Stabilizzare la Libia, rendere operativi gli accordi con la Turchia, per annientare le speranze di chi fugge

Ritorna l’emergenza immigrazione in Italia anche se Renzi smentisce, in Europa si attende una crescita esponenziale dei passaggi dal nostro paese e si blindano le frontiere, le elezioni si avvicinano ovunque, in un clima di campagna elettorale permanente parla il generale Serra, consigliere militare della missione delle Nazioni Unite in Libia. Si profila anche il rischio di terroristi infiltrati tra i migranti. Tutto viene strumentalizzato per alimentare la paura ed a giustificare scelte che violano i diritti fondamentali delle persone, in nome di una “sicurezza” che  poi nessuno appare capace di garantire davvero. L’unica risposta che si fornisce sembra il blocco dell’arrivo di migranti, quali che siano le condizioni di vita che subiscono  nei paesi di origine ed in quelli di transito.
Il generale ha le idee chiare:stabilizzare la Libia per bloccare le partenze. Dunque sarebbero tutti migranti economici, e presto la Libia con un governo unificato potrebbe essere dichiarata “paese terzo sicuro”. L’obiettivo dichiarato è “rendere più difficili le partenze”.

Il generale Serra ha infine ritenuto plausibile l’ipotesi che l’aumento delle partenze degli ultimi giorni sia legato al progredire del processo di insediamento del premier designato Fayez al Sarraj. “Con un governo in carica che riesce a controllare i propri confini – ha rilevato – sarà più difficile partire”.
Da oltre un anno le associazioni umanitarie propongono vie legali di ingresso per richiedenti asilo e “migranti economici”, una distinzione che in Europa sta portando alla cancellazione sostanziale del diritto di asilo. Da parte di molti governi si prepara il rilancio della pratica dei respingimenti collettivivietati dall’art. 19 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e dall’art. 4 del Quarto Protocollo allegato alla CEDU. E sono respingimenti collettivi, per intenderci, anche quei respingimenti notificati in Sicilia e negli altri Hotspot, con atti di contenuto identico, a centinaia di persone giunte nello stesso luogo e nello stesso momento, senza sottrarsi ai controlli ma dopo essere stati soccorsi in acque internazionali. Si continua ad adottare un “foglio notizie” che i migranti sono costretti a sottoscrivere subito dopo lo sbarco senza comprenderne appieno il significato, anche nei casi in cui sono assistiti da un interprete. Basta barrare una casella, corrispondente alla domanda se si è arrivati in Italia per potere lavorare e si diventa per sempre “migranti economici”, da arrestare, da respingere, da condannare alla clandestinità ed all’abbandono.
Come ha dichiarato il Prefetto Morcone, in audizione davanti alla Commissione di inchiesta della Camera sui centri per stranieri, «I colleghi della Polizia di Stato hanno anche inserito nel foglio di prima accoglienza la casellina in cui è riportata la richiesta d’asilo, ma oggettivamente è troppo poco. Ci vuole qualcuno che ci perda un po’ di tempo – non possono che essere le grandi organizzazioni internazionali – e che spieghi ai migranti le possibilità che l’ordinamento italiano e l’ordinamento europeo pongono a loro disposizione. Questo devo dire che l’abbiamo già chiarito con i colleghi». “Chiarimento” che ha richiesto una Circolare a firma dello stesso Morcone diramata in via urgente l’8 gennaio scorso al Capo di Polizia e per suo tramite a tutti gli uffici di questura interessati. 

I provvedimenti di respingimento “differito” sono così diminuiti, ma con l’aumento degli arrivi dei profughi eritrei, che sembravano quasi cessati, sono riprese le pratiche di prelievo delle impronte digitali con il ricorso all’uso della forza. Chi deve raggiungere altri paesi europei non presenta denuncia, ma diversi operatori umanitari potrebbero testimoniare le condizioni psico-fisiche nelle quali si trovano i migranti eritrei o somali dopo le procedure di identificazione. Da ultimo, sono scoppiate proteste molto forti nel vecchio CIE di Trapani Milo, adesso adibito ad Hotspot, ma nessuno ne ha parlato.

Anche chi riesce a presentare una richiesta di asilo si scontra con una diversa interpretazione delle norme interne, imposta dagli agenti di EASO e di FRONTEX.  La crescita esponenziale dei dinieghi da parte delle Commissioni territoriali, con percentuali che sfiorano ormai il 90 per cento, contribuisce alla legittimazione della categoria di “migrante economico”, anche quando si tratta di migranti che dovrebbero essere riconosciuti come ” meritevoli di particolari esigenze di protezione” indipendentemente dal paese di origine e dalla percentuale di accoglimento delle richieste di protezione internazionale presentate dai propri connazionali.
Particolarmente deplorevoli i dinieghi ed i provvedimenti di respingimento notificati a pakistani, afghani, ed anche gambiani e nigeriani. I ricorsi degli avvocati non arrivano a garantire oltre qualche posizione individuale, la maggior parte dei migranti viene così consegnata allo sfruttamento, alla precarietà, alle mafie.

Presto ritorneranno i progetti dello scorso anno, si attende solo che il nuovo governo libico chieda “aiuto” ai paesi occidentali per stabilizzare il paese e controllare in modo più efficace i confini, in modo anche da intensificare le operazioni di respingimento collettivo dalla Libia verso i paesi più a sud, come il Niger.
E vedremo a breve in cosa si tradurranno gli appelli italiani per un maggiore impegno dell’Unione Europea sulla crisi libica.
Gli arrivi dalla Libia non aumentano per il miglioramento delle condizioni meteo, ma per la deflagrazione del conflitto in quel paese, malgrado il tentativo di riunificazione portato avanti dal governo sostenuto dalle Nazioni Unite. Un processo dai risultati ancora imprevedibili, mentre le diverse milizie non hanno ancora ceduto le armi ad un esercito unico e la crescente conflittualità che si registra sul territorio spalanca le porte delle città a Daesh e trasforma i migranti in merce da scambiare tra le bande armate per ricavare il massimo profitto possibile.

Anche in Europa i migranti stanno diventando merce di scambio, qui il profitto è politico, soprattutto durante le campagne elettorali.
La Risoluzione sul Mediterraneo approvata dal Parlamento Europeo il 12 aprile scorso, malgrado significativi riconoscimenti dell’esigenza di non criminalizzare gli interventi umanitari e di aprire canali legali di ingresso, con la revisione del regolamento Dublino e l’introduzione di criteri di redistribuzione tra i diversi paesi europei, lascia nel generico questi aspetti positivi, ma appare assai precisa nella condivisione della esternalizzazione dei controlli di frontiera,sancita  dai processi di Rabat e di Khartoum, sull’inasprimento delle procedure di respingimento ed espulsione e sull’accordo tra Unione Europea e Turchia, per limitare al minimo l’ingresso di profughi siriani e bloccare del tutto gli ingressi dei migranti di altre nazionalità. Dopo avere ricevuto il soldo dall’Europa  però, il guardiano Erdogan blocca la frontiera con la Siria, e programma rimpatri di profughi fuggiti dall’Iraq, contro tutte le Convenzioni internazionali.
 
Con Barbara Spinelli sessanta eurodeputati si sono rivolti alla Commissione europea: «Rimandare i migranti in Turchia viola il principio di non-respingimento, vincolante per l’Unione europea»
«Secondo l’Osservatorio siriano per i Diritti umani», ricorda l’interrogazione, «sedici profughi siriani, fra cui tre bambini, sono stati uccisi dalle Guardie di frontiera turche mentre tentavano di mettersi in salvo in Turchia», mentre profughi siriani intervistati da Amnesty International nel Sud della Turchia riferiscono «che i propri parenti sono stati espulsi dal Paese in violazione del diritto internazionale, inclusi i minori non accompagnati». Lo stesso Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati denuncia le «continue e gravi carenze nelle condizioni procedurali e di accoglienza sia in Turchia sia in Grecia, un Paese costretto a ospitare un numero sproporzionato di rifugiati a causa della chiusura delle frontiere della rotta balcanica e del fallimento dello schema di ricollocamento dell’UE». Poiché «deportare migranti e rifugiati senza aver prima vagliato le loro richieste di asilo comporta una lesione del diritto internazionale», Barbara Spinelli e i cinquantanove deputati co-firmatari chiedono alla Commissione «in base a quali elementi la Commissione ritenga che rimandare i migranti in Turchia non violi il principio di non-refoulement, vincolante per l’Unione europea».

Il Consiglio  Europeo sta anche preparando la criminalizzazione dei volontari che assistono i migranti, malgrado le belle frasi contenute nella Risoluzione votata dal Parlamento europeo ieri, che invece sembra tendere a salvaguardare l’esercizio del dovere di solidarietà.
Il riconoscimento degli obblighi di ricerca e salvataggio in mare contenuto nella Risoluzione non costituisce certo una novità, ma risulta pedissequa ripetizione dei principi affermati dalle Convenzioni internazionali di diritto del mare. Norme che nel tempo sono state violate dagli stati, anche dall’Italia nel 2009, ed oggi dalla Grecia e dalla Turchia nelle acque dell’Egeo, con migliaia di morti e dispersi in mare,violazioni che hanno comportato la condanna dell’Italia e della Grecia da parte della Corte Europea dei diritti dell’Uomo.
Le proposte presentate per emendare sostanzialmente la Risoluzione del Parlamento europeo prima della sua approvazione finale sono state tutte respinte, e il testo, approvato da una larga maggioranza di centro-centro (PSE e PPE), apre la strada ad un sostanziale svuotamento dei poteri del Parlamento, legittimando le scelte unilaterali del Consiglio su proposta della Commissione, con una delega in bianco sui controlli alle frontiere esterne e nei paesi terzi alle autorità militari, alla NATO ed alle forze di polizia, come Frontex e le nuove forme che questa agenzia dovrebbe assumere in futuro, denominate Polizia europea di Frontiera e Guardia Costiera europea. Si pensa anche ad intensificare la collaborazione con i paesi di transito per bloccare le partenze.
I comunicati di sintesi valorizzano gli aspetti più positivi della Risoluzione, ma basta leggere il testo integrale e le attività in corso da parte del Consiglio e della commissione Europea per comprendere che si va sempre di più nella direzione della Fortezza Europa e della collaborazione con paesi che non rispettano i diritti umani,oltre a non  riconoscere effettivamente il diritto di asilo, seppure nella formulazione più ristretta imposta dalla Convenzione di Ginevra del 1951, come la Turchia e l’Egitto, ed in futuro tra i paesi verso i quali esternalizzare controlli di frontiera e procedure di selezione dei migranti potrebbe esserci anche la Libia. Si rimane sempre nel solco d Processo di Khartoum promosso dall’Italia nel 2014, durante il semestre di presidenza europea. Un progetto politico che e’ fallito con il fallimento della Conferenza euro-africana di Malta nel novembre dello scorso anno, ma che ora sta avendo un effetto “boomerang” proprio sull’Italia che lo aveva promosso, in quanto l’Egitto ne ha preso il controllo, trattando direttamente con il Sudan e con i paesi del Corno d’Africa, ed utilizza il suo ruolo di potenza regionale per ricattare l’Unione Europea ed il nostro paese. Dietro le cortine fumogene che coprono la tragica fine di Giulio Regeni sta la tracotanza dei dittatori che l’Unione Europea ,ed anche l’Italia, ritengono utili alleati per stabilizzare il medio-oriente ed il nord-africa, bloccando le partenze dei migranti verso le nostre coste.