Pubblichiamo questo articolo preso da Repubblica (Ed. Genova ) del 29 marzo scorso, perché a nostro avviso apre uno squarcio interessante su un tema che sta mobilitando una parte degli operatori dell’accoglienza dei migranti e richiedenti asilo. Il DL Minniti Orlando infatti, prossimo a essere convertito in legge a meno di improbabili colpi di scena, assegna a chi si occupa di dare una mano a rialzarsi a persone che hanno visto l’inferno, un ruolo di “controllori sociali”. Li si vuole insomma equiparare, per dare un segnale di severità e rigore, a pubblici ufficiali. Un ruolo che molti di loro intendono rifiutare in nome del fatto che se hanno fatto una scelta, non solo professionale, di dedizione alla costruzione di un mondo più accogliente e solidale, non vogliono diventare complici di scelte che non condividono. Oggi sono scesi in piazza, partendo dall’ennesima tragica vicenda di accoglienza che si è tramutata in morte, ma non intendono fermarsi.
Migranti/rivolta delle associazioni che gestiscono l’accoglienza per il ruolo che viene loro assegnato dal Ministro
Pietro Barabino*
«La morte di John diventi il nostro urlo di diserzione da questo sistema: senza di noi il sistema crolla, con noi il sistema vive». A parlare è il neonato collettivo “Operatori X”, e il sistema a cui fanno riferimento è quello dell’accoglienza dei migranti. «Abbiamo scelto questo lavoro convinti di contribuire alla costruzione di un mondo più accogliente e solidale, rischiamo di trovarci assoldati in una guerra contro uomini, donne e bambini in fuga da Paesi in cui non possono più nemmeno sopravvivere». Hanno redatto un comunicato e convocato un’assemblea / presidio per giovedì 30 marzo alle ore 18 in piazzale Kennedy, a una settimana dal ritrovamento in mare, alla Foce, del corpo di un giovane ospite di una delle strutture di accoglienza genovesi. «È l’ennesima vittima della gestione disumana delle politiche di accoglienza e delle frontiere. Il suo nome (o almeno, quello che aveva dichiarato) era John Kenedy, il presidente con una “enne”, e arrivò in Italia era poco più che maggiorenne». Gli operatori parlano della fatica quotidiana, dal momento dell’arrivo dei pullman dal sud e lo “smistamento” dei migranti nelle strutture fino all’accompagnamento in ospedale o davanti alla Commissione che valuta se sono ritenuti «meritevoli» di accoglienza o «condannati alla clandestinità o al rimpatrio».
«Stiamo organizzando una fiaccolata per la morte di John Kenedy, che non può restare sulle spalle di un solo educatore di quella struttura, questa morte avrebbe potuto toccare tutti noi e lo sappiamo bene, questa morte ci appartiene».
Ma al senso di responsabilità si aggiunge l’indisponibilità, da parte degli operatori che stanno cercando di organizzarsi in un coordinamento stabile, a veder mutato il proprio ruolo come prefigurato dal decreto Minniti in materia di immigrazione: «Non ci vorrebbero più “operatori sociali” ma “controllori sociali”». In un articolo al Capo II del decreto contestato, i responsabili dei centri di accoglienza verrebbero equiparati a pubblici ufficiali, come quando l’allora Ministro degli Interni della Lega Nord Roberto Maroni, nell’estate del 2009, aveva cercato di inserire nel “Pacchetto Sicurezza” l’obbligo di segnalazione da parte del personale sanitario e dei dirigenti scolastici nei confronti degli stranieri senza permesso di soggiorno, bloccato in parlamento con una strenua opposizione dei lavoratori e dello stesso Partito Democratico che oggi – denuncia il collettivo – vorrebbe inserire obblighi analoghi per gli operatori del sociale. «Attribuirci la funzione di pubblico ufficiale significa ledere la relazione fiduciaria fondante il nostro agire sociale. Il rapporto di terzietà tra il richiedente protezione internazionale e la Questura o la Prefettura è indispensabile per svolgere al meglio il nostro lavoro. Paradosso vuole che il racconto fatto dall’attuale Governo sia che queste misure servano proprio per evitare che le destre e i populismi possano essere predominanti nell’offerta politica, ma il risultato non cambia se a proporre queste misure è un governo che si ostina a definirsi di centro-sinistra”. Per questi motivi, l’appuntamento di giovedì vuole essere solo il primo di una serie che mira a un coordinamento di operatori “critici” e decisi a unirsi alla mobilitazione nazionale già prevista a Roma, da un gruppo di lavoratori del sociale di tutta Italia che si sono dati appuntamento per sabato 8 aprile alle 14.30 al circolo “Arci Solidarietà”, al fine di contestare diversi articoli del Decreto Minniti e organizzarsi in un coordinamento che possa tenere le fila e far valere le posizioni di questi operatori, per la maggior parte precari, che faticano a prendere posizione localmente per paura di perdere il posto. «Ci dichiariamo fin da ora obiettori di coscienza, disobbedienti a un compito in cui Minniti e Gentiloni vogliono costringerci. – concludono gli operatori – E questa morte che porta il nome di John Kenedy deve diventare il nostro urlo di disertori al ruolo che ci vuole soldati di una guerra contro i poveri».
*Repubblica 29/03/2017