La maggioranza contro i migranti,dalla guerra alle ONG agli attacchi razzisti.

di Fulvio Vassallo Paleologo

Le manifestazioni contro il razzismo ed il fascismo di queste ultime settimane, prima a Macerata e poi a Firenze, hanno messo bene in evidenza quali siano i rapporti di forza sul fronte della questione immigrazione, dopo anni di attacchi mediatici, oltre che a livello politico ed amministrativo, contro i migranti ed i cittadini solidali. Chi c’era e, soprattutto chi non c’era in piazza, è sotto gli occhi di tutti.

Al di là dei programmi elettorali dei partiti che hanno vinto questa ultima tornata, appare evidente come possa risultare vicino all’80 per cento il numero dei neoeletti, presenti nelle due camere del Parlamento italiano, che metteranno al primo posto delle loro scelte, o saranno costretti a farlo per imposizione dei vertici che li controllano, il tema del respingimento e dell’espulsione dei migranti, che continuano a definire “irregolari”, quando non ricorrono al termine, fin troppo abusato, di “clandestini”. Questo tema costituisce il minimo comune denominatore dei programmi elettorali di tutti i partiti più grandi, senza alcuno spazio per canali legali di evacuazione dalla Libia e concrete possibilità di ingresso legale per ricerca di lavoro. Del resto basta pensare a quanti hanno approvato gli accordi con la Libia, e alle relazioni parlamentari contro le ONG approvate con voto unanime e  poi strumentalizzate anche da diversi settori della magistratura. Da ultimo, queste stesse forze trasversali ostili ai migranti hanno intercettato ( e affondato) il disegno di legge sulla cittadinanza e approvato la missione militare in Niger, questo per avere chiaro quali saranno le future maggioranze su questi temi. Certo le incognite non mancheranno. Malgrado il rifiuto delle autorità nigerine, i preparativi per la missione in Niger proseguono, vediamo quale governo sarà capace di fermare una impresa pericolosa, avventurista e dagli esiti imprevedibili. Nessuno parla più delle intercettazioni, di fatto sequestri di persona di migranti, perpetrati dalla sedicente Guardia costiera libica in acque internazionali, dove prima operavano le navi umanitarie delle ONG. 

Come si può calcolare una maggioranza tanto ampia contro i migranti in fuga da condizione estreme di detenzione in Libia, o da paesi nei quali non sono garantite le libertà democratiche previste dalla nostra carta Costituzionale, e spesso neppure il diritto alla vita ed all’integrità fisica ? Come è stato possibile che in due anni, dopo la fine dell’Operazione Mare Nostrum, si potesse aggregare un sentimento tanto diffuso contro i migranti tutti ? Il discorso pubblico sui media e l’approccio dei maggiori partiti e movimenti alle questioni dell’immigrazione confermano un drastico ribaltamento di senso. Proprio contro tutti i migranti residenti, regolari ed irregolari, anche se stabiliti da anni in Italia. Un sentimento ostile, alcuni direbbero un malessere diffuso nel corpo sociale, che ha collegato in una pericolosa continuità le sparate elettorali di alcuni partiti, con in testa la Lega, le manifestazioni parafasciste di gruppi come Casa Pound e Forza Nuova e settori sempre più ampi di opinione pubblica, vittime delle politiche sulla paura e sull’odio, che alla fine hanno condizionato le scelte elettorali. La strumentalizzazione di gravi ma isolati fatti di criminalità, riferibili a stranieri, ha portato a un verdetto popolare di condanna collettiva verso interi gruppi di migranti, un chiaro sintomo di ritorno al nazifascismo, a quei sistemi giuridici che si caratterizzavano proprio per la adozione del principio della “colpa collettiva”, rivolto nel secolo scorso contro gli ebrei. E non sono mancati coloro che hanno messo all’incasso politico questo diffuso giustizialismo, che è degradato a livello di vendetta privata.

Questa maggioranza contraria ai migranti ed a chi presta loro assistenza si è costruita lentamente, giorno dopo giorno, a partire dalla fine del 2016, con l’attacco, non a caso partito da alcuni settori della destra europea, contro le ONG che operavano soccorsi in acque internazionali sulla rotta del Mediterraneo centrale. Da una parte i tentativi di Minniti di arruolare le ONG o di allontanarle se non si decidevano ad accettare un Codice di condotta imposto dal Ministero dell’interno, da un’altra parte un martellante attacco mediatico contro le navi umanitarie definite “Taxi del mare“, un attacco condiviso anche da ampi settori della polizia, che non è stato mai smentito del tutto neppure oggi, di fronte a risultanze inconfutabili. Adesso quegli stessi settori della polizia che hanno attaccato le ONG, come il segretario del SAP, sono stati premiati dalla Lega con un posto in Parlamento.

Sono anni che in materia di politica estera con i paesi di origine e transito, o di contenimento anche nei confronti dei richiedenti asilo, si registra una linea di continuità, interrotta soltanto per qualche mese, dopo la strage di Lampedusa del 3 ottobre 2013. Basti pensare al Processo di Khartoum lanciato proprio dall’Italia alla fine del 2014,ed alla chiusura di tutte le vie di ingresso legali per lavoro garantite dal cd. decreto flussi. Si è così formato un fronte largamente maggioritario, prima nel ventre molle del paese, attraverso un uso spregiudicato dei social, poi a livello istituzionale,che si può stimare attorno all’80 per cento dei parlamentari appena eletti in Parlamento, e dunque dei partiti e movimenti ai quali fanno riferimento. Un fronte trasversale che corrisponde in pieno agli assenti alle grandi manifestazioni antirazziste ed antifasciste che si sono svolte in queste ultime settimane dopo gli episodi più gravi, punta di un iceberg di aggressioni ed intimidazioni quotidiane, ai danni di migranti ed operatori umanitari, dal Veneto alla Sicilia. Un fronte apertamente contrario ai migranti che conta importanti appoggi internazionali, non solo nella Ungheria di Orban e nei paesi UE del Patto di Visegrad (Polonia, Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca). Fin troppo evidente il favore degli americani verso l’aggregazione di una maggioranza nazional-populista.

Non sorprende dunque che dopo avere conseguito un così ampio vantaggio elettorale, e già delle ultime settimane di campagna, i maggiori partiti abbiano abbandonato le questioni dell’immigrazioni e dell’asilo, dei rapporti con l’Unione Europea e degli accordi con i paesi di origine e transito, in particolare con le milizie e la guardia costiera “libiche” , materie “pompate” per mesi e poi scomparse dal dibattito pubblico. Occorreva continuare a criminalizzare le ONG, ma andare all’incasso elettorale senza alzare troppo i toni. Troppo pericoloso forse, affrontare questioni che avrebbero solo fatto perdere voti. Bastava per tutti prendere atto del sostanziale calo degli arrivi, per concentrarsi sulle espulsioni (impossibili) di tutti coloro che erano riusciti ad arrivare negli anni passati. Tutto attorno diverse cortine fumogene, un misto di ignoranza e disinformazione, come quella dimostrata da coloro che sostenevano che soltanto il 5 o il 25 per cento dei migranti fuggiti dalla Libia in Italia avrebbe avuto diritto ad un permesso di soggiorno per asilo o per altri motivi di protezione. La verità che coloro che hanno diritto alla protezione sono oltre il 40 per cento, e che quasi la metà dei ricorsi contro le decisioni negative delle commissioni vengono vinti davanti ai tribunali, malgrado le modifiche imposte per decreto dal governo alle procedure in materia di ricorsi.

Le partenze dalla Libia non sono mai cessate del tutto, gli arrivi via mare dalla Tunisia sono aumentati, e sono continuati trasformando Lampedusa in una grande zona rossa, in uno “spazio di eccezione”, con procedure di rimpatrio spesso oltre i limiti della legalità, nella sostanziale acquiescenza degli organi di controllo e delle forze politiche.

Negli ultimi giorni si sono di nuovo intensificati i “soccorsi” , di fatto le intercettazioni, da parte della sedicente guardia costiera libica in acque internazionali, in operazioni SAR (ricerca e salvataggio) che avrebbero dovuto essere coordinate dal Comando centrale della Guardia Costiera italiana. Le vittime non sono mancate, anche bambini molto piccoli, stremati dall’attesa sempre più lunga dei soccorsi. La Libia non ha ancora infatti una zona SAR riconosciuta a livello internazionale nella quale possa garantire interventi di soccorso efficaci, così come sono del resto note a tutti le terribili condizioni di detenzione alle quali sono sottoposti i migranti riportati indietro dalla Guardia costiera libica.

Di fatto le unità navali libiche si spostano in modo imprevedibile, cercando di bloccare il maggior numero di migranti in acque internazionali ,per ricondurli nei centri di detenzione di Tripoli o Garabouli, attaccando le poche navi umanitarie che ancora svolgono attività SAR sotto il coordinamento della Guardia costiera italiana, un coordinamento che spesso si risolve in un ordine di stand by, in attesa dell’arrivo di una motovedetta libica, allertata da un coordinamento comune, nel quale gioca un ruolo anche l’operazione Eunavfor Med, come previsto dagli accordi firmati da Minniti e Gentiloni con Serraj. A seconda dei mutevoli rapporti e dei finanziamenti che vengono dispensati alle milizie, in vario modo collegate con le unità della sedicente Guardia costiera libica,cambiano nel tempo anche i rapporti tra unità navali europee e mezzi libici ormai autorizzati ad effettuare le loro scorribande, che sono intercettazioni e non operazioni di soccorso, anche in acque internazionali.

Come effetto del Protocollo firmato dal governo italiano con la Libia il 2 febbraio 2017 adesso la guardia costiera libica ferma le imbarcazioni cariche di migranti in acque internazionali con le motovedette fornite dall’Italia, che ne cura anche la manutenzione, intimidisce le poche navi umanitarie che sono rimaste, mentre si assiste al ritiro sostanziale di Frontex che pure dopo il 2 febbraio 2018 aveva annunciato l’avvio di una nuova operazione denominata Themis. Un ritiro che i vertici dell’agenzia europea avevano avviato già dalla fine del 2016, e che ha visto il progressivo ridursi degli assetti navali impegnati nel Mediterraneo centrale. Si vede che dietro la sigla Themis si cela una operazione che, a differenza della precedente operazione Triton,  non prevede l’impiego di assetti navali nelle zone in cui sono più probabili gli interventi SAR ( Ricerca e salvataggio), come appunto le acque internazionali a nord della costa libica. Sempre più marginale, ai fini del salvataggio di vite umane in mare, anche il ruolo della missione europea Eunavfor Med, che sembra assistere agli interventi di “salvataggio” delle motovedette libiche. Come se in Libia fosse garantito il diritto alla vita, alla libertà personale, o il diritto di chiedere asilo, come se la Libia potesse offrire un porto di sbarco sicuro ( place of safety). 

Solo nei primi mesi di quest’anno, a fronte del calo del 65 per cento delle partenze dalla Libia, il raddoppio in percentuale delle persone decedute o scomparse in mare, l’esplosione delle proteste nei centri Hotspot, trasformati in centri di detenzione, una anticipazione degli effetti delle politiche del nuovo governo italiano, quale che sia, si potrebbe dire, la maggioranza che lo sostenga. Gli apprezzamenti riscossi da Minniti da parte della Meloni e di Salvini rendono perfettamente la composizione del fronte anti-migranti che, malgrado la debacle del Partito democratico, è uscito ancora rafforzato da questa scadenza elettorale. Non si comprende ancora come si posizioneranno i Cinque stelle che in materia di immigrazione hanno un programma contraddittorio e che al loro interno hanno una componente molto ostile ai migranti, oltre ad essere sempre sensibili all’orientamento dei sondaggi. Di certo tutti coloro che stanno premendo per un accordo tra PD e Cinque stelle non sembrano avvertire il rischio che, proprio in materia di immigrazione, la linea Minniti possa risultare alla fine l’asse centrale delle politiche di governo.

Rimangono naturalmente destinate ad una ristretta cerchia di cittadini che non si accontentano delle tante vergognose bufale messe in circolazione a fini elettorali, le notizie sugli interventi di “soccorso”, in realtà di intercettazione consentiti alla guardia costiera libica, che neppure libica è, perché si limita al controllo di pochi tratti di costa.

Documentate ricerche a livello internazionale dimostrano in modo scientifico la infondatezza delle accuse infamante rivolte contro le ONG, colpevoli di soccorso in acque internazionali. Accuse costruite a tavolino, con il concorso di servizi segreti e di agenzie di security private. Accuse che sono state messe a disposizione di alcuni esponenti politici come Salvini, prima di essere portate davanti ai magistrati.  Gli ex agenti segreti che erano imbarcati a bordo della nave Vos Hestia di Save The Children, portarono proprio sul tavolo di Salvini le prove taroccate che avevano costruito per accusare gli operatori umanitari che continuavano a salvare vite umane nelle acque internazionali del Mediterraneo centrale. Prima o poi, in Cassazione e nel paese, o davanti ai giudici internazionali, la verità verrà fuori. Ma le vittime di quella montatura, soprattutto quelli che sono annegati dopo il ritiro delle navi umanitarie, ben difficilmente avranno giustizia.

Comunque vadano i processi contro le ONG e gli operatori umanitari, nei quali la magistratura dovrà dimostrare il rispetto di quella autonomia e di quella indipendenza previste dalla carta Costituzionale, il fronte dei cittadini solidali non arretra. Anche se non corrisponde più alle sigle dei partiti e dei movimenti che si sono scontrati in campagna elettorale, pur condividendo nelle parti più repressive, le linee programmatiche in materia di immigrazione. Adesso si dovrà dare prova di resilienza e di raccordo più stretto con le comunità migranti. Quello che potrebbe succedere con una nuova maggioranza di governo deve indurre a preparare mezzi di difesa sempre più tempestivi, Ma occorre anche rielaborare in progetto complessivo di società solidale, nel solco tracciato dalla Costituzione.

Quel fronte di resistenza che si è visto in piazza a Macerata, a Firenze, ed in tante altre città, da Milano a Palermo, per quanto potrà essere ancora oggetto di attacchi, ha una grande capacità di ricomposizione,e  soprattutto sta superando la tradizionale distinzione tra italiani e stranieri. Tutti dovranno occuparsi delle grandi questioni del razzismo istituzionale e della discriminazione quotidiana, tutti dovranno affrontare le drammatiche questioni del lavoro, della sanità, della scuola. Partite sulle quali si giocherà la democrazia italiana nei prossimi anni, senza distinzioni possibili, tra cittadini e stranieri. La lezione di unità e di forza che viene da Macerata e da Firenze, come da tante altre città italiane nelle quali si è manifestato, dovrà essere il punto di riferimento di una aggregazione sociale tutta da ricostruire al di fuori dei percorsi dei rappresentanti politici che mirano soltanto a cavalcare l’ondata maggioritaria, anche a costo di nascondere vittime e carnefici. O, semplicemente, per non perdere consensi, senza partecipare a manifestazioni antirazziste e antifasciste nelle quali si chiede pace e rispetto per tutti. senza distinzione di nazionalità o di colore della pelle.