Quello che ci viene offerto e che volentieri pubblichiamo è frutto di un lungo e complesso lavoro di ricerca che ha portato alla realizzazione di un prodotto multimediale di estremo interesse. Il valico del Brennero, oggi sotto i riflettori, diviene grazie all’impegno di un team che ha visto coinvolti tanto l’Università di Bolzano quanto ricercatori e attivisti come: Matteo Moretti, Massimiliano Boschi, Monika Weisensteiner, Valeria Burgio, Claudia Corrent, Luca Pisoni, Alessio Cimarelli, Tobias Bernard, un pretesto per scavare nella memoria. Parte dalla fine degli anni Novanta e amplia a livello globale il proprio spazio di inchiesta. Mette in correlazione i diversi contesti, offre spunti di riflessioni ma restituisce anche, attraverso video e immagini, la drammaticità del presente. Un ottimo modo di lavorare insomma, di fare informazione e controinformazione e di costruire consapevolezza basata sull’analisi delle realtà. Ringraziamo gli autori e auguriamo a chi ci legge buona lettura e buona visione.
Introduzione
L’idea iniziale di questo progetto era quella di raccontare, sotto diversi punti di vista e con differenti approcci, il flusso continuo di profughi e “richiedenti asilo” che sostavano alla stazione di Bolzano e del Brennero prima di proseguire il loro viaggio verso il Nord Europa. Ci siamo resi conto, però, che andava cambiata visuale, andava allargata, cercando di analizzare quanto stava avvenendo anche in prospettiva storica e geografica, partendo da quando il Brennero è diventato confine di Stato, gettando uno sguardo sugli altri confini, Ventimiglia e Lampedusa in particolare, finendo per concentrarci su cosa hanno significato, in realtà, gli accordi di Schengen.
Ricercatori, antropologi, giornalisti, fotografi e designer, ognuno ha offerto il proprio punto di vista, per cercare di inquadrare cosa stia accadendo al sogno europeo, a quello di chi ci abita e a quello di chi vi approda.
Europa, il sogno infranto
È la primavera del 2016 e il Brennero rischia di tornare ad essere una frontiera, una “linea di confine ufficialmente delimitata e riconosciuta, e dotata, in più casi, di opportuni sistemi difensivi” (Treccani). Rispetto al passato, però, le barriere di confine non sono più utilizzate allo scopo di delimitare i propri spazi nei confronti del paese adiacente, non più per ridurre e/o controllare gli scambi tra due stati confinanti, ma con l’esplicito scopo di ridurre il flusso di persone provenienti da altri continenti, da luoghi che distano migliaia di chilometri. La scelta di ripristinare i controlli di confine tra Italia e Austria è stata definita da molti giornali “la fine del sogno di Schengen”. Questo lavoro mostra una realtà diversa.
Perché l’accordo di Schengen, che doveva creare una zona di libera circolazione all’interno dell’Unione Europea, si è basato essenzialmente, e sin dall’inizio, su un accordo di polizia. Perché “La caduta delle frontiere interne ha avuto per corollario il rafforzamento delle frontiere esterne dello spazio Schengen.” (Internazionale). Il punto è che il “rafforzamento delle frontiere esterne” non era il corollario, ma l’essenza stessa di questo accordo. Non è un caso che i lavori per il primo muro europeo, quello di Ceuta e Melilla (pagati con i soldi dell’Unione Europea) siano iniziati nell’autunno del 1995.
Si può continare e leggere tutto il rapporto qui.