di Fulvio Vassallo Paleologo
In una giornata cupa nella quale a Catania sta andando in scena l’ennesima rappresentazione dello stato che accoglie con la polizia naufraghi ed operatori umanitari, poi bloccati a bordo da una ispezione della Guardia di finanza, giunge la tragica notizia del suicidio di un giovane migrante nigeriano, che era rimasto privo del permesso di soggiorno per motivi umanitari dopo l’entrata in vigore del decreto sicurezza. Uno dei tanti che sono stati esclusi da qualsiasi possibilità di soggiorno regolare in Italia, e condannati alla precarietà, come le centinaia di persone deportate dai centri di accoglienza e riversate in località sconosciute, se non gettate per strada, dove dovranno proseguire la loro lotta per la sopravvivenza in Italia. Come sarebbe toccato ad un altro giovane nigeriano morto lo scorso ottobre dopo essersi gettato dal treno sulla linea Chivasso-Novara per sfuggire ad un controllo. Un migrante ghanese si era impiccato lo scorso dicembre. Ed una tragedia simile si era verificata nel mese di ottobre dello scorso anno, con il suicidio di un giovane gambiano di appena 22 anni, Amadou Jawo, anche lui privato del permesso di soggiorno per motivi umanitari.
Non si accolgono neppure i richiedenti asilo ed i minori, i “migranti economici” vanno respinti, e se sono entrati ed hanno otenuto un permesso di soggiorno, vanno marginalizzati o costretti a ricadere nella irregolarità. Una politica che il ministro dell’interno sta praticando per aumentare il suo consenso elettorale e non certo per diffondere vera sicurezza. La chiave della pace è nell’inclusione. La sicurezza o è per tutti, italiani e stranieri, o non è per nessuno. E intanto si muore, per abbandono in mare o per disperazione a terra. Mentre si attacca qualunque intervento solidale.
Non rimangono più parole per esprimere sdegno e dolore per quanto sta accadendo e per la perdita di una giovane vita. Quando la speranza muore in questo modo, muore un poco alla volta anche dentro tutti noi.
Possiamo solo rendere noto ancora una volta il suo nome, fare vedere la sua immagine, ricordare questa ennesima tragedia tutte le volte che ci troveremo accanto quelli che sostengono “prima gli italiani” o che tutti i migranti arrivati negli ultimi anni siano “clandestini” se non criminali veri e propri. Una narrazione tossica con poche eccezioni, peraltro sotto attacco, che sta corrompendo la coesione sociale e sta rendendo tanto diviso e rancoroso il paese da impedire qualunque capacità di reazione condivisa davanti alla gravissima crisi economica che si sta avvicinando. Con Prince Jerry se ne va anche un pezzo della nostra umanità. Tutti ne possono vedere le ragioni. Nessuno potrà dire io non sapevo.

Condivido da Fabio Salamida
PERDONACI
Prince Jerry viveva in Liguria, era laureato, aveva 25 anni e studiava chimica. Era arrivato dalla Nigeria su un barcone. A causa del “decreto sicurezza” si è visto negare il rinnovo del permesso di asilo. Preso dalla sconforto, si è lanciato sotto un treno.
Non so quanti, leggendo della sua morte, si sentiranno più sicuri. Non so quanti esulteranno perché finalmente c’è un ministro che si traveste da poliziotto e “difende i nostri confini” da ragazzi come Prince. Non so quanti “poveri italiani” si ritroveranno qualche soldo in più sul conto in banca e quanti terremotati vedranno risorgere le loro case dalle macerie con tanto di abusi condonati.
So che dovremmo chiedergli scusa. E vergognarci. Vergognarci tanto.
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No, non scappava dalla guerra.
Scappava “solo” dalla miseria.
E noi ci siamo inventati questa etichetta del ” migrante economico” che ci fa sentire meno responsabili.
Noi che in Nigeria con Eni contribuiamo insieme ad altre compagnie petrolifere a praticare espropriazioni forzate di terra, in combutta con uno Stato che se ne frega di aumentare l’emarginazione sociale.
Migrante economico è il modo chic per chiamare un povero.
Migrante economico è immaginarseli con il Rolex al polso e la 24 ore nella mano.
Migrante economico è il nome che abbiamo trovato per lavarci la coscienza.
(I Sentinelli di Milano)
Prince Jerry, 25 anni nigeriano,era seguito dalla Comunità Migrantes di Coronata.
“Jerry era un laureato che sperava di trovare un futuro migliore e non aveva alcuna speranza di essere accolto, da quando il permesso per motivi umanitari è stato annullato dal recente Decreto”.
“Cari tutti, ieri sono stato tutto il giorno a Tortona . Uno dei nostri ragazzi di Multedo , Prince Jerry, dopo essere stato diniegato prima di Natale e scoprendo che non avrebbe potuto contare neppure sul permesso umanitario che è stato annullato dal recente Decreto, si è tolto la vita buttandosi sotto un treno. Ho dovuto provare a fare il riconoscimento di quanto era rimasto di lui. È stato un momento difficile ma importante perché ho ritenuto di doverlo accompagnare in questa sua ultima desolazione. Vi scrivo perché abbiamo deciso di portarcelo su a Coronata e seppellirlo nel cimitero lassù”.
Don Giacomo, responsabile Comunità Migrantes
PORTIAMO UN FIORE Il Cesto Genova
Citiamo le parole di Luca Borzani che oggi hanno commosso molti di noi
Prince Jerry il ragazzo suicida perché gli era stato negato dopo anni di attesa anche il permesso umanitario cancellato dalla legge Salvini ha fatto solo cio che tanti italiani auspicano. Si è tolto di torno. Il più velocemente possibile. E non era un criminale ma bensì un bravo laureato in chimica che avrebbe solo voluto proseguire gli studi interrotti. Non sfruttava nessuno e non toglieva diritti a nessuno. Anzi sono i suoi diritti che sono stati negati. E con loro il suo futuro. E in nome di cosa tutto ciò? Perché?