Fulvio Vassallo Paleologo
Si continuano a ripetere le stragi, i cadaveri scompaiono in mare, chi li recupera viene considerato con sospetto crescente, l’attenzione rimane sempre centrata sulle attività dei soccorritori piuttosto che sulle responsabilità di chi ci dovrebbe essere a prestare soccorso, ed invece ha ritirato molto più a nord i propri mezzi navali ed aerei. Sempre più difficile ed esposto il ruolo di soccorso delle Organizzazioni umanitarie e della Marina italiana. Gli effetti dei corsi di istruzione alla Guardia costiera libica sono stati soltanto un aumento delle operazioni di recupero in mare e di riconduzione a terra, ma le vittime sono in continuo aumento.
Ancora in queste ore si temono altre decine di vittime nelle acque a nord della Libia. Non è facile escludere che dietro questo intensificarsi delle stragi ci sia una caduta nelle possibilità di soccorso al limite delle acque libiche. Da quanto rilevato da Frontex le navi umanitarie dovrebbero allontanarsi dalla costa libica in modo da non costituire un fattore di attrazione, un pull factor. Anche se la gente continua a morire proprio nella fascia tra le 10 e le 20 miglia dalla costa.
Dopo le calunnie rivolte da Frontex alle organizzazioni umanitarie che continuano ad effettuare attività di ricerca e soccorso in mare, nelle acque del Mediterraneo Centrale, a ridosso delle acque territoriali libiche, una di queste organizzazioni la maltese MOAS ha emesso un comunicato con il quale si schiera apertamente dalla parte di Frontex, dichiarando di avere in corso da tempo un rapporto di collaborazione con l’agenzia.
Una dichiarazione che va in direzione opposta rispetto a quanto dichiarato da tutte le altre ONG come ProActiva e MSF che hanno ribadito la loro assoluta indipendenza rispetto alle attività di Frontex, con la quale sono tenute a collaborare solo nell’ambito di operazione Search and Rescue, ma non certo nella lotta contro i trafficanti o nelle attività di contrasto di quella che le polizie definiscono soltanto come “immigrazione illegale”.
Il ruolo delle organizzazioni non governative che prestano soccorso alle imbarcazioni che riescono a partire dalla costa libica è assai eterogeneo, ed è stato oggetto di attenti studi.
E’ bene chiarire a questo punto il ruolo che hanno i diversi stati confinanti, dal punto di vista delle zone di ricerca e salvataggio nelle quali è suddiviso il Mediterraneo centrale, perché gli obblighi di soccorso non vengono meno al limite delle acque territoriali, quando il paese che sarebbe competente non è in grado di garantire un intervento immediato, o una piena tutela dei diritti umani delle persone che vengono soccorse.
Le autorità maltesi dopo anni di contrasti con l’Italia, e di ritardi, culminati nella strage del 11 ottobre 2013 hanno sostanzialmente ceduto alle autorità italiane la responsabilità di un’area vastissima di intervento che lambisce la zona SAR libica e greca.
Di fatto, salvo casi sporadici di estrema urgenza, l’intervento delle autorità maltesi si è interrotto, e le attività delle imbarcazioni civili maltesi di MOAS si sono sempre concluse con trasferimenti su altri mezzi diretti verso porti italiani. Una soluzione “umanitaria” ad un rapporto diplomatico da sempre assai difficile.
In ogni caso gli Stati confinanti e le navi civili che operano in attività SAR alle dipendenze delle marine di questi stati sono OBBLIGATI a qualsiasi tipo di intervento di soccorso in qualunque circostanza di tempo e di spazio per salvare vite umane in mare, e devono ricondurre le persone soccorse nel porto più sicuro ( Place of safety) e non nel porto più vicino, come qualcuno ritiene in Italia. Anche l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ricorda i principi di diritto internazionale che impongono precisi obblighi di salvataggio e doveri di collaborazione agli stati al fine di salvaguardare la vita umana in mare.
Negli ultimi tempi , come è emerso dal Vertice de La Valletta del 3 febbraio scorso, il premier maltese Muscat è apparso uno dei più energici sostenitori degli accordi con la sedicente Guardia Costiera libica nella direzione di respingimenti veri e propri o di una sostanziale delega alle autorità libiche delle attività di soccorso e di recupero delle imbarcazioni partite dalla Libia.
L’Agenzia europea Frontex ha intanto ulteriormente ridotto i suoi assetti navali, ed infatti da un suo recente rapporto risultano mancanti una nave di altura ( tipo Siem Pilot) e due pattugliatori, mezzi che in passato erano presenti, offerti a rotazione da parte di vari stati europei, e che adesso non sono più in grado di concorrere nelle operazioni di ricerca e salvataggio. Questo spiega oggettivamente, al di là di troppe illazioni, le ragioni del maggiore coinvolgimento in percentuale delle navi umanitarie, che comunque continuano ad operare sotto il coordinamento della Giardia Costiera italiana.
Riteniamo utile la lettura del seguente documento ufficiale dell’Unione Europea che documenta la diminuzione dei mezzi di Frontex davanti alle coste libiche ed il loro spostamento verso il Mediterraneo orientale, perché tutti attendono la nuova emergenza, quando Erdogan farà pesare il suo ricatto sull’Unione Europea e consentirà altre partenze di massa dalle sue coste.
In particolare ci sono da notare questi paragrafi che, ad un certo punto, riguardano direttamente l’Italia.
Member States should
Ensure that the agreed resources are always made available to the European Border and Coast Guard for the running operations and the mandatory pools.
Provide the following resources on the basis of the currently identified gaps:
Gaps for Greece (Joint Operation Poseidon) – Until 16 February 2017: 4 officers, 1 helicopter, 2 transportation vehicles – 16 February – 30 March 2017: 10 officers, 1 helicopter, 1 coastal patrol boat (March only), 4 patrol cars, 2 transportation vehicles
Gaps for Greece (Joint Operation Flexible Activities at the Northern Greek land border) – February 2017: 54 officers, 26 patrol cars, 3 dog teams, 1 thermo-vision vehicle, 2 transportation vehicles – March 2017: 54 officers, 26 patrol cars, 3 dog teams, 1 thermo-vision vehicle, 2 transportation vehicles
Gaps for Bulgaria (Joint Operations Flexible Activities and Focal Points) – 1 February – 1 March 2017: 87 officers, 34 patrol cars, 16 dog teams, 4 thermovision vehicles – 1 – 29 March 2017: 69 officers, 33 patrol cars, 16 dog teams, 1 thermo-vision vehicle
Gaps for Italy (Joint Operation Triton) – January 2017: 37 officers, 1 fixed wing aircraft – February 2017: 27 officers, 1 helicopter, 1 coastal patrol vessel – March 2017: 26 officers, 1 offshore patrol vessel, 2 coastal patrol vessels
The European Border and Coast Guard Agency should
In order to ensure the smooth and effective running of the mandatory pools inform Member States on a monthly basis about needed resources based on a continuous monitoring of the situation at the external borders.
Insomma quello che occorre e con urgenza è l’apertura di canali umanitari di ingresso regolari e gestiti con i mezzi di soccorso che possono mettere in campo gli Stati e e l’UE, non continuare ad affidare alla responsabilità e all’impegno dei privati un compito di tale portata. Quanto sta accadendo soprattutto in questi mesi, andrà definendo non solo il ruolo dell’Unione Europea e delle sue agenzie ma quale peso vorranno avere questi attori nel definire il futuro. Un continente che si chiude in se stesso, che lascia succedersi le stragi con colpevole indifferenza, che criminalizza chi porta soccorso, difficilmente potrà sperare di avere un domani.