Fulvio Vassallo Paleologo
1.Considerazioni generali
La più recente proposta di riforma del Regolamento Dublino va inquadrata nella complessiva riforma del CEAS, il Sistema dell’ asilo europeo, di cui costituisce un tassello essenziale, nella direzione di garantire procedure e qualifiche davvero uniformi e di limitare anche in questo modo i cd. “movimenti secondari” da un paese all’altro. La proposta di riforma del Regolamento Dublino “rifonda” il Regolamento (UE) n. 604/2013 e dovrebbe pertanto essere adottata sulla stessa base giuridica, cioè l’articolo 78, paragrafo 2, lettera e), del TFUE, secondo la procedura legislativa ordinaria.
Sembra dunque un percorso assai difficile, e non sorprende che dopo l’originaria proposta publicata dalla Commissione nell’aprile del 2016, sia trascorso quasi un anno senza sostanziali avanzamenti. Si prospetta adesso la possibilità che a breve si pronunci il Parlamento europeo, mentre il Consiglio rimane vigile a sorvegliare che i paletti imposti dal cd. Gruppo di Visegrad ( Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Repubblica Slovacca) non vengano superati. Si rimane infatti nell’ottica di un sostanziale svuotamento del diritto di asilo europeo. Sullo sfondo le elezioni in Olanda e Germania e gli accordi con paesi terzi come la Turchia, l’Egitto ed il Sudan che potrebbero rendere drammatiche le conseguenze dell’adozione vincolante delle definizioni di “paese terzo sicuro” e di “paese di origine sicuro”. Già nelle prassi anticipate dalle autorità di polizia si prospettano deportazioni sommarie di coloro che, provenendo da questi paesi, non si vedranno neppure riconosciuta la possibilità di accedere ad una procedura imparziale per il riconoscimento dello status di protezione.
Nel caso dei minori stranieri non accompagnati, alla luce degli orientamenti generali sempre più restrittivi in materia di immigrazione e d asilo, ormai prevalenti a livello europeo, questa riforma potrebbe comportare procedure più rigorose nella identificazione e nell’attribuzione dell’età, e gravi limitazioni nel diritto di chiedere asilo in paesi diversi da quelli di primo ingresso. Più in generale, gli obiettivi di una comune “responsabilità” e “solidarietà” da parte degli stati membri appaiono ancora lontani da raggiungere.
Nelle proposte di revisione del Regolamento Dublino 3 prevalgono invece gli aspetti punitivi per tutti coloro che si sono resi responsabili di un movimento secondario, di un passaggio non autorizzato in un paese diverso da quello di primo ingresso. Nei loro confronti, oltre a vari ostacoli che renderanno poco probabile il riconoscimento di uno status di protezione, si prospetta un abbattimento delle possibilità di accesso alle misure di assistenza oggi vigenti, a partire dall’assistenza sanitaria ridotta ai casi di emergenza, con una gravissima lesione del principio di uguaglianza nell’esercizio effettivo di diritti fondamentali come il diritto alla salute.
- Inquadramento della proposta di riforma del Regolamento Dublino 3 nell’ambito della complessiva riforma del sistema dell’Asilo europeo (CEAS). I meccanismi correttivi di allocazione e il fallimento della Relocation. Rimane il criterio dello Stato di primo ingresso ed anzi viene ancora rinforzato.
Il fenomeno più evidente derivante dagli arrivi di migranti in Italia ed in Europa è dato dalla dispersione che spesso diventa vera e propria clandestinizzazione già nella fase di durata indefinita nelle strutture di prima accoglienza. Le procedure di identificazione si ripetono ma il mancato accesso alle procedure di protezione condanna ad una presenza “clandestina” anche nelle strutture nelle quali si viene abbandonati per mesi, dopo la prima registrazione nei giorni immediatamente successivi allo sbarco. Particolarmente gravi le conseguenze di questa dispersione nel caso dei minori stranieri non accompagnati, in una crisi complessiva del sistema dell’asilo e degli istituti europei e nazionali che dovrebbero garantire accoglienza e protezione per i soggetti più vulnerabili come i MSNA, consentendo al contempo il mantenimento di uno status legale di soggiorno al compimento della maggiore età.
Quello dei minori stranieri non accompagnati (MSNA), come ha sottolineato il direttore della Fondazione Migrantes mons. Giancarlo Perego, è un fenomeno che risente fortemente delle storture dell’attuale Regolamento Dublino III “e che richiede un’attenzione particolare a diversi livelli : sul piano dell’identificazione dell’età del minore con strumenti adeguati, che oggi lasciano un dubbio di più/meno due anni, con il rischio di non tutelare alcuni ragazzi; con luoghi di accoglienza che non siano i CAS (che oggi ospitano l’85% dei minori non accompagnati, perché solo meno di 2.000 sono in un progetto SPRAR), mentre quasi il 50% dei minori sono concentrati al Sud soprattutto in Sicilia (6.500) e in Calabria (1.500); con l’attenzione ai traumi subiti nel corso di viaggi che durano almeno due anni per la maggior parte di essi; e per la continuazione del viaggio verso altri Paesi europei, ancora in solitudine o con amici, per almeno due su tre dei minori sbarcati».
La Commissione Europea, dopo avere presentato l’Agenda Europea sulle migrazioni del 13 maggio 2015, ha proposto un programma globale di riforma del Sistema europeo comune d’asilo (CEAS) per riformare il Sistema europeo comune d’asilo e potenziare le vie d’accesso legali all’Europa. Ma nessuno ha visto queste vie di ingresso legale in Europa, al di là delle iniziative numericamente limitate di qualche ONG e di alcune procedure di resetlement che alcuni paesi come la Germania hanno attivato sulla base dei propri interessi nazionali. Si dovrebbe garantire responsabilità e solidarietà tra gli stati membri, ma questi obiettivi già mancati per effetto del fallimento della relocation si allontanano ancora di più con la proposta di riforma del Regolamento Dublino. Si privilegiano paesi come la Germania e la Svezia a scapito di Italia e Grecia in tutti i sensi, a partire dallo scambio tra relocation e resettlement. Gli stati che hanno accettato migranti per effetto del resettlement li possono calcolare in detrazione sugli obblighi di ricollocazione. I criteri di distribuzione sono legati ad algoritmi astratti, contestati dagli stati che vorrebbero una “solidarietà flessibile”, mentre i meccanismi compensativi, definiti adesso come riallocazione, appaiono calcolati su indici che non sembrano prevedere una effettiva mobilità secondaria dall’Italia e dalla Grecia, tale da far fronte al prevedibile incremento degli arrivi che ancora si verificherà, malgrado l’intensificazione delle missioni di contrasto di Frontex e delle operazioni di Eunavfor Med in sinergia con la sedicente Guardia Costiera libica.
Come contenuto della riforma complessiva del CEAS è stato presentato un primo gruppo di norme di riforma del complessivo sistema di Dublino, il 4 maggio 2016, contenente tre proposte di regolamenti legislativi del Parlamento europeo e del Consiglio riguardanti rispettivamente la rifusione del regolamento Dublino III, la nuova Agenzia europea per il sostegno all’asilo e la riforma del sistema EURODAC .
Con un secondo pacchetto di provvedimenti che dovrebbero tradursi nell’adozione di nuovi Regolamenti, dotati di una efficacia diretta all’interno degli stati membri, con una procedura che si vorrebbe adottare per garantire una applicazione più uniforme nei diversi stati dell’Unione, la Commissione intende creare una procedura comune per la protezione internazionale, uniformare gli standard di protezione e i diritti per i beneficiari di protezione internazionale e armonizzare ulteriormente le condizioni di accoglienza nell’UE.
Rimane infine obiettivo centrale dei decisori politici europei la riduzione dei cd. movimenti secondari dei richiedenti asilo e l’espulsione (removal) di quanti non ottengono il riconoscimento di uno status di protezione. In questa direzione, il 13 luglio 2016, la Commissione ha presentato il secondo pacchetto di misure di riforma. Si tratta di due proposte di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio destinate l’una ad abrogare la direttiva procedure, l’altra a modificare la direttiva sulle qualifiche e di una proposta di rifusione della direttiva accoglienza con il richiamo alle categorie dei paesi terzi sicuri e dei paesi di origine sicuri come espediente per ridurre la platea dei potenziali richiedenti asilo e velocizzare le procedure per il riconoscimento dei diversi status di protezione. Nelle prossime settimane il Parlamento europeo dovrebbe adottare una posizione comune sulla riforma complessiva del Regolamento Dublino 3.
- Verso un ennesimo fallimento sul piano della tutela dei diritti umani
I vertici europei hanno però sovrastimato la possibilità di raggiungere una intesa comune in tempi brevi. “Prevedo entro il 2016 una radicale revisione del Regolamento di Dublino e, in generale, delle modalità di asilo messe in atto in Europa”. Le parole sono di Dimitris Avramopoulos, Commisario Ue ad Affari interni e Migrazioni, pronunciate giovedì 14 gennaio 2016 di fronte al Parlamento Europeo.
All’inizio del 2017 la modifica del Regolamento Dublino appare ancora lontana, anche se a breve si potranno esaminare le nuove proposte emerse in sede parlamentare. I nuovi Regolamenti, che impongono procedure rigorose di approvazione e di codecisione, rimangono incagliati sempre più spesso nelle secche dei lavori di “comitato” che ancora caratterizzano le istituzioni europee sulle quali incombono anche scadenze elettorali nazionali nelle quali potrebbero avanzare ulteriormente partiti populisti se non apertamente xenofobi.
L’attacco a quello che rimane del diritto di asilo “europeo” viene condotto anche attraverso misure procedurali. Per scoraggiare i movimenti secondari la proposta di riforma del Regolamento Dublino sancisce, per la prima volta, specifici obblighi e sanzioni a carico del richiedente: si prevede in sostanza l’obbligo per i richiedenti asilo di fare domanda nello Stato di primo ingresso irregolare o di soggiorno regolare. Come sanzione, in caso di attraversamento non autorizzato delle frontiere interne, è previsto l’esame della domanda di asilo con procedura accelerata. Si suggerisce infine agli stati l’adozione di procedure accelerate di esame dei ricorsi contro le decisioni di trasferimento, e in questo quadro, tradizionalmente riservato al legislatore nazionale, non possono che destare particolare allarme le misure adottate in Italia, come il recente Decreto legge del 17 febbraio scorso n.13, per “velocizzare” i procedimenti giurisdizionali relativi alle cause nelle quali si tratta dei dinieghi di protezione internazionale o umanitaria, per i quali si propone l’abolizione di un grado i giudizio e la sostanziale cancellazione del principio del contraddittorio, con il ricorso a procedure di videoregistrazione delle audizioni nelle Commissioni e di videoconferenza nel caso di ricorsi presentati da migranti detenuti nei centri di identificazione ed espulsione, oggi ridenominati come centri di permanenza per il rimpatrio..
La scelta di riformare in peggio un sistema che ha già prodotto autentici disastri sul piano umanitario e legale, come il Regolamento Dublino, aumenterà soltanto il numero di persone costrette ad una condizione di irregolarità e non gioverà di certo a quel “ritorno a Schengen” ( inteso come ritorno alla libera circolazione) che si evoca a parole, ma che si contraddice tutti i giorni con proposte di riforma come quelle prima ricordate. Nuovi muri , anche sul piano giuridico e sociale, ormai dividono gli stati europei, con una linea di frontiera, protetta da respingimenti sommari e spesso illegali, anche a danno di minori non accompagnati, che da Ventimiglia, attraverso Chiasso ed il Brennero, si estende fino alla Serbia ed alla Macedonia, a tutto danno degli stati più esposti come Italia e Grecia. Una linea di frontiera “interna” sulla quale si è infranto il Regolamento Schengen e sulla quale, se non si finisce ghettizzati nei campi di accoglienza, come gli HUB di Castelnuovo di Porto vicino a Roma o di Siculiana ( Agrigento) e se non si viene respinti da un paese all’altro, si continua a morire, all’interno dei tunnel o sopra i treni in corsa.