Una “memoria” difensiva sul caso Gregoretti che mistifica i fatti e vale come ammissione di responsabilità.

di Fulvio Vassallo Paleologo

1.La “Memoria del Senatore Matteo Salvini per la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari”, che sul caso Gregoretti dovrebbe pronunciarsi tra qualche giorno, anche se non sono da escludere rinvii, cosituisce un charo esempio della sovversione della realtà e dello scarso rispetto dello stato di diritto, basato sulla Costituzione, che continua a caratterizzare le attività politiche/propagandistiche dell’ex ministro dell’interno. Si potrebbe osservare, del resto, che non sorprende più questo atteggiamento di disprezzo per il reale andamento dei fatti e per il diritto internazionale in chi ha costruito il suo successo elettorale sulla base di campagne incentrate sull’odio nei confronti di chiunque applichi effettivamente principi solidaristici e si richiami al rispetto del diritto internazionale, come sarebbe invece imposto dagli articoli 10,11 e 117 della nostra Carta Costituzionale. Desta semmai grande preoccupazione, e sta minando alle basi la residua coesione sociale che ancora caratterizza il nostro paese, il consenso sempre più ampio che riscuotono slogan ad effetto e affermazioni semplicistiche, magari infondate in punto di fatto e senza basi giuridiche, ma fortemente suggestive nei confronti di ampi settori della popolazione, ormai deprivata sia di prospettive economiche che di strumenti culturali e di analisi dei fatti.

Nave GREGORETTI – CP 920

Come è stato rilevato da giornalisti, politici e giuristi di diversa estrazione, le giustificazioni fornite dal Senatore Matteo Salvini a fondamento delle sue decisioni di non autorizzare lo sbarco dalla Gregoretti, nel porto sicuro più vicino, dei naufraghi, soccorsi in diverse occasioni da una pluralità di mezzi operanti in attività SAR ( Search and rescue) nelle acque internazionali del Mediterraneo Centrale, non reggono nè dal punto di vista del rispetto delle fonti normative, nè in considerazione del ricorrente tentativo di scaricare la propria responsabilità ministeriale sul governo nel suo complesso. Si adduce una compartecipazione di altri ministri e dello stesso Presidente del Consiglio alla decisioni di limitare per sei giorni la libertà personale dei naufraghi soccorsi dalla Gregoretti, allo scopo di esercitare pressioni sugli organi europei, in particolare sulla Commissione dell’Unione Europea e quindi sui singoli stati, perchè accettassero di accogliere nei loro territori la quasi totalità delle persone che si tovavano a bordo della nave italiana. Come è stato rilevato, se si trovano riscontri a posizioni politiche di singoli esponenti del governo allora in carica che auspicavano il trasferimento dei naufraghi verso altri paesi europei, nella memoria del senatore Salvini rimane del tutto priva di prova la compartecipazione degli stessi esponenti di governo alla scelta di impedire lo sbarco dei naufraghi, e di trattenerli per giorni a bordo della nave soccorritrice senza alcuna base legale che giustificasse l’indebita privazione della libertà personale, subito rilevata, per i minori dal Presidente del Tribunale di minori, che ne imponeva poi lo sbarco, e per tutti gli altri naufraghi, dal Garante dei diritti delle persone private della libertà personale. Osserva l’ex presidente del Senato Pietro Grasso in uno status su Facebook: “Per me questa memoria difensiva di Salvini è un boomerang clamoroso! Le carte presentate dimostrano che il Governo non è stato coinvolto nell’assegnazione del Place of safety (Pos) per i migranti né nella decisione sul loro sbarco, ma soltanto nella ricerca di Paesi disponibili al ricollocamento, una fase che nulla ha a che fare con il reato contestato all’ex Ministro dell’Interno”. Sembra adesso che tutti i partiti che sostengono l’attuale maggioranza di governo siano orientati a votare per l’autorizzazione a procedere, ma non sono da escludere sorprese, in un Parlamento sempre più frammentato.

Prima nel caso Diciotti, adesso sul caso dei migranti arbitrariamente trattenuti per giorni. nel luglio dello scorso anno, a bordo della nave della Guardia Costiera Gregoretti, come e più che in tutti gli altri casi che riguardavano navi di organizzazioni non governatve che avevano effettuato soccorsi di naufraghi nelle acque del Mediterraneo Centrale, da parte del senatore Salvini si tenta di giustificare, con un supposto interesse pubblico di rango superiore consistente nella sicurezza e nella difesa dei confini nazionali, la ricorrente violazione degli obblighi di soccorso e salvataggio imposti dal Diritto internazionale, fino allo sbarco nel porto sicuro (place of safety). Obblighi ribaditi anche sul piano nazionale dalle norme cogenti dell’ordinamento interno che garantiscono a chiunque, dunque anche ai naufraghi soccorsi in alto mare, l’accesso al territorio per chiedere asilo, la tutela del superiore interesse del minore non accompagnato, i diritti di difesa e il principio di legalità per qualsiasi caso di limitazione della libertà personale e di respingimento alla frontiera. Come ha stabilito la Corte Costituzionale a partire dalla sentenza n.105 del 2001.

La valutazione della corresponsabilità di altri ministri da parte della Giunta per le autorizzazioni a procedere non può sovrapporsi alla valutazione dell’autorità giudiziaria, ed alla sucecssiva verifica processuale, restando riservata alla giunta soltanto la mera valutazione di un interesse pubblico, in quanto più precisamente la stessa Giunta può ” negare l’autorizzazione a procedere ove reputi, con valutazione insindacabile, che l’inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di governo” ( art. 9, comma 3, legge Costituzionale 16 gennaio 1989, n.1). Una valutazione che non dipende certo dalla collegialità dell’attività del governo, che comunque può ben radicare, ma solo nella competente sede giurisdizionale, la configurazione di ipotesi di concorso nel reato. Non si può qualificare come “vicenda relativa al recupero in mare dei migranti della nave “Gregoretti” , la distinta fase della trattativa intercorsa tra il governo italiano, autorità di altri stati e la stessa Commissione Europea al fine di ottenere il trasferimento e l’accoglienza dei naufraghi in altri paesi europei, una trattativa che poteva svilupparsi una volta sbarcati a terra in un un porto sicuro italiano.

Proprio alla luce dell’eserienza di governo del senatore Salvini nel periodo in cui è stato ministro dell’interno e vicepresidente del Consiglio dei ministri, rimane priva di dimostrazione, in contrario a quanto affermato nella “Memoria” da questi presentata alla Giunta, la conclusione ” che, in linea con la prassi consolidata, la gestione (?) dei migranti non rappresentava l’espressione della volontà autonoma e solitaria del Ministro dell’interno, bensì una iniziativa del Governo italiano coerente con la politica relativa ai flussi migratori, definita anche nel Contratto di Governo, che non può essere svilita come mera posizione politica avulsa dalla complessiva strategia politica dell’Esecutivo”. Gli obiettivi fissati nel cd. Contratto di Governo riguardavano certo il superamento del sistema Dublino, e l’obiettivo di “scardinare il business degli scafisti”, “anche perseguendo il bilanciamento con gli interessi di sicurezza e ordine pubblico”, ma non potevano arrivare a comprendere o a giustificare oltre a questi fini anche mezzi caratterizzati dalla indebita limitazione della libertà personale dei naufraghi soccorsi in acque internazionali. Le dichiarazioni di componenti del precedente esecutivo giallo-verde che auspicavano un maggiore coinvolgimento dell’Unione Europea e un superamento del Regolamento Dublino III tuttora vigente, che fino a quando non sarà sostitituito da altro Regolamento, o comunque modificato, si impone agli organi statali con la medesima efficacia cogente della legge nazionale, non possono in alcun modo giustificare il periodo (sei giorni) di limitazione della libertà personale inflitto ai naufraghi soccorsi nel luglio dello scorso anno dalla nave Gregoretti. Per violazioni dei tempi massimi di trattenimento di migranti presenti in territorio italiano, senza la richiesta convalida giurisdizionale, l’Italia è stata gà condannata nel 2016 sul caso Khlaifia. E nessuno può escludere che anche la nave Gregoretti, come in precedenza la nave Diciotti, entrambe della Guardia costiera, costituissero già territorio italiano, seppure ubicate nelle acque internazionali, e poi ormeggiate in un pirto italiano.

Per effetto del Regolamento Dublino attualmente in vigore tutti i naufraghi della Gregoretti dovevano essere sbarcati al piu’ presto e potere presentare in Italia una richiesta di protezione internazionale, anche se intendevano poi trasferirsi in un altro paese o se un accordo europeo ne prevedesse un ricollocamento. In base all’art. 3 del Regolamento n.604/2013/UE, gli Stati membri esaminano qualsiasi domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide sul territorio di qualunque Stato membro, compreso alla frontiera e nelle zone di transito. Come hanno ricordato i tribunali siciliani, lo impone anche l’art.10 ter del Testo Unico 286/1998 in materia di immigrazione, in base al quale “lo straniero rintracciato in occasione dell’attraversamento irregolare della frontiera interna o esterna ovvero giunto nel territorio nazionale a seguito di operazioni di salvataggio in mare è condotto per le esigenze di soccorso e di prima assistenza presso appositi punti di crisi.” (Hotspot).

Nell’ordinanza del GIP di Agrigento del 2 luglio 2019, infatti, si afferma che :”«l’art. 11 comma ter del D. Lgs 286-98 (introdotto dal D. L. n. 53/2019): difatti, ai sensi di detta disposizione, il divieto interministeriale da essa previsto (di ingresso, transito e sosta) può avvenire, sempre nel rispetto degli obblighi internazionali dello Stato, solo in presenza di attività di carico o scarico di persone in violazione delle leggi vigenti nello Stato Costiero, fattispecie qui non ricorrente vertendosi in una ipotesi di salvataggio in mare in caso di rischio di naufragio. Peraltro, l’eventuale violazione del citato art. 11 comma 1 ter – si ribadisce sanzionata in sola via ammnistrativa – non fa venir meno l’inderogabile disposto di cui all’art. 10 ter del Dlgs 286/98, avente ad oggetto l’obbligo di assicurare il soccorso, prima, e la conduzione presso gli appositi centri di assistenza, poi».

La Commissione europea non ha alcun potere vincolante in materia e non può adottare decisioni imperative in materia di ricollocazione di persone sbarcate in uno stato membro. Ne’ può evidentemente adottare prassi o regole che violino le Convenzioni internazionali di diritto del mare o in materia di rifugiati e richiedenti asilo (Convenzione di Ginevra), nè tantomeno può farsi promotrice di una disapplicazione generalizzata del Regolamento Dublino III. Le attività di redistribuzione dei naufraghi in corso dalla fine del 2017 si basano soprattutto sull’utilizzo su base volontaria ( a fronte del modesto numero delle persone da trasferire) delle cd. clausole umanitarie previste dal Regolamento già vigente e non su una sua sostanziale disapplicazione.

Il richiamo all’art. 9 della legge Costituzionale 16 gennaio 1989, n.1, attuativo del principio dettato dall’articolo 96 della Costituzione ( che riguarda la responsabilità per i reati comemssi dai ministri nell’esercizio delle loro funzioni), si rivela dunque niente più che un escamotage per sottrarre l’ex ministro dell’interno al processo, un tentativo riuscito nel caso Diciotti, che adesso dovrà fare comunque i conti con una diversa maggioranza parlamentare e con un caso che non si può affatto sovrapporre ad altri analoghi casi verificatisi in precedenza nel caso di soccorsi operati da navi delle ONG, da navi commerciali, o da assetti navali facenti capo alla Marina militare, alla Guardia costiera ed alla Guardia di finanza. Casi che il decreto sicurezza bis, promulgato lo scorso anno poco prima del verificarsi del caso Gregoretti, non consente certo di assimilare, soprattutto per quanto concerne la individuazione della catena di comando relativa alla indicazione del porto di sbarco sicuro da parte dei competenti organi nazionali, che da anni, a tale riguardo, si conformano alle indicazioni provenienti dal ministero dell’interno.

2. Il richiamo alle attività della Rappresentanza permanente dell’Italia presso l’Unione Europea , la disponibilità offerta da cinque stati europei soltanto cinque giorni dopo il soccorso in acque internazionali, e l’esistenza di una richiesta formale in data 26 luglio 2019 da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri perchè alcuni stati europei accogliessero parte ( o tutti come affermava, il senatore Salvini allora ministro dell’interno?) come la successiva riunione di “coordinamento” convocata il 2 agosto 2019 dalla Commissione europea tra gli stati che avevano offerto una qualche disponibilità, non possono costituire criterio per attribuire all’intero governo la responsabilità invece propria dell’allora ministro dell’interno, che impediva lo sbarco in un porto sicuro, in aperta violazione non solo del diritto internazionale ampiamente richiamato dai giudici del Tribunale dei ministri, ma dello stesso diritto interno, sia sotto il profilo del mancato rispetto delle procedure di sbarco imposte dall’art. 10 comma 3 del Testo Unico sull’immigrazione n.286/98, e per quanto concerne i minori non accompagnati dalla legge n.47/2017, che delle norme cogenti a tutela della libertà personale, presidiate, in caso di violazione, dalla previsione del reato di sequestro di persona da parte del pubblico ufficiale.

Appare evidente, oltre che rispettoso del dato normativo, come la trattativa con gli altri stati europei, e con la stessa Commissione Europea, potesse esere condotta con i medesimi risultati, se i naufraghi fossero stati sbarcati a terra, nel porto sicuro più vicino, in conformità delle Convenzioni internazionali e nel rispetto delle procedure dettate dall’art. 10 ter, del Testo Unico n.286/1998 (cd. approccio Hotspot), procedure peraltro consolidate negli anni passati e concordate, a partire dal 2016, con le autorità europee. Come si può agevolmente desumere dagli stessi rapporti di attività del Corpo della Guardia costiera italiana, che la memoria difensiva del senatore Salvini sembra ignorare del tutto. Come sembranodel tutto ignorati, nella memoria difensiva presentata dal senatore Salvini alla giunta per le autorizzazioni a procedere, circostanza assai grave trattandosi di soccorsi operati da navi militari che battevano bandiera italiana, il manuale operativo IAMSAR, e le Linee guida sulle operazioni di soccorso in mare dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ed i migranti che da anni costituiscono, o dovrebbero costituire le modalità di intervento nei casi SAR, soprattutto da parte dei mzzi appartenenti ai corpi militari dello stato.

In questa prospettiva appare davvero irriguardoso nei confronti dei naufraghi e delle stesse autorità marittime che ne curano i soccorsi, e quindi provvedono allo sbarco in un porto sicuro in Italia, quanto osservato nella memoria difensiva del senatore Salvini, secondo cui tra le giustificazioni addotte si annovera anche la considerazione che “la gestione, il monitoraggio e il controllo dei flussi migratori appaiono strettamente connessi all’interesse nazionale, sussistendo anche chiari profili attimenti all’ordine ed alla sicurezza pubblica, nonchè alla sicurezza della Repubblica”. Finalità che a nostro avviso appaiono certo perseguibili con maggiore efficacia nel rispetto delle Convenzioni internazionali, delle procedure fissate dal vigente Regolamento Dublino III e dall’art. 10 ter del testo unico sull’immigrazione n.286/98 ( approccio Hotspot), piuttosto che trattenendo per giorni in alto mare decine di persone che si trovano su una nave socorririce che batte peraltro bandiera italiana e che sono dunque già nel territorio dello stato, con il conseguente diritto all’effettivo riconoscimento dei loro diritti fondamehtali ( art. 2 del T.U. n. 286/98) e del diritto di chiedere proteione nel paese di primo ingresso, in conformità a quanto previsto dal Regolamento Dublino III.

3. La ricostruzione dei fatti fornita dal senatore Salvini nella Memoria presentata alla Giunta per le autorizzazioni a procedere del Senato contiene una ricostruzione dei fatti che appare davvero parziale, orientata a dimostrare una responsabilità collegiale nella designazione del place of safety (POS) che rimane del tutto indimostrata, ma che evidenzia invece le gravi inadempienze degli obblighi di sbarco in un porto sicuro stabiliti dal diritto internazionale. Inadempienze che arrivano fino alla privazione arbitraria della libertà personale. Emergono comunque scelte direttamente ascrivibili al ministero dell’interno, che di fatto ha assunto una funzione “sovraordinata” rispetto agli altri ministri anche nella conclusione delle operazioni SAR di ricerca e salvataggio in acque internazionali. Una funzione di assoluta prevalenza all’interno della compagine governativa che non può essere giustificata nè alla luce del decreto sicurezza bis, che peraltro non si applica nel caso di soccorsi operati da navi militari, nè dalla carica di “vice presidente del consiglio dei ministri” allora rivestita dal senatore Salvini che nel caso Gregoretti operava anche nella qualità di ministro dell’interno.

La memoria difensiva del senatore Salvini non attribuisce particolare rilievo ad un importante comunicato della Guardia costiera italiana, reso noto il 28 luglio, dopo un lungo periodo di silenzi stampa, nel quale si è sviluppata una vera e propria ” guerra” contro i soccorsi in mare operati dalle ONG, ingaggiata dal governo gialloverde per dimostrare al suo elettorato l’efficacia dell’azione di contrasto contro l’immigrazione “illegale”. Una guerra a colpi di direttive ministeriali e decreti legge, che, dopo essere stata diretta contro le navi umanitarie delle ONG, ha poi coinvolto unità navali appartenenti a corpi dello stato, come la nave Diciotti e poi la Gregoretti. Nel comunicato della Guardia costiera emerge evidentemente come il potere di impulso delle scelte sulla indicazione del porto di sbarco sia rimasto in capo al ministro dell’interno, mentre il ministro delle infrastrutture allora in carica, Toninelli, si sarebbe limitato a fornire soltanto un “parere”. Si ricava da questa nota come, in contrasto con quanto previsto dal decreto sicurezza dello scorso anno, nel caso della nave militare Gregoretti siano state applicate le stesse procedure e si siano utilizzate le stesse catene di comando adottate nei soccorsi operati da navi appartenenti ad organizzazioni non govrnative. Tutto al fine di ritardare lo sbarco dei naufraghi in un porto sicuro italiano, per portare avanti la trattativa a livello europeo sulla successiva “redistribuzione”, ed anche per precise finalità di promozione personale e politica del ministro dell’interno, come emerge dall’uso spregiudicato dei social personali o di gruppi ( La Bestia) per comunicare le decisioni adottate a livello ministeriale sullo sbarco dei naufraghi. Purtroppo la individuazione delle responsabilita e’ complicata da comunicati ufficiali delle autorità marittime che il ministro piegava alle sue finalità politiche.

“Il giorno 25 luglio diversi gommoni carichi di migranti hanno lasciato la Libia per dirigersi verso le coste europee. Tre sono stati soccorsi dalla guardia costiera libica, intervenuta anche sul barcone affondato al largo di Al Khoms mentre altri tre hanno proseguito la navigazione entrando all’interno della zona di SAR maltese. Le autorità de La Valletta hanno soccorso un gommone con circa 100 migranti e richiesto nel contempo collaborazione all’Italia che ha inviato – su indicazioni del Ministero dell’Interno – due motovedette, della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza, che hanno assistito 141 naufraghi. Successivamente 6 migranti per ragioni sanitarie sono stati portati sull’isola di Lampedusa.”

A questo punto, spiega la nota stampa del Comando Generale delle Capitanerie di Porto, le motovedette intervenute hanno “trasbordato i rimanenti 135 migranti su Nave Gregoretti della Guardia Costiera dotata di un team medico del Cisom in grado di assistere adeguatamente i naufraghi in attesa di indicazioni relative al successivo trasferimento verso un place of safety”. …” Il primo porto che la CP920 ha raggiunto, Catania, è stato deciso “in previsione del peggioramento delle condizioni meteo la nave ha poi assunto rotta verso la Sicilia Orientale”. A Catania, spiegano dal Comando, la Gregoretti stata rifornita di viveri e medicinali. Ma pare che il porto di Catania non fosse abbastanza al riparo dalle avverse condizioni meteo marine – stando al comunicato stampa – per fermarvi ben ormeggiata la Gregoretti.

Secondo lo stesso comunicato della Guardia costiera italiana, “nella serata di ieri, (27 luglio, n.d.a.) allo scopo di consentire riparo dal peggioramento delle condimeteo in zona – spiega il comunicato della Guardia Costiera – è stato disposto a Nave Gregoretti, su concorde parere del Ministro Toninelli e previa informazione al Viminale, di dirigere verso il porto di Augusta dove l’unità è giunta intorno alle ore 03:00 di questa mattina”. Una spiegazione che non convince affatto, anche alla luce dei bollettini meteo di quelle ore. Non si comprende come per l’ingresso in porto di una nave della guardia costiera che abitualmente frequenta quello scalo, il porto di Catania potesse essere definito come ” non abbastanza al riparo dalle avverse condizioni meteo-marine”. Evidentemente si voleva che la Gregoretti fosse “dirottata” e poi bloccata verso i moli del porto industriale di Augusta ( Siracusa). Toccherà però ai giudici penali e non certo alla Giunta per le autorizzazioni a procedere accertare queste circostanze e la relativa catena di comando.

Nella valutazione della richiesta di autorizzazione a procedere avanzata dal Tribunale dei ministri di Catania si dovrebbe comunque tenere presente la giurisprudenza, già richiamata nel caso Diciotti, pure diverso per tanti aspetti, secondo cui «il carattere politico del reato, il movente che ha determinato il soggetto a delinquere, nonché il rapporto che può sussistere tra il reato commesso e l’interesse pubblico della funzione esercitata, proprio in conseguenza di quanto disposto dalla l. cost. n. 1/1989, sono criteri idonei a giustificare la concessione o negazione dell’autorizzazione a procedere da parte della Camera o del Senato, ma non sono certamente qualificabili come condizioni per la configurabilità dei reati ministeriali» (Cass., Sez. unite, n. 14/1994).

Il richiamo alla collegialità dell’azione di governo, sulla base di mail scambiate tra alcuni componenti del governo giallo-verde in carica lo scorso anno, che per nulla attengono alla indicazione del porto di sbarco, rivolgendosi esclusivamente ad organi internazionali per la ricollocazione dei naufraghi, e le giustificazioni di un interesse pubblico basato su minacce alla sicurezza ed all’ordine pubblico delle quali non si fornisce alcuna prova, e che semmai appaiono tanto più concrete quanto maggiore si protrae la permannza a bordo delle navi soccorritrici, ritardando le procedure di identificazione, non possono nascondere le gravi violazioni di legge sulle quali la memoria del senatore Salvini volutamente tace e le finalità di parte che traspaiono dall’intero apparato che cura le comunicazioni sui social a disposizione dell’allora ministro dell’interno . A questa stregua, non si vede come si possa riconoscere che il senatore Salvini, lo scorso anno nella qualità di ministro dell’interno, nelle attività decisionali relative alla indicazione di un porto di sbarco sicuro in Italia alla nave Gregoretti, “abbia agito per la tutela di un interesse dello stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di governo” .


https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/01/13/gregoretti-gasparri-dice-io-arbitro-poi-il-suo-voto-e-decisivo-per-il-no-alla-richiesta-di-documenti-maggioranza-abbandona-riunione/5668494/


Procedura: Domande di autorizzazioni a procedere per reati ministeriali

XVIII Legislatura
Domanda di autorizzazione a procedere in giudizio ai sensi dell’articolo 96 della Costituzione nei confronti del senatore Matteo Salvini nella sua qualità di Ministro dell’Interno pro tempore per il reato di cui all’articolo 605, commi primo, secondo, numero 2, e terzo, del codice penale (sequestro di persona aggravato)

Trasmessa dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catania il 16 dicembre 2019 e pervenuta alla Presidenza del Senato il 17 dicembre 2019


AUTORIZZAZIONI A PROCEDERE AI SENSI DELL’ARTICOLO 96 DELLA COSTITUZIONE

Seduta del 13 gennaio 2020

(Doc. IV-bis, n. 2) Domanda di autorizzazione a procedere nei confronti del senatore Matteo Salvini, nella sua qualità di Ministro dell’interno pro tempore

(Seguito dell’esame e rinvio) 

            La Giunta riprende l’esame iniziato nella seduta del 19 dicembre 2019 e proseguito nelle sedute dell’8 e 9 gennaio 2020.

     Il PRESIDENTE, dopo aver ricordato che nella scorsa seduta ha illustrato la propria proposta conclusiva, avverte che nella seduta odierna potrà prendere avvio la discussione di merito.

Il senatore CRUCIOLI (M5S) interviene incidentalmente per chiedere al Presidente le sue determinazioni circa le richieste di rimodulazione del calendario delle sedute della Giunta, avanzate la scorsa settimana.

Il PRESIDENTE osserva che nella scorsa seduta era stata avanzata dalla senatrice Evangelista la richiesta di prevedere un Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei Gruppi per discutere della programmazione dei lavori, anche alla luce di quanto deliberato dalla Conferenza dei Presidenti dei Gruppi circa la sospensione dei lavori di Aula e Commissioni nella settimana che precede lo svolgimento delle prossime elezioni regionali. A tale riguardo, anticipa la sua intenzione di convocare l’Ufficio di Presidenza integrato alle ore 19 di domani, prima della seduta di Giunta già prevista per le ore 20. Reputa che la previsione di tale Ufficio di Presidenza nella giornata di domani si renda opportuna per discutere della questione del calendario dei lavori, anche tenuto conto della esigenza manifestata dal rappresentante del Gruppo per le Autonomie, senatore Durnwalder, impossibilitato ad essere presente ai lavori odierni.

La senatrice EVANGELISTA (M5S) evidenzia che con molta probabilità avrà luogo, nella giornata di mercoledì, una nuova Conferenza dei Presidenti dei Gruppi, la quale potrebbe pervenire ad una nuova deliberazione sui lavori del Senato. Invita pertanto a tener conto di questo aspetto anche nella programmazione dei lavori della Giunta.

La senatrice ROSSOMANDO (PD) ricorda che, da una parte, sono state segnalate diverse richieste di approfondimento istruttorio, le quali devono essere oggetto di attenta valutazione; dall’altra, è probabile che sarà convocata una nuova Conferenza dei Presidenti dei Gruppi sul calendario dei lavori. Alla luce di tali circostanze, nonché del fatto che il termine regolamentare di trenta giorni posto dall’articolo 135-bis, comma 3, ha valenza solo ordinatoria – come attestato da numerosi precedenti – insiste affinché venga rimodulato il calendario delle sedute della Giunta con l’obiettivo di posticipare la votazione finale al di là del 20 gennaio, allo scopo di consentire alla Giunta di pronunciarsi in modo adeguatamente motivato sulla vicenda in esame.

La senatrice STEFANI (L-SP-PSd’Az) tiene a precisare che il calendario adottato dalla Conferenza dei Presidenti dei Gruppi prevede una sospensione dei lavori parlamentari dell’Assemblea e delle Commissioni, senza che sia espressamente citata la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, organo che riveste una posizione particolare, data la sua natura “paragiurisdizionale”. Pertanto, la Giunta è pienamente titolata a decidere sul proprio calendario, il quale peraltro è stato concordato unanimemente, fissando il termine del 20 gennaio per la decisione finale. In ogni caso, come anticipato dal Presidente, ritiene opportuna la convocazione di un Ufficio di Presidenza della stessa Giunta per ogni eventuale valutazione sullo stesso calendario dei lavori.

Il senatore CUCCA (IV-PSI) ricorda che nella scorsa legislatura, in occasione della discussione in Giunta sulla decadenza del senatore Berlusconi, i lavori di questo organo furono in qualche modo dettati dalle determinazioni assunte dalla Conferenza dei Presidenti dei Gruppi. Reputa inoltre che le richieste di rimodulazione del calendario delle sedute della Giunta debbano essere prese in considerazione, anche tenuto conto della pausa natalizia, che ha precluso a diversi senatori la possibilità di consultare e conoscere il fascicolo agli atti.

Ad avviso del senatore CRUCIOLI (M5S), la competenza sul calendario dei lavori della Giunta è oggettivamente spettante alla Conferenza dei Presidenti dei Gruppi, che ha deciso la sospensione dei lavori parlamentari nella settimana che precede le elezioni regionali. Questo elemento dunque ha natura decisiva, anche tenuto conto che i termini regolamentari hanno carattere soltanto ordinatorio e, peraltro, hanno già subito uno slittamento. Tiene infine a precisare che il Presidente della Giunta ha fornito rassicurazioni sul fatto che questa settimana non si sarebbero svolte votazioni, anche per l’assenza del senatore Grasso, segretario della Giunta, nonché unico esponente del Gruppo Misto – LeU.

Secondo il senatore MALAN (FIBP-UDC) solo la Giunta può decidere sul proprio calendario che, peraltro, è stato deliberato all’unanimità, prevedendo la votazione finale nella seduta del 20 gennaio.

Il senatore BONIFAZI (IV-PSI) ricorda che nella scorsa seduta il Presidente della Giunta ha dichiarato che avrebbe interpellato il Presidente del Senato, facendo così intendere che la questione relativa al calendario dei lavori attenesse alla Conferenza dei Presidenti dei Gruppi, la quale, a quanto risulta da alcune indiscrezioni, potrebbe nuovamente riunirsi mercoledì. Tale circostanza dunque dovrebbe essere necessariamente valutata ai fini della programmazione dei lavori della Giunta.

La senatrice EVANGELISTA (M5S) conferma che nella scorsa seduta aveva richiesto la convocazione di un Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei Gruppi della Giunta, dopo che il Presidente Gasparri si era impegnato ad una interlocuzione con il Presidente del Senato. Pertanto, non ritiene corretto convocare domani la riunione dell’Ufficio di Presidenza, che invece si sarebbe dovuta fissare la scorsa settimana, anche per dare modo di parteciparvi al senatore Grasso, impegnato nella settimana in corso in una missione con altra Commissione.

Il senatore PILLON (L-SP-PSd’Az) rassicura i senatori della maggioranza circa il fatto che l’altro segretario della Giunta, il senatore Augussori, sarebbe comunque disponibile al fine di compensare in qualche modo l’assenza del senatore Grasso al prossimo Ufficio di Presidenza della Giunta, eventualmente anche facendosi da parte.

Al di là di questo aspetto, reputa che la maggioranza dovrebbe essere coerente rispetto a quanto deciso all’unanimità, senza alcuna obiezione, sul calendario dei lavori della Giunta, in base al quale la votazione finale è prevista il 20 gennaio. I senatori che sostengono l’Esecutivo dovrebbero pertanto comportarsi responsabilmente, senza nascondersi dietro inutili interpretazioni regolamentari e superando la logica della vecchia politica dei “giochi di palazzo”, secondo quanto si erano impegnati a fare quando furono eletti.

Il senatore CRUCIOLI (M5S) ribadisce che la Giunta dovrebbe attenersi a quanto deciso dalla Conferenza dei Presidenti dei Gruppi sulla sospensione dei lavori parlamentari prima delle prossime elezioni regionali, che non devono essere strumentalizzate dai senatori di centro-destra con l’intento di ricavare un tornaconto elettorale. A tale riguardo, auspica che nella propria posizione di terzietà il Presidente della Giunta non si presti a tali strumentalizzazioni.

Il senatore DE FALCO (Misto) osserva che sarebbe incongruo che a tutti i senatori fosse consentito di impegnarsi in una delicata campagna elettorale nelle regioni Calabria ed Emilia Romagna, ad eccezione dei senatori appartenenti alla Giunta, per i quali non dovrebbe dunque valere la sospensione delle attività parlamentari decisa dalla Conferenza dei Presidenti dei Gruppi. Ricorda altresì che era stato assunto l’impegno a non svolgere votazioni in questa settimana, data l’assenza del senatore Grasso.

Il senatore BONIFAZI (IV-PSI), relativamente alla programmazione dei lavori, ribadisce che occorre un necessario coordinamento tra la Giunta e quanto potrebbe essere deciso dalla Conferenza dei Presidenti dei Gruppi, presumibilmente nella giornata di mercoledì.

La senatrice ROSSOMANDO (PD), nell’auspicare che la discussione che verte sul calendario dei lavori della Giunta sia sdrammatizzata e non precluda la dovuta attenzione sugli argomenti di merito, ribadisce che prima della pausa natalizia è stato concordato un calendario di massima della Giunta, il quale, tuttavia, è suscettibile di essere modificato alla luce di circostanze nuove, come quelle sottese alla decisione assunta la scorsa settimana dalla Conferenza dei Presidenti dei Gruppi.

Il senatore AUGUSSORI (L-SP-PSd’Az), nel ripercorrere le diverse interpretazioni che sono emerse e tenuto conto della possibilità che la Conferenza dei Presidenti dei Gruppi possa convocarsi questa settimana, reputa comunque che l’Ufficio di Presidenza della Giunta di domani costituisca la sede maggiormente idonea per valutare e decidere sulla programmazione dei lavori. In tale sede, peraltro, potranno essere approfondite anche alcune istanze istruttorie evidenziate nella scorsa seduta.

         Il Presidente relatore GASPARRI (FI-BP) precisa che nella scorsa seduta ha dichiarato che avrebbe approfondito, come suo dovere, le questioni che erano state rappresentate da diversi senatori circa una rimodulazione del calendario dei lavori della Giunta che, come noto, fu assunto all’unanimità prima della pausa natalizia. Rispetto a quanto allora convenuto, a suo avviso, non vi è alcun elemento nuovo o alcuna direttiva cogente che obblighi la Giunta a non rispettare le modalità e i tempi di esame che erano stati in precedenza concordati, quando erano ben note le scadenze elettorali del mese di gennaio. Del resto, occorre anche tener conto della peculiare posizione rivestita dalla Giunta, quale organo paragiurisdizionale che svolge la propria attività secondo quanto previsto, in questo caso, dalla legge costituzionale n. 1 del 1989.

Evidenzia infine che è impegnato a tener conto delle legittime esigenze dei vari Gruppi e componenti della Giunta, senza stabilire una gerarchia tra le stesse. Pertanto, ritiene di aver assolto pienamente il dovere di terzietà connesso al proprio ruolo e di non aver fatto alcuna dichiarazione volta ad escludere possibili votazioni su questioni incidentali nella corrente settimana, essendosi soltanto limitato a garantire che la decisione finale sarebbe stata effettuata il 20 gennaio, come deliberato all’unanimità dall’Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei Gruppi.

Invita quindi i senatori a svolgere gli interventi di merito nella discussione.

Si apre la discussione generale.

Il senatore CRUCIOLI (M5S) chiede di parlare.

Il PRESIDENTE precisa preliminarmente che in discussione generale è possibile intervenire una sola volta, ai sensi dell’articolo 86 del Regolamento del Senato.

Il senatore CRUCIOLI (M5S) si riserva in futuro di parlare in discussione generale, precisando che l’odierno intervento è finalizzato esclusivamente a prospettare una richiesta di integrazione istruttoria, volta ad acquisire dall’autorità giudiziaria la documentazione relativa ai test medico-sanitari effettuati su tutti i soggetti presenti sulla nave – sia sui migranti che sui militari – dopo lo sbarco degli stessi. Come risulta dagli atti contenuti nel fascicolo, i predetti test medici furono disposti dai consulenti tecnici d’ufficio dell’autorità giudiziaria ed erano finalizzati a verificare lo stato di salute di tutti i soggetti presenti sulla nave Gregoretti.

Tale elemento riveste una valenza istruttoria significativa, in quanto l’interesse pubblico a trattenere a bordo i migranti va soppesato con i diritti spettanti agli stessi, atteso che, come evidenziato anche dal Presidente Gasparri nella proposta conclusiva formulata in ordine al caso Diciotti, taluni diritti – come quello alla salute – non possono essere compressi ed occorre pertanto verificare se il trattenimento a bordo dei migranti abbia potuto determinare situazioni di contagio o comunque un aggravamento della situazione sanitaria dei soggetti in questione.

Il PRESIDENTE avverte che la proposta di integrazione istruttoria formulata dal senatore Crucioli verrà messa ai voti.

Il senatore CUCCA (IV-PSI) esprime il proprio disappunto, atteso che ogni istanza istruttoria, anche se avanzata da un singolo senatore, merita accoglimento essendo funzionale all’adeguato approfondimento di tutti i profili della vicenda. Peraltro sottolinea che sono assenti due componenti, ossia il senatore Grasso e il senatore Giarrusso, entrambi in missione negli Stati Uniti per conto della Commissione antimafia.

Il PRESIDENTE fa presente che se fosse automaticamente accolta qualsiasi istanza istruttoria, come prospettato dal senatore Cucca, la Giunta non riuscirebbe mai a completare l’esame dei casi all’ordine del giorno. Come avvenuto anche in altri casi all’esame della Giunta, ove non vi sia accordo unanime sulle istanze di integrazione istruttoria, occorre procedere ad un’apposita votazione in ordine alle stesse.

Pertanto, previa verifica del numero legale, pone ai voti la proposta di integrazione istruttoria formulata dal senatore Crucioli.

La Giunta respinge, con apposita votazione, la predetta proposta di integrazione istruttoria.

(Alle ore 18,10 i senatori dei Gruppi MoVimento 5 Stelle, Italia Viva – Partito socialista italiano, Partito Democratico e Misto abbandonano i lavori per protesta).

Il senatore URRARO (L-SP-PSd’Az) interviene in discussione generale, evidenziando che l’azione dell’allora ministro Salvini rivestiva una valenza attuativa delle politiche del Governo in materia di immigrazione, con profili finalizzati specificamente alla salvaguardia della sicurezza pubblica.

Riguardo all’individuazione del POS, evidenzia che il modulo procedurale attivato dagli apparati amministrativi ha incontrato una serie di problematiche concrete di tipo logistico, di tipo sanitario e anche di ordine pubblico: si stava valutando come tutelare i predetti interessi e si stava anche riflettendo sull’individuazione dell’hotspot più congruo e più vicino nel quale inviare i migranti.

In tale contesto generale il Presidente del Consiglio Conte era a conoscenza sicuramente della vicenda, presente su tutti i giornali di quei giorni e, come ha evidenziato opportunamente anche il relatore, non ha mai manifestato un indirizzo contrario a quello espresso dal ministro Salvini. Precisa a tale proposito che non era necessaria alcuna delibera del Consiglio dei Ministri e che lo stesso Presidente Conte aveva riconosciuto la responsabilità politica del Governo per le politiche relative al fenomeno dell’immigrazione nella memoria depositata con riferimento al caso Diciotti. Non è emerso alcun elemento in grado di escludere il coinvolgimento del Presidente Conte rispetto al caso Gregoretti.

Peraltro tutti gli interventi effettuati dallo stesso Presidente del Consiglio anche in vista del Consiglio d’Europa del 28 giugno 2018 erano orientati a sancire il principio che i migranti sbarcati in Italia entrano nel territorio dell’Unione europea. Quest’ultimo principio, pur essendo stato affermato nel Consiglio d’Europa del giugno 2018, è stato poi costantemente disatteso dagli Stati membri, con conseguente insorgenza di una serie di difficoltà nel ricollocamento dei migranti.

Il senatore Urraro fa presente poi che il Tribunale dei Ministri ritiene che le dichiarazioni di stampa di esponenti della Lega abbiano orientato le scelte amministrative dei funzionari competenti a concedere il POS, senza individuare alcuna precisa direttiva del ministro Salvini. L’impianto accusatorio pertanto è labile e inconsistente e anche l’elemento del dolo non è ravvisabile in modo certo.

Il senatore Urraro conclude il proprio intervento manifestando la propria condivisione per la proposta conclusiva avanzata dal relatore.

Il senatore MALAN (FIBP-UDC) fa presente che nel caso in questione occorre avere una visione più ampia, che consenta di inquadrare la ratio del procedimento autorizzatorio configurato dalla legge costituzionale n. 1 del 1989. La predetta legge costituzionale è finalizzata a salvaguardare l’indipendenza degli organi di decisione politica rispetto agli organi giudiziari, evitando invasioni di campo suscettibili di minare il principio democratico.

La valutazione se il ministro Salvini abbia agito o meno nel perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’azione di Governo riveste un carattere eminentemente politico, anche se tale politicità va intesa in senso alto e non come decisione di parte.

In tale ottica prospettica la Giunta non deve valutare se l’azione del ministro Salvini sia o meno condivisibile nel merito, ma solo se il ministro Salvini abbia assunto le proprie decisione nel perseguimento dell’interesse del Paese e in attuazione della politica dell’Esecutivo.

L’indebolimento dell’indipendenza della politica è pericolosa, atteso che è suscettibile di minare la democraticità dei percorsi decisionali e conseguentemente il filtro politico delle decisioni stesse, senza il quale gruppi di pressione potrebbero conseguire in modo indebito i propri interessi, prescindendo dai moduli democratici di valutazione. Occorre evitare di scivolare in una tecnocrazia nella quale taluni burocrati possano sostituire la decisione politica con postulati sottratti al confronto democratico.

Il senatore Malan conclude il proprio intervento, manifestando la propria condivisione per la proposta conclusiva avanzata dal relatore.

Il PRESIDENTE, nessun altro chiedendo di intervenire, avverte che la discussione generale proseguirà nella seduta del 14 gennaio.

Il seguito dell’esame è quindi rinviato.



Caso Gregoretti, ancora fumata nera: i capigruppo non decidono sulla data del voto su Salvini

15 GENNAIO 2020 – 23:26