di Fulvio Vassallo Paleologo
Dopo il soccorso in mare, finisce sotto attacco la solidarietà praticata nell’accoglienza a terra. Un attacco non solo mediatico, ma anche fisico, oltre che giudiziario, che si è avvalso di false informazioni diffuse da una “internazionale nera” . Dopo avere diffuso calunnie contro le ONG che soccorrevano persone in mare, adesso gli specialisti della comunicazione tossica basata sull’odio e sul razzismo si accaniscono contro chi pratica solidarietà a terra. Agli attacchi mediatici seguono adesso gli attacchi fisici.
Un gruppo definito come Generazione identitaria, lanciato lo scorso anno dall’operazione Defend Europe, organizzato a livello europeo, in collegamento con le destre al potere nei paesi nei quali ha vinto il populismo ed il sovranismo, ha attaccato ieri la sede di SOS Mediterraneè, al rientro della nave Aquarius a Marsiglia, dopo che un governo loro amico qui in Italia ha imposto allo stato di Panama il ritiro della bandiera. Non ci poteva essere occasione più evidente, nei giorni in cui il ministro dell’interno italiano rilancia la sua campagna contro le ONG, per dimostrare il nesso sempre più stretto tra la violenza fascista di chi assalta la sede di una organizzazione umanitaria e le iniziative politiche dei rappresentanti delle destre al potere ( e non solo al governo) in Italia ed in altri paesi europei. Una formazione, quella di Generazione identitaria, presente da anni, anche alle iniziative della Lega, sulla quale nessuno sembra volere indagare in Italia.
Si indaga invece sui sindaci solidali,e si arriva agli arresti, mentre si continuano a colpire con attacchi mediatici e controlli burocratici mirati chi si ostina a praticare la solidarietà sul territorio, come Don Biancalani, già vittima di una aggressione da parte di un gruppetto di razzisti.
Era stato proprio Salvini, oggi ministro dell’interno e vicepresidente del Consiglio, a lanciare la campagna di odio contro Don Biancalani, esattamente come ha fatto contro Mimmo Lucano, definito “uno zero”– Ed agli attacchi del leader leghista sono seguiti gli attacchi fisici dei gruppi razzisti contro i migranti ed i provvedimenti amministrativi o giudiziari finalizzati a bloccare le attività di accoglienza. Tutti rivolti nella stessa direzione. Dimostrare che non è possibile una convivenza pacifica tra immigrati ed italiani, e che le pratiche di solidarietà diffusa sono destinate a fallire. Adesso anche don Biancalani è finito sotto inchiesta, con un accusa che non potrebbe essere più pretestuosa, avere pubblicato la foto di alcuni richiedenti asilo. Si può essere colpiti solo perchè si dimostra che la convivenza e l’accoglienza sono possibili.
In Calabria una indagine avviata da oltre un anno e mezzo ha portato ad una richiesta di incriminazione a carico del sindaco di Riace Mimmo Lucano, costretto agli arresti domiciliari. Un arresto che non può essere “rivendicato” dal ministro dell’interno. Una richiesta di arresto ai domiciliari avanzata sulla base di un lungo lavoro di indagine svolto dalla Guardia di finanza, che il Giudice delle indagini preliminari ha sostanzialmente destituito di fondamento, salvo due residui capi di imputazione, uno legato all’appalto dei servizi di pulizia, l’altro a due casi di certificazioni relative a matrimoni. E poi gli arresti domiciliari del sindaco, ed il rilancio della Procura che si è appellata per chiedere al Tribunale il riconoscimento dei nove capi di imputazione ( su undici) disattesi dal Gip. Rimane però pesante come un macigno l’osservazione del Giudice delle indagini preliminari che con riferimento alla Procura di Locri osserva come “debba rilevarsi l’acritico recepimento da parte sua –al fine di ricostruire i fatti addebitati agli odierni indagati– delle conclusioni raggiunte all’esito di una lunga attività investigativa dagli appartenenti alla Guardia di Finanza- Gruppo di Locri”. Non occorreva altro per dimostrare che era responsabilità del sindaco, e non di chi lo contrastava in tutti i modi, la fine della “favola” di Riace.
Sull’oggetto, e sulle stesse modalità dell’indagine ci sono molti aspetti oscuri che potranno essere chiariti solo con le successive fasi processuali. Di certo è importante richiamarsi ai fatti, e ricordare che Mimmo Lucano non ha intascato neppure un euro, anzi ci ha rimesso di tasca sua per aiutare immigrati in difficoltà. Come è altrettanto certo che in territori come la Locride non sono certo le regole degli appalti pubblici che possono garantire la sottrazione dei servizi comunali all’area di interesse delle organizzazioni criminali. Obiettivo che si consegue spesso con l’affidamento con trattativa privata, che nel caso di Riace ha contibuito al rilancio dell’economia locale ed ai percorsi di integrazione. Non si vede davvero cosa c’entri un appalto delle pulizie con il reato di agevolazione dell’immigrazione irregolare.
Per inquadrare le accuse relative alle attestazioni finalizzate alla celebrazione, neppure realizzata, di …due matrimoni, su migliaia di persone in difficoltà transitate da Riace, si dovrebbe valutare la riconducibilità dei comportamenti contestati a Mimmo Lucano alla componente soggettiva, richiesta dall’art. 12 del Testo Unico sull’immigrazione n.286 del 1998, per la configurazione del reato di agevolazione del soggiorno irregolare. Che risulta ben diversa dalla finalità richiesta nel caso di agevolazione dell’ingresso irregolare. Una riflessione che dovrebbe partire dalla tragica sorte di una giovane nigeriana, Becky Moses, che ha dovuto lasciare il sistema di accolgienza di Riace per il diniego sulla richiesta di protezione, ricevuto dalla competente territoriale, e che poi è finita bruciata in un rogo scoppiato in una tendopoli vicino Rosarno. Luogo nel quale molte giovani migranti, espulse dal sistema di accoglienza, per il diniego ricevuto sull’istanza di asilo, sono costrette alla prostituzione in condizioni devastanti. Riace non era una favola, sulla quale è piombata come una bomba l’inchiesta giudiziaria, ma un luogo di pratiche quotidiane di solidarietà che continueranno anche oltre la sindacatura di Mimmo Lucano, sorrette dal supporto nazionale ed internazionale che ha saputo suscitare. Sarebbe gravissimo se gli immigrati presenti a Riace trovassero ulteriori conferme alla sensazione di essere sotto attacco e si disperdessero sul territorio nazionale o in altri paesi europei. Sarebbe una vittoria per le mafie che trafficano i migranti e per la ‘ndrangheta che controlla il territorio della Locride.
Appare evidente che l’unica finalità che ha spinto MImmo Lucano a rilasciare le richieste certificazioni, necessarie per un matrimonio civile, era costituita dall’esigenza di non lasciare in condizioni di abbandono una giovane donna che, senza il permesso di soggiorno, non avrebbe avuto altre alternative che finire in un contesto fortemente degradato come quello di Rosarno, e di subire ogni sorta di abusi, fino al rischio estremo di finire uccisa. I matrimoni fittizi vanno accertati con requisiti rigorosi, come del resto fa la magistratura. Saranno le successive fasi del procedimento penale che stabiliranno eventuali responsabilità personali connesse alla regolarità degli atti d’ufficio, ma non sembra configurabile quell’intento soggettivo che caratterizza il reato di agevolazione dell’immigrazione irregolare. Nel comportamento del sindaco di Riace non si è ravvisata infatti alcuna finalità di perseguire un qualsiasi profitto, neppure in via indiretta, nè si ricostruisce un vero tentativo di agevolazione di un ingresso irregolare (che non c’è mai stato) relativamente all’unico caso contestato che avrebbe riguardato un cittadino straniero ancora residente all’estero.
Come osserva David Puente nel suo blog, sulla base di una lettura complessiva delle intercettazioni utilizzate contro Mimmo Lucano, ” la storia riportata nell’ordinanza racconta di un sindaco contrariato che non ha celebrato il matrimonio e che cercava in qualche modo di difendere la donna da un uomo di 70 anni che vuole sfruttare la situazione. Alla fine il sindaco stesso aveva annullato tutto”.
Le parole di Mimmo Lucano riaffermano la legittimità dei suoi comportamenti nei due episodi di attività documentali connesse alla celebrazione di matrimoni. E’ del resto nota la grande discrezionalità delle forze dell’ordine nell’accertamento dei presupposti dei matrimoni di convenienza, al punto che sono stati interrotti rapporti matrimoniali che si erano consolidati già nel tempo. La piaga dei matrimoni fittizi ha ben altre caratteristiche rispetto ai comportamenti contestati al sindaco di Riace.
Al di là dei singoli punti della richiesta della Procura, accolti solo in due aspetti dal Giudice delle indagini preliminari, occorre mettere in rilievo come la misura cautelare disposta dal Giudice abbia un impatto devastante rispetto alla prosecuzione dell’esperienza di accoglienza di Riace, per non fermarci ai dubbi sulla congruenza della misura rispetto ai reati contestati ed agli elementi probatori raccolti a fondamento delle accuse. Anche l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ha espresso la sua preoccupazione per l’arresto del sindaco Mimmo Lucano.
Vedremo che riscontro avranno le ulteriori richieste rivolte dalla Procura di Locri al Tribunale del riesame in merito ai nove capi di imputazione che il Giudice delle indagini preliminari ha disatteso, con una pesante valutazione sulla sommarietà delle attività di indagine svolte dalla Guardia di finanza, poi integralmente recepite dalla Procura.
Resteremo comunque accanto a Mimmo Lucano ed a tutti gli operatori della solidarietà accusati, con il ricorso a varie norme del codice penale, per avere compiuto atti di solidarietà in terra, ma anche in mare, in acque internazionali. Di fatto stiamo assistendo anche in Italia alla introduzione surrettizia del delitto di solidarietà. Non con un provvedimento legislativo approvato dal Parlamento, ma con il ricorso ad accordi internazionali ed a norme penali che sanzionano reati diversi.
Ricordiamo il dovere primario di solidarietà imposto dall’art. 2 della Costituzione, al quale si richiama l’impegno di Mimmo Lucano, e le cause di giustificazione (artt. 12 T.U. Immigrazione e 54 del Codice penale) che legittimano i soccorsi in mare ed escludono la rilevanza penale delle attività di assistenza compiute in favore di stranieri in situazione di bisogno. In situazione di bisogno esattamente come quelle giovani ragazze che, se vengono lasciate senza documenti di soggiorno e quindi espulse dal sistema di accoglienza, rischiano di finire nelle mani degli sfruttatori in luoghi, come a Rosarno, come nelle tante Rosarno d’Italia, nei quali sono esposte ad ogni genere di abusi.
La riproduzione della “clandestinità” derivante dall’espulsione dal sistema di accoglienza si accompagna oggi alla presentazione di un organico progetto legislativo, come il recente decreto “Sicurezza e immigrazione”, che mira a colpire i luoghi di emancipazione ed inserimento sociale come i centri SPRAR, per privilegiare i centri di accoglienza straordinaria (i famigerati CAS), per non parlare dei CARA, come quello di Mineo (CT), che avrebbero dovuto chudere da anni, e che ancora rimangono in funzione su convenzioni stipulate direttamente tra prefetture e gestori privati. Un progetto organico rispetto al quale l’esperienza di accoglienza di Riace costituiva un elemento di contraddizione da eliminare, come il ministro dell’interno aveva promesso all’inizio del suo mandato, con il messaggio minaccioso rivolto proprio al sindaco Mimmo Lucano. Non è un mistero del resto che la Calabria alle prossime scadenze elettorali rimanga un territorio di conquista, e l’uso mediatico che si farà del processo al “sistema Riace” potrebbe avere un impatto rilevante. Con i metodi da squadrismo mediatico ormai diffusi contro qualunque manifestazione di solidarietà a favore dei migranti.
Per le persone da difendere, persone prima che migranti, Mimmo Lucano si è sempre assunto la sua parte di responsabilità, e se nel perseguire il fine della solidarietà costituzionale avesse commesso irregolarità amministrative queste potrebbero essere accertate con un processo, nel rispetto della presunzione di innocenza e dei diritti di difesa. Si dovrebbe però valutare, nella stessa sede processuale, l’effetto negativo dei ritardi nella corresponsione dei fondi che dallo Stato dovevano arrivare a Riace e le difficoltà gestionali derivanti dai mancati finanziamenti pubblici, sui quali andranno aperti ulteriori squarci dell’inchiesta. Molti si sono accorti di Riace solo per mettere fine ad una esperienza di accoglienza inclusiva che dava fastidio. Ma non hanno speso una parola quando i comuni che praticavano accoglienza venivano lasciati senza fondi.
Che la finalità solidale, o umanitaria, perseguita possa assumere un rilievo anche in campo penale è confermato dal sistema delle cause di giustificazone previste dal codice penale e dal Testo Unico n.286/1998 in materia di immigrazione. Disobbedienza civile e principio di legalità non sono in contrasto tra loro se si inquadrano nell’assetto delineato dal patto costituzionale. E si tratta di materia assai diversa dai casi nei quali un ministro della Repubblica disattende il principio di legalità, come è successo nel caso della nave Diciotti, non per garantire, ma per violare proprio il principio costituzionale di solidarietà e gli obblighi di assistenza delle persone in stato di bisogno, imposti dalla legge e dalle Convenzioni internazionali. Obblighi che valgono in mare come in terra, quando è in gioco la integrità fisica o il diritto alla vita.
“ARRESTI DOMICILIARI DEL SINDACO DI RIACE”
COMUNICATO STAMPA DI MONS. G. M. BREGANTINI,
(già Vescovo della Diocesi di Locri-Gerace per 14 anni).
Davanti al fatto degli arresti domiciliari del Sindaco di Riace, MIMMO LUCANO, esprimo la mia profonda amarezza e dolore. Per lui e per tutta la comunità del paese e della Calabria tutta, dove sono stato Vescovo per ben 14 anni.
Sento perciò di dire una parola di vicinanza e di solidarietà, che possa essere di conforto all’amico Mimmo e di luce per tutti i fedeli della zona. Infatti, ritengo che l’agire di questo sindaco, coraggioso e tenace, sia stato fecondo di bene e fortemente progettuale. Ha colto l’occasione che gli era stata posta dai fatti, quella cioè di accogliere anni fa un vascello di cittadini Curdi, che per caso era sbarcato sulle coste del suo paese. Ha sentito dentro un grande movimento di umanità, che lo spingeva alla solidarietà diretta e fattiva. In questo cammino, ha coinvolto progressivamente l’intero suo paese, Riace. Specie il centro storico, dove ha potuto così riattivare e riabitare tante case vuote, perché i proprietari erano emigrati altrove. Terra quindi di emigrazione, la Calabria. E perciò terra che meglio può esprimere un cuore vivo di empatia relazionale.
Proprio su questa empatia relazionale ha poi proseguito il suo cammino, sostenuto personalmente anche dalla nostra Chiesa di Locri – Gerace. A tratti è stato un itinerario anche rischioso, spesso dovendo scontrarsi con logiche di comodità o di interessi malavitosi. Ma di certo, è stato un uomo lungimirante, un sindaco che ha capito che solo valorizzando gli immigrati si porterà beneficio ai nostri cittadini italiani. Non uno contro l’altro, ma solo insieme. Ha creato benessere per tutti, riaperto la scuola, riattivato antichi mestieri che nessuno ormai faceva ma che erano la salvezza economica della Calabria dando lustro a quella terra, che così diventava famosa non solo per l’arte dei bronzi, ma anche per la forza dell’umano, oggi. Ha poi sempre mantenuto un atteggiamento collaborativo, pur dentro una forte spinta profetica,che lo portava a guardare ben oltre gli ristretti steccati del paese.
Confido nella magistratura perché possa far luce su tutta questa dolorosa vicenda. Sento però che tutto potrà essere chiarito se si spegneranno quei toni polemici di chi cerca non la verità ma la vittoria di opinioni personali interessate. E’ in gioco il bene comune del paese.
Chiedo alla politica di riflettere bene su questo “modello”, specie in questo momento di grandi battaglie, per evitare che in futuro il binomio tra sicurezza e migranti diventi negativo e di contrapposizione. I migranti, come si impara da Riace, sono una risorsa non un pericolo. Riattivano paesini che stanno morendo, come già constatiamo con tante trepidazione anche in Molise. Accoglierli con saggezza e con un buon piana di integrazione, specie insegnando loro la nostra bella lingua italiana, renderà più aperti i nostri cuori e le nostre città. Perché è vero quello che scrive papa Francesco, nella sua Evangelii Gaudium, quasi descrivendo la piccola Riace: “Come sono belle le città che superano la sfiducia malsana e integrano i differenti e che fanno di tale integrazione un nuovo fattore di sviluppo!” (EG 210).
E’ con queste parole di luce che affido al Signore questa sofferta vicenda umana e sociale, certo che il Signore aprirà nuove strade di speranza e di consolazione per tutti.
Campobasso, 3 ottobre 2018, + p. GianCarlo Bregantini, Vescovo