L’intervento che pubblichiamo è stato fatto ad un seminario della Summer University del Partito della Sinistra Europea che si è tenuta recentemente a Chianciano Terme. L’autrice, dirigente dell’ ODP (Partito della Libertà e della Solidarietà) della sinistra turca che fa ufficialmente parte della Sinistra Europea propone una lettura particolare tanto del golpe recente quanto dell’uso politico dei rifugiati che sta facendo il governo di Erdogan.
di Asli Aydin
Come tutti hanno avuto modo di seguire, anche tramite i media internazionali, in Turchia c’è stato un tentativo di golpe nella sera di venerdì 15 luglio, portato avanti da un gruppo di militari che si erano proclamati “Consiglio della Pace”
Il golpe non è riuscito.
Indipendentemente dal risultato, il tentativo che è stato effettuato da una giunta esterna alla catena gerarchica di comando, ha rivelato ancora una volta come questa fase cupa della situazione in Turchia, sia una conseguenza delle politiche di governo dell’AKP (il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo di Erdogan, Ndr).
È fuori da ogni dubbio che la risoluzione dei problemi fondamentali del nostro paese: ingiustizia, disuguaglianza, ruberie, corruzione, povertà, e il modo di uscire da questo perenne conflitto in cui prevalgono gli aspetti antidemocratici, siano condizioni che non possono essere risolte attraverso un colpo di Stato militare. A questo proposito, vale la pena precisare ancra che per garantire gli interessi della popolazione non possiamo augurarci un golpe; l’emancipazione non può essere raggiunta con i tentativi di una giunta. I colpi di Stato non sono un’opzione per la sinistra.
D’altra parte, il ritratto che è passato del fallito colpo di Stato è stato quello di una ‘vittoria della democrazia’. Un ritratto costruito dall’AKP e dai media per coprire molti aspetti della realtà.
Alcuni di coloro che hanno risposto all’appello del Presidente Erdogan, affinché la gente scendesse nelle piazze, contro il tentativo di golpe, hanno lanciato un segnale preciso. Vestiti come salafiti – jihadisti molti urlavano spesso “Takbeer” (un richiamo alla Sharia), alcuni di loro hanno massacrato un giovane soldato nei pressi del Ponte sul Bosforo. Invece di gridare slogan per la democrazia, gridavano solo per la Sharia. Non sembravano animati da ideali ispirati ai diritti umani, alla libertà di pensiero, alla partecipazione, e al pluralismo.
Sì, il colpo è stato impedito. Ma, ha vinto la democrazia? Hanno vinto la libertà di stampa, i diritti e le libertà fondamentali, il sistema parlamentare, e il secolarismo? Sono le donne, i bambini, gli studenti, la solidarietà delle nazioni, i membri dei gruppi LGBT ad aver vinto? Sono i lavoratori, gli agricoltori, i produttori che hanno vinto? Tutto ciò è ancora in una situaione di grave minaccia. A questo bisogna pensare e su questo bisogna avere delle risposte.
L’atteggiamento del AKP nei confronti del tentativo di colpo di Stato e le dichiarazioni rilasciate nel periodo successivo al suo fallimento sono una dimostrazione di come il regime userà questo come leva. La popolazione della Turchia è minacciata oggi più di quanto lo fosse ieri. Desideroso di dare una accelerazione ai suoi progetti politici attraverso questo incidente, l’AKP proverà a mettere in atto tutti i suoi piani di attacco, a cominciare dalla realizzazione del sistema presidenziale.
Ora vorrei condividere alcune informazioni e di valutazione relative ai rifugiati in Turchia sotto il regime AKP che al momento è ancora sotto lo stato di emergenza …
Ma prima, come al solito, voglio iniziare dal quadro generale.
Il conflitto siriano ha raggiunto il suo quinto anno, ma l’aspetto europeo generato della crisi dei rifugiati ha dominato i titoli delle notizie a partire dall’estate del 2015.
Numerose discussioni sono state fatte su come l’UE ha affrontato questa situazione.
Ci sono circa 500 milioni di abitanti nell’Unione Europea ma questa ha garantito l’ingresso a solo un milione di rifugiati. In prospettiva basti pensare che si tratta dello stesso numero di rifugiati siriani attualmente presenti in Libano, un paese di soli 4,5 milioni di abitanti. Questo mentre una parte della regione del MENA (Medio Oriente e Nord Africa)attualmente ospita in tutto 4,8 milioni di soli profughi siriani (Rawan Arar, Lisel Hintz e Kelsey P. Norman, Washington Post)
Guardiamo al caso della Turchia cercando di vedere la questione più da vicino …
La questione dei siriani in Turchia è ovviamente un argomento bollente.
Siamo in grado di valutare la politica dell’AKP nei confronti degli immigrati e dei rifugiati sotto diversi aspetti.
Per iniziare si può chiaramente dire che l’AKP ha preso una posizione attiva nel processo di intervento imperialista in Siria. Ha alimentato i gruppi che hanno preceduto la crescita jihadista.
Ha commesso ogni tipo di reato per favorire la divisione in gruppi settari dell’intera Siria. Come risultato delle politiche dell’AKP, il confine della Turchia è divenuto interamente una specie di colabrodo.
Molti miliziani sono stati aggregati alla rete di ISIS e di Al-Qaeda da parte del governo dell’AKP. Quanti di questi militanti siano ora in Turchia è ancora un punto interrogativo. Ma è chiaro il fatto che, nel corso nell’ultimo anno questi hanno effettuato stragi in Turchia. Ad oggi non è stata ancora eseguita una seria ricerca rispetto all’identità degli immigrati in Turchia. Quindi non sappiamo quanti, della popolazione siriana che vivono in Turchia sono coinvolti in crimini in Siria e non conosciamo la tipologia di questi crimini. L’AKP, invece di fare uno sforzo per evitare che questa anomalia, governi il paese, continua con una politica alimentata dal caos e dall’illegalità.
Dopo l’accordo tra la Turchia e l’UE, i rifugiati siriani che erano tenuti in attesa in Grecia, sono stati rimandati in Turchia con la forza. L’accordo è stato messo in pratica non per risolvere i problemi dei rifugiati, ma a causa della chiusura delle frontiere dei paesi europei.
L’AKP ha permesso che i rifugiati venissero rispediti in Turchia in cambio di 3 milioni di € a seguito del patto politico sporco con l’UE. Questo accordo realizza un muro sui confini dell’Europa trasformando la Turchia in una prigione per i rifugiati.
Il numero totale di rifugiati in Turchia era di circa 15 mila nel 2010 e ora è salito a 3 milioni di persone. E con l’accordo questo numero sta aumentando gradualmente.
Nella slide show potete vedere la recente distribuzione di profughi siriani in Turchia. Vorrei attirare la vostra attenzione sul fatto che la densità dei rifugiati è maggiore ed è stata fatta arrivare, soprattutto nella parte occidentale della Turchia.
Ecco il primo aspetto della politica dei rifugiati dell’Akp che si mette in evidenza. Ora l’AKP usa i profughi per progettare la struttura demografica della Turchia, coerente con le sue politiche.
Questo è il primo scopo
Potete vedere la distribuzione demografica dei rifugiati. Come si vede nel grafico di distribuzione, la maggior parte dei rifugiati appartengono ad una fascia d’età compresa tra 18 e 59 anni. Questa gamma è riconosciuta come ‘la popolazione in età lavorativa “in Turchia.
Ora l’AKP si prepara a offrire con maggiore facilità ai siriani il diritto al lavoro. Migliaia di padroni turchi stanno già beneficiando di manodopera siriana a basso costo e illegale, mentre si prepara a godere dalla comunità dei rifugiati più grande al mondo.
Un lavoratore siriano si stima che probabilmente percepisca in media $ 8,70 al giorno, poco meno della metà di quanto dovuto ai lavoratori turchi.
I bambini lavorano fino a 60 ore settimanali, guadagnando 600 lire turche mensili (meno di $ 200), e non sono in grado di andare a scuola a causa del lavoro.
Le donne di età compresa tra 15 – 25 anni sono particolarmente vulnerabili, i rifugiati siriani di entrambi i sessi e tutte le età sono facilmente sfruttati.
Si stima che fra 250.000 a 400.000 profughi siriani siano sfruttati in Turchia.
Con il governo dell’AKP in Turchia i rapporti di lavoro sono divenuti ampiamente non regolamentati e con la prossima entrata in vigore della nuova legge chiamata “legge internazionale del lavoro” questo sfruttamento potrà essere legalizzato.
Voglio sottolineare un importante effetto di questa politica con cui l’AKP, abusando dei rifugiati come manodopera di riserva a basso costo, stia alimentando il razzismo tra i lavoratori
Esso costituisce un terreno adatto a contraddizioni e tensioni che vanno oltre l’appartenenza etnica. Con queste politiche l’AKP vuole anche danneggiare la lotta di classe, aumentando i riflessi nazionalisti e razzisti e facendo si che i lavoratori diano la colpa ai rifugiati per la disoccupazione e i salari più bassi.
Ora, l’AKP si prepara ad offrire la cittadinanza ai profughi siriani. Ma questa scelta non è tale da riuscire ad affrontare ed eliminare i problemi al punto di riuscire a spazzare la polvere da sotto il tappeto. Concedendo a queste persone la cittadinanza all’improvviso, senza nemmeno dare loro, prima, uno status giuridico di rifugiato, il problema non sarà risolto.
La preoccupazione del governo non riguarda i diritti umani. Si tratta di qualcosa di diverso. Le speculazioni e le critiche dell’opposizione per quanto riguarda le intenzioni del governo, partono dal fatto che questo progetto viene percepito come strumento per guadagnare voti. Quella che si va svolgendo è una operazione di ingegneria demografica, con cui alterare la struttura sociale privilegiando la base sunnita. Un rischio che non deve essere ignorato.