Pubblichiamo, condividendone in pieno le parole, il comunicato stampa emanato ieri 8 agosto dall’Agenzia Habeshia e dal suo presidente don Mussie Zerai, contro cui oggi si sta scatenando l’ennesima ignobile macchina del fango. Conosciamo da tanti anni don Mussie e il suo impegno per coloro che fuggono da una delle peggiori dittature che insanguinano il continente africano, conosciamo la sua enorme autorità morale che lo ha reso più volte al centro di minacce e attacchi. Conosciamo il sorriso che tanti uomini e donne che si sono salvati fanno, quando si pronuncia il suo nome. Persone che hanno rischiato la vita in mare, persone che hanno subito violenze indicibili nei paesi in transito, persone che oggi hanno riconquistato il diritto a vivere anche grazie all’esistenza di persone come lui. Non ci spaventano le indagini che si faranno come non spaventano Don Mussie. Ci spaventano e siamo indignati di fronte alla precisa volontà politica di chiudere la bocca a chiunque oggi, con la propria opera volontaria, racconta una verità diversa da quella dei governi e degli strumenti di disinformazione di regime.
don Mussie Zerai
presidente dell’Agenzia Habeshia
Comunicato stampa

Mi riservo di controbattere nelle sedi legali opportune a questa serie di calunnie che mi sono state indirizzate. Per il momento posso dire di aver ricevuto solo la mattina di lunedì 7 agosto, mentre rientravo da un viaggio di lavoro, la notizia che la Questura di Trapani dovrebbe notificarmi l’avviso di un procedimento per conto della locale Procura. Immagino che sia un provvedimento ricollegabile all’inchiesta aperta sulla Ong Jugend Rettet. Se di questo si tratta, posso affermare in tutta coscienza di non aver nulla da nascondere e di aver agito sempre alla luce del sole e in piena legalità. A parte l’iniziativa di Trapani, di cui ho già informato i miei legali in modo da prenderne visione ed eventualmente controbattere in merito, non sono stato chiamato in alcuna altra sede per giustificare o comunque rispondere del mio operato in favore dei profughi e dei migranti.

Non si tratta dunque, come qualcuno ha scritto, di messaggi telefonici in rete “pro invasione” dei migranti – ammesso e non concesso che sia una invasione, ipotesi smentita dalle cifre stesse degli arrivi rispetto alla popolazione europea – ma di interventi rivolti a salvare vite umane. Interventi concepiti nel medesimo spirito, ad esempio, dell’operazione Mare Nostrum – varata nel novembre 2013 dal Governo italiano e purtroppo revocata dopo un anno – nella convinzione che se programmi del genere fossero in vigore ad opera delle istituzioni europee o magari dell’Onu, probabilmente non sarebbe stata necessaria la mobilitazione delle Ong e, più modestamente, quella di Habeshia, nel Mediterraneo. Fermo restando che il problema non si risolve con il soccorso in mare, per quanto tempestivo ed efficiente, ma, nel breve/medio periodo, con l’organizzazione di canali legali di immigrazione e con una riforma radicale del sistema europeo di accoglienza e, nel lungo periodo, con una stabilizzazione/pacificazione dei paesi travolti dalle situazioni di crisi estrema che costringono migliaia di persone a fuggire ogni mese.
Quanto alle accuse che mi vengono mosse dal Governo eritreo, anche queste ampiamente riprese da alcuni organi di stampa, si commentano da sole: sono le accuse di un regime dittatoriale che ha schiavizzato il mio Paese e non tollera alcun tipo di opposizione, perseguendo anche il minimo dissenso con la violenza, il carcere, i soprusi, la calunnia. Un regime – hanno denunciato ben due rapporti dell’Onu, dopo anni di inchiesta, nel 2015 e nel 2016 – che ha eletto a sistema il terrore, costringendo ogni anno migliaia di giovani ad abbandonare la propria casa per cercare rifugio oltre confine.
Alla luce di tutto questo, ritenendo molte notizie pubblicate sul mio conto assolutamente diffamatorie e denigratorie, ho dato incarico ai miei legali di tutelare in tutte le sedi opportune la mia onorabilità personale, quella del mio ruolo di sacerdote e quella di Habeshia, l’agenzia che ho fondato e con la quale collaborano persone assolutamente disinteressate e a titolo totalmente volontario.