Minori stranieri non accompagnati tra dispersione e criminalizzazione.

Da alcuni mesi i mezzi di informazione danno notizia di minori stranieri non accompagnati (MSNA) che poche settimane dopo lo sbarco, o dopo qualche mese, “scompaiono nel nulla” allontanandosi dai centri di accoglienza, o meglio, si rendono irreperibili, come se, sotto questa realtà, ci fossero soltanto i soliti trafficanti di terra ( che pure esistono) o addirittura il traffico di organi ( che in Italia non sembra ancora rilevante),se non lo sfruttamento lavorativo e la tratta. Fenomeni che pure sono diffusi con riferimento a precise nazionalità, soprattutto nel caso di minori nigeriane, ma che non possono spiegare da soli un numero tanto elevato di minori stranieri non accompagnati che svaniscono nel nulla.

Le inadempienze

Nessuno spiega che in base al vigente Regolamento Dublino il minore non accompagnato che giunge in Italia impiega un anno, ed anche più, se vuole fare ricongiungimento familiare con i genitori, ma può fare in una sola settimana il viaggio per raggiungere, irregolarmente beninteso, il paese nel quale questi si trovano i suoi parenti fino al terzo grado, e a quel punto può chiedere asilo in qualunque paese europeo si trovi.

Nessuno scrive delle procedure lente e farraginose, se non arbitrarie, che riguardano i minori stranieri non accompagnati dopo gli sbarchi, delle metodiche obsolete per l’accertamento dell’età, del mancato rispetto della presunzione di minore età, ed all’opposto, dei molti casi in cui i minori, per diverse ragioni, talora anche perché istruiti dai trafficanti, dichiarano la maggiore età, senza che nessuno riesca ad intervenire.

Nessuno racconta quello che succede realmente nei centri di accoglienza per minori, al di là del pur evidente degrado delle strutture, che spesso non rispondono ai minimi requisiti richiesti dalla normativa nazionale e regionale. In diversi centri mancano persino i mediatori culturali e gli psicologi. Ed i minori, riconosciuti come tali pochi mesi prima del compimento della maggiore età, trascorrono mesi senza incontrare nessuno, neppure i tutori nominati sulla carta ma nei fatti all’oscuro della loro sorte. Gli uffici dei giudici tutelari nominano come tutori gli assessori alle attività sociali, i tentativi di creare elenchi di tutori volontari non vengono recepiti con tempestività, e la mancata nomina del tutore blocca anche la formalizzazione della domanda di asilo e l’accesso ai diritti sociali. La nomina come tutori temporanei dei gestori dei centri, meglio come “affidatari” del minore crea conflitti di interesse e non garantisce la piena tutela del “superiore interesse del minore” che si dovrebbe perseguire in ogni scelta dell’autorità amministrativa.

Nessuno si indigna per la lunghezza delle procedure per il riconoscimento della protezione umanitaria, e prima ancora per le difficoltà di accesso alla procedura, quando si verificano rifiuti nel prelievo delle impronte digitali, o ritardi nella individuazione del tutore. In molti rinunciano all’incarico già conferito, specie nei comuni che sono meno disponibili a garantire l’accoglienza.. Ed i tempi si allungano. Una situazione ben nota, che da tempo spinge verso la clandestinità.

Le prassi

Il diritto che riguarda i minori e tutti coloro che sono sbarcati e finiscono negli Hotspot è diventato ormai un diritto per “circolare”. E nei centri di primo soccorso ed accoglienza di Pozzallo e Lampedusa, adesso ridefiniti come Hotspot, i minori stranieri non accompagnati rimangono per settimane o addirittura mesi in situazione di promiscuità con gli adulti.

Le linee guida adottate dal Ministero del lavoro, che dovrebbero valere per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati non corrispondono quasi mai alle molteplici prassi amministrative applicate ai MSNA nelle diverse province italiane. Rimane fondamentale l’obbligo di rendicontazione, anche perchè molte strutture sono in ritardo e non hanno tutte le figure professionali richieste. In altri casi in ritardo sono i Comuni che non versano le rette agli enti gestori, ed in questo caso sono gli operatori a restare senza stipendio anche per sette-otto mesi. Una situazione insostenibile che pregiudica i rapporti all’interno delle strutture, demotiva il personale e lo espone a situazioni sempre più onerose, se non di vero e proprio ricatto.

Oltre, e talora contro la legge, si fa quello che decide il ministero e gli uffici distaccati ( prefetture e questure). Ma persino le circolari ministeriali rimangono spesso sconosciute ai gestori dei centri di accoglienza, quando non vengono disapplicate dalle forze di polizia. Nei centri di primo soccorso ed accoglienza di Lampedusa e Pozzallo, oggi trasformati in Hotspot, i minori stranieri non accompagnati possono restare trattenuti anche per settimane senza l’adozione di quei provvedimenti obbligatori che la legge impone alle pubbliche autorità nei loro confronti, nell’immediatezza dell’ingresso nel territorio nazionale.

Si continuano anche a verificare in questo ed in altri centri di prima accoglienza, casi evidenti di promiscuità tra minori non accompagnati ed adulti. In alcune province siciliane comunque si registra un calo, come a Catania, su Agrigento il numero degli arrivi di minori stranieri non accompagnati rimane costante e le strutture ben piene, anche di minori che ricevono un diniego persino sulla richiesta di protezione umanitaria. Ed a Pozzallo (Ragusa) l’emergenza non finisce mai. Del resto con le “relocation” verso altri paesi UE di fatto bloccate, l’interno “approccio Hotspot” sta andando in crisi, ed a pagarne il costo più elevato sono i soggetti più vulnerabili, come i minori non accompagnati.

Il fallimento della “road map” italiana,

I passaggi burocratici tra la questura, gli uffici dei giudici tutelari, che sembra ignorino anche la posta certificata, e gli enti gestori dei centri di accoglienza, sono di tale lentezza che non permettono una tutela effettiva dei diritti dei minori stranieri non accompagnati. In alcune situazioni di frontiera, come ad Agrigento, due sole assistenti sociali al Comune devono fare fronte a centinaia di tutele,mentre nei centri di prima accoglienza dove si dovrebbe restare solo qualche settimana, si vegeta per mesi. Molti minori compiono i fatidici diciotto anni, e diventano per questo, non appena venga respinta la domanda di asilo, a meno di un tempestivo ricorso, migranti “illegali” e come tali vengono trattati, destinatari di un provvedimento di espulsione, ed anche rinchiusi in un Cie ( come si è verificato tra la questura di Agrigento e il CIE di Caltanissetta).

Se il titolare dell’ente gestore non si attiva ( e spesso non si attiva proprio, come si è verificato in diverse province siciliane,) persino la nomina del tutore rimane inefficace per mesi, e tutti attendono solo che il minore compia i fatidici diciotto anni per considerarlo come un migrante irregolare, da espellere o da trattenere in un CIE:

Ma l’aspetto più eclatante di queste ultime settimane è costituito dai dinieghi sempre più numerosi che le commissioni territoriali adottano nei confronti dei minori richiedenti asilo, senza neppure concedere la protezione umanitaria, e senza che al minore, ormai prossimo alla maggiore età, sia più possibile la richiesta di un permesso di soggiorno per minore età. Sono dinieghi che trascurano in modo evidente il “superiore interesse del minore” che dovrebbe indirizzare ogni provvedimento amministrativo adottato nei loro confronti. Presso la Commissione territoriale di Agrigento si arriva ad oltre il 90 per cento di dinieghi, tanto per gli adulti che per i minori, soprattutto dopo le circolari ministeriali che hanno facilitato i dinieghi e reso sempre più veloce e superficiale l’esame dei richiedenti asilo.

I richiedenti asilo denegati diventano presto una questione di ordine pubblico. persone da espellere, anche se hanno diritto ad un ricorso effettivo. Ma non tutti riescono ad esercitare in tempo questo diritto, e nel caso dei minori stranieri non accompagnati può succedere che certe volte a mettersi di traverso, o a scomparire, sia proprio il tutore.

E’ una vera e propria fabbrica della clandestinità di stato, situazioni compromesse da valutazioni meramente discrezionali, o da ritardi burocratici, che compromettono definitivamente il futuro di tanti giovani, condannati in molti casi a girovagare nei pressi delle stazioni ed a essere sfruttati, se non sprofondano nei circuiti della devianza. Minori arrivati dallo stesso paese con lo stesso sbarco, dopo essere stati soccorsi in mare, e dopo essere transitati da un paese nel quale hanno sofferto ogni tipo di abuso, la Libia, ricevono provvedimenti differenti ( diniego o accoglimento), a seconda della Commissione territoriale che viene chiamata a decidere sulla loro richiesta di protezione.

Il “superiore interesse del minore”, richiamato dalle Convenzioni internazionali come criterio guida per ogni provvedimento amministrativo, non può che proiettarsi nei mesi successivi al conseguimento della maggiore età, considerando tra l’altro che le questure italiane, contravvenendo precise indicazioni giurisprudenziali e le norme del diritto privato internazionale, assegnano la maggiore età sulla base della legge nazionale e non della legge del paese di origine. nel caso degli egiziani, ad esempio, tutti coloro che non hanno ancora raggiunto i ventuno anni sono da considerarsi minori. Neppure il parere di Save The Children, solitamente ben ascoltato dal Ministero dell’interno, riesce a modificare le prassi di respingimento e di espulsione dei minori egiziani e delle altre nazioni che elevano ancora a ventuno anni il conseguimento della maggiore età.

Per effetto di questo errato criterio di assegnazione dell’età, e per la scarsa attendibilità dell’accertamento dell’età nei casi in cui si ricorre esclusivamente all’esame radiografico del polso, numerosi minori stranieri che sarebbero inespellibili in base all’art. 19 del T.U. 286 del 1998, vengono rimpatriati, soprattutto in Egitto ed in Nigeria, per effetto degli accordi bilaterali tra questi paesi e l’Italia, accordi che prevedono forme semplificate di identificazione, di fatto con la mera attribuzione della nazionalità da parte di un interprete e poi da un agente consolare.

Quei rimpatri collettivi di minori

Il trattenimento o la prima accoglienza che si protraggono per mesi, senza che vengano nominati tutori e che vengano avviate le procedure per la richiesta di protezione, oppure per il permesso di soggiorno per minore età, determina un limbo di durata indefinita, dal quale sempre più spesso i minori stranieri non accompagnati fuggono. I ritardi burocratici e la gestione della prima accoglienza, con i trasferimenti affidati prevalentemente alle forze di polizia, la mancanza di mediatori culturali e linguistici, la mancanza di informazioni legali imparziali, rendono sempre più difficile la primissima accoglienza e la individuazione dei minori più vulnerabili.
Le modalità di gestione dei centri di prima accoglienza destinati ai minori complicano ancora la situazione degli “ospiti”. Si tratta di centri spesso inaccessibili per le organizzazioni umanitarie non convenzionate e per gli avvocati indipendenti, ma facilmente individuabili per gli emissari delle organizzazioni criminali che, grazie anche alla mancanza di una efficace mediazione linguistico-culturale, riescono a mettersi rapidamente in contatto con i minori ed a determinarne le scelte. Dagli scoop giornalistici alle inchieste condotte dalle associazioni indipendenti e dalle reti di cittadini solidali la distanza è evidente. Si tratta di situazioni di degrado e di abbandono che non lasciano presagire vie d’uscita. Bisognerebbe ridurre poteri e competenze delle questure e trasferirle agli enti locali, curandosi al contempo di evitare che gli stessi enti locali, quando governati da maggioranze xenofobe, adottino provvedimenti ancora più discriminatori di quelli fin qui adottati dalle autorità di polizia.

Le soluzioni praticabili

Occorre una legge quadro sui minori stranieri non accompagnati, da troppo tempo all’esame del Parlamento, a partire dal Disegno di legge Zampa, ed all’interno di questa legge occorre insenrire una previsione che estenda il riconoscimento della protezione internazionale in tutti i casi nei quali il rimpatrio del minore, appena maggiorenne, sarebbe contrario ad una prospettiva di tutela del superiore interesse del minore, fino a quando questi rimane tale. Altrimenti le fughe di ragazzi sedicenni e diciassettenni proseguiranno con gli sbocchi sempre più degradanti e pericolosi che stiamo verificando oggi.

Occorre rendere più agevole il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi umanitari ed impedire quelle prassi che si vanno diffondendo in molte questure, che negano il mero rinnovo e richiedono un contratto di lavoro per il rinnovo del permesso di soggiorno, in realtà per la conversione in un altro tipo di permesso di soggiorno. Tutto questo senza chiamare più in causa la Commissione territoriale, che invece rimane l’unica autorità competente a pronunciarsi sul rinnovo del permesso di soggiorno per motivi umanitari, potere che non compete certo agli uffici di questura.

Sarebbe anche tempo che le grandi organizzazioni umanitarie che si occupano della difesa dei diritti dei minori stranieri non accompagnati denuncino apertamente le gravi disfunzioni che rilevano nelle loro attività quotidiane, senza limitare il loro ruolo a quello di consulenza degli uffici del ministero dell’interno. Dopo la fine del progetto Praesidium si registra un grave arretramento delle tutele garantite ai minori non accompagnati ed ai minori vittime di tratta giunti nel territorio italiano.