Da Badolato a Riace, l’accoglienza diffusa come risposta a muri e a ghetti

Alcuni giorni fa, al Museo della Liberazione di Roma, in Via Tasso, luogo in cui i fascisti, durante il periodo peggiore del regime, torturavano i partigiani, si è svolto un convegno sulla nuova resistenza praticata da chi rifiuta di morire in guerra e di sfidare le frontiere imposte dall’UE. Fra gli interventi abbiamo ritenuto particolarmente toccante quello di Esther Koppel, giornalista tedesca da tanti anni in Italia, che ha raccontato qualcosa che la nostra memoria provinciale tende a dimenticare, le risposte positive e di disobbedienza civile che in Italia vengono da anni praticate. Ha raccontato delle vicende calabresi spesso rimosse di Riace e di Badolato, una risposta ad ogni forma di chiusura non solo dei confini, ma anche mentale e culturale. Riportiamo volentieri il suo intervento che ci parla del presente portandoci indietro di quasi venti anni.

 

Mi chiamo Esther Koppel, sono giornalista e da anni mi occupo di quello che oggi, anche a livello internazionale, è chiamato il “Modello Riace”. In questo modo, però si fa un torto alla cittadina di Badolato, a circa 20 km da Riace, e al suo allora – e spero presto nuovamente – sindaco Gerardo Mannello. Fu lui, nel 1997 ad inventare questa forma dell’accoglienza diffusa quando da quelle parti attraccò la nave Ararat con a bordo circa 800 curdi in fuga dall’Iraq. Lui si dichiarò disposto ad ospitare nel suo comune una gran parte di queste persone e inizialmente era mosso soprattutto da una spinta umanitaria. Ma ben presto la cosa divenne squisitamente politica. Con l’assenso della stragrande parte della popolazione di questo paesino che – come molti sulla costa ionica della Calabria – si stava spopolando riuscì a far aprire ben 20 case lasciate vuote dai tanti emigrati che ormai si erano stabiliti ovunque nel mondo. La sua idea, poi ripresa anche dal sindaco di Riace Mimmo Lucano, era di dare nuova vita al paese anche con una fertile contaminazione culturale. Purtroppo, l’esperienza di Badolato finì dopo qualche anno anche perché il sindaco non venne rieletto. A giugno, comunque si candida nuovamente e personalmente spero che ce la facccia.

 

A Riace, invece, Mimmo Lucano ormai è al suo terzo mandato. Ha dietro a se la maggioranza della popolazione (circa 1800 persone in tutto, distribuite tra varie frazioni). E questo, perché sta riuscendo a trasformare l’accoglienza umanitaria in una realtà dalla quale traggono un vantaggio anche economico gli abitanti del paese stesso.

La cosa, a grandissime linee, funziona così. A Riace sono state messe su una decina di associazioni o cooperative che sono composte da circa 7 persone – quasi tutte donne – ciascuna. Queste associazioni hanno ricevuto dalla prefettura di Reggio Calabria l’abilitazione ad accogliere migranti e profughi. Si tratta – e questo è importante – della cosiddetta prima accoglienza. Questo significa che le persone vengono portate a Riace subito dopo lo sbarco sul suolo italiano. La legge prevede che per ogni migrante lo Stato mette a disposizione complessivamente 35 Euro al giorno. Con questi soldi si deve provvedere a tutto: Dal letto per dormire al vitto, ai vestiti, al pagamento del compenso per le persone che se ne occupano e così via. E questo indipendentemente dal fatto se l’accoglienza avvenga nei famigerati lager o in maniera ben più dignitosa come a Riace.

Le associazioni affittano case vuote o sfitte dove vengono ospitati i profughi. Si tratta di piccoli gruppi, in parte nuclei famigliari, in parte gruppi di amici, persone che parlano la stessa lingua o professano la stessa religione. Sotto forma di buoni ricevono circa 170 Euro a persona al mese che possono spendere soltanto nei negozi del paese. Così possono cucinare da soli, secondo i loro gusti. In più ricevono in denaro una sorta di paghetta (1 euro e mezzo al giorno) che dovrebbe servire per le sigarette e soprattutto per le ricariche per il telefonino. Hanno un rapporto diretto con le assistenti che sono sempre sul luogo per risolvere tutti i piccoli e grandi problemi della vita quotidiana e sono al loro fianco per tutte le incombenze burocratiche. Come comunicano? A Riace questo non è un problema, in qualche modo funziona! Con qualche parola d’inglese o francese, gesti, dialetto calabrese e tanti tanti sorrisi! Potrei parlare per ore delle giornate che ho passato negli uffici delle cooperative con queste donne straordinarie che vedono il loro lavoro veramente come un servizio per il prossimo – e non importa se in questo caso “il prossimo” abbia un colore della pelle diverso e venga da paesi lontani. Tre anni fa, nel pieno di quella che venne chiamata “emergenza Nord africa” a Riace venne portato durante una notte un gruppo di ragazzi egiziani, tutti minorenni. L’impegno fu straordinario – nel senso che andò ben oltre l’ordinario. Non scorderò mai una sera che si festeggiavano i 18 anni di Ali. Le donne avevano organizzato una festa in una pizzeria del paese; si cantava e si ballava su ritmi italiani ed arabi. E poi venne il momento della torta. L’avevano fatta preparare in una pasticceria di Riace e mostrava le piramidi, il Nilo e qualche cammello. Anna mi disse: “Così non gli mancherà tanto il suo paese e non sarà così triste di non stare con la sua mamma”. Non può quindi meravigliare che Anna dai suoi ragazzi arabi viene chiamata “Mamma”.

Per il loro impegno che in teoria sarebbe di mezza giornata ma che in realtà può anche durare 24 ore al giorno, Maria, Cosima e Anna prendono 500 euro al mese. Una piccola somma che comunque è un ulteriore apporto all’economia complessiva del paese.

Grazie a questa iniziativa dell’accoglienza diffusa Riace sta cambiando. Intanto la scuola elementare non ha chiuso i battenti come solo qualche anno fa sembrava dovesse succedere.  Poi hanno aperto alcune botteghe artigiane, tutte gestite da italiani e stranieri insieme. Questa era l’idea originaria sia a Badolato che a Riace: Si voleva che i profughi si fermassero, che diventassero cittadini di quei paesi a tutti gli effetti, anche dopo aver ottenuto lo status di rifugiato. Questo è riuscito solo in parte visto che come sappiamo tutti negli ultimi anni la situazione economica generale è peggiorata e la Calabria è ancora all’ultimo posto di tutte le graduatorie nazionali. Comunque qualcuno degli ex stranieri è rimasti ed altri sono tronati dopo esperienze non soddisfacenti in latri paesi europei. Anche i giornalisti e gli studiosi di tutto il mondo che visitano la cittadina portano comunque un introito. Sta invece riuscendo una rivitalizzazione della vita culturale del paese. La città vecchia è piena di murales dipinti dagli artisti più diversi ed ogni estate qua si svolge un festival culturale. E poi va citato anche il regista tedesco Wim Wenders che tra Riace e Badolato ha girato un film “Il volo”.

Un ultimissima cosa. Ho detto inizialmente che il “Modello Riace” è conosciuto in tutto il mondo. A Mimmo Lucano è stato assegnato il Premio “miglior sindaco” del mondo ed ora la rivista americana Fortune lo ha annoverato tra le 50 persone più influenti della terra. Ma c’è un paese dove dell’accoglienza diffusa non si sa quasi niente. Questo paese, purtroppo, è l’Italia.

Vi ringrazio per l’attenzione.