Riceviamo e pubblichiamo una interessante notizia che potrebbe, dal punto di vista giuridico, risultare estremamente significiativa per fermare il recente accordo italo-libico. Sarà interessante leggere l’intero ricorso di cui si parla nel testo e capire come questo inciderà nella complessa fase dei rapporti con il governo di Tripoli. Ringraziamo la nostra amica Cornelia I. Toelgyes per avercene prontamente dato notizia.
Cornelia I. Toelgyes
Sei cittadini libici hanno depositato un ricorso di ventitré pagine presso la Corte d’Appello di Tripoli contro il Memorandum of understanding firmato dal nostro presidente del Consiglio dei ministri, Paolo Gentiloni, e Fāyez al-Sarrāj, presidente del Consiglio presidenziale (CP) della Libia, riconosciuto dall’Organizzazione delle Nazioni unite (ONU).
I sei ricorrenti, tra loro anche l’avvocato Azza Al-Maqhor e l’ex ministro della Giustizia, Salah Al-Marghani, hanno proposto un appello contro il presidente al-Sarrāj, perché ritengono che il CP, formato grazie all’accordo politico libici, non sia costituzionale.
Dunque l’accordo Italia-Libia, volto a contrastare il flusso migratorio, elogiato e appoggiato dall’Unione europea durante la riunione informale di Malta dello scorso 3 febbraio, rischia di naufragare ancor prima della sua effettiva attuazione, per questioni costituzionali. Inoltre, i ricorrenti hanno sottolineato che secondo il nuovo trattato, firmato il 2 febbraio 2017 da al-Sarrāj e Gentiloni, la Libia deve assumersi compiti e mansioni riguardanti la “migrazione illegale” non previsti nel Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra Italia e Libia. Tale convenzione è stata siglata da Silvio Berlusconi e Mu’ammar Gheddafi a Bengasi il 30 agosto 2008 e ratificato dall’Italia il 6 febbraio 2009.
La notizia del ricorso è stata appena resa nota dalla stampa libica.
Intanto prosegue in Italia il tentativo di costruire l’immagine di un accordo che comincia a funzionare nel pieno rispetto dei diritti umani di chi fugge e che , secondo chi scrive, viene ben riaccolto in Libia.
12 febbraio 2017