La Grande Camera della Corte Europea dei diritti dell’Uomo conferma in via definitiva la condanna dell’Italia per trattenimento arbitrario nel centro di primo soccorso ed accoglienza di Lampedusa e sulle navi prigione ormeggiate nel porto di Palermo. Si tratta del caso Khlaifia e altri c. Italia, avente ad oggetto il trattenimento e l’espulsione di stranieri irregolari a Lampedusa verificatesi nel 2011. Una sentenza che riguarda inevitabilmente anche il trattenimento prolungato attuato ancora oggi negli Hotspot di Lampedusa e Pozzallo.
Oggi questa sentenza assume un significato ancora più evidente perché mette in luce la pesante corresponsabilità di FRONTEX che intensifica gli attacchi contro gli operatori umanitari, piuttosto che rientrare nei limiti dello stato di diritto. Un esposto rispetto a quanto si era verificato in Sicilia nel 2011, in piena Emergenza Nord Africa, era stato presentato nell’Agosto dello stesso anno. I legali e gli attivisti che inoltrarono l’esposto alla Procura della Repubblica di Palermo avevano prodotto una quantità impressionante di materiale documentale di ogni tipo, tanto da non avere alcun timore di essere smentiti.
La Grande Camera, votando all’unanimità, ha riconosciuto la fondatezza della violazione dell’ art. 5 CEDU, perché coloro che hanno fatto ricorso risultano essere stati illegalmente privati della libertà personale, prima nel CPSA di Lampedusa e poi sulle navi attraccate a Palermo che, in maniera del tutto arbitraria, sono state adibite alle stesse funzioni dei centri di detenzione. Ma risulta violato anche l’art. 3 CEDU, in relazione all’art. 13 della Stessa, in quanto ai ricorrenti non è stato garantito l’accesso ad una effettiva procedura di ricorso per poter contestare eventuali (anche se non accertate) violazioni appunto dell’art. 3.
A portare avanti il ricorso, che comunque vada segna una tappa importante nel contrasto alle pratiche illegali connesse alle cosiddette “emergenze”, hanno provveduto i legali dell’Asgi, Luca Masera e Stefano Zirulia.