Dalle montagne del Kurdistan al cuore di Roma, Ararat non si sgombera.

Stefano Galieni

Un titolo che riecheggia uno degli striscioni più belli dietro cui la comunità curda a Roma e tante/i altre/i attivisti italiani, hanno sfilato nel corteo nazionale per la libertà di Ocalan e di tutti i detenuti politici in Turchia. A tenerlo coloro che da tanti anni, nel cuore di Roma, hanno dato vita all’unico centro culturale curdo nel paese, che ha scelto il nome evocativo di Ararat e che è oggi uno dei più importanti d’Europa.

Da tempo lo stabile in cui è ubicato il centro, nel quartiere di Testaccio, nonostante una formale assegnazione, è al centro di grandi interessi speculativi.

Apprendiamo in questi giorni che il Comune di Roma intende riprendere possesso dell’Ararat, sottraendolo a chi lo ha fatto divenire un punto centrale della vita culturale curda in Italia nonché spazio di accoglienza e di informazione per chi fugge dall’Isis, dalla dittatura di Erdogan, dal tentativo di genocidio culturale. A Roma da tempo numerosi spazi sociali vengono sgomberati in nome del bisogno del Comune di “fare cassa”, un modo per svendere il patrimonio pubblico, rompere meccanismi di partecipazione alla vita della città, distruggere quello che resta di positivo in un contesto di relazioni imbarbarite. Per questo come ADIF ci schieriamo dalla parte di Ararat, patrimonio dell’intera città e di modalità alternative e cogestite di accoglienza e inclusione sociale.

Riportiamo quindi il comunicato con cui si è annunciata la conferenza stampa che si è tenuta oggi 21 febbraio nella Piazza del Campidoglio, la ricostruzione di quanto è avvenuto in questi anni ad Ararat e i risultati dell’incontro che una delegazione ha riportato dopo l’incontro con l’Assessore al Patrimonio Pubblico

Continua senza sosta l’attività di desertificazione sociale e culturale intrapresa dal Comune di Roma. Il 16 febbraio scorso è stata inviata un’intimazione a liberare gli spazi del Centro di cultura curda Ararat entro 30 giorni. L’ingiunzione di sgombero è corredata dalla richiesta di cifre esorbitanti per gli anni passati da parte dell’Amministrazione, mentre è ancora in attesa di definizione il provvedimento del TAR, per il quale l’udienza di merito è stata fissata per il 22 marzo 2017.
Il centro Ararat ha sempre pagato le quote concordate con il Comune di Roma. Si tratta quindi di una decisione unilaterale che avviene a fronte di reiterate richieste di incontri per l’individuazione di una soluzione condivisa.
 
Riteniamo sia particolarmente grave imporre la chiusura a un centro culturale attivo nella diffusione della cultura del popolo curdo, della sua lotta per la libertà con importanti importanti progetti di solidarietà itinere e mentre il tribunale competente non ha ancora preso una decisione
Il centro culturale Ararat ha rappresentato negli ultimi diciotto anni uno spazio aperto, punto di riferimento per la comunità curda nella diaspora, un luogo di pace e convivenza tra culture. In questi anni è stato attraversato da curdi provenienti da tutte le parti del Kurdistan: Ararat ha dato loro accoglienza, integrazione e cultura.
Mentre i curdi in Siria e in Turchia resistono e difendono la loro terra, combattendo per l’umanità contro gli attacchi di Daesh e dell’esercito turco, a Roma si tenta ancora una volta di cancellare un’esperienza fra le più vive e attive della città che vede protagonisti gli esuli curdi.
Daesh nel Rojava (Siria del nord) ha distrutto in maniera mirata le associazioni culturali. Il governo di Erdogan ha chiuso centinaia di organizzazioni della società civile curda. Oggi il Comune di Roma si rende complice di questo genocidio culturale portandolo nel cuore della capitale. E come se non bastasse, la scadenza dei 30 giorni coincide proprio con la settimana in cui cadono le celebrazioni del Newroz, il capodanno curdo.
Molte altre associazioni stanno subendo gli stessi ricatti, ma Ararat resisterà, così come resiste il popolo curdo in tutta la regione del l Kurdistan.
Per una breve storia di Ararat
Lo stabile è stato occupato nel maggio del 1999, poco dopo il sequestro del leader del popolo curdo Abdullah Öcalan, anche per dare una risposta di accoglienza ai numerosi profughi curdi che si erano accampati nei giardini di Colle Oppio, nei pressi dell’ospedale militare in cui il loro presidente era stato per un periodo.
Negli anni seguenti ha dato risposto ad una emergenza alloggiativa per tanti che hanno attraversato l’Europa trasformandosi nel contempo in un vero e proprio centro culturale. Luogo di incontro, di dibattiti, di dialogo, di scambio fecondo fra la città e la comunità curda.
Il 15 giugno del 2007 : a conferma di quanto detto, veniva formalizzata la consegna dello stabile all’associazione che si era nel frattempo costituita per dare legittimità legale a tale attività
Il 12 novembre 2009 : veniva consegnato l’Atto di concessione dello stabile
Il 4 novembre 2014 : giungeva la richiesta di rinnovo del contratto di affitto
Il 27 agosto 2015 : arrivava la richiesta di verifica di una eventuale situazione debitoria e dello stato di avanzamento del rinnovo del contratto
il 9 ottobre 2015 : ( con notifica il 19 ottobre), il Comune si è costituito in mora per un importo, a detta di Ararat, sovrastimato
Il 4 novembre 2015 : Richiesta di incontro al Comune per la rateizzazione dei debiti e per iniziare un pagamento volontario dell’importo maggiorato.
Il 18 marzo 2016 : (notifica il 22 marzo); Avvio del procedimento amministrativo per la requisizione dello stabile da parte del Comune
Il 1 aprile 2016 : ricorso al TAR del Lazio
Il 31 gennaio 2017 : (notifica il 16 febbraio); ingiunzione di sgombero entro 30 giorni con richiesta di pagamento di cifre esorbitanti, mai citate nelle precedenti comunicazioni, da parte del Comune.
Il 21 febbraio 2017 : In piazza del Campidoglio si è tenuta alle 12 una partecipata conferenza stampa a cui hanno partecipato esponenti della comunità curda, dell’associazione Ararat, cittadini e cittadine antirazzisti, molte delle persone che, all’interno di forze politiche e sociali, da anni si spendono per la causa curda. Al termine della conferenza una delegazione è stata ricevuta dall’assessore al Bilancio e al Patrimonio Andrea Mazzillo. Un incontro che ha avuto carattere interlocutorio ma è partito dalla constatazione che si dovrà lavorare per impedire che l’ingiunzione di sgombero faccia il suo corso. I legali dell’associazione e del Comune cercheranno di concordare una soluzione mentre il regolamento in merito all’utilizzo del patrimonio pubblico che dovrà a breve essere approvato dalla giunta dovrà poi essere discusso nel Consiglio comunale. Nessuno può però escludere che nel frattempo, in assenza di decisioni che hanno carattere prevalentemente politico prevalga l’azione di chi intende procedere, incurante del valore sociale di spazi come Ararat. Per tale ragione i presenti alla conferenza e le tante organizzazioni o realtà che hanno garantito il loro supporto, si considerano sin da oggi mobilitate in difesa dello spazio.
Come si diceva all’inizio, il provvedimento di sgombero dovrebbe essere portato a compimento il 18 marzo prossimo nell’approssimarsi di due date quasi coincidenti.
Il 21 marzo : ricorre infatti il Newroz, il capodanno curdo che vede già normalmente arrivare attivisti da tutta Italia.
Il 22 marzo : ci sarà invece l’udienza presso il TAR del Lazio, rispetto alla vicenda.
Ci auguriamo che, a differenza e in discontinuità rispetto a quanto fatto finora, prevalga la saggezza e che nessuno sgombero venga effettuato.