Dopo la proposta fatta dal Presidente del Parlamento Europeo Schulz, la Cancelliera tedesca Angela Merkel , nel corso del recente vertice europeo di Vienna, proprio negli stessi giorni in cui si raccoglievano i cadaveri dell’ennesima strage di migranti davanti alle coste di Alessandria d’Egitto, ha rilanciato l’ipotesi di un accordo con il governo egiziano per il rimpatrio dei migranti irregolari e per il blocco di quanti tentassero ancora di partire verso l’Europa.
Si vorrebbe in sostanza sottoscrivere con Al Sisi un accordo simile a quello già stipulato a marzo con Erdogan, un accordo contro il diritto internazionale, che sta producendo il confinamento a tempo indeterminato di migliaia di profughi intrappolati in Grecia, e che di fatto legittima le operazioni più violente di sorveglianza dei confini , fino al punto di permettere alle guardie di frontiera turche di aprire il fuoco ed uccidere civili inermi ammassati alla frontiera tra la Siria e la Turchia.
Sarebbero anche le guardie di frontiera di Frontex, o i mezzi ella Guardia Costiera greca, che secondo alcune testimonianze dirette, aprirebbero il fuoco per bloccare le imbarcazioni cariche di famiglie, con donne e bambini, molti siriani, provenienti dalla Turchia. Un modello di intervento che adesso qualcuno vorrebbe replicare al largo delle coste libiche ed egiziane. Ma alla fine, per i governi europei, è sempre meglio che intervengano le autorità nazionali nelle loro acque territoriali. Meno responsabilità, meno compromissione in attività di push-back, ma la stessa miserabile cifra morale mascherata dietro il falso umanitarismo.
Per questo “collaborazione” nelle politiche di arresto violento dei migranti Erdogan si è già guadagnato sei miliardi di euro ed ha una trattativa aperta con l’Unione Europea per abolire l’obbligo di visto per i cittadini turchi. Al Sisi, vuole seguire adesso il suo esempio, alternando minacce ad offerte commerciali, infatti sul tavolo ci sono, oltre al miliardo di euro promesso dalla Merkel, anche le concessioni petrolifere e le forniture militari. Ed altri soldi potrebbero arrivare dal Fondo Monetario Internazionale.
Ci sarebbe in gioco anche un maxi-prestito da 12 miliardi di euro da parte del Fondo Monetario internazionale, che potrebbe essere concesso solo se l’Egitto dimostra di sapere controllare le proprie frontiere. Malgrado la gestione politica ed i continui depistaggi delle indagini sul caso Regeni da parte delle autorità egiziane, i rapporti internazionali con quel paese non sono mai andati tanto bene. Intanto la Gran Bretagna con la BP sta chiudendo con il governo egiziano importanti accordi commerciali , che potrebbero tagliare fuori ENI, e la Francia, con il supporto dell’Arabia Saudita, fornisce da tempo armi , anche se è noto come Il Cairo, con il sostegno offerto al parlamento di Bengasi ed al generale Haftar, stia contribuendo alla destabilizzazione definitiva della Libia.
Mentre l’Egitto riscuote tanta attenzione come possibile partner nelle politiche di esternalizzazione dei controlli di frontiera , davanti alle coste del Mediterraneo si continuano a consumare stragi nascoste, effetto anche della mancanza di un sistema di ricerca e soccorso nelle acque territoriali, e di efficaci accordi di collaborazione con le guardie costiere dei paesi responsabili delle zone SAR (ricerca e soccorso) confinanti.
Malgrado la richiesta di corridoi umanitari che garantissero un accesso legale e protetto, davanti alle coste egiziane è mancato qualsiasi coordinamento tra le diverse forze di polizia che, a mare come a terra, sembrano occuparsi soltanto dell’arresto di trafficanti e scafisti, o della distruzioni dei barconi sui quali sono costretti a viaggiare i migranti, quando non affondano prima. In occasione dell’ultimo naufragio del 21 settembre scorso, i testimoni hanno riferito che i mezzi militari sarebbero sopraggiunti cinque ore dopo l’affondamento del barcone sul quale erano stipati almeno 500 migranti, e che i primi soccorsi sarebbero stati portati da pescherecci e da imbarcazioni commerciali.
Su quel naufragio, come su altri naufragi verificatisi sulla rotta da Alessandria d’Egitto verso la Sicilia è calato un silenzio assordante.
Si tratta della rotta più lunga e pericolosa di tutto il Mediterraneo, una rotta alla quale adesso i migranti sono di nuovo costretti, per la situazione di grave insicurezza che si è determinata nel territorio libico e per l’aumentata “efficienza” della Guardia Costiera libica, meglio delle milizie che assumono questa qualifica, dopo gli accordi con l’operazione europea EUNAVFOR MED, altrimenti definita come Operazione Sophia, dal nome di una bambina nata nel corso di un soccorso.
Mentre tutti i media del mondo riferivano il progressivo aumento delle vittime accertate dopo il naufragio di Rosetta (Rashid) a soli 12 chilometri dalla costa,, dalle iniziali 27 vittime ormai siamo arrivati a quasi duecento morti accertati, in Italia, con poche eccezioni, nessun giornale ne ha scritto, proprio nei giorni in cui si preparava l’ennesima rituale commemorazione di stato per la strage del 3 ottobre a Lampedusa. Eppure la strage davanti alla costa a poche miglia da Alessandria d’Egitto, assumeva contorni sempre più tragici, ed almeno si sarebbe potuto riportare il numero imponente di vittime, o la notizia delle tante famiglie che a terra, o nei paesi di origine, attendevano invano notizie dei propri cari. Evidentemente in un momento in cui l’Egitto si preparava addirittura a modificare la propria legislazione interna, inasprendo le pene contro i trafficanti, per facilitare gli accordi di respingimento e riammissione con l’Unione Europea, in Italia, paese che ha proposto quella collaborazione già nel 2014 con il Processo di Khartoum, si è preferito tacere.
L’opinione pubblica è ormai assuefatta alla notizia di centinaia di persone che muoiono in mare, ed anzi qualcuno gioisce anche della tragica fine di uomini, donne, bambini. Annegati in un mare di indifferenza. Indifferenza che è anche prodotto di disinformazione o di censura di notizie che a livello internazionale circolano molto più che in Italia. Disinformazione che copre anche gli accordi già conclusi da tempo tra Italia ed Egitto, in base ai quali si praticano respingimenti sommari, con procedure semplificate, senza riconoscimenti individuali, ma sulla base della mera attribuzione della nazionalità in spregio totale del carattere individuale della richiesta di asilo e del divieto di espulsioni collettive. Occorre dimostrare a tutti i costi, anche contro l’evidenza, che l’Egitto è un “paese terzo sicuro”. E che magari riesce anche ed evadere “800 domande di asilo al giorno”. Ma nessuno chiarisce il numero dei migranti che davvero ottengono il riconoscimento di uno status in quel paese, e soprattutto il trattamento o status legale che ricevono.
Disinformazione ed indifferenza che continuano ad avvolgere la tragica fine di Giulio Regeni, un altro ostacolo sulla strada degli accordi tra Unione Europea ed Egitto, che oggi si vorrebbe spianare. Anche in questo caso le notizie ufficiali vorrebbero fare trapelare un forte impegno dell’Egitto ( e dell’Italia) nell’accertamento della verità, su una vicenda che supera ampiamente la già tragica dimensione individuale, per diventare esemplare per centinaia di casi simili e di sparizioni forzate, seguite da torture terribili, fino alla morte, di centinaia di egiziani che il regime ritiene suoi oppositori. Eppure tra parziali ammissioni e falsi scoop la verità sembra sempre più lontana, mentre anche tra l’Egitto e l’Italia si assiste ad un rilancio degli accordi di collaborazione economica, che appare sempre più contraddittoria rispetto alla reazione iniziale di un richiamo dell’ambasciatore italiano dal Cairo. La spinta degli interessi economici in questo campo è ogni giorno più forte. Molte grandi aziende italiane non vorrebbero essere tagliate fuori dal mercato egiziano da parte dei grandi gruppi concorrenti a livello internazionale. Ogni giorno sembra possibile una svolta nelle indagini, ma con rara puntualità tutti gli impegni di fare chiarezza assunti dal governo egiziano si dissolvono nell’aria lasciando tutto avvolto nella nebbia. L’angoscia della famiglia e di chi ha richiesto verità e giustizia per Giulio cresce ogni giorno. Nessuna strada per arrivare alla verità sarà lasciata intentata, Non dimenticheremo mai quello che è successo e chi ne sono, fino a evidenza contraria, i responsabili politici.
Anche in questo caso, sui mezzi di informazione italiani le indagini sul sequestro e l’uccisione di Giulio compaiono per qualche giorno, sempre sulla base di agenzie ufficiali, e poi tutto ritorna nella routine. Nessuno parla più neppure delle centinaia di persone che in Egitto, come Giulio Regeni, sono vittime di sparizioni forzate, arresti arbitrari e torture che possono arrivare fino alla morte. La censura di Al Sissi arriva fino in Italia. Quando non si tratta di autocensura o di mero calcolo di convenienza.
Una tecnica abilmente dosata di(non) fare informazione che conduce l’opinione pubblica alla rassegnazione. Un altro omicidio di stato , quello di Giulio Regeni, sul quale non si dovrebbe mai fare luce. E invece dovrebbe allarmare il fatto che paesi europei come la Germania, la Francia e la Gran Bretagna, se non l’Unione Europea al gran completo, si preparino a negoziare con Al Sissi un lucroso scambio tra il blocco dei migranti e la corresponsione di consistenti aiuti finanziari. E’ lo schema dei Migration Compact proposti dall’Italia all’Unione europea e subito approvati, sulla scorta di quelli già firmati con la Nigeria e con il Sudan, l’outsourcing delle politiche e delle prassi di polizia nel contrasto di quella che chiamano “immigrazione illegale”. Anche se poi, nei paesi di origine e di transito, sono le stesse polizie degli stati con i quali si negozia che agevolano il sistema dei trafficanti e, per effetto della diffusa corruzione, ne fanno sistematicamente parte. Anche se in quei paesi il diritto di asilo ed il rispetto dei diritti umani rimangono sempre più spesso soltanto sulla carta. Non basta appellarsi ai grandi principi se poi si scende a continui compromessi con regimi che non rispettano i diritti umani.
Sono queste le ragioni che ci inducono ad accrescere ogni giorno lo sforzo di fare circolare informazioni corrette sullo stato di avanzamento degli accordi tra i paesi europei e gli stati terzi di origine o di transito. Informazioni che ognuno dovrà rilanciare e che vanno condivise da un numero sempre più ampio di persone. Perché non si possa giocare sul fattore tempo o sulla cattiva qualità dell’informazione per fare dimenticare tragedie personali e tragedie collettive che ci devono riguardare tutti direttamente. Con le relazioni esterne che sta dispiegando l’Unione Europea si avvia verso il suicidio politico. Governi, poteri economici ed apparati di polizia che fanno accordi sulla pelle delle persone sono una minaccia costante per la democrazia e per la pace, per il futuro di tutti, non esiste sicurezza senza giustizia, questo è bene che sia chiaro una volta per tutte, in Africa come in Europa.
Fulvio Vassallo Paleologo – ADIF ( Associazione Diritti e frontiere)