La società civile deve essere scomoda

Pubblichiamo il comunicato stampa della Campagna LasciateCIEntrare e il testo sottoscritto ad oggi da centinaia di persone impegnate attorno alle tematiche delle migrazioni e invitiamo chi ci legge a sottoscrivere l’appello.

Siamo donne e uomini che da tempo dedicano parte della propria esistenza a cercare, conoscere, ascoltare, informare e, laddove occorre, denunciare quanto avviene nelle prassi che governano quel grande mutamento sociale che in maniera sbrigativa chiamiamo “immigrazione”. Riteniamo che il ruolo della società civile sia fondamentale per mantenere margini di democrazia e rispetto dei diritti umani nei luoghi dell’accoglienza e soprattutto nei luoghi chiusi del trattenimento di cittadini stranieri.

É per questo che abbiamo ritenuto necessario non far passare sotto silenzio il modo aggressivo con cui, nel corso di un dibattito pubblico, il Capo del Dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione, prefetto Mario Morcone, ha cercato da un lato di mettere a tacere l’avvocata Alessandra Ballerini – “rea” di aver esplicitato carenze e contraddizioni del sistema di accoglienza italiano e di aver rimarcato le violazioni dei diritti umani insite nelle attuali politiche italiane ed europee in materia di migrazione – e dall’altro di introdurre una distinzione tra società civile “buona” perché “collaborativa” con il governo, e società civile critica, fastidiosa, da isolare e zittire.

Sempre più, d’altra parte, siamo di fronte a tentativi di criminalizzare chi aiuta i migranti: dai fogli di via agli attivisti di Ventimiglia agli avvisi di reato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina recapitati a cittadini goriziani che – per il semplice fatto di aver dato a un gruppo di profughi cibo, acqua e indicazioni su come raggiungere la Caritas – sono stati equiparati a trafficanti di uomini.

Quello che la nostra Costituzione sancisce come un dovere – la solidarietà – rischia di diventare capo di imputazione. Per questo lanciamo un «Appello per il diritto della società civile all’esercizio di denuncia e solidarietà», che si conclude con alcune precise richieste:

«Chiediamo che gli hotspot siano resi visitabili a delegazioni di ong e associazioni indipendenti, come avvenuto in passato per i CIE.

Chiediamo che venga pubblicata una tabella delle presenze quotidiane negli hotspot, degli ingressi e delle uscite per nazionalità, genere, età e condizioni di vulnerabilità.

Chiediamo un incontro con il prefetto Mario Morcone – al Ministero o possibilmente in un hotspot – alla presenza dell’avvocato Alessandra Ballerini, che ai nostri occhi rappresenterà simbolicamente la società civile: zittire lei significa, per noi, zittire chi cerca verità, giustizia e rispetto dei diritti umani.

Chiediamo infine che l’irrinunciabile dovere della solidarietà venga tutelato e che siano revocate le misure contro gli attivisti e i cittadini che, in tutta Italia, prestano soccorso ai migranti».

Quello che segue è Il testo integrale dell’appello – che ha tra i primi firmatari Alex Zanotelli, Erri De Luca, Moni Ovadia, Giuseppe Civati, Stefano Quaranta, Luca Pastorino, Paolo Ferrero, Sergio Cofferati, Eleonora Forenza, Barbara Spinelli.

Vi chiediamo di aderire (info@lasciatecientrare.it) e di divulgarne il contenuto.

PER IL DIRITTO DELLA SOCIETA’ CIVILE ALL’ESERCIZIO DI DENUNCIA E SOLIDARIETA’

13 luglio 2016

Il 30 giugno, nel corso di un incontro che si è tenuto a Genova per celebrare i dieci anni dell’attività italiana di Emergency a fianco dei migranti, si è verificato un episodio che riteniamo indicativo dell’inasprimento che sta cambiando il modo in cui le istituzioni che si occupano di migrazione guardano alla società civile e al suo ruolo, che non può che esplicarsi – in regime di democrazia – in una puntuale richiesta di informazioni, in un costante lavoro di denuncia e nel diritto-dovere di solidarietà imposto anzitutto dalla nostra Costituzione.

Ci riferiamo all’attacco che il prefetto Mario Morcone, Capo Dipartimento Libertà civili e immigrazione del ministero dell’Interno, ha riservato all’avvocato Alessandra Ballerini, colpevole – a conclusione di una serata in cui si era parlato di buone pratiche dell’accoglienza in Italia – di aver passato in rassegna l’altra faccia, meno consolatoria, delle politiche migratorie: la morte in mare, il reato di clandestinità, la discriminazione, i labirinti del respingimento del “sistema hotspot”.

Domenico Lucano, sindaco di Riace, aveva tenuto un discorso alto e commovente sull’inclusione, divenuta col tempo una risorsa per il territorio, praticata a Riace anche grazie al sistema nazionale di asilo. Don Pino De Masi, di Libera, aveva parlato di Rosarno e della cooperativa da lui fondata per coltivare terreni confiscati alle cosche, ricordando come il primo immigrato regolarmente assunto avesse posto la propria firma sul registro – finalmente legale – delle attività lavorative proprio alla presenza di Mario Morcone. «Oggi», aveva concluso De Masi, «c’è una squadra-Stato che sta lavorando seriamente sul caporalato, perché combattere il lavoro nero risolverà il problema delle tendopoli e dei ghetti».

Uno scenario apparentemente privo di ombre, in cui l’Italia è il migliore dei paesi, benché costretta dall’Europa a politiche improntate alla «cattiveria». Questa la rappresentazione di fondo fatta del prefetto Morcone, che il conduttore Massimo Giannini definisce «illuminato». E davvero Morcone pronuncia parole apprezzabili. Spiega come il cosiddetto «allarme invasione» sia infondato e come i migranti siano essenziali per il saldo delle nascite e per la produzione nei settori dell’agricoltura e dell’edilizia. Sconfessa, dati alla mano, l’accusa che i migranti abbiano causato un aumento dei reati. Definisce «pura invenzione» la categoria dei migranti economici imposta dall’UE e dichiara incostituzionale la separazione tra migranti economici e aventi diritto a presentare richiesta di protezione internazionale. Rivendica la decisione del governo italiano di non accettare l’introduzione di una lista di paesi terzi sicuri imposta dalla Francia e

denuncia come «follia» l’idea di includervi la Turchia.  Chiama «operazione vergognosa» quella di chi alimenta l’idea che i terroristi islamisti arrivino sui barconi. Chiede un investimento da parte del governo in politiche di inclusione e integrazione. Afferma che «l’Italia sta facendo la sua parte» meglio di molti altri paesi europei, e che lo sta facendo «attraverso la società civile».

Tutto cambia quando viene chiamata a intervenire Alessandra Ballerini, che Giannini presenta al pubblico come l’avvocato della famiglia di Giulio Regeni. Alla precisa domanda di spiegare «il quadro giuridico e il circuito identificazione / richiesta di asilo / respingimento, con tutte le criticità su cui sarebbe opportuno intervenire», Alessandra Ballerini parla dei tremila morti in mare di quest’anno – due bambini ogni giorno – come di una carneficina che solo l’istituzione dei corridoi umanitari legali potrebbe fermare.

Parla del sovraffollamento e dell’inaccessibilità degli hotspot di Lampedusa e Pozzallo, della difficoltà per i profughi trattenuti di chiedere asilo, della somministrazione nei luoghi di sbarco di questionari incomprensibili e ingannevoli che hanno lo scopo di separare i cosiddetti migranti economici dagli aventi diritto alla protezione internazionale.

Parla dei “decreti di respingimento differito” distribuiti all’uscita dai centri di primo soccorso o dagli hotspot a chi non è stato ritenuto in diritto di chiedere asilo, su cui è scritto che lo Stato italiano intima di lasciare a proprie spese il territorio nazionale entro sette giorni con un volo da Fiumicino, per rientrare – senza documenti, senza soldi, spesso senza scarpe – nello stesso paese dal quale il profugo respinto è scappato, spesso attraversando il deserto e il mare. La mancata osservanza di questa disposizione – spiega l’avvocato Ballerini, rendendo palese l’incongruenza e l’esito vessatorio di un labirinto di pratiche amministrative e procedure di Polizia – fa sì che il migrante venga di fatto considerato colpevole di un reato per il quale può essere condotto e trattenuto in un Centro di Identificazione ed Espulsione (CIE) e di lì rimpatriato.

L’avvocato Ballerini parla di chi, dopo aver chiesto asilo, deve attendere la risposta della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ed eventualmente l’esito del ricorso in condizioni di precarietà esistenziale, intrappolato in Italia dal Regolamento Dublino.

Parla dei migranti che riescono, nel caos dei grandi sbarchi, a sfuggire all’identificazione e ad arrivare a Ventimiglia, da dove sperano di entrare in Francia e continuare il viaggio, e che invece vengono fermati, caricati su un aereo e rimandati a Trapani, in un feroce gioco dell’oca.

Parla infine della solidarietà delle persone e della criminalizzazione degli attivisti: dei fogli di via distribuiti a Ventimiglia, degli avvisi di reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina consegnati in Friuli Venezia Giulia a persone che avevano semplicemente dato acqua, cibo e informazioni, esercitando «il dovere inderogabile della solidarietà sancito dalla nostra Costituzione».

L’irrompere della realtà fa però infuriare il Capo Dipartimento Morcone, che dopo aver ripetuto ad Alessandra Ballerini di non condividere «una parola di quello che lei ha detto fino adesso, ma neanche una», apostrofa il conduttore: «L’altra volta mi ha fatto trovare Salvini in studio, e mi sono dovuto azzannare con Salvini; questa volta mi ha fatto trovare l’avvocato Ballerini, e devo dall’altra parte azzannarmi con l’avvocato Ballerini». Una ben stravagante analogia, che si fonda sull’usurata retorica degli estremi ai quali si deve opporre la ragionevolezza di chi «non è in guerra contro il mondo», di chi «cerca di migliorare il migliorabile» insieme alla società civile – quella ragionevole, naturalmente.

Usando un plurale che allude agli irragionevoli, Morcone accusa l’avvocato Ballerini di «sparare sentenze», di «dire il falso», di cercare «un po’ di visibilità personale», e – con una caduta di stile che sembrerebbe indicare la presenza fantasmatica di Giulio Regeni – aggiunge che negli hotspot «non si torturano le persone, non si tirano le unghie, non si… non voglio andare oltre per non apparire eccessivo».

Le argomentazioni con cui pretende di smontare le affermazioni di Alessandra Ballerini sono capziose e non corrispondono alla realtà.

Liquida la richiesta di istituire corridoi umanitari – peraltro avanzata a gran voce da tutte le ong che si occupano di asilo e immigrazione[1] e dallo stesso direttore dell’Agenzia europea per i diritti umani Michael O’Flaherty[2] – dicendo che solo una persona con vocazione suicida si recherebbe all’ambasciata italiana in Siria o in Eritrea a chiedere un visto, e oscurando il fatto che – grazie agli accordi fra Chiesa Valdese, Sant’Egidio, ministero dell’Interno e ministero degli Esteri – sono già in corso ingressi protetti e legali di alcune centinaia di profughi precedentemente riparati in paesi terzi come il Libano e il Marocco.

Morcone definisce «stucchevoli» le accuse sugli hotspot, dove – assicura – non ci sarebbe sovraffollamento[3] e dove il controllo di EASO, IOM, Croce Rossa e Save the Children[4] garantirebbe la correttezza delle procedure di identificazione e di accesso alla domanda d’asilo.[5] Se la società civile non ottiene il permesso di accedervi è perché «gli hotspot non sono un circo equestre, ma luoghi in cui va tutelata la privacy delle persone».[6] Salvo poi rinfacciare ad Alessandra Ballerini di aver nominato le situazioni più critiche, Lampedusa e Pozzallo, e di aver taciuto la realtà virtuosa di Trapani dove, dichiara, «la autorizzo pubblicamente a entrare». Quasi che lì non fosse in gioco la tutela della privacy.

Il decreto di respingimento differito non esiste, assicura il prefetto, è «una pura stupidaggine», e se qualcuno lo applica è un «imbecille»,[7] di quelli che non mancano mai nelle istituzioni. Eppure un esemplare di tale decreto si trova nelle mani dell’avvocato Ballerini. E in quelle di centinaia di migranti “transitati” dagli hotspot italiani. Non solo. La reiterazione di tali decreti aveva allarmato lo stesso Morcone al punto che, lo scorso gennaio, aveva ritenuto di dover emanare una circolare in cui lamentava: «Continuano a pervenire da parte di organizzazioni internazionali e nazionali non governative preoccupazioni sulle modalità talora accelerate con le quali i migranti sbarcati nel nostro paese che non rientrino nella categoria dei richiedenti asilo ricollocabili, dopo l’identificazione ricevano il decreto contenente l’ordine di allontanamento dal territorio nazionale».

I richiedenti asilo «noi li teniamo tranquillamente in accoglienza e li sosteniamo per tutto il periodo finché non arriva la decisione del magistrato», afferma Morcone, che si adira quando Alessandra Ballerini spiega che le sue denunce pubbliche poggiano proprio sull’autorevolezza di una sua affermazione, resa nel corso di un’audizione davanti al Comitato Schengen: «Con estrema franchezza, mi fa vergognare di essere cittadino italiano quello che è successo nel 2014, quando sono arrivati oltre 14.000 minori non accompagnati. […] Il tema vero è la modalità con cui li abbiamo accolti, in maniera approssimativa, forse dando spazio anche a chi non lo faceva per passione, per usare un eufemismo».[8]

L’accordo di Dublino «è una schifezza», conclude il prefetto Morcone, ma di certo «non vogliamo una Calais a Ventimiglia». E «poiché io non combatto contro il mondo ma combatto per cercare le soluzioni migliori e più accettabili per le persone e per il rispetto dei diritti, e sono un convinto europeista, cerco gli spazi per portare dove posso il mio contributo, e quindi anche le posizioni dell’Unione europea, verso una maggiore apertura e una minore cattiveria nei confronti delle persone che arrivano da noi».

Il nervosismo del Capo Dipartimento ha forse a che vedere con la situazione di “pressing” da parte delle istituzioni europee, di cui testimonia lo scambio tra rappresentanti del governo italiano e vertici dell’Unione.

Il 19 gennaio 2016, il Commissario europeo all’immigrazione Avramopoulos fissava in quattro settimane il termine ultimo per l’operatività di tutti gli hotspot in Italia e Grecia.[9] Da allora si sono succeduti richiami e accuse di inadempienza nei confronti dell’Italia da parte dell’Unione.

Il 25 maggio, Matthias Ruete, direttore generale del Dipartimento Immigrazione e affari interni della Commissione Ue, ha inviato una lettera a Franco Gabrielli, Capo della Polizia di Stato, e a Morcone, in cui i rilievi sono numerosi, specifici e dettagliati.[10] La Commissione chiede, tra l’altro, che il tasso dei migranti ai quali vengono prese le impronte digitali, attestato al 90%, salga al più presto al 100%, e che venga messa fine all’alto tasso di fughe dai centri di accoglienza.

In fatto di migrazione, l’Italia sembra un paese commissariato non meno della Grecia, e le spinte xenofobe di parte del Paese, riflesse dal rifiuto di numerose amministrazioni locali di accogliere quote di richiedenti asilo, non facilitano il compito del Capo Dipartimento. Ma le «soluzioni migliori e più accettabili per le persone e per il rispetto dei diritti» si cercano insieme – e non contro – le espressioni di quella società civile che è tanto più preziosa quanto più è critica e attenta.

La registrazione video dell’’incontro è consultabile qui.

La notizia dell’incontro di Genova figura sulla pagina web del Ministero dell’Interno, Dipartimento libertà civili e immigrazione. La presenza di Alessandra Ballerini è cancellata: non appare né nella fotografia del palco, né nell’elenco dei relatori. Una damnatio memoriae, una desaparición simbolica.

Preoccupati dalla pretesa di tracciare una linea di demarcazione tra società civile collaborativa e società civile da aggredire e far scomparire simbolicamente, preoccupati dalla progressiva criminalizzazione degli attivisti e delle persone solidali che operano a fianco dei migranti, chiediamo che gli hotspot siano resi visitabili a delegazioni di ong e associazioni indipendenti, come avvenuto in passato per i CIE.

Chiediamo che venga pubblicata una tabella delle presenze quotidiane negli hotspot, degli ingressi e delle uscite per nazionalità, genere, età e condizioni di vulnerabilità.

Chiediamo un incontro con il prefetto Mario Morcone – al Ministero o possibilmente in un hotspot – alla presenza dell’avvocato Alessandra Ballerini, che ai nostri occhi rappresenterà simbolicamente la società civile: zittire lei significa, per noi, zittire chi cerca verità, giustizia e rispetto dei diritti umani.

Chiediamo infine che l’irrinunciabile dovere della solidarietà venga tutelato e che siano revocate le misure contro gli attivisti e i cittadini che, in tutta Italia, prestano soccorso ai migranti.

Primi firmatari

Yasmine Accardo

Vittorio Agnoletto

Giovanni Maria Bellu

Stefano Bleggi

Sergio Bontempelli

Enrico Calamai

Amalia Chiovaro

Giuseppe Civati, deputato

Sergio Cofferati, eurodeputato

Loris De Filippi

Erri De Luca, scrittore

Tana De Zulueta

Genni Fabrizio

Paolo Ferrero

Eleonora Forenza, eurodeputata

Stefano Galieni

Federica Giannottan

Cinzia Greco

Maurizio Gressi

Gabriella Guido

Paola La Rosa

Angela Lovat

Moni Ovadia

Daniela Padoan

Edda Pando

Gianni Pastorino

Luca Pastorino, deputato

Stefano Quaranta, deputato

Stefania Ragusa

Galadriel Ravelli

Annamaria Rivera

Barbara Spinelli, eurodeputata

Valentina Tora

Fulvio Vassallo Paleologo

Guido Viale

Alex Zanotelli

Campagna LasciateCIEntrare

Comitato Verità e Giustizia per i Nuovi Desaparecidos

Melting Pot

Ospiti in Arrivo, Udine

Tenda per la Pace e i Diritti

Movimento Nonviolento Sardegna

Hanno aderito:

Francesca Amoni

Francesco “Checchino” Antonini

Daniele Barbieri, Imola

Nicoletta Bernardi

Ivano Bosco, Segr. Generale Cgil Genova

Concetta Brigadeci

Maria Brighi

Elena Bruzzese, Segr. Conf. CGIL Genova

Giovanna Capelli

Luca Casarini

Marina Cavallini

Domenico “Megu” Chionetti, portavoce Comunità San Benedetto al Porto

Tiziana Dal Pra, Trama di Terre

Cesarina Damiani

Marianita De Ambrogio

Mario Del Vecchio

Daniela Dente, Donne in Nero

Marco Deriu, Università degli Studi di Parma

Giacomo Dessì

Davide Falcioni

Giuseppe Faso

Marco Furfaro

Gabriella Gagliardo

Simona Giannangeli

Jolanda Gigli

Francesca Koch, Casa Internazionale delle Donne

Esther Koppel, giornalista

Floriana Lipparini, Casa delle Donne di Milano

Anna Lodeserto

Chiara Marchetti, Università degli Studi di Milano

Maurizio Marmo, direttore Caritas diocesana Ventimiglia-Sanremo

Antonio Mazzeo, giornalista

Alessandra Mecozzi

Adriana Nannicini

Marco Omizzolo

Lorena Pais

Mimmo Passione

Paola Patuelli

Isabella Peretti

Nicoletta Pirrotta

Laura Quagliolo

Marco Ravera (Cons. Com. Savona)

Barbara Romagnoli, giornalista

Annalisa Romani

Filomena Rosiello

Antonia Sani

Alessandra Sciurba

Laura Storti

Rosa Taschin, Rete Civile Antirazzista, Ravenna

Jonathan Terino, pastore Chiesa Valdese di Sanremo

Gervasio Ungolo, Osservatorio Migranti Basilicata

Maria Veronesi, Associazione Straniamenti

Maria Paola Rottino, Popoli in Arte Sanremo

Anna Maria Zumbo, Popoli in Arte Sanremo

Luca Guerreschi, Popoli in Arte Sanremo

Sara Catalano, Popoli in Arte Sanremo

Mariagrazia Ruggieri, Popoli in Arte Sanremo

Tiziana Pavone, Sanremo

Mauro Giampaoli, Sanremo

Marina De Mattei, Sanremo

Ersilia Ferrante, avvocato in Sanremo

Robert Von Hackwitz, Sanremo

Antonella Lotti, Università di Genova

Lavinia Lopez, Associazione “Popoli in Arte”

Manuela Roggero, Associazione “Popoli in Arte”

Ilaria Giordano

Silvia Donato

Giuseppe Famà, Ventimiglia

Lucia Palmero

Valentina Fanoni

Roberto Mazzini, Cooperativa “Giolli” Parma

Marco Ferrando Genova

Alessio Surian, Università Padova

Nives De Gaetano

Jacopo Colomba, Associazione Alternativa Intemelia

Claudia Regina

Serena Regazzoni

Jonathan Mastellari

Matteo Lupi, Archi Territoriale Imperia e Spes Ventimiglia

Pierfranco Molinari, Sanremo

Paola Mazzucchi, Associazione “Popoli in Arte”

Giovanna Maisano, Ventimiglia

Maddalena Vernia, Camporosso

Emanuela Lava, Vallecrosia

Francesca Morgante, Ventimiglia

Lucia Pappalardo

Francine Micheletti, Ventimiglia

Gianni Cappelletti, Ventimiglia

Luciano De Vescovi, Ventimiglia

Isabella Valenzano, Associazione “Popoli in Arte” Sanremo

Francesco Todaro, Ventimiglia

Jatta Bai, Ventimiglia

Nicolas Nketia, Ventimiglia

Samuel Nda Wuah, Ventimiglia

Haruna Dawuda, Ventimiglia

Sonko Bakari, Ventimiglia

Stefano Viscelli, Genova

Francesca Donato

Letizia Siri, Imperia

Daniel Delministro, Dolcedo

Alberto Gabrielli, Imperia

Emma Camiglia, Imperia

Rosa Prete, Imperia

Mariagrazia Ruggiero

Tiziana Guatta, Sanremo

Marcella Bagnoni, Associazione “Going to Europe”, Modena

Francesco Roma

Carmela Lecce, “Deposito dei Segni onlus”

Jörg Grünert, Associazione “Deposito dei Segni onlus”

Liliana Gladuli, Cooperativa sociale “La Goccia”, Imperia

Laura Mina Carbonetto, Cooperativa sociale “La Goccia”, Imperia

Maddalena Salvo, Cooperativa sociale “La Goccia”, Imperia

don Antonello Dani, Cooperativa sociale “La Goccia”, Imperia

Fabrizio Freri, Cooperativa sociale “La Goccia”, Imperia

Anna Maria Garelli, San Biagio della Cima

Elisa Siri, Arci Solidarietà “A. Lipari”

Anna Orengo

Claudia Allavena, Vallebona

Elena Lozzi

Maria Zucchi, Sanremo

Marzia Manca

Fabio Borin

Nicolò Budini Gattai

Elisa Trionfo, Ventimiglia

Silvia Colombo, Sanremo

Rete femminista “No muri, no recinti”

Associazione Oltre il Mare

Garibaldi 101

Piazza Le Trento

Ass. K_Alma

Rete femminista “No muri, no recinti”

Associazione Oltre il Mare

Associazione “Popoli in Arte” Sanremo

Associazione “ArtsLab Manifesta”, Sanremo

Associazione culturale Intemelia “XXV Aprile”

Cooperativa “Giolli” Parma

Circolo Arci Antica Compagnia Portuale, Oneglia

Associazione “Mappamondo” Sanremo

 

 

 

[1] Fra i numerosi appelli che chiedono l’istituzione di corridoi umanitari, si veda http://www.meltingpot.org/ppello-per-l-aperturadi-un-canale-umanitario-fino-all.html#.V3qj0q5s050.

[2] «Violenze, abusi e malattie anche negli hotspot. Urgono azioni», L’Avvenire, 5 luglio 2016.

[3] Di «sofferenza del sovraffollamento» nell’hotspot di Lampedusa parla lo stesso sindaco di Lampedusa, Giusy Nicolini, http://livesicilia.it/2016/05/19/lampedusa-non-adatta-a-un-hotspot-lisola-dedita-alla-prima-accoglienza_750188/. Di «malattie, violenze e abusi negli hotspot» parla il direttore dell’Agenzia europea per i diritti umani Michael O’Flaherty nell’articolo già citato.

[4] Sulla difformità dei dati forniti dalle agenzie europee che dovrebbero operare negli hotspot, si veda l’intervento dell’eurodeputata Elly Schlein nella riunione della Commissione Libertà civili, Giustizia e Affari interni del Parlamento europeo, 16 giugno 2016, http://www.possibile.com/hotspot-la-commissione-presenta-un-quadro-ben-lontano-dalla-realta/. Sulla condizione generale dell’hotspot di Lampedusa si legga la relazione dell’avvocato Ballerini del 2 febbraio 2016, in seguito all’ingresso effettuato con Elly Schlein, http://www.meltingpot.org/A-Lampedusa-l-Hot-spot-non-ci-puo-essere.html#.V3rbhjW_UcQ.

[5] Sulla somministrazione del cosiddetto “Foglio notizie” negli hotspot, si veda la denuncia dell’Associazione legale Borderline Sicilia, http://www.meltingpot.org/Hotspot-e-respingimenti-differiti-il-modello-Lampedusa.html#.V3qX9q5s050.

[6] «Il diniego sistematico di accesso della stampa agli hotspot non ha alcun fondamento legislativo. Le giornaliste e i giornalisti devono poter entrare anche negli hotspot, i centri di identificazione dei migranti», hanno dichiarato in una nota il segretario generale e il presidente della Fnsi, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, e il segretario dell’UsigRai Vittorio Di Trapani. L’occasione era stata il diniego, lo scoro 20 giugno, Giornata mondiale del Rifugiato, delle domande di accesso nei centri e negli hotspsot italiani presentate dalla Campagna LasciateCIEntrare.

[7] Del provvedimento di respingimento differito si parla diffusamente nel Rapporto sui Centri di identificazione ed espulsione in Italia redatto nel febbraio 2016 dalla Commissione straordinaria per la tutela e la protezione dei diritti umani del Senato. Secondo il documento, nell’hotspot di Lampedusa, «tra quanti non hanno manifestato la volontà di chiedere asilo e quindi sono stati considerati migranti irregolarmente presenti sul territorio italiano, 74 sono stati trasferiti nei Cie in tutta Italia, mentre 775 hanno ricevuto un provvedimento di respingimento differito, con l’ordine di lasciare il territorio nazionale entro 7 giorni, e sono complessivamente più del 18 % del totale degli stranieri arrivati a Lampedusa. Questi ultimi, secondo quanto denunciato da alcune associazioni, una volta trasferiti da Lampedusa, sono sbarcati a Porto Empedocle dove hanno ricevuto il provvedimento del questore di Agrigento, senza aver ricevuto nessuna informazione in merito a ciò che sarebbe loro accaduto e senza aver diritto a essere ospitati nel circuito d’accoglienza. Di fatto, sono destinati a rimanere irregolarmente nel territorio italiano e a vivere e lavorare illegalmente e in condizioni estremamente precarie nel nostro Paese».

[8] Resoconto stenografico dell’audizione del Prefetto Mario Morcone davanti al Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’Accordo di Schengen, di vigilanza sull’attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione, Indagine conoscitiva sui flussi migratori in Europa attraverso l’Italia, nella prospettiva della riforma del Sistema europeo comune d’asilo e della revisione dei modelli di accoglienza, Seduta n. 25, 25 marzo 2015.

[9] Intervista a Dimitris Avramopoulos, «Süddeutsche Zeitung», 18 gennaio 2016.

[10] «Il Messaggero», 29 maggio 2016.