MAIO DAVANTI AL GUP DI CATANIA SUL CASO GREGORETTI
della Campagna LasciateCientrare, della Rete antirazzista catanese, dell’associazione ADIF
Stamattina nell’aula bunker della casa circondariale di Bicocca, come stabilito dal GUP Nunzio Sarpietro, sono stati sentiti l’ex vicepremier ed attuale ministro degli Esteri Luigi Di Maio e la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese nel processo che vede l’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini imputato per sequestro di persona ed abuso in atti di ufficio per il ritardo dello sbarco di 131 migranti nel luglio 2019.
L’audizione dei ministri Lamorgese e Di Maio come testimoni sul caso Gregoretti si è svolta in una giornata caratterizzata dall’ ingresso della Lega guidata dal senatore Salvini nel governo e dalla ripresa di una comunicazione tossica che continua a confondere il piano politico della questione “sbarchi” con i profili di diritto attinenti alla specifica vicenda.
Il tentativo della difesa di Salvini che ha cercato di nascondere i gravi rilievi formulati dal Tribunale dei ministri sembra dunque riuscito, grazie ad un sistematico attacco alla indipendenza della funzione giurisdizionale che ha anche preso spunto da alcune dichiarazioni dello stesso Giudice dell’Udienza preliminare che esulavano del tutto dai fatti contestati a Salvini.
Si è puntato infatti a verificare una eventuale “continuità” nelle linee del governo nei rapporti con l’Unione europea in materia di sbarchi di naufraghi e distribuzione tra diversi paesi europei, cosa che appare del tutto irrilevante rispetto ai fatti contestati ed alle norme violate dall’ex ministro dell’interno, che riguardano invece la sottrazione della libertà personale dei naufraghi indebitamente trattenuti per giorni a bordo di una nave militare italiana, la Gregoretti. Trovandosi su, ribadiamo, nave militare italiana di fatto erano già in territorio italiano!
Se una qualche continuità politica si potesse configurare dopo le odierne audizioni dei ministri, adesso riconfermati nel nuovo governo, Lamorgese e Di Maio, nessun artificio della difesa potrebbe mettere in discussione il carattere personale della responsabilità penale, per la quale si può semmai prevedere una estensione in caso di correità, e le circostanze di fatto e di diritto messe bene in evidenza dal Tribunale dei ministri.
Andrebbe appena ribadito, tra l’altro, che nei giorni del caso Gregoretti la ministra Lamorgese non era neppure in carica, eppure dalle sue dichiarazioni si vorrebbero trarre argomenti per valutare la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal Tribunale dei ministri!
Ancora una volta il fine politico perseguito (la difesa dei confini) sembra prevalere sul rispetto delle leggi e delle Convenzioni internazionali richiamate dal Tribunale dei ministri nel suo atto di accusa. Salvini si avvia a ottenere l’ennesimo successo trasformando un aula giudiziaria in sede di propaganda politica? Probabile a questo punto il non luogo a procedere e scontata la ritrovata concordia nel governo Draghi sulle politiche di “contenimento” degli sbarchi.
Proseguiremo la controinformazione e la mobilitazione per fare chiarezza sulle responsabilità di chi ha bloccato lo sbarco di naufraghi e resisteremo contro le criminali politiche della Fortezza Europa e di Frontex, che,ricordiamo, essere sotto accusa per respingimenti collettivi illegittimi nel Mediterraneo. Noi ci impegniamo a ricostruire, a partire dalla Sicilia, un Osservatorio solidale a sostegno di chi salva vite in mare, per la liberazione delle navi umanitarie sottoposte a fermo amministrativo, per il rilancio di una mobilitazione per l’abolizione delle navi quarantena e per chiedere con forza il trasferimento immediato dei naufraghi a terra.
Stamattina la nave Aita Mari che ha soccorso 102 migranti, fra cui 8 donne ed un bambino ed è in corso un secondo salvataggio di 46 migranti. Intanto,la Sea Watch3 ha ripreso il mare dopo 7 mesi di fermo e l’Open Arms è operativa nel Canale di Sicilia . Siamo con loro!
Ct 19 febbraio 2019 LasciateCIEntrare, Rete Antirazzista Catanese, ADIF