di Fulvio Vassallo Paleologo
E’ passato ancora un’altro giorno senza indicazioni da parte del governo sui tempi di sbarco ed i luoghi di destinazione dei naufraghi a bordo della nave Diciotti ormai da oltre una settimana. Lo sbarco dei minori non accompagnati è stato soltanto un atto dovuto dopo il pronunciamento della Procura minorile di Catania.Per tutti gli altri il calvario continua in assenza di prospettive di sbarco a breve termine. Come se la Diciotti fosse stata trasformata in una prigione galleggiante. Un anticipo della soluzione “australiana” NO WAY che Salvini vagheggia, al di fuori della legge italiana, dei Regolamenti europei e delle Convenzioni internazionali. Dopo avere eliminato le ONG, con una campagna di criminalizzazione che adesso viene smentita dalla magistratura, Salvini si rivolge persino contro navi della Guardia costiera , battenti bandiera italiana. Eppure le regole del soccorso in mare non sono nella disponibilità di un governo o di un ministro dell’interno.
Salvini sta giocando una partita tutta orientata ad affermare la sua posizione dominante nel governo, e ad incassare altro vantaggio elettorale, arrivando a definire come “illegali” i migranti soccorsi in acque internazionali dalla Guardia costiera italiana. Nessuno può escludere il diritto di una persona di chiedere asilo in frontiera, lo prevede la Convenzione di Ginevra, non solo per chi proviene da paesi in mano a regimi dittatoriali come l’Eritrea. Dopo un’azione SAR ( ricerca e soccorso) nessun naufrago può essere definito “illegale” fino a quando si trova sull’unità navale che lo ha salvato, semmai si colloca fuori dalla legalità costituzionale e dal diritto internazionale chi non garantisce una tempestiva conclusione dell’operazione di salvataggio.
Sono state aperti diversi fascicoli di inchiesta da parte delle procure siciliane, e si sommano le denunce che singoli, associazioni ed avvocati stanno presentando, in merito al prolungato trattenimento a bordo della nave, preceduto da un diniego non formalizzato del ministero dell’interno al momento della doverosa indicazione del porto di sbarco al comandante. Come ha confermato in diverse occasioni il Garante nazionale per le persone private della libertà personale, sembra evidente che il trattenimento a bordo della Diciotti, inflitto fino a ieri anche a 27 minori non accompagnati,e tuttora in corso per gli adulti, si pone al di fuori del dettato costituzionale (art.13) e dei principi affermati dall’art. 5 della Convenzione europea a salvaguardia dei diritti dell’Uomo ( riserva di legge per i provvedimenti limitativi della libertà personale).
Dopo la visita effettuata a bordo della Diciotti nella giornata di giovedì 23 agosto i rappresentanti dell’Ufficio del Garante hanno denunciato il protrarsi di un trattenimento “de facto” non conforme a legge. Sarà la magistratura ad accertare se ricorrano i reati derivanti dai fatti rappresentati in alcune denunce depositate presso diverse procure, fino all’ipotesi più grave del sequestro di persona. Non sarà comunque semplice dimostrare l’intento soggettivo tipico di questo reato, mentre per le ipotesi più lievi di omissioni o di abuso, il percorso giudiziario potrebbe arenarsi nelle secche delle procedure previste per i cd. reati ministeriali. Si deve anche considerare che Salvini ha già dimostrato di utilizzare i primi passi delle inchieste giudiziarie sul trattenimento a bordo della Diciotti per alimentare la sua macchina di propaganda, anche sfidando la Presidenza della Repubblica, e dare forza ai seminatori d’odio lasciati liberi di operare in rete senza alcun controllo o limite effettivo.
La paura di finire sotto inchiesta produce un effetto contagio spaventoso. Sarà stato sottoposto a pressioni enormi ma questa frase, che “GLI ERITREI SONO PIU SNELLI” , il comandante della Diciotti, la poteva proprio evitare. Qualcuno e’anche morto di fame dopo lo sbarco… mesi fa. Si chiamava Segen…morto lo scorso marzo a Pozzallo, per la denutrizione subita in Libia, Che il comandante si informi meglio e che si difenda come gli spetta chiamando in causa i suoi superiori che hanno finora impedito lo sbarco. Le sue dichiarazioni, se non sono state travisate dai giornalisti, fanno oggettivamente il gioco di chi vuole giustificare i ritardi del governo, prima nella individuazione del porto di attracco e poi nella autorizzazione, ancora negata per gli adulti, allo sbarco. Ritardi che hanno avuto conseguenze irreversibili sul piano umano, politico, e anche economico.
Potrebbe avere un impatto maggiore, comunque sempre nel medio periodo, l’esposto che sarà presentato da alcuni parlamentari ed avvocati, alla Procura della Corte dei Conti, per il danno erariale derivante dal blocco reiterato di mezzi della guardia costiera italiana, per effetto della mancata indicazione del porto sicuro di attracco, con una lunga sosta davanti l’isola di Lampedusa, e quindi per la mancata autorizzazione allo sbarco nel porto di Catania. Giorni e giorni di impiego indebito delle unità della Guardia costiera italiana nel caso della scorta a Valencia della nave ONG Aquarius, che comportano costi sempre maggiori per le casse dello stato, quindi per tutti i cittadini, per non parlare dei danni che potrebbero essere richiesti da quelle unità commerciali come la Alexander Maersk che hanno dovuto attendere giorni per entrare in un porto italiano, dopo avere compiuto doverose attività di salvataggio, sotto il coordinamento della Centrale operativa della Guardia costiera italiana (IMRCC).
Adesso anche la Corte dei Conti vuole chiarezza sui costi legati alll’immigrazione, dall’accoglienza alle azioni di contrasto. Anche l’uso delle navi militari e della Guardia costiera rientra in questa attività di revisione della spesa pubblica, chiamata al solito in inglese come spending review. Le competenze dei ministeri vanno ristabilite, anche per evitare la distorsione sempre più frequente di fondi europei e nazionali. Anche l’utilizzazione dei mezzi della Guardia costiera ( e della Marina militare) in acque internazionali deve rientrare in queste attività di controllo della spesa.
Ma non è solo questione di costi. Non si può continuare a diradare per ragioni politiche la rete dell’organizzazione di ricerca e salvataggio in mare (SAR) come avverrebbe se passassero tutti i diktat di Salvini. Quest’anno oltre 1500 persone hanno perso la vita sulla rotta del Mediterraneo centrale, oltre 700 negli ultimi tre mesi, come conferma l’UNHCR. Per non parlare di come i migranti ripresi dalla sedicente Guardia costiera libica vengono trattati nei lager nei quali vengono rinchiusi dopo essere stati ricondotti a terra. Numerosi rapporti internazionali, anche delle Nazioni Unite, confermano le condizione di denutrizione subite dai migranti ed in particolare da quelli di fede cristiana come gli Eritrei in Libia. Un numero crescente di migranti è stato ripreso in acque internazionali dalle milizie libiche a bordo delle motovedette donate ed assistite dall’Italia. L’allontanamento delle ONG è una delle cause dell’indebolimento complessivo del sistema di soccorso. Ma anche i ritardi nei porti italiani, e gli ostacoli di carattere burocratico o politico hanno contribuito a diminuire la complessiva capacità di salvataggio in alto mare.
Occorre trovare una soluzione immediata ad una situazione che a bordo della nave Diciotti diventa di ora in ora sempre più difficile, in assenza di qualunque comunicazione dal ministero competente, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che smentisce qualunque provvedimento di “chiusura dei porti”, ha in realtà autorizzato solo “lo scalo tecnico” della Diciotti a Catania. Mentre i ministri Salvini e Toninelli invadono i social con tweet e post, non permettono di adottare quei provvedimenti che i loro uffici dovrebbero comunicare alle autorità periferiche ed al comandante della nave Diciotti. Il preteso consenso popolare, o la comunicazione a mezzo internet usata come uno strumento di governo, anche con velate minacce alla magistratura, non possono sovvertire l’assetto costituzionale, il primato della legge e la riserva di giurisdizione.
Con la Legge n. 147 del 03.04.1989 l’Italia ha ratificato la Convenzione di Amburgo del 1979 sul soccorso marittimo e con D.P.R. n. 662 del 1994 ha dato attuazione alla Convenzione di Amburgo del 1979 SAR, sul salvataggio in mare.
Il decreto legislativo 662/94 conferisce alle attuali 15 Direzioni Marittime ed all’Autorità Marittima dello Stretto (Messina) le funzioni di Centri Secondari di soccorso marittimo (M.R.S.C. – Maritime Rescue Sub Center) che assicurano il coordinamento delle operazioni marittime di ricerca e salvataggio, ciascuna nella propria giurisdizione, secondo le direttive specifiche o le deleghe del Centro Nazionale di coordinamento (I.M.R.C.C.). In base all’art. 2 del decreto, “l’autorita’ nazionale responsabile dell’esecuzione della convenzione e’ il Ministro dei trasporti e della navigazione”. La Guardia costiera italiana dipende da questo ministro, secondo le previsioni dettate dalla legge.
Il Decreto legislativo 662/94 non assegna alcuna competenza al Ministero dell’interno nella scelta dei tempi e delle modalità delle operazioni di ricerca e salvataggio in mare. il Codice della navigazione stabilisce (all’art. 83) che il Ministero dei Trasporti possa vietare, «per motivi di ordine pubblico, il transito e la sosta di navi mercantili nel mare territoriale». Ma dovranno essere ragioni di “ordine pubblico” contenute in un provvedimento amministrativo formale, che come tale sia impugnabile nelle sedi competenti, con una motivazione argomentata in modo puntuale. In ogni caso, qualora ricorrono esigenze di salvaguardia della vita e della salute delle persone soccorse, o ancora siano presenti richiedenti asilo o minori non accompagnati, ma anche altri soggetti vulnerabili come vittime di tortura o donne in stato di gravidanza, queste esigenze di ordine pubblico, siano anche finalizzate all’esigenza di impedire il perfezionamento di reati ( l’agevolazione dell’ingresso irregolare) non possono essere perseguite in spregio dei fondamentali valori della persona e della vita umana.
In base al Decreto ministeriale 14 luglio 2003 (disposizioni in materia di contrasto all’immigrazione clandestina in G.U. n. 220 del 2003), emanato dopo la legge Bossi Fini del 2002, “ferme restando le competenze stabilite dall’art. 11, comma 3, del testo unico, il raccordo degli interventi operativi in mare e i compiti di acquisizione ed analisi delle informazioni connesse alle attivita’ del comma 1 sono svolti dalla Direzione centrale dell’immigrazione e della Polizia delle frontiere del Dipartimento della pubblica sicurezza, di seguito denominata «Direzione centrale».
Secondo il successivo art. 2, comma 2, “restano immutate le competenze del Corpo delle capitanerie di porto per quanto riguarda la salvaguardia della vita umana in mare. Nell’espletamento di tali attivita’ le situazioni che dovessero presentare aspetti connessi con l’immigrazione clandestina, ferma restando la pronta adozione degli interventi di soccorso, devono essere immediatamente portate a conoscenza della Direzione centrale e dei comandi responsabili del coordinamento dell’attivita’ di contrasto all’immigrazione clandestina indicati agli articoli 4 e 5.
Nello stesso decreto vengono indicate le competenze delle diverse autorità nazionali, in particolare all’art. 6 secondo cui: “1. Ferme restando le competenze dei prefetti dei capoluoghi di regione ai sensi dell’art. 11, comma 3, del testo unico in materia di coordinata vigilanza, nelle acque territoriali e interne italiane le unità navali delle Forze di polizia svolgono attività di sorveglianza e di controllo ai fini della prevenzione e del contrasto del traffico illecito di migranti. Le unità navali della Marina militare e delle Capitanerie di porto concorrono a tale attività attraverso la tempestiva comunicazione dell’avvistamento dei natanti in arrivo o mediante tracciamento e riporto dei natanti stessi, in attesa dell’intervento delle Forze di polizia. Quando in relazione agli elementi meteomarini ed alla situazione del mezzo navale sussistano gravi condizioni ai fini della salvaguardia della vita umana in mare, le unità di Stato presenti, informata la Direzione centrale e sotto il coordinamento dell’organizzazione di soccorso in mare di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 settembre 1994, n. 662, provvedono alla pronta adozione degli interventi di soccorso curando nel contempo i riscontri di polizia giudiziaria.
Secondo le Procedure Operative Standard ( SOP) adottate dal Ministero dell’interno con una direttiva che non ha valore di legge, a seguito delle Decisioni (decisione 1523 del 14 settembre 2015 e 1601 del 22 settembre 2015) del Consiglio dell’Unione Europea, che imponevano al governo italiano il cd. Approccio Hotspot ed il prelievo delle impronte digitali di tutti i migranti sbarcati dopo operazioni di soccorso ( come NON avveniva fino a quel momento),si deve applicare la seguente procedura, “All’arrivo in porto, o al massimo immediatamente dopo all’ingresso nell’Hotspot, devono essere effettuate le attività di triage medico, al fine di identificare le persone che richiedono attenzioni mediche specifiche o presentano vulnerabilità evidenti già in questa prima fase. In genere, personale medico è presente a bordo delle imbarcazioni di soccorso. In accordo con l’USMAF è obbligatorio che il report medico sia inviato alle autorità sanitarie prima dell’arrivo dell’imbarcazione di salvataggio nel porto designato. Generalmente, nel luogo di sbarco si procede ad una veloce verifica della presenza di patologie infettive e si verifica se le persone sbarcate sono idonee a scendere a terra. Solo a seguito di tale verifica è consentito alle persone di lasciare l’imbarcazione”. A seguito di tale checkup medico preliminare, vengono fatte sbarcare con priorità le persone che richiedono
attenzioni specifiche”.
Non è previsto in alcun modo che dopo l’ingresso in porto della nave con i migranti soccorsi in alto mare possa essere impedito lo sbarco a terra. Anche gli eventuali provvedimenti di espulsione e di respingimento possono essere adottati solo dopo che le persone sono sbarcate a terra, secondo le procedure previste dalla legge, e non mentre le persone si trovano ancora a bordo della nave che li ha soccorsi. Vengono fatti salvi espressamente i divieti di espulsione e di respingimento, previsti dall’art. 19 del T.U. n.286 del 1998, ed il diritto di chiedere protezione internazionale o umanitaria.
Secondo le SOP, “successivamente al primo screening sanitario, le persone vengono trasferite in autobus negli hotspot. Gli autobus sono forniti od organizzati dalle prefetture o dall’ente gestore e sono scortati dalle forze
dell’ordine. Un’assistenza speciale è prevista nel caso in cui fossero presenti minori non accompagnati”. E ancora, “Il responsabile della pubblica Sicurezza in ogni provincia è il Questore, perciò definito Autorità provinciale di Pubblica Sicurezza. La Polizia di Stato, ne costituisce la diretta espressione, ma per i profili che attengono all’ordine pubblico, il Questore ha la responsabilità tecnica anche delle altre forze dell’ordine. Ogni sbarco, pertanto, coinvolge la Questura in cui ha sede l’hotspot per i profili di ordine e sicurezza pubblica. Quindi, l’Autorità provinciale di P.S. curerà, innanzitutto, che tutte le fasi in cui si articola la gestione del flusso dei migranti avvengano senza che vi siano nocumenti per l’ordine e la sicurezza pubblica e, in secondo luogo, affiderà alle pertinenti articolazioni della Polizia di Stato la gestione delle successive fasi discendenti allo sbarco dei migranti siano, dirette alla loro identificazione, individuazione dello status giuridico e conseguente trattazione”.
Il d.lgs. n. 142/15, a conferma di quanto già stabilito nel D.M. dell’ottobre 2014, ha attribuito ai Tavoli di coordinamento regionali, presieduti dal Prefetto del comune capoluogo, le funzioni connesse alla assegnazione dei richiedenti la protezione internazionale, all’ individuazione delle strutture destinate all’accoglienza temporanea. I cd. Hotspot sono previsti dall’art. 17 del Decreto Legge n. 13 del 13 febbraio 2017, convertito in Legge 13 aprile 2017, n. 46, con la denominazione di “Punti di crisi”. Le modalità operative dell’approccio Hotspot vengono poi coordinate dai Prefetti dei capoluoghi di provincia che comprendono i territori nei quali ricadono i porti di sbarco. In base a questa norma , che non può essere derogata dal ministro dell’interno, soprattutto a mezzo di comunicazioni informali, con post o tweet.
Secondo le leggi sopra indicate, e in base alla nuova formulazione dell’art. 13 ter del Testo Unico sull’immigrazione n. 286 del 1998, dunque, “lo straniero rintracciato in occasione dell’attraversamento irregolare della frontiera interna o esterna ovvero giunto nel territorio nazionale a seguito di operazioni di salvataggio in mare e’ condotto per le esigenze di soccorso e di prima assistenza presso appositi punti di crisi allestiti nell’ambito delle strutture di cui al decreto-legge 30 ottobre 1995, n. 451, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 1995, n. 563, e delle strutture di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142. Presso i medesimi punti di crisi sono altresi’ effettuate le operazioni di rilevamento fotodattiloscopico e segnaletico, anche ai fini di cui agli articoli 9 e 14 del regolamento UE n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 ed e’ assicurata l’informazione sulla procedura di protezione internazionale, sul programma di ricollocazione in altri Stati membri dell’Unione europea e sulla possibilita’ di ricorso al rimpatrio volontario assistito”.
Il comandante della Diciotti deve ricevere al più presto indicazione dalla Capitaneria di porto e dal Prefetto di Catania sull’attivazione dell’Approccio Hotspot e sui tempi e le modalità dello sbarco delle 149 persone ancora bloccate per effetto della volontà politica manifestata sui social dal ministro dell’interno, ed assecondata con il suo ordine di “scalo tecnico” a Catania dal titolare del Ministero delle infrastrutture, che adesso riceve anche il sostegno dell’altro vicepresidente del Consiglio, Luigi Di Maio, che addirittura minaccia di sospendere i contributi dell’Italia all’Unione Europea. In vista di un vertice europeo ampiamente pubblicizzato, ma che sarà solo a livello di funzionari esecutivi, e che quindi non avrà alcun potere decisionale, ma che viene spacciato come possibile soluzione della crisi.
Le minacce italiane rivolte da Di Maio all’Unione Europea sul caso della Diciotti, e della mancata redistribuzione dei naufraghi nei diversi paesi del gruppo dei “volenterosi”, rischiano di compromettere la posizione dell’Italia quando si dovrà presentare a Bruxelles la legge di bilancio e si dovrà ottenere un voto favorevole anche da parte di quei paesi sovranisti che Salvini spaccia per alleati, ma che in realtà sono i più strenui oppositori della modifica del regolamento Dublino e delle richieste di redistribuzione avanzate dal governo italiano. Un ministro dell’interno e vicepresidente del Consiglio non può gestire come “dominus” tutti i rapporti internazionali del governo italiano, spingendosi al di là delle competenze che gli riserva la Costituzione.
In assenza di indicazioni espresse da parte dei ministri, tocca quindi all’Autorità portuale, alla Capitaneria di porto, ed alla Prefettura di Catania, competente per indicare le soluzioni di prima accoglienza, autorizzare lo sbarco ed indicare al Comandante della Diciotti, nel più breve tempo possibile, la soluzione di sbarco e di prima accoglienza, alla quale dovranno dare il loro contributo i rappresentanti di UNHCR, OIM, EASO e della stessa agenzia europea Frontex presente da tempo a Catania in occasioni simili.
Il ministro delle infrastrutture Toninelli ha disposto l’ingresso della nave Diciotti a Catania solo per uno “scalo tecnico”, è dunque a lui che è riferibile attualmente il divieto di sbarco a terra, imposto nella comunicazione social da Salvini, ma formalizzato proprio da lui. E’ Toninelli che adesso deve autorizzare lo sbarco a terra, senza cedere ad ulteriori pressioni di Salvini, che dopo il fallimento della trattativa europea, e dopo lo “scalo tecnico” nel porto di Catania potrebbe avviare la sperimentazione del “modello australiano” ed ordinare un respingimento collettivo, dando ordine alla Diciotti di salpare verso la Libia. Ammesso che il governo di Tripoli fornisca la sua collaborazione.
Il prolungato ed illegittimo trattenimento dei migranti a bordo della Diciotti non può tradursi in una sospensione dello stato di diritto, come se una nave della Guardia costiera italiana, peraltro all’interno di un porto nazionale, non costituisse più territorio italiano, e come se le persone a bordo non fossero sottoposte alla giurisdizione italiana. Dovrà essere attrezzato nel più breve tempo possibile all’interno del porto tutto quanto necessario per lo sbarco e per il cd. approccio Hotspot, previsto, a partire dal settembre del 2015, dall’Unione Europea, anche in questo caso come si è fatto in centinaia di occasioni simili, a Catania e in atri porti italiani, fino al mese di giugno di quest’anno. Sono queste obbligazioni precise che l’Italia, che non ha mai adottato una normativa di legge in materia, deve rispettare ed adempiere anche nei confronti delle autorità di Bruxelles.
Disegno di Francesco Piobbichi
Il ministero dell’interno non ha poteri di impedire uno sbarco, soprattutto in assenza di provvedimenti formali e motivati, e nei confronti di persone che si trovano già a bordo di un mezzo della Guardia costiera italiana, una istituzione che non può essere ancora offesa in questo modo, con gravi violazioni di diritti dei migranti e degli uomini e delle donne dell’equipaggio. Qualunque ulteriore ritardo sullo sbarco dei naufraghi ancora a bordo della Diciotti potrebbe comportare una diffusione della platea dei soggetti responsabili,sul piano civile, amministrativo e penale, Oltre a determinare una situazione che potrebbe essere di grave pericolo per persone già duramente provate dalla fuga dal loro paese e dalla permanenza in Libia e dell’equipaggio che li ospita a bordo, e che condivide con loro da una settimana la mancata autorizzazione allo sbarco. La negoziazione politica portata avanti dal governo italiano con l’Unione Europea non può scaricarsi sui corpi, sulla salute e sulla dignità dei migranti ancora trattenuti a bordo della Diciotti e degli uomini di mare che hanno salvato le loro vite.
(ANSA) – BRUXELLES, 23 AGO – “Stiamo rafforzando il lavoro per trovare una soluzione a lungo termine” sugli sbarchi dei migranti, “ed e’ in questo contesto che e’ stato convocato un incontro degli sherpa per domani. E’ una riunione informale, da cui non emergeranno decisioni. Lo scopo e’ discutere un approccio europeo e la strada avanti sulla base dell’esperienza di cooperazione degli Stati sugli sbarchi e la condivisione della responsabilita’ nelle ultime due settimane”. Cosi’ un portavoce della Commissione Ue sulla riunione di domani.(ANSA). AN 23-AGO-18 13:27
Area democratica per la giustizia sulla vicenda della nave Diciotti
Il divieto imposto dal governo italiano a 177 migranti, soccorsi in mare in zona SAR maltese dalla nave della guardia costiera italiana Diciotti, di sbarcare in un porto italiano per ricevere la necessaria assistenza ed ivi esercitare il diritto di richiedere asilo e protezione, integra la violazione di diritti fondamentali della persona umana, la cui tutela è imposta allo Stato italiano ed alle sue Istituzioni da norme cogenti di diritto interno ed internazionale.
Inoltre, la presenza tra i migranti di diversi minori non accompagnati ai quali solo nelle ultime ore è stato consentito di sbarcare, integra ancor più gravi violazioni di obblighi imposti dalla Costituzione, dalle convenzioni internazionali a tutela dei soggetti minori, nonché dalla legge interna tra cui la recente L.47/2017 che prevede che “ in nessun caso può disporsi il respingimento alla frontiera di soggetti minori non accompagnati”-
L’indebito trattenimento integra la violazione di diversi altri cogenti obblighi dello Stato italiano. La Convenzione internazionale sulla ricerca e il soccorso in mare del 1979 (Convenzione SAR) obbliga gli Stati parte a “…garantire che sia prestata assistenza ad ogni persona in pericolo in mare… senza distinzioni relative alla nazionalità o allo status di tale persona o alle circostanze nelle quali tale persona viene trovata” ed a “…..fornirle le prime cure mediche o di altro genere ed a trasferirla in un luogo sicuro”, di talchè il par. 6.8 delle Linee Guida IMO impone che in caso di soccorso in mare sia ridotta al minimo la permanenza dei sopravvissuti a bordo della nave che ha effettuato il salvataggio.
L’art. 10 della Costituzione italiana garantisce l’accesso dello straniero al diritto di asilo e alla protezione internazionale e la nostra Carta costituzionale assicura allo straniero l’accesso ai diritti fondamentali, primo fra essi il diritto inviolabile alla libertà personale. Analoghi diritti sono assicurati dalla Convenzione Edu(art. 5 §1 Conv. Edu, art. 4 prot. addizionale n. 4 alla Convenzione Edu) e dall’ordinamento dell’Unione Europea (art. 18 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea; art. 67, 78 e 80 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea).
Il trattenimento di 177 persone a bordo di una nave, peraltro senza che sia dato sapere in base a quale ordine formale, da chi impartito e con quale competenza, potrebbe integrare una indebita privazione della libertà personale, atteso che essa per esigenze di controllo dell’immigrazione irregolare può avvenire solo in forza di provvedimenti assunti «caso per caso», sotto il controllo dell’autorità giudiziaria (entro 96 ore al massimo; art. 13 Cost.; art. 14 D.lgs. n. 286/1998) e garantendo ai migranti l’accesso alle informazioni sulle procedure necessarie a richiedere l’asilo o altre misure di protezione.
Tale trattenimento non rispettoso delle norme internazionali e interne di tante persone, alcune delle quali, a quanto si è appreso, malate e bisognose di cure, tutte comunque di immediata assistenza, ha determinato, secondo quanto si è appreso dalla stampa, l’avvio di inchieste da parte di alcune Procure, le quali, è appena il caso di ricordare, hanno l’obbligo di accertare l’eventuale sussistenza di reati e la relativa responsabilità penale, da chiunque commessi.
E al di là dei profili penali, tale situazione espone lo stato italiano al rischio di nuove condanne da parte della Corte Edu, per violazione dell’articolo 5 § 1 della Convenzione ; in un caso che presenta alcune analogie con quello odierno la Corte ha condannato l’Italia per diverse violazioni della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo [Corte Edu, Grande camera, sentenza 15.12.2016, caso Khlaifia e altri c. Italia, in particolare §§ 97 e ss.], affermando con chiarezza che il trattenimento deve avvenire in forza di una base giuridica chiara ed accessibile, beneficiando delle garanzie fondamentali dell’habeas corpus, così come scolpite dall’art. 13 della Costituzione.
Ma, prima di tutto, il trattenimento dei migranti costituisce un’inaccettabile violazione di quel principio personalistico e di solidarietà umana che è alla base del patto sociale consacrato nella nostra Carta Costituzionale, che postula la centralità della persona.
Il rispetto di tale principio non consente a nessuno di strumentalizzare la vita, la salute e la dignità delle persone come mezzo di pressione politica.
Il Coordinamento nazionale di Area Democratica per la Giustizia
DICIOTTI, IL “NON PROVVEDIMENTO” PIÙ FORTE DEL DIRITTO
Catania. Salvini lo rivendica, Toninelli dice di non avere più competenze. Ma è un atto fantasma quello che violando la Costituzione, la legge italiana e i trattati internazionali
di Andrea Fabozzi, il Manifesto 24.08.18
Un atto fantasma che viola tutte le leggi, nazionali e internazionali. Non c’è traccia del provvedimento formale che tiene 150 naufraghi bloccati sulla nave Diciotti. Il ministero dei trasporti, dal quale per le operazioni di soccorso dipende il comandante della nave della Guardia costiera, sostiene di non avere alcuna competenza una volta completato l’attracco in porto. Scarica sul Viminale. Responsabilità che Salvini volentieri si prende, anzi rivendica, pur non avendola in via esclusiva. Anche il decreto del 2003 contro l’immigrazione illegale che assegna un ruolo di regia al Viminale nelle operazioni di contrasto, per tutto quello che attiene alla salvaguardia delle vite in mare ribadisce che il ruolo guida è (o dovrebbe essere) del ministero dei trasporti. Non per caso Salvini ieri ha ripetutamente dichiarato che «sulla Diciotti ci sono solo immigrati illegali». Anche se, da quando hanno messo piede sulla nave, sono in territorio italiano. E non hanno ancora potuto avviare la procedura di richiesta di asilo.
L’atto fantasma non è nemmeno un inedito, visto che già nella vicenda della nave Proactiva Open Arms il famoso ordine di chiusura dei porti (di Toninelli? di Salvini?) non era mai stato formalmente emanato. Lo ha scoperto con un accesso agli atti l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione.
Ieri il comandante Kothmeir ha raccontato di aver scoperto solo via social che le procedure di sbarco non si sarebbero svolte regolarmente. La visita sanitaria dei medici di frontiera, che abitualmente apre le procedure di sbarco dei migranti, è stata rinviata fino al momento in cui sono stati fatti scendere i minori. Ma da mercoledì sera non ci sono più ragioni sanitarie a impedire lo sbarco. Per quanto sembri assurdo, nel rimpallo tra un ministero e l’altro viene fuori che a bloccare i migranti a bordo è un aspetto tecnico: il Viminale, attraverso la prefettura, non ha disposto le operazioni di fotosegnalamento senza le quali non possono toccare terra.
L’atto invisibile di Salvini è però sicuramente illegale. Persino illegittimo, secondo diversi pareri giuridici che abbiamo raccolto. L’articolo 13 della Costituzione vieta qualsiasi forma di detenzione, se non in casi straordinari previsti dalla legge (e nel caso solo per 48 ore informando l’autorità giudiziaria). In questo frangente non c’è neanche un ordine scritto. Ma la Costituzione può ritenersi violata anche nell’articolo 10 che introduce il diritto di asilo e richiama i trattati e i principi del diritto internazionale. In questo caso sono chiaramente violati due articoli della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, l’articolo 3 – «Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti» – e l’articolo 5 che tutela l’inviolabilità personale al di fuori dei provvedimenti giudiziari. Alla Corte di giustizia europea può accedere direttamente chiunque, l’Italia è già stata condannata per la violazione di questi due articoli della Convenzione e per i respingimenti. Violata è anche la Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, che ha valore di un trattato internazionale e impone il rispetto della dignità (art. 1), vieta i trattamenti inumani (art. 4), riconosce il diritto di asilo (art.18).
Due sono le convenzioni internazionali che disciplinano i soccorsi in mare e l’Italia le sta violando entrambe. La Convenzione Sar di Amburgo obbliga a trasferire in un luogo sicuro chiunque si trovi in condizione di pericolo in mare (Capitolo 1.3.2). E le linee guida dell’Organizzazione marittima internazionale (Imo) del 2004, in base alle quali i governi devo minimizzare il tempo di permanenza dei naufraghi sulle navi dei soccorritori (paragrafo 6.8).
Quanto alla legge italiana, l’articolo 289 ter del codice penale punisce da 25 a 30 anni «chiunque sequestra una persona… al fine di costringere un terzo, sia questi uno stato… a compiere un qualsiasi atto». Sembra scritto per la sfida di Salvini all’Europa, in realtà deriva dalla convenzione di New York del 1979 contro la presa di ostaggi in guerra. È in base a questo articolo che il radicale Magi ha presentato un esposto alla procura di Catania. La cui inerzia, spiega l’avvocato Salvatore Fachile dell’Asgi, «è sconcertante, dal momento che con la polizia giudiziaria avrebbe il dovere di intervenire ed eventualmente far cessare il reato che si sta compiendo da giorni nel porto della città».