La voce di un capitano contro la “nave nera”

di Stefano Galieni

Questa storia parte da lontano e arriva ai giorni nostri. Parte da quel 20 giugno del 2004, quando una nave, la Cap Anamur, di una organizzazione omonima che già da decenni praticava soccorso in mare, in tutti, i mari, soccorse 37 profughi su una barca in avaria tra le coste libiche e l’isola di Malta. In base alle convenzioni internazionali, allora Malta poteva ritenersi “porto non sicuro”, l’ imbarcazione, con le persone tratte in salvo, venne verso la Sicilia, per l’esattezza dirigendosi a Porto Empedocle (Agrigento) guidata dal Capitano Stephan Schmidt. L’imbarcazione rimase al largo del porto per 21 lunghissimi giorni su ordine del ministero dell’interno. Si voleva impedire l’attracco in quanto l’organizzazione umanitaria tedesca e l’equipaggio a bordo erano accusati di favoreggiamento dell’immigrazione illegale. Era messo in dubbio il fatto che la Cap Anamur avesse effettuato  una reale operazione di soccorso. Accadeva 14 anni fa ma sembra di leggere vicende attuali. Anche in quel caso si erano innescato un conflitto di competenza con Malta, anche in quel caso il governo italiano premeva perchè le richieste di asilo fossero esaminate dalla Germania. In molti che già all’epoca si occupavano di quanto accadeva nel  Mediterraneo  Centrale, seguimmo la vicenda scrivendone, raccogliendo e trasbordando i rifornimenti, salendo sull’imbarcazione, portando anche nel parlamento italiano e poi in quello europeo. le istanze dei richiedenti asilo, che dopo lo sbarco vennero, prima portati nell’allora Centro di Permanenza Temporanea di Agrigento, e quindi tutti espulsi tranne uno.  Il clima era diverso, nonostante la Bossi Fini avesse già cominciato a mietere vittime e a gettare veleno sulla percezione popolare di chi arrivava, ma in pochi mettevano in discussione la serietà dell’organizzazione umanitaria. Ma già l’allora ministro dell’Interno Beppe Pisanu, ritardò un proprio intervento chiarificatore in parlamento perché a suo avviso  andavano sciolti i “punti oscuri” del salvataggio. La GED (German Emergency Doctors) era operativa dal 1979, aveva effettuato salvataggi in gran parte del mondo, era salita alla ribalta della cronaca per aver soccorso i boat people vietamiti che fuggivano verso l’occidente  e allora erano considerati eroi. Ma aver messo il becco nei nostri boat people non portò loro fortuna. Parte dell’equipaggio venne incarcerato, la nave posta a marcire sotto sequestro e solo nel 2009 giunse l’assoluzione definitiva. Ma a quel punto la Cap Anamur era stata già venduta. L’organizzazione umanitaria tedesca ha continuato ad operare ed oggi il Capitano Stephan Schmidt, è  l’incaricato per le migrazioni del Land Schleswig Holstein. Ha superato i 75 anni ma la tempra di uomo di mare che antepone tutto alla salvezza delle persone, è rimasta inalterata. Sul suo blog ha scritto un testo forte ed estremamente accorato carico di preoccupazione verso operazioni come quella messa in campo da Generazione Identitaria in nome dello slogan Defend Europe, di cui molto abbiamo già scritto. Il testo di Schmidt è di una settimana fa, quando la C -Star, la nave noleggiata da Generazione  Identitaria, era ancora ferma nel porto cipriota di Famagosta ma contiene alcuni passaggi anche oggi politicamente rilevanti. Secondo Schmidt «È già molto grave che le navi dell’agenzia FRONTEX e della Guardia costiera italiana riescano o possano adempiere solo parzialmente al dovere marittimo e civile di soccorso in mare di persone in pericolo.  È già molto grave che le navi delle Organizzazioni non governative (ONG), finanziate solamente grazie alla raccolta di fondi, non vengano supportate sufficientemente dai Paesi dell’Unione europea, anzi, che vengano addirittura ostacolate nell’adempimento della loro attività. È uno scandalo che questi volontari siano stati accusati nelle ultime settimane da alcuni politici tedeschi di collusione e di collaborazione criminale con i trafficanti». E come se ciò non bastasse, il movimento “Generazione Identitaria” vuole attivarsi ora anche nel Mediterraneo con una propria nave con lo slogan “Defend Europe”. Con la copertura di una missione Search and Rescue (SAR) vorrebbe ostacolare, se non addirittura impedire alle navi delle ONG, il soccorso in mare dei profughi in pericolo. Non è loro intenzione portare i profughi in Italia o in un altro Stato confinante, ma vogliono riportarli in Libia, dove con molta probabilità verranno trasferiti in campi di prigionia terrificanti”. Una attività che potrebbe configurare un reato, secondo il responsabile tedesco che ha ritenuto doveroso, si presuppone anche in base alle leggi del proprio paese, querelare Generazione Identitaria. Infatti continua dicendo: «Dopo le richieste d’aiuto di ONG del luogo, ho svolte ricerche approfondite. E’ disastroso che Generazione identitaria sia riuscita a raccogliere fondi a sufficienza, […] alla fine sono riusciti davvero a trovare i finanziamenti necessari per il noleggio di una nave, attrezzarla e assoldare l’equipaggio. Si spera che non vengano messe in pericolo vite umane. Ho fatto esaminare il caso dal punto di vista penale ed in base a ciò ho presentato denuncia presso la Procura competente di Amburgo. È molto probabile che la maggior parte dei sostenitori della campagna “Defend Europe” non siano al corrente che con il loro supporto finanziario, addirittura anche solo con il sostegno ideologico, potrebbero aver commesso un reato. Se la C-Star dovesse realmente contrastare le operazioni di soccorso delle navi delle ONG nel Mediterraneo, le autorità giudiziarie tedesche potranno intraprendere comunque azioni legali, anche se la nave non batte bandiera tedesca, persino se tra l’equipaggio non ci sono cittadini tedeschi. Nel caso in cui Generazione identitaria dovesse contrastare le operazioni di salvataggio delle navi delle ONG, come è stato annunciato via internet, si renderebbero colpevoli di reati penali gravissimi e potrebbero essere perseguite dalle autorità giudiziarie tedesche nel mondo intero. Spero pertanto di richiamare l’attenzione di Procure di altri Stati europei grazie alla mia denuncia e che procedano con le indagini penali secondo le leggi vigenti nei rispettivi Paesi. Ma voglio veramente sperare che Generazione identitaria rinunci per tempo a queste azioni assurde prima di mettere in pericolo vite umane».

Oggi la situazione sta evolvendo di ora in ora e i segnali che aggiungono sembrano fatti apposta per confondere le acque. Sembra che quella che ormai è stata ribattezzata come “la nave nera”, anti immigrati, non  cerchi più approdo a Catania, considerato secondo il portavoce dell’organizzazione “porto non sicuro”. Attualmente (mattina del 30 luglio) la C-Star, risulta navigare a velocità ridotta fra Cipro e la Grecia ma è presto per capire quale direzione  intendano prendere. La Grecia non sembra voler fornire attracco mentre sono in stato di allerta gli antirazzisti in Tunisia che non vogliono che la nave utilizzi i propri porti. E negli scenari che si preparano, accanto a figure  losche che evidentemente hanno interessi forti  a fomentare odio e razzismo, ben più peso hanno e avranno gli scenari geopolitici che interessano il Mediterraneo Centrale e il controllo della Libia. Anche le notizie  rispetto all’intervento e al ruolo che avranno le navi militari italiane per fermare chi prova a fuggire dalla Libia non è ancora chiaro. Le dichiarazioni pubbliche di Serraj oscillano fra la richiesta di intervento e l’orgoglio nazionalistico di chi afferma che comunque gli italiani non dovranno entrare nelle acque libiche. La grandeur francese espressa da Macron, si traduce nell’impegno a costruire rapidamente hotspot in Libia, in cui decidere chi accogliere in Europa e chi rimpatriare nei paesi di origine. Hotspot che nelle dichiarazioni rese alla stampa potrebbero essere realizzati anche in assenza del consenso europeo. È chiaro che in Libia, al di là dei migranti, è in corso  un braccio di ferro fra Italia e Francia che attraversa la cantieristica navale e le commesse che potrebbero derivare al vincitore se sarà Fincantieri a controllare Stx -France o se avverrà la nazionalizzazione dell’ azienda francese, che in Libia si traduce nella possibilità di avere un ruolo egemone in una ipotesi di pacificazione (l’UE e in particolar modo l’Italia sostengono il governo di Tripoli mentre la Francia ha mantenuto buone relazioni con quello di Tobruk). E il contrasto, oltre che in Libia e per il controllo delle sue risorse di  gas  e petrolio, si estende anche alla fascia francese dei paesi del Sahel, tanto coinvolti nel Migration Compact e in cui dovrebbero realizzarsi le vere e “definitive” esternalizzazioni. Tutto questo si gioca sulla pelle di coloro che continueranno a cercare di bruciare le frontiere e di giungere in Europa per salvarsi. Per questo avremmo sempre più bisogno di uomini come Stephan Shmidt e meno di agitatori della peggiore destra che intende cavalcare le peggiori pulsioni populiste e la folle deresponsabilizzazione verso un mondo che rischia la catastrofe.

P.S. Ringraziamo Cornelia Isabelle Toelgyes, di Africa ExPress, per la traduzione dal tedesco