Asilo negato: diritti di difesa a rischio

Il governo italiano ed il ministro della giustizia Orlando, dopo le misure procedurali adottate con il decreto legislativo 142/2015, pensano ad uno stravolgimento delle regole processuali per i ricorsi contro le decisioni di diniego adottate dalle Commissioni territoriali. Appena un anno fa si era già intervenuti in materia di ricorsi giurisdizionali contro i dinieghi di status, ma evidentemente quell’intervento non è ritenuto abbastanza restrittivo. Adesso sembra pronto un nuovo disegno di legge. Con procedure sommarie e giudici che dovrebbero essere “specializzati”, ma che rischiano di diventare “giudici speciali”, omologati a direttive che potrebbero arrivare anche dai livelli più alti degli apprati giudiziari, se non direttamente dall’esecutivo, con tante sentenze “fotocopia(te)”, si vorrebbero velocizzare le procedure in modo da potere svuotare i centri di accoglienza, comminare più rapidamente provvedimenti di espulsione ai richiedenti asilo denegati, e magari mettere in esecuzione misure di accompagnamento forzato nei paesi di origine, come lo stesso governo auspica di fare nell’ambito dei nuovi rapporti di collaborazione con i paesi di origine e transito previsti dal Processo di Khartoum. Qualcuno addirittura vorrebbe la scorciatoia del decreto legge per mettere il Parlamento davanti al fatto compiuto.
Le dichiarazioni del ministro Orlando, che anticipa lo “schema di disegno di legge” nella sua audizione davanti al Comitato Schengen del 3 agosto scorso, le stesse, parola per parola, riferite nelle sue dichiarazioni dall’articolo su La Repubblica.

Il ministro ignora, o sottovaluta, la portata della più recente giurisprudenza che riconosce numerosi casi di status, dopo le decisioni sfavorevoli delle Commissioni territoriali.  Perchè non fornisce statistiche anche su questo punto ?  Il ministero della giustizia non ha dati certi. Così rispondeva il ministro alla Commissione di inchiesta della Camera sui centri per stranieri, poche settimane fa.
«Per quanto riguarda la questione del ribaltamento delle pronunce delle commissioni, non so dare una risposta. Per farlo dovrei entrare nel merito delle valutazioni espresse dai tribunali. Credo che la giurisdizione esprima un punto di vista necessariamente diverso da quello degli organi di carattere amministrativo e mi auguro – per non girare intorno alla questione – che gli organi amministrativi si adeguino all’indirizzo prevalente della giurisdizione. Per altro, per renderla più omogenea abbiamo previsto dei focus periodici nei quali le diverse sezioni si confrontino prima dell’intervento della Cassazione, che ha la funzione di dare omogeneità alle pronunce».

Le auspicate ( da Orlando ) riforme legislative del diritto di asilo europeo, tutte in senso restrittivo, non avranno un percorso facile e si dovrà vedere la compatibilità di norme cogenti di provenienza europea con la nostra Costituzione.
I paragoni che il ministro fa con riferimento ad altri paesi dell’Unione Europea sono da verificare, stato per stato, tenendo conto che in quei paesi le procedure durano alcuni mesi e non anni come in Italia, e che le procedure cosiddette fast-track sono state oggetto di critiche assai dure anche all’estero. Il modello che persegue il ministro è chiaramente il modello inglese,  molto diverso da quello attuale italiano perchè prevede la detenzione amministrativa di tutti i richiedenti asilo, una procedura che è stata sottoposta ad una serie di ricorsi anche davanti alle corti inglesi.

Quanto alla Spagna, che il ministro richiama, ed al carattere “effettivo” che deve avere il ricorso contro le decisioni che negano il riconoscimento di uno status di protezione, si è già espressa la Corte Europea dei diritti dell’Uomo, in una decisione che non si può trascurare anche con riguardo alla normativa che si vorrebbe introdurre in Italia.

Piuttosto che rendere più rapido l’accesso alla procedura in Italia (attualmente anche nove mesi per la mera compilazione del modello C 3 in questura), aumentare le garanzie per i soggetti vulnerabili (come i minori non accompagnati che nel corso della procedura compiono diciotto anni), e prendere atto di una serie impressionante di annullamenti di dinieghi da parte dei giudici ordinari ( sul punto il ministro non fornisce statistiche, nè fa riferimento a nazionalità), si preferisce stravolgere le regole processuali ed ampliare il ricorso alla detenzione amministrativa. In questo modo non si decongestioneranno i centri di accoglienza ma si creeranno nuovi ghetti e si abbatteranno le garanzie ed i diritti di difesa attualmente previsti in favore dei richiedenti asilo denegati dalle Commissioni territoriali.
Il ministro nei suoi paragoni con altri paesi europei dimentica che in Italia è vigente una legge che permette di riconoscere, a differenza che in molti altri stati UE, il diritto alla protezione umanitaria, in caso di diniego della protezione sussidiaria o dello status di rifugiato.
Le espulsioni effettivamente eseguite resteranno comunque sui numeri attuali ( molto esigui) ma crescerà una popolazione di irregolari, frustrati e senza futuro che vagherà da una regione all’altra e che comunque cercherà di andare in un altro paese europeo, salvo ad essere respinti di nuovo in Italia. I rischi di conflittualità sociale che ne potrebbero derivare sono altissimi.

Si corre il rischio oggettivo di una proliferazione di centri di detenzione per richiedenti asilo “denegati” che abbiano avuto respinto il ricorso, una detenzione che in molti casi sarebbe puramente sanzionatoria, e dunque contraria alle norme europee in materia di rimpatri forzati ( Direttiva rimpatri 2008/115/CE), a fronte della chiara evidenza del numero esiguo di espulsioni che si potranno eseguire effettivamente, come ampiamente documentato pochi mesi fa  dalla Relazione della Commissione Diritti Umani presieduta dal Senatore Luigi Manconi.

Le responsabilità di un ennesimo fallimento annunciato e di gravi violazioni dei diritti fondamentali delle persone ricadranno su chi ritiene di potere risolvere i problemi stravolgendo le regole dello stato di diritto e violando il principio di indipendenza della magistratura e di eguaglianza dei cittadini e degli stranieri di fronte alla legge. Il principio costituzionale del giusto processo non può valere differentemente per i cittadini italiani e per gli stranieri richiedenti protezione che ricorrono contro un diniego adottato dalla commissione territoriale. Se il progetto del ministro Orlando diventasse legge si dovranno sollevare eccezioni di costituzionalità davanti alla Corte Costituzionale. E soprattutto dovranno verificarsi le condizioni di accesso effettivo alla giustizia da parte dei richiedenti asilo, trasferiti dopo il diniego da un centro di accoglienza ad un altro, ed in via di ipotesi, verso nuovi centri di detenzione amministrativa.