Per il diritto al soccorso in mare, per l’accoglienza in Italia. Subito a terra i naufraghi della Sea Watch.

di Fulvio Vassallo Paleologo

Un ministro che rilancia la sua campagna elettorale e nega l’indicazione di un porto sicuro di sbarco ad una nave umanitaria che ha salvato decine di vite nelle acque internazionali a nord della Libia. Come se il “soccorso” da parte della sedicente guardia costiera libica, una intercettazione vera e propria che nasconde un respingimento collettivo verso la Libia, perchè coordinata anche da centri operativi italiani ed europei, non fosse causa di altri orrori che ormai nessuno può ignorare. Il ministro della paura, anzi, ritorna ad utilizzare la minaccia di una denuncia dell’equipaggio, sembrerebbe per agevolazione dell’immigrazione clandestina. Un espediente ormai consueto da parte di chi viola la legge ma si ritiene, in virtù del suo potere e della sua propaanda, al di sopra delle leggi e delle convenzioni internazionali, in grado di inventare incriminazioni a carico di chi soccorre vite umane, affidando questo compito ad agenti della polizia o della guardia di finanza. Che poi potrebbero obbligare la magistratura, una volta confezionata la “notizia di reato”, ad aprire un procedimento penale ed a sequestrare la nave che ha solo salvato vite umane che nessuno sarebbe andato a salvare. Comese non fossero bastate le diverse richieste di archiviazione delle indagini avviate da anni contro le ONG.. Intanto le Nazioni Unite, con l’OIM e l’UNHCR, hanno chiesto lo sbarco immediato a Siracusa dei naufraghi soccorsi dalla Sea Watch.

Il diritto internazionale non può essere violato impunemente ancora una volta. E’ ormai evidente che la Libia, divisa tra milizie e governi in lotta tra loro non può garantire porti sicuri di sbarco, e che il destino per le persone intercettate in acque internazionali dalla cd. Guardia costiera “libica” riserva solo detenzione arbitraria e torture a finalità estorsive o per pura crudeltà. Eppure con quella stessa Guardia costiera si complimentano le autorità di governo in Italia, come se non sapessero che fine fanno le persone “soccorse” in acque internazionali, ed arrivano ad intimare alle ONG o alle navi commerciali di riconsegnare proprio ai libici le persone soccorse in acque internazionali, in quella zona SAR “libica” che si è inventata per (fare) respingere (con la intermediazione dei guardiacoste di Tripoli e Misurata) e non certo per salvare vite.

“Noi chiediamo lo sbarco di tutte le persone a bordo di Sea Watch”, è l’appello di Giorgia Linardi, portavoce per l’Italia della Ong Sea Watch. “Lo sbarco di una parte di esse costituisce un’azione traumatica – continua Linardi – ieri è stato rifiutato l’ingresso di Sea Watch al porto. Il diniego immotivato rappresenta un potenziale reato. Specialmente se si tratta di una nave con difficoltà oggettive. Ma soprattutto si tratta di persone vulnerabili che stiamo tenendo in ostaggio a un miglio dalla costa.

Anche il Procuratore del Tribunale dei minori di Catania chiede lo sbarco dei minori ma la sua “richiesta” non viene accolta. Il ministro della paura ribatte che i minori hanno “17 anni e mezzo” Per lui la “difesa dei confini” prevale sul rispetto delle leggi. Come se la maggiore età si raggiungesse a 17 anni, come se un ministro della Repubblica potesse permettersi ancora una volta di ignorare una legge dello stato ( la legge 47 del 2017) e le Convenzioni internazionali. Altre gravi violazioni di legge.

“Sulla questione dei minori interviene anche il Garante per l’infanzia di Palermo, Pasquale D’Andrea: “Lasciare i ragazzini in mare è un’aberrazione, una punizione disumana. In ogni caso se i minori si trovano in acque territoriali italiane vanno fatti scendere. Non ci sono alternative. Lo prevede la legge e ogni disposizione contraria è una violazione delle norme. La legge 176 del 1991, che è la ratifica della Convenzione sui diritti del fanciullo, parla chiaro: i ragazzi vanno protetti e il ministro non può dire ‘hanno 17 anni e sei mesi’ perché in base a quanto previsto dalla Convenzione i bambini sono tali da 0 a 18 anni”, ha detto all’AdnKronos.”

Non basta neppure nascondersi dietro il pretesto che la competenza ad accogliere i naufraghi toccherebbe allo stato di bandiera, l’Olanda, un argomentazione ipocrita usata dal ministro della paura e dal ministro delle infrastrutture, che fingono di ignorare come la questione della redistribuzione dei migranti soccorsi in mare sia di natura europea e non possa essere risolta, come non è mai stata risolta in passato, su base bilaterale, applicando il mero criterio dello stato di bandiera. Un ennesimo tentativo di criminalizzare il comandante della nave della ONG e gli operatori umanitari, “colpevoli” di solidarietà e di rispetto del diritto internazionale del mare che impone lo sbarco in un porto sicuro (place of safety), che la Libia, nelle sue diverse articolazioni territoriali e militari, non è in grado di offrire. Una “obbedienza” , quella richiesta dal ministro dell’interno, agli ordini provenienti dalle autorità libiche, che ha come diretta conseguenza la violazione dei diritti umani delle persone “soccorse” in acque internazionali..

Le modifiche del Regolamento Dublino, e nuovi criteri di distribuzione dei richiedenti asilo in Europa non si negoziano sulla pelle di persone esposte anche al rischio dell’abbandono in mare e della ipotermia, dopo le torture subite in Libia. L’Olanda, stato di bandiera della Sea Watch, respinge la richiesta del governo italiano, con argomentazioni che dimostrano come il soccorso umanitario in acque internazionali e lo stesso diritto alla vita siano nel mirino di tutti i governi europei. Governi di segno diverso che si preparano alle prossime scadenze elettorali sfoderando l’armamentario propagandistico più becero per venire incontro al disumano che abili operatori della disinformazione ( come i gruppi organizzati con la cd. Bestia), ben finanziati a livello europeo da chi può utilizzare per questo risorse pubbliche, diffondono tra gli elettori, ormai costretti a farsi distrarre dai problemi reali e dalle responsabilità di chi li produce, per scatenare tutta la frustrazione ed il rancore che covano contro i più deboli.

Impedito l’accesso ai giornalisti ed ai parlamentari, stretta sorveglianza da parte di mezzi militari, rifiuto di sbarco, quindi una totale privazione della libertà personale in territorio italiano, perchè la nave è soggetta in questo momento alla nostra giurisdizione anche se batte bandiera olandese. Si potrebbero configurare gli estremi di un altro sequestro di persona, decorse 48 ore dal momento di fermo della nave in rada e di rifiuto dell’ingresso e dello sbarco nel porto di Augusta. Con l’aggravante del rifiuto di sbarco dei minori non accompagnati, malgrado la richiesta del procuratore dei minori di Catania. Il comandante della nave non può essere ritenuto tutore temporaneo dei minori, perchè nessuno lo ha nominato,anzi l’unico magistrato competente, il procuratore dei minori di Catania, ne ha chiesto lo sbarco. La nave che soccorre, in operazioni SAR, secondo le convenzioni internazionali, è soltanto un place of safety “transitorio”. Adesso i naufraghi soccorsi dalla Sea Watch vanno sbarcati al più presto, e vanno accertate le responsabilità di chi non ha indicato tempestivamente un porto di sbarco sicuro, esponendo decine di persone a rischi gravissimi, se non a trattamenti che potrebbero definirsi inumani e degradanti. Come quelli vietati dall’art. 3 della Convenzione europea a salvaguardia dei diritti dell’uomo. Le persone migranti non sono merce di scambio per trattative diplomatiche o per propaganda elettorale. Non può essere in discussione la dignità della persona per una astratta difesa dei confini nazionali.

Ma non esiste solo la cappa della propaganda, dell’odio etnico, della strumentalizzazione politica, della negazione dei diritti umani. Un fronte sempre più ampio di movimenti e di cittadini solidali si sta aggregando e difenderà con la massima determinazione i diritti fondamentali delle persone migranti, che poi sono gli stessi diritti fondamentali di tutti noi, di tutti gli esseri umani, difendendo al contempo lo stato di diritto stabilito dalla Costituzione repubblicana. Per questo le iniziative di controinformazione sui territori, a partire dagli enti locali, la valorizzazione di tutti i corpi intermedi che compongono il tessuto democratico del paese, la comunicazione più ampia sui social per battere le fake news, la creazione di veri e propri network sociali in grado di fare barriera, si accompagneranno alle iniziative sul piano giudiziario. Ribadiamo la nostra piena fiducia nella magistratura. Non solo per difendere il diritto/dovere al soccorso in mare, e dunque il diritto alla vita, ma per sanzionare chi viola la legge tutte le volte che i pubblici poteri siano piegati all’interesse elettorale di un ministro o di qualunque altro rappresentante delle istituzioni. Siamo entrati in una orribile campagna elettorale, nella quale la posta in gioco va molto oltre la questione delle migrazioni, ma riguarda l’assetto democratico del paese e le possibilità di futuro per intere generazioni. L’Italia è tra i paesi europei nei quali questa campagna elettorale sarà caratterizzata maggiormente dai partiti populisti che predicano pace e progresso sociale, e invece diffondono odio e discriminazione. Nessuno potrà dire, io non sapevo. Ciascuno dovrà fare una scelta di campo. A favore o contro le persone che rischiano la vita in mare e che vengono torturate in Libia, perchè dietro lo smantellamento dei sistemi di accoglienza e le prassi informali di chiusura dei porti e di abbandono in mare, è in gioco il riconoscimento delle persone in quanto tali, migranti o italiani che siano.

SABATO 2 febbraio ore 10-14, Chiesa San Mattia ai Crociferi,
via Torremuzza 28 – Palermo

INCONTRO “APPLICHIAMO LA LEGGE SECONDO COSTITUZIONE. RISPETTIAMO GLI OBBLIGHI DI SOCCORSO”

Intervengono:
Fulvio Vassallo Paleologo ( ADIF)
Michele Calantropo (Foro di Palermo)
Daniele Papa ( CLEDU )
Fausto Melluso (ARCI)
Alessandra Sciurba (Mediterranea)
Carmelo Lucchesi (COBAS)

Dopo l’entrata in vigore del decreto “sicurezza” (legge 132/2018) la negazione dei diritti umani ed il clima di intolleranza sono ancora aumentati. Alcuni ministri fanno propaganda elettorale sulla pelle dei migranti smantellando in modo selvaggio il sistema di accoglienza. Mentre – di contro – aumenta la resistenza diffusa nei territori con manifestazioni sempre più ampie di solidarietà.

E’ urgente il contrasto efficace ad un coacervo di misure legislative che palesano evidenti problemi di incompatibilità con la Costituzione italiana: si abbattono i diritti di difesa e le garanzie in materia di libertà personale, si cancella la protezione umanitaria, si smantella il sistema di accoglienza, si aumentano i casi di detenzione dei richiedenti asilo, si modificano le norme di pubblica sicurezza sottraendo i poteri di polizia ad un effettivo controllo giurisdizionale.

La connessione tra la materia dell’immigrazione e le questioni della sicurezza determina una miscela ad alto rischio, se si considera il moltiplicarsi di casi nei quali le persone straniere non riusciranno a mantenere un titolo di soggiorno legale e dunque dovranno lasciare i centri di accoglienza, restando costrette alla clandestinità o a trovare alloggio negli insediamenti informali, come le occupazioni abitative, che lo stesso decreto legge prevede di smantellare con gravi sanzioni per tutti gli occupanti. La questione delle residenze anagrafiche negate dimostra i primi effetti discriminatori di una legge che contrasta il dettato costituzionale.

Per trovare consenso sulle misure che limitano le libertà – non dei soli migranti – si fa ricorso alla politica di “chiusura dei porti”, una chiusura che nessun ministro dell’interno può imporre. In questo modo si sovverte il senso comune e si trasformano i soccorritori in colpevoli, legittimando chi si rifiuta o ritarda gli interventi di ricerca e salvataggio in acque internazionali. La guerra alle ONG ha cancellato il rispetto delle regole del diritto del mare che in acque internazionali impongono di fare intervenire la nave piu’ vicina e di garantire un porto sicuro di sbarco. Che anche secondo le Nazioni Unite non puo’ essere un porto libico.

La competenza nelle attività SAR (Ricerca e Soccorso), o la individuazione del POS (place of safety), non possono derogare i principi fondamentali affermati in favore dei rifugiati ai quali sono parificati i richiedenti asilo. Il dovere di tutelare la vita umana in mare è imposto dal Diritto Internazionale. Il mancato adempimento da parte di uno Stato non costituisce adeguato fondamento per il rifiuto di ottemperare opposto da un altro Stato.

Occorre trovare al più presto un porto sicuro di sbarco per le 47 persone soccorse dalla nave SEA WATCH, per le quali né Malta né Italia hanno finora indicato quanto dovuto in base alle Convenzioni internazionali. Perché altre stragi non continuino a ripetersi, occorre adottare regole chiare e generalmente condivise sulla ripartizione delle zone di ricerca e salvataggio e sulla correlata individuazione dei place of safety di sbarco.

Chiediamo altresì alla Commissione Europea di garantire la redistribuzione delle persone soccorse nel Mediterraneo centrale, ai responsabili delle missioni Themis di Frontex ed Eunavfor Med (Sophia), di svolgere le attività SAR, in conformità ai Regolamenti n.656 del 2014 e n.1624 del 2016, fino a 138 miglia a sud di Lampedusa e Malta, come era stato deciso dopo la tragedia del 18 aprile 2015.


SBARCO IMMEDIATO PER LA SEA WATCH 3 – DIFFIDA DELLE ASSOCIAZIONI AI MINISTRI E AL PREFETTO

Il 25 gennaio 2019 le Associazioni Borderline Sicilia OnlusRete Antirazzista Catanese Onlus e Pax Christi Punto Pace Catania, hanno notificato al Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, al Ministero dell’Interno e alla Prefettura di Siracusa una diffida a porre in essere tutti gli atti del proprio ufficio per consentire l’immediato sbarco dei 47 migranti tratti in salvo il 19 gennaio scorso dalla nave Sea Watch 3. Tra loro anche alcuni minori non accompagnati, il cui sbarco immediato è stato richiesto dalla Procura presso il Tribunali per i minorenni.

La nave di salvataggio è intervenuta in acque internazionali e nonostante le ripetute richieste alle autorità italiane, maltesi, libiche e olandesi affinché assumessero il coordinamento delle operazioni, non ricevevano alcuna risposta. E nessuna risposta è ancora arrivata alla richiesta di un porto in cui far sbarcare le persone a bordo, nonostante il maltempo che imperversa sul Canale di Sicilia che ha costretto la nave Sea Watch a trovare riparo al largo delle coste della Sicilia orientale. L’unica autorizzazione ricevuta è stata quella di entrare ad un miglio dalla costa tra Melilli ed Augusta dove tuttora la nave è ferma.

Con questa vicenda si ripete per l’ennesima volta lo squallido copione della prova di forza del governo italiano nei confronti degli altri paesi europei, attuando uno sporco e cinico gioco sulla pelle di persone in fuga dall’inferno libico e in spregio e violazione di tutte le norme nazionali ed internazionali sui salvataggi in mare e lo sbarco in un porto sicuro. Tutto ciò avviene al termine di una settimana in cui si contano a decine i morti nei naufragi avvenuti proprio a causa della scomparsa delle navi di salvataggio dal Mediterraneo e per la totale inadeguatezza della Guardia costiera libica nelle operazioni di soccorso in mare, il cui intervento, quando avviene, è posto al solo scopo di riportare le persone nei lager in cui hanno subito torture, maltrattamenti e violenze. Quelli della Guardia costiera libica non sono salvataggi, ma respingimenti effettuati in modo indiretto dai paesi dell’UE che finanziano e supportano tali operazioni.

Proprio ieri abbiamo avuto notizia della richiesta di rinvio a giudizio formulata dal Tribunale dei ministri di Catania nei confronti del ministro dell’interno Salvini per il reato di sequestro di persona aggravato per aver trattenuto a bordo della nave della Guardia costiera italiana Diciotti 177 persone impedendone lo sbarco nel porto di Catania per 5 giorni. Il Tribunale ribadisce chiaramente che quello che va censurato “non è un atto politico dell’esecutivo quanto lo strumentale e illegittimo utilizzo di una potestà amministrativa”.

Se le Amministrazioni diffidate non dovessero avviare immediatamente le procedure si provvederà a richiedere un intervento della magistratura per far cessare tale prassi che fa regredire il nostro paese e lo fa precipitare in un abisso da cui sarà sempre più difficile risalire.

Borderline Sicilia

Rete Antirazzista catanese

Pax Christi Punto Pace Catania


Comunicato Stampa OIM-UNHCR-UNICEF

Urgente garantire lo sbarco in un porto sicuro ai 47 migranti e rifugiati da 7 giorni a bordo della “SeaWatch3”

Roma 26 gennaio – L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), l’Alto Commissariato della Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e l’UNICEF esprimono grave preoccupazione per la situazione dei 47 migranti e rifugiati soccorsi lo scorso sabato dalla nave “SeaWatch3”, ai quali non è stato ancora garantito un porto di approdo sicuro.

La nave si trova adesso in acque italiane – di fronte alla costa orientale della Sicilia – dove ha potuto cercare riparo dalle difficili condizioni metereologiche che stanno interessando il Mediterraneo in questi giorni.

La situazione a bordo è critica in quanto, non essendoci abbastanza posto all’interno dell’imbarcazione, alcune delle persone sono obbligate a restare all’esterno, sul ponte. Questa situazione non può essere protratta a lungo, soprattutto in un periodo difficile come quello invernale, con basse temperature e mare mosso.

Preoccupa in particolare la situazione dei minori non accompagnati, in tutto 13, che si trovano sulla nave e per i quali è d’obbligo attivare quanto prima misure di protezione e tutela adeguate, in linea con le convenzioni internazionali.

Dall’inizio dell’anno sono morte quasi 200 persone nel Mediterraneo, di cui almeno 130 nelle acque che separano la Libia dall’Europa, e la priorità assoluta resta quella di salvare vite umane e garantire un porto di sbarco sicuro e un’assistenza adeguata a persone che hanno già rischiato la vita a bordo di imbarcazioni fatiscenti. E’ quindi urgente che ai migranti e rifugiati sulla “SeaWatch3” sia garantito immediatamente lo sbarco nel porto più vicino.

E’ allo stesso tempo necessario che, fino a quando la Libia non sarà considerata un porto sicuro, tutti gli Stati europei dimostrino finalmente senso di responsabilità e di solidarietà per i migranti e rifugiati che rischiano di morire in mare e che quindi l’attuale approccio “nave per nave” venga superato e sia sostituito da un meccanismo di sbarco sicuro e ordinato nel Mediterraneo Centrale.


Migranti: pg Roma,legalita” non equivale a discriminare ed escludere
(AGI) – Roma, 26 gen. – Per il pg Salvi, “la gravita” delle conseguenze delle migrazioni non regolate si riflette anche nel nostro distretto nell”espandersi dell”intervento penale, che dovrebbe restare ultima ratio. Cio” avviene nelle condotte di migranti irregolari o di coloro che ne sfruttano la fragilita”, nei gravi episodi di reati nella gestione dell”accoglienza, nei potenziali riflessi di scelte di carattere generale sulla responsabilita” del decisore pubblico. Politiche migratorie chiare e rispettose dei principi affermati dalle Convenzioni internazionali potrebbero prevenire il ricorso alla sanzione penale nei settori diversi dalla punizione dei trafficanti di esseri umani”.
“Negli anni difficili del grande flusso migratorio, a partire dal 2013, – ha ricordato il pg Salvi – le coste della Sicilia sud-orientale furono raggiunte da quasi i due terzi degli arrivi in Italia via mare (circa 100.000 nel solo 2014).
In quegli anni la collaborazione tra Marina Militare, Guardia Costiera e Forze di polizia rese possibile salvare decine di migliaia di esseri umani in pericolo e al contempo assestare gravi colpi ai vertici delle organizzazioni criminali che gestivano la tratta. Mai, per un solo momento, la punizione dei colpevoli e” stata anteposta all”obbligo primario e ineludibile di salvare le vite in pericolo. Il governo italiano ha poi valutato le gravissime sofferenze che i trafficanti imponevano ai migranti, nel deserto e nei campi di raccolta, emerse da tanti procedimenti, tra cui quello che ha portato alla sentenza della Corte d”Assise di Milano, tante volte richiamata nel dibattito pubblico, spesso impropriamente, e che si riferisce a eventi del 2014 e del 2015. Cio” ha portato la Comunita” internazionale, con le deliberazioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e poi della Unione, ad affermare la centralita” del tentativo di stabilizzare la Libia, come premessa per l”intervento in quel territorio delle organizzazioni internazionali a tutela dei migranti. A seguito dell”impegno italiano, per la prima volta dal 2011 UNHCR e OIM hanno potuto operare in Libia. Ma occorre dire con chiarezza che quel progetto non era limitato all”interruzione del flusso migratorio. Se cosi” fosse stato, esso non avrebbe potuto sottrarsi alla denuncia di violazione del divieto di respingimento di coloro che hanno diritto – diritto, non supplica – a chiedere la protezione internazionale nelle sue varie forme”.
(AGI)