di Fulvio Vassallo Paleologo
L’abbattimento del diritto di asilo in Europa può dirsi ormai completato, nelle procedure acelerate e nella valutazione dei cd. “migranti economici”, con gli accordi di riammissione con paesi come l’Egitto, il Sudan ed altri, tra i quali lo Sri Lanka, che non rispettano i diritti umani, e con le più recenti prassi applicate dalle polizie di frontiera, con trattenimenti arbitrari e respingimenti collettivi, spesso senza provvedimenti formali, in modo da escludere i diritti di difesa.
Sul piano dell’opinione pubblica interna si diffonde la falsa credenza che solo una minima parte dei richiedenti asilo o dei rifugiati sia realmente meritevole di protezione, e questa menzogna alimenta il discorso d’odio verso tutti i migranti, una ventata di razzismo che si sta diffondendo con conseguenze drammatiche e una crescente lacerazione del corpo sociale. Prevale l’ignoranza sulla reale condizione dei paesi dai quali tanti sono stati costretti a fuggire per salvare la vita e la libertà.
Sullo sfondo rimangono le tragedie dimenticate,le stragi o i genocidi lontani, quelle più risalenti, come la repressione subita dal popolo Tamil, e quelle più recenti, come la persecuzione dei Rohingya nello Myanmar, uscita subito dal centro dell’attenzione mediatica, anche se sono ancora centinaia di migliaia le persone esposte a gravissimi abusi o confinate in lande desolate nelle quali è negata ogni speranza di vita.
Nello Sri Lanka, malgrado le promesse di riconciliazione, riaffermate anche nel 2015 durante la visita del Papa, la situazione rimane assai critica. Lo confermano gli ultimi rapporti di Human Rights Watch e di Amnesty International, come i rapporti dell’UNHCR.
La situazione nello Sri Lanka sembra ancora lontana dalla pacificazione, annunciata da anni, ma ancora processo incompiuto. Non si hanno ancora risultati sulle indagini per accertare i responsabili delle decine di migliaia di persone scomparse durante il conflitto, alcuni dei quali probabilmente occupano ancora oggi posti chiave dell’esercito cingalese, come continuano le violenze sempre più raffinate ai danni di Tamil che, illusi dal clima di riconciliazione, magari cittadini europei, fanno ritorno nel proprio paese e possono finire incarcerati non appena scendono dagli aerei.
Malgrado la creazione di un Ufficio governativo per le persone scomparse,avvenuta nel 2016, le associazioni che operano in difesa dei diritti umani lamentano che, fino al mese di settembre dello scorso anno, questo ufficio sarebbe rimasto inoperante. Migliaia di famiglie rivendicano verità e giustizia per i loro cari scomparsi nel nulla nelle fasi finali del conflitto, dei quali non possono neppure avere restituite le salme.
Nello Sri Lanka di oggi rimane sempre critica la condizione delle minoranze musulmane, inclusa una parte dei profughi Rohingya che non hanno prospettive nè di integrazione, nè di ritorno.Si profilano nuovi conflitti su base religiosa.
COLOMBO (Reuters) – The United Nations on Wednesday raised concern for the safety of Rohingya Muslim asylum seekers in Sri Lanka after Buddhist monks and hardline nationalists forced them to flee a U.N. shelter in the capital Colombo.
La discriminazione subita dal popolo Tamil è drammatica, così come rimane elevato il rischio di essere omologati a “terroristi”, anche quando si protesta per il riconoscimento dei propri diritti fondamentali, diritti che il governo cingalese continua a negare nell’indifferenza della comunità internazionale.
La giustizia internazionale non è stata capace di evitare il massacro nello Sri Lanka durante il conflitto durato decenni. Ci sono voluti i tribunali della società civile per svelare i fatti e individuare i responsabili, responsabili che però non potranno essere sanzionati. Due sentenze del Tribunale Permanente dei Popoli, una nel 2010 e l’ultima del 2013, emessa nella sessione di Dresda, in Germania, confermano gli abusi ai quali, ancora in quel periodo, rimaneva esposta la minoranza Tamil.
Rapporti recenti confermano che malgrado l’abbassamento della soglia delle violenze e dei sequestri di persona, la situazione dei diritti umani nello Sri Lanka rimane drammatica, soprattutto per le donne più giovani, sistematicamente esposte al rischio di stupri. Non ci sono autorità statali in grado di sanzionare i colpevoli di questi abusi, e persino i diritti ad una libera informazione sono quotidianamente conculcati.
Solo una parte della stampa occidentale da notizia di questi abusi,magari con formula dubitativa, in genere si preferisce tacere per non incrinare i rapporti con il governo dello Sri Lanka. In Italia, si potrebbe dire naturalmente, regna il silenzio assoluto. Qualcuno ancora si gloria di avere sbarrato anni fa tutte le possibili vie di fuga dei Tamil verso l’Italia, con un intervento a Suez da parte di militari italiani, nel quadro dell’accordo allora stipulato con l’Egitto.
Diventa sempre più a rischio la situazione di un milione circa di profughi che sono stati costretti a fuggire dallo Sri Lanka negli anni della guerra civile, e che oggi in molti paesi, inclusa la Libia, sono oggetto di ogni sorta di abusi e continuamente esposti al rischio di rimpatri forzati. Drammatica la condizione delle lavoratrici tamil sequestrate in diversi paesi arabi da datori di lavoro che le considerano come oggetti e non come persone.
Lunedì 5 febbraio 18 alle h. 14.00 presso l’ HOTEL NAZIONALE a Roma in Piazza Montecitorio, si terrà la conferenza internazionale “SETTANT’ ANNI DI VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI DEL POPOLO EELAM TAMIL DA PARTE DELLO SRI LANKA“, organizzata dal “Centro Internazionale Diritti Umani Aps” di Lecce in collaborazione con il “Consiglio dei Eelam Tamil in Italia” di Cavriago (RE) e con il patrocinio dell’ “Ordine degli Avvocati” di Lecce.
La conferenza,come annunciato in un comunicato degli organizzatori, ospiterà delegati provenienti da tutta Europa, ed “affronterà il tema della violazione dei diritti umani degli Eelam Tamil nello Sri Lanka e delle istanze di giustizia ancora senza risposta da parte dei superstiti e dei parenti delle vittime, ed è stata calendarizzata alla vigilia delle elezioni politiche nello Sri Lanka, al fine di porgere al nuovo governo le legittime istanze della popolazione”.
Sarà una occasione importante per segnare un percorso da proseguire ovunque anche in futuro,dento e fuori lo Sri Lanka, per il riconoscimento dei diritti del popolo tamil e per la cessazione degli abusi che ancora vengono inflitti dalle autorità statali.
Dovrà essere concessa una amnistia generale per tutti i tamil che sono ancora incarcerati nel loro paese, e dovranno essere avviate finalmente indagini sulle responsabilità di torture e sparizioni forzate. Dovranno essere garantiti tutti i diritti dei Tamil che rientrano volontariamente a Colombo, siano essi cittadini di altri stati che ancora cittadini dello Sri Lanka. Si deve soprattutto garantire un monitoraggio sui casi di torture e stupri, anche i più recenti, in modo da sanzionare i responsabili ed interrompere queste pratiche lesive dei corpi e della dignità umana.Qualche arresto isolato non può ancora garantire in quel paese il rispetto generale del diritto a non subire torture o altri trattamenti disumani e degradanti. Anche se è un percorso che l’attuale governo cingalese deve proseguire. La riconciliazione passa attraverso l’accertamento delle responsabilità e la sanzione dei colpevoli.
Vanno sospese le procedure di rimpatrio forzato di Tamil da diversi stati nei quali si trovano da anni, prestando attività lavorative in condizioni indegne e spesso costretti ad una condizione di irregolarità. Per loro occorre una amnistia generale ed una sanatoria della loro posizione giuridica.Occorre favorire le procedure di ricongiungimento familiare con un ruolo attivo e non ostativo delle rappresentanze consolari dei paesi di arrivo.
Occorre mantenere lo status di rifugiato o di protezione per i Tamil che lo hanno ottenuto in passato, senza revoche arbitrarie e senza costringere chi chiede il rinnovo dei documenti a passare dal consolato cingalese in Italia. Occorre evitare che i servizi di sicurezza cingalesi o componenti di associazioni cingalesi possano continuare ad intimidire i Tamil costretti alla disaspora nei diversi paesi del mondo. Gli stati cd. democratici devono impedire che affiliati ai servizi di paesi che non rispettano i diritti umani possano esercitare un loro potere di intimidazione su chi ha ottenuto protezione dopo essere stato costretto a fuggire da persecuzioni e torture di ogni genere.
Gli accordi con i paesi che sono ancora caratterizzati da uno stato di polizia non possono comportare la violazione dei diritti fondamentali della persona.La comunità internazionale, e l’Italia, devono esercitare tutte le possibili azioni per rappresentare e garantire la “convenienza” della pacificazione, contro prospettive di collaborazione per mero sfruttamento economico a scapito del riconoscimento effettivo dei diritti umani. Il governo dello Sri Lanka deve ratificare ed applicare rigorosamente i Protocolli aggiuntivi più recenti alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura (CAT). Occorre istituire un monitoraggio indipendente su tutte le persone ancora private della libertà personale nello Sri Lanka.
Dovranno essere apprestate reti d’urgenza composte da giuristi e giornalisti per bloccare i tentativi di rimpatrio forzato verso lo Sri Lanka finché in quel paese non saranno garantite le libertà democratiche previste dagli stati costituzionali, e si dovrà essere pronti ad attivare tutte le possibili azioni legali di difesa, davanti ai giudici nazionali, come ricorrendo alle giurisdizioni internazionali, in particolare alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo.
Difendere oggi, da subito e nel futuro, i diritti del popolo Tamil, significa contrastare quella ventata di odio verso chi richiede protezione, e quello spregio per i principi di libertà degli stati democratici, che stanno producendo vittime ovunque, nei paesi di transito, come nei paesi di destinazione finale. Una battaglia comune da affrontare non solo per i Tamil ma anche per la difesa della nostra democrazia.