Diritti umani o realpolitik: l’UE ad un bivio

Ormai in Turchia si può davvero parlare di un contro golpe. Secondo i dati forniti pochi giorni fa da Amnesty sarebbero stati emessi ordini di cattura nei confronti di 89 giornalisti e 40 sono stati arrestati; il numero di quelli arrestati ha superato 40. Il secondo decreto dello stato d’emergenza, dopo quello che aveva esteso da quattro a 30 giorni la detenzione preventiva, ha comportato la chiusura di 131 organi d’informazione.

Sempre secondo i dati forniti da Amnesty sono state uccise almeno 208 persone e ne sono state ferite oltre 1400.Sono state arrestate oltre 15.000 persone. Oltre 45.000 persone sono state sospese o rimosse dall’incarico, tra le quali giudici, procuratori, funzionari di polizia e altre ancora.Oltre 1000 scuole private sono state chiuse e 138.000 alunni dovranno trasferirsi nelle scuole di stato. I loro docenti sono stati licenziati, molti si sono visti ritirare il passaporto e come giudici ed avvocati nel mirino del governo sono stati privati di tutti i loro beni. Secondo le informazioni raccolte dalla stessa organizzazione, i detenuti in custodia di polizia a Istanbul e Ankara sono costretti a rimanere fino a 48 ore in posizioni che provocano dolore fisico. Inoltre, sono privati di cibo, acqua e cure mediche, insultati e minacciati e, in diversi casi, sottoposti a brutali pestaggi e a torture, tra cui lo stupro. La Turchia ha sospeso la giurisdizione della Corte Europea dei diritti dell’Uomo.

Quello che succede oggi in Turchia è anche conseguenza dell’indifferenza dell’Unione Europea e dei paesi occidentali rispetto alle gravissime violazioni dei diritti umani che si verificano da anni in quel paese. I massacri ai danni della popolazione civile curda e gli arresti di giornalisti, docenti, avvocati e semplici cittadini che sono stati accusati di simpatizzare per il PKK sono stati ignorati da una comunità internazionale interessata solo a sfruttare la posizione strategica della Turchia nei tanti conflitti regionali che la circondano ed a esternalizzare i controlli di frontiera per delegare ad Erdogan il compito di garante delle frontiere esterne dell’Unione Europea.

Intere regioni del territorio turco, ovunque abitino comunità curde, sono sottoposte da tempi a rastrellamenti e non si contano i casi di sparizioni forzate, di torture, di stupri. Ai confini con la Siria, truppe che rispondono al governo di Erdogan hanno aperto il fuoco su profughi siriani in fuga dalle violenze dell’ISIS e dai bombardamenti di Assad. Già da tempo la Turchia non poteva  essere più considerata un “paese terzo sicuro” verso cui respingere i richiedenti asilo e concludere accordi per contrastare quella che definiscono “immigrazione illegale”. Ma si è ignorato quanto i media democratici turchi denunciavano da anni, e si è concluso a tutti i costi un accordo tra Unione Europea e Turchia che adesso Erdogan mette all’incasso, alzando il prezzo del ricatto e chiedendo per settembre l’abolizione dell’obbligo di visto per i cittadini turchi che intendono recarsi in Europa.

Questa libertà di circolazione viene rivendicata mentre vengono revocati migliaia di passaporti a persone che sono solstanto sospettate di opposizione politica rispetto alla svolta fascista di quello che si avvia a diventare un vero e proprio califfo. E di califfato sarebbe bene parlare, perché sono noti i favori che il regime turco ha fatto ai terroristi di ISIS quando ha permesso loro rifornimenti e zone franche di movimento, per colpire alle spalle i curdi che avevano liberato le città del Rojava.

Adesso dalla Tuchia fuggono anche i cittadini ed i militari a rischio di essere arrestati e torturati in centri di detenzione sottratti a qualsiasi controllo giurisdizionale. In Turchia è stato di polizia. Non sono più gli oppositori filo curdi ad essere nel mirino. Si può essere arrestati solo perché inseriti in una lista di proscrizione, perché si è magistrati o avvocati indipendenti, perché si fa soltanto il mestiere di giornalista, perché si insegna in una scuola privata, perché si sono fatte dichiarazioni scomode in una aula universitaria, e scomparire per sempre senza neppure comunicare con gli avvocati e con le stesse famiglie. Per non parlare delle epurazioni all’interno delle forze armate, che stanno completando la fascistizzazione dello stato. Il dibattito sulla reintroduzione della pena di morte rischia a questo punto di essere un paravento dietro al quale si nasconderà la completa trasformazione dello stato turco in una dittatura personale ad ampio sostegno popolare.

Le manifestazioni “unitarie” promosse dal governo hanno il sapore atroce delle sfilate imposte dalle dittature. Ovunque si tratta di nazionalismo che sfocia in attacchi verso tutte le minoranze e contro coloro che davvero cercano di fare ancora opposizione. Le ultime voci libere stanno per essere ridotte al silenzio. Il fascismo turco sta assumendo una dimensione popolare che ricorda i nazifascismi europei costruiti sul consenso di masse sempre più ampie. Sarebbe bene ricordare che lo sbocco di quell’esperienza storica fu la seconda guerra mondiale. Oggi la Turchia rischia di diventare una miccia che potrebbe fare deflagrare definitivamente il conflitto globale già in corso.

Se si vuole dare una risposta efficace ad Erdogan, ed ai suoi sponsor internazionali, dagli emirati del Qatar alla Russia di Putin, occorre una politica internazionale che offra soluzioni al conflitto siriano, riconosca l’autonomia del popolo curdo, sostituisca le iniziative diplomatiche ai bombardamenti aerei che in Iraq ed Afghanistan possono solo cementare solidarietà tra gli estremismi.

«Erdogan “saved by warning from Russian services“. Turkish President Recep Tayyip Erdogan was warned by Russian intelligence services of an imminent coup, Iranian media are reporting». riportavano alcune agenzie, segno che la geopolitica sta giocando un ruolo chiave nell’area.

L’Unione Europea dovrebbe recuperare una presenza unitaria sullo scenario internazionale e rispettare rigorosamente lo stato di diritto all’interno dei suoi confini. Se la Francia sospende la Convenzione Europea a salvaguardia dei diritti dell’Uomo, e tratta singolarmente con l’Egitto per la soluzione della crisi libica, non si potrà chiedere ad Erdogan quello che Hollande non riesce neppure a garantire ai citadini francesi ed agli alleati europei.

Sarà molto importante la risposta che daranno gli stati europei alle richieste di asilo provenienti da cittadini turchi. Ogni diniego potrebbe significare una legittimazione del regime di Erdogan e delle violenze che sta perpetrando.

La Turchia va sospesa dal Consiglio d’Europa perche’ ha denunciato la giurisdizione della Corte Europea dei diritti dell’Uomo per sottrarsi alle condanne che potrebbe ricevere, piu’ spesso che in passato, dalla Corte di Strasburgo. La Grecia, e gli altri paesi europei, devono rispettare i Trattati internazionali, come la Convenzione di Ginevra, i Regolamenti e le Direttive europee che garantiscono il diritto alla protezione internazionale e vietano trattamenti inumani o degradanti. Nessuno scambio è possibile tra il rispetto della dignità umana e ragioni economiche o militari.

Sulla base di quello che è successo in questi ultimi giorni l’accordo stipulato tra Unione Europea e Turchia, che già appariva in contrasto con le Direttive europee in materia di protezione internazionale, e con il Regolamento frontiere Schengen n. 562 del 2006, risulta ancora più in contrasto con le Carte internazionali che dovrebbero garantire i diritti fondamentali della persona umana oltre che con le norme europee in materia di rimpatri e di accesso alla procedura di asilo.

Alla luce degli arresti di massa in Turchia si può escludere che il governo di Erdogan possa adempiere le condizioni previste dagli accordi stipulati con l’Unione Europea. L’avvicinamento tra Turchia e Russia dopo il fallito colpo di stato getta un ombra sinistra sui futuri rapporti tra la Turchia e l’Unione Europea. Che ruolo potrà avere un’Unione Europea priva di una politica estera comune e preoccupata soltanto dal temuto arrivo di altri richiedenti asilo ? L’Unione Europea non ha ancora una lista di “paesi terzi sicuri” vincolante per tutti gli stati, e non può imporre alla Grecia il respingimento di siriani che siano entrati irregolarmente nel suo territorio. Come reagirà alla probabile denuncia degli accordi da parte di Erdogan ? Oppure abolirà l’obbligo di visto per i cittadini turchi che Erdogan deciderà di fare arrivare in Europa, selezionandoli naturalmente tra i suoi sostenitori perché agli altri sta ritirando i passaporti ? Quanto riusciranno a pesare le critiche che gli stati europei stanno rivolgendo al califfo turco, sul piano delle pesanti violazioni dei diritti umani di cui si sta macchiando ? Le prime reazioni a qualche leggera critica da parte della Francia hanno prodotto una reazione sprezzante. E la Russia non attende altro per entrare definitivamente nello scacchiere mediterraneo.

L’Unione Europea deve sospendere immediatamente l’accordo stipulato con la Turchia , bloccare tutte le trattative per l’ingresso in Europa e predisporre missioni di soccorso e centri di accoglienza per i profughi, non solo siriani, nel Dodecanneso. O ci si prepara oggi, o ci troveremo tra qualche mese di fronte ad una nuova emergenza umanitaria. Nessuno si illuda che se Erdogan fosse messo davvero alle corde non ritorni ad usare l’arma del ricatto sui profughi.

Occorre sostenere la Grecia politicamente e logisticamente in quella che si annuncia la prossima stagione della disperazione in Egeo, per l’intensificarsi delle fughe di migranti in transito dalla Turchia, e per l’arrivo di cittadini turchi perseguitati dal regime, verso le coste europee.

Rimane sempre più incerta la sorte dei cittadini siriani presenti in Turchia, oltre tre milioni di persone. Si vedrà se Erdogan continuerà ad usarli come arma di ricatto nei confronti dell’Unione Europea, riaprendo la possibilità di fuga, o se rispetterà l’accordo chiuso con la Merkel e poi ratificato dall’Unione Europea. In Turchia, o in Grecia ed in Bulgaria, per queste persone sarà comunque catastrofe umanitaria.

I cittadini europei ed i partiti polulisti che raccolgono consensi sempre più ampi non  vogliono più accogliere profughi , e i nuovi rapporti strategici tra Turchia e Russia rischiano di allontanare le speranze di pace in Siria, o in quello che ne rimane. Occorrono canali legali di ingresso in Europa. Gli accordi con le dittature, come le intese tra Unione Europea e stati africani, maturate nell’ambito del Processo di Khartoum, hanno gia’ dimostrato effetti fallimentari ed inaccettabili dal punto di vista umanitario, con un aumento insostenibile delle vittime.

Adesso il fallimento di quelle politiche di subordinazione nei confronti di stati che non rispettano gli standard minimi di garanzia dei diritti umani potrebbero cominciare a produrre effetti devastanti in territorio europeo. E se ne accorgerebbero forse anche quei cittadini che continuano a sostenere governi che predicano la pace e la sicurezza e si pongono a fianco dei dittatori e dei califfati, fornendo armi e supporto politico per diffondere guerra e distruzione nel mondo.