Il sistema di accoglienza italiano verso il default organizzativo e morale

di Fulvio Vassallo Paleologo

Sono pubblicate da tempo le relazioni della Commissione di inchiesta della Camera dei deputati sui Centri per stranieri. Relazioni che censuravano l’utilizzo degli Hotspot come strutture detentive e chiedevano la chiusura del mega CARA di Mineo. Ma il governo e le prefetture non hanno svolto quel lavoro di pulizia con la estromissione del marcio che risultava largamente diffuso da nord e sud. Una operazione che sarebbe stata doverosa per difendere i tanti operatori e gestori dell’accoglienza che fanno il proprio dovere e che avrebbe permesso di rintuzzare uno degli argomenti elettorali più in voga nella propaganda politica delle destre, appunto gli sprechi e gli abusi verificati da tutti ormai all’interno dei centri di accoglienza, soprattutto in quelli appaltati direttamente dalle prefetture, i Centri di accoglienza straordinaria (CAS), la parte più consistente del sistema di accoglienza italiano.

Se sono diminuiti gli sbarchi in Italia, e dunque gli ingressi nel sistema di accoglienza, sono in rapido aumento, e di fatto compensano il numero dei migranti che sono stati costretti dalle politiche italiane ed europee a restare incatenati nei lager libici, coloro che vengono riammessi da paesi come la Francia, la Svizzera, la Germania, l’Austria, per effetto dell’applicazione dell’iniquo Regolamento Dublino III, o per effetto di un respingimento immediato alla frontiera, che spesso viene differito di mesi, ma lascia il destinatario privo di una tutela legale effettiva, come si verifica alla frontiera di Ventimiglia. Solo in qualche caso, come quando si tratta di minori non accompagnati, i tribunali francesi impediscono quelli che sono veri e propri abusi di polizia.

Al centro della campagna di attacco contro il sistema di accoglienza, che si è tradotta in una conflittualità diffusa su tutto il territorio nazionale, con casi di violenza, anche interna, o di aggressione sempre più diffusi, da Nord a Sud, l’esperienza di accoglienza solidale di Riace, prima nel mirino della prefettura e della magistratura, ed adesso, sembrerebbe rivalutata da una relazione prefettizia. Non si hanno notizie della sorte del prefetto che ne è stato responsabile, probabilmente trasferito ad altra sede da Minniti che premia chi obbedisce e punisce inesorabilmente chi si discosta dalla sua linea. Sui media comunque Riace è stata considerata come la prova del fallimento dell’accoglienza solidale, poi riabilitata, ed il sindaco Mimmo Lucano è stato esposto ad una autentica gogna mediatica, prima ancora che si chiarissero davvero i fatti.

Le disfunzioni del sistema di accoglienza ancora basato sull’emergenza, i CAS sono strutture di accoglienza straordinaria, non sono compensate dalla tenuta dei centri SPRAR, cogestiti dai Comuni, per i quali si deve rilevare una minore propensione dei sindaci ad investire in direzione dell’inclusione. A fronte di ampi settori della popolazione che sono caduti negli inganni della propaganda fascio-leghista e si oppongono anche con la violenza all’accoglienza. Accoglienza “straordinaria” che si è protratta per anni, che in qualche caso viene fornita con un tale “decentramento” da confinare gli “ospiti” in località isolate, in aree montagnose d’inverno quasi inaccessibili, come a Isnello in Sicilia, e come in altre regioni italiane.

In questa situazione aumenta la tensione all’interno delle strutture di accoglienza, per il crescente numero di dinieghi alle richieste di protezione internazionale, e per il raggiungimento della maggiore età da parte dei minori stranieri non accompagnati che si possono ritrovare in poco tempo sulla strada, una volta diventati maggiorenni e, se non riconosciuti come titolari di uno status di protezione, in una condizione irreversibile di irregolarità.

Aumenta il numero di migranti privi di una fissa dimora, o abbandonati in spazi che sono costretti ad occupare.. E’ sempre più vasta la mappa dei migranti e rifugiati esclusi dal sistema di accoglienza, come emerge da un recente rapporto di Medici senza Frontiere.  Sono migliaia i migranti che sono esclusi dal sistema di accoglienza, persone che rischiano di subire le conseguenze più gravi in caso di sgombero forzato, con il rischio di subire denunce per occupazione abusiva, un reato però che la magistratura tende a ridimensionare quando ricorre lo stato di necessità.

Si acuiscono anche gli attacchi di italiani contro ospiti dei centri di accoglienza, un fenomeno sempre più evidente soprattutto dopo la campagna di odio rilanciata dalle destre lo scorso anno. Anche in Sicilia, come si è verificato a Pietraperzia, dove non c’erano state azioni tanto diffuse e violente contro l’arrivo di richiedenti asilo, si  è arrivati a sparare.

Molti migranti che pure avrebbero diritto all’accoglienza, sono lasciati fuori dai circuiti legali del lavoro e sono costretti ad andare a vendersi nelle campagne o nei cantieri per compensi ed in condizioni lavorative che toccano il limite del grave   sfruttamento. La legge che prevede il rilascio di un permesso di soggiorno in caso di grave sfruttamento lavorativo, rimane in gran parte inattuata, soprattutto per la scarsa collaborazione delle questure, che sono restie a collaborare nel rilascio dei permessi di soggiorno, ma assai tempestive nella notifica dei decreti di espulsione emessi dai prefetti. La situazione dell’accoglienza è peggiore dove è più diffuso lo sfruttamento lavorativo. Sono sotto gli occhi di tutti, o dovrebbero esserlo, lo scadimento del livello di funzionamento, come in alcuni centri calabresi. 

Il mancato rispetto dei tempi previsti per i trasferimenti alimenta la protesta interna e gli attacchi dall’esterno, come a Siculiana, in Sicilia, dove è operativo un Hub che avrebbe dovuto funzionare per garantire le cd. Relocation. Ennesima prova del fallimento dell’Unione Europea nella gestione condivisa dell’accoglienza. Occorre bloccare tutti i ritrasferimenti Dublino in Italia, fino a quando non entrerà in vigore una normativa europea che superi il criterio del “primo paese di ingresso” come paese competente ad esaminare le richieste di protezione internazionale. Una posizione ferma che il governo italiano avrebbe potuto adottare da tempo, invece di assecondare l’Unione Europea nei suoi piani di blocco dei migranti. Una politica che potrebbe portare presto ad un superamento del sistema Schengen, imperniato sulla libertà di circolazione (per tutti coloro che sono regolarmente residenti) alle frontiere interne.

Le responsabilità italiane non possono essere nascoste dietro quelle degli stati dell’Unione Europea. In casi sempre più frequenti sono gli stessi prefetti che decretano la fine dell’accoglienza per inosservanza anche banale, magari neppure contestata nelle forme previste dalla legge, dei regolamenti interni delle strutture di accoglienza. Qualunque scontro, purtroppo ormai frequente, tra gli “ospiti” o qualunque protesta contro i responsabili della struttura, magari per il mancato pagamento del pocket money dovuto settimanalmente, viene risolto con una chiamata di polizia e carabinieri, con il prevedibile contorno di denunce e di trasferimenti dall’accoglienza al carcere, anche nel caso di minori non accompagnati.

Non sono neppure mancati casi di aggressione dei migranti da parte dei gestori delle strutture. A questo vero e proprio default organizzativo si aggiunge dunque uno scadimento morale senza precedenti. Tutti sembrano indignarsi per gli scandali sessuali che hanno colpito alcune ONG che operano dall’altra parte del pianeta, ma non vedono gli abusi ed i casi di sfruttamento, anche sessuale, che si verificano all’interno dei centri di accoglienza straordinaria (CAS), sia da parte di alcuni operatori, sia da persone che si fingono come migranti bisognosi di assistenza, ed in realtà operano stabilmente all’interno delle strutture, per trasferire le persone che riescono così a controllare meglio verso altre regioni o altri paesi, per indirizzarle ad un lavoro, naturalmente schiavistico, o per mantenerle nel circuito della prostituzione, o anche soltanto per trarre in indebito vantaggio economico.

Gli allarmi si sprecano. I legami con organizzazioni terroristiche non sono stati ancora provati, ma di certo l’isolamento e l’esclusione inflitti alle persone ospitate nei centri di accoglienza straordinari ed il mancato rispetto dei tempi di accoglienza, anche a causa della durata delle procedure, determina una alienazione a livello individuale ed una disgregazione sociale assai pericolosa. Queste condizioni critiche si sono aggravate con la chiusura dei varchi di frontiera europei e con il massiccio ritrasferimento  in Italia di persone deluse, alle quali è stata respinta una richiesta di asilo in altri paesi europei, ed ormai del tutto sradicate dal loro contesto di origine o familiare. La situazione già grave lo scorso anno, tende ad acuirsi ulteriormente di mese in mese.

Da Trapani a Trieste non sono mancati casi in cui sono stati gli stessi gestori dei centri ad abusare dei loro ospiti, soprattutto  minori stranieri non accompagnati, e non sembra che la magistratura sia riuscita ancora a punire operatori che si sono resi colpevoli di gravi abusi secondo quanto emerso da indizi inconfutabili. Anche in questi casi la reazione del senso comune prevalente è nei termini di condanna dell’intero sistema di accoglienza, piuttosto che di richiesta di una punizione individuale esemplare.

Non ci sono prospettive che dopo le elezioni questa situazione possa migliorare per interventi di governo o di ministeri, se guardiamo ai programmi elettorali dei partiti che hanno maggiori probabilità di vincere le elezioni. I centri di accoglienza da chiudere vanno chiusi, e subito, come il CARA di Mineo, quale che sia la sorte dei loro padrini politici. Al di là di una necessaria bonifica del sistema di accoglienza, che dovrebbe essere affidata ad organi dello stato che finora, con diversi governi, salvo sporadici interventi,hanno sempre brillato per la loro assenza, occorre che i cittadini solidali si riavvicinino alle strutture di accoglienza. E dunque occorre essere sempre più accanto alle persone che ne sono “ostaggio” e contribuire a dare voce al loro disagio, interponendosi come possibile canale di comunicazione e denuncia rispetto alle istituzioni che dovrebbero intervenire. Occorre eliminare i pretesti, come il sovraffollamento di strutture di accoglienza, verificate ad esempio a Cona, in Veneto, che hanno dato alla Lega l’occasione per un attacco generalizzato contro tutti i migranti che si trovano nei centri ad attendere per troppo tempo una risposta alla loro domanda di protezione. Le scelte sull’ubicazione delle strutture e sul loro indice di affollamento non derivano soltanto dal numero dei migranti arrivati in Italia, peraltro adesso in calo, ma dalla programmazione di ministero e prefetture, dal Tavolo nazionale ai piani regionali. I sindaci che hanno negato la possibilità di un accoglienza diffusa sono direttamente responsabili del sovraffollamento delle strutture nei centri nei quali è stato possibile aprirle. Chi ha fatto la sua fortuna politica spacciandosi come garante della sicurezza è il principale responsabile della distribuzione squilibrata dei migranti ospiti del sistema di accoglienza.

Quando le strutture sono sovraffollate o eccedono determinate dimensioni diventano incontrollabili. Vanno trovate soluzioni alternative, le catene della criminalità all’interno e del malaffare all’esterno del sistema di accoglienza vanno spezzate con una azione sinergica degli organi di controllo ( prefetture, polizia e magistratura) che si avvalgano delle denunce delle campagne indipendenti di indagine su centri e non considerino ancora giornalisti, avvocati ed operatori umanitari indipendenti come pericolosi avversari da tenere più lontano possibile. Prassi diffusa che garantisce proprio i gestori più inaffidabili, che maggiormente temono non tanto le verifiche annunciate per tempo da parte delle Prefetture, o la richiesta di documentazione a consuntivo, che si può sempre “aggiustare”, quanto le visite a sorpresa che si riesce ancora ad effettuare, magari con l’intervento di qualche parlamentare. Una ragione in più, visto che siamo in tempo di elezioni, per impegnarsi in modo che ci possa essere una rappresentanza parlamentare di vera opposizione che continui ad esercitare attività indipendente di ispezione nei centri per stranieri, senza essere ingabbiata in uno sterile lavoro di commissione camerale, e soprattutto senza subire le pressioni del ministro o del prefetto di turno.

Oltre le attività ispettive rimane alla società civile organizzata il compito di lavorare quotidianamente, a partire dalla tutela legale e dall’apprendimento dell’italiano, per creare condizioni minime di salvaguardia per le persone straniere che non sono ancora avviate verso un percorso di autonomia, dopo anni dal loro arrivo nel nostro paese. Di certo i propositi di espulsioni di massa per coloro che non sono riusciti ad ottenere uno status di protezione sono del tutto irrealizzabili. Si dovrà evitare che la diffusa condizione di irregolarità, che in futuro potrebbe ancora diffondersi, violenti la dignità e la vita delle persone che la soffrono, e continui ad essere strumentalizzata dagli imprenditori politici della paura, che poi sono gli stessi che ne portano tutte le responsabilità. La solidarietà ancora (r)esiste, come a Roma, attorno al centro Baobab, e come in tante altre parti d’Italia.