Chi sono i veri responsabili del “business” dell’immigrazione

di Fulvio Vassallo Paleologo

In memoria di Dino Frisullo, che il business dell’immigrazione lo combatteva già al tempo della Bossi Fini, sempre dalla parte degli ultimi.

La sua ultima denuncia nel 2003, pochi giorni prima della morte, contro un sistema di accoglienza e detenzione disumanizzante, contro operatori della “solidarietà” che costruivano il loro business sulla pelle dei migranti, per il riconoscimento dei diritti di tutti e di tutte.

Una strada segnata allora, che vale ancora oggi come bussola in un momento di grande confusione e di ribaltamento di senso del linguaggio. Dove erano allora quelli che oggi parlano di business dell’immigrazione?

Nel discorso del nuovo Presidente del Consiglio Conte, oltre le tante promesse elettorali ancora prive di una copertura certa, e dunque irrealizzabili, tra i temi a più alto incasso di gradimento nel fronte populista, “la lotta al business dell’immigrazione ed alla finta solidarietà”.  Scarsa attenzione alle mafie, ma rinnovato impegno contro gli “scafisti”. Che spesso sono disperati costretti a condurre le imbarcazioni per salvare la loro vita. Sullo sfondo, l’ampliamento dei casi di legittima difesa e la promessa di espellere centinaia di migliaia di immigrati irregolari, incrementando l’efficacia degli accordi di riammissione con i paesi terzi. Come dice Salvini, per gli immigrati irregolari “la pacchia è finita”. Ma forse la pacchia è finita proprio per chi ha fatto la sua fortuna elettorale agitando il fantasma dell’invasione e dell’insicurezza. Adesso si dovrà passare dalla propaganda all’azione di governo.

Dal momento che anche la memoria sembra svanita dietro le fanfare del nuovismo giallo-verde, sarà utile ricordare chi ha contribuito alla creazione di un vero e proprio business dell’immigrazione, prima ai tempi della Bossi-Fini dal 2002, e poi nel 2011 ( con l’emergenza nord-africa) quando c’era la Lega al governo che decideva con il ministro Maroni l’apertura del mega-cara di Mineo.

Un grande favore fatto ad una importante impresa del nord-italia, uno scandalo annunciato, al quale nessuno ha saputo porre freno, neanche quando le persone si suicidavano per la disperazione, o erano costrette a vendersi per la sopravvivenza. Ed attorno al CARA di Mineo, propagandato da Maroni come un modello di accoglienza, è fiorita l’economia dello sfruttamento e dell’omertà clientelare. Alla fine lo Stato ha creato il caporalato proprio attorno al centro di Mineo.

il centro di primo soccorso ed accoglienza di Lampedusa, trasformato in Hotspot alla fine del 2015, è servito come serbatoio di alimentazione di un sistema perverso caratterizzato da gravissimi ritardi burocratici e da veri e propri abusi commessi ai danni dei migranti “ospiti”. Dai primi passaggi “integrati” a Lampedusa e Mineo, l’opacità e le irregolarità si sono estese alla maggior parte dei centri di accoglienza gestiti dalle prefetture in tutta Italia, in convenzione con privati. Solo i centri del sistema SPRAR, gestito dai comuni, hanno dato buoni risultati con una gestione trasparente e partecipata, ma gli orientamenti dei diversi governi che si sono succeduti nel tempo, si sono sempre tradotti, al di là degli impegni assunti, verso il mantenimento di una grave dicotomia tra il sistema SPRAR e il coacervo dei centri di accoglienza gestiti dallo stato.

Anni e anni di denunce delle organizzazioni non governative, se hanno prodotto qualche risultato quando la Magistratura ha saputo esercitare un effettivo controllo di legalità, o quando è intervenuto il Garante per le persone private della libertà personale, sono rimaste senza esito nella maggior parte dei casi, ed i gestori più violenti hanno persino minacciato giornalisti ed operatori umanitari che chiedevano la possibilità di accesso e monitoraggio alle strutture, e quindi quando ci riuscivano ne denunciavano tutte le irregolarità. Irregolarità che per anni sono state ignorate dalle Prefetture, prive di un reale sistema di sorveglianza delle spese sempre più ingenti che venivano rimborsate ” a piè di lista”, sulla base di consuntivi assai sommari. Anche il governo Gentiloni-Minniti contribuiva alla deflagrazione umana ed amministrativa dei centri per stranieri, come nel caso del centro Hotspot di Taranto, di cui si occupava anche l’autorità nazionale anticorruzione.

Venivano quindi gli anni della Commissione di inchiesta della Camera sui centri per stranieri, insediata nel 2015, ma il grande lavoro di documentazione si risolveva in una relazione finale assai scarna,e con una relazione di minoranza sull’approccio Hotspot e la richiesta reiterata della chiusura definitiva del mega Cara di Mineo, che però continuava ad essere elusa. Anche i Cinque stelle chiedevano lo scorso anno la chiusura del mega CARA di Mineo, vedremo adesso anche in questo caso se alle parole seguiranno i fatti. Se qualcuno oggi volesse davvero bonificare il “business dell’immigrazione” farebbe bene a partire da quella documentazione raccolta dalla Guardia di finanza. Magari cominciando proprio dai centri di Mineo e di Taranto.

Possiamo temere invece che non si andrà affatto in questa direzione, e la preoccupazione viene proprio dalle prime parole pronunziate da Salvini dopo la nomina come ministro dell’interno. Il leader leghista, che ancora non riesce a distinguere le sue funzioni di ministro da quelle di capo di partito, ha esordito con un durissimo attaco a Mimmo Lucano, ed al modello di accoglienza che si è realizzato a Riace. Nessun uomo è uno “zero”, espressione che un ministro dell’interno non si può permettere di usare.

Con il ricorso sempre più violento ad una “macchina del fango“, alimentata dai proclami della Lega e dalle oscure attività di frammenti di servizi e di gruppi come GEFIRA, chiaramente riconducibili alla estrema destra europea, si è inoltre cercato di legare al cd. business dell’immigrazione anche le attività di ricerca e soccorso in mare svolte dalle ONG. Attività doverose che venivano svolte  in adempimento dei doveri di soccorso derivanti dal diritto internazionale, oltre che per il rispetto della persona umana che dovrebbe essere il criterio decisivo prevalente quando è in gioco la vita dei migranti, in mare, come a terra.

Non sappiamo cosa intendesse il premier Conte quando nel suo discorso ha fatto riferimento al “business dell’immigrazione”, sappiamo bene però cosa intende con questa espressione Salvini, capo incontrastato della Lega, campione di assentesimo al Parlamento europeo ed oggi ministro dell’interno, e possiamo facilmente prevedere i suoi futuri passi, e quelli di chi, a diversi livelli istituzionali, se ne farà interprete. Legal team ed organizzazioni non governative sono pronte.

Spiace rilevare che il Movimento Cinque stelle, che in diverse fasi era stato assai attivo, con alcuni suoi esponenti come Laura Ferrara in Calabria, nelle attività di monitoraggio dei centri per stranieri, si ritrovi in un governo con un ministro dell’interno che sembra maggiormente preoccupato delle attività degli operatori della solidarietà, piuttosto che delle infiltrazioni mafiose e clientelari che sono presenti da troppo tempo nel sistema di accoglienza.

Non possiamo dimenticare che nei centri di accoglienza italiani ci sono stati omicidi e suicidi, anche a Mineo. Accanto ai migranti eravamo, ed accanto ai migranti resteremo, non solo nella denuncia, e le loro testimonianze sono sempre più numerose, ma anche nella proposta e nella pratica quotidiana di una nuova accoglienza, decentrata e partecipata, con un ruolo ancora più attivo, e se occorre di resistenza, delle comunità locali. Non una resistenza all’apertura di centri di accoglienza, come quella che è stata attuata da molti sindaci leghisti, ma una resistenza contro tutti gli attacchi che arriveranno dal ministero dell’interno e dai suoi organi periferici, contro la solidarietà e l’accoglienza in quanto tale. Attacchi che magari prenderanno le mosse dalle denunce sulle irregolarità di qualche centro di accoglienza, per criminalizzare l’intero sistema, così come si è cercato di criminalizzare l’intero sistema del soccorso in mare. Sappiamo da dove arriveranno, e quali armi utilizzeranno, ci saremo, come a Catania ed a Pozzallo domenica scorsa, troveranno cittadini e migranti resistenti in nome della solidarietà e della vera legalità, quella costituzionale. Se toccheranno uno, toccheranno tutti e tutte.