Passato e futuro di una Commissione d’Inchiesta

La Commissione parlamentare d’Inchiesta sul “sul sistema di accoglienza, identificazione e trattenimento dei migranti” dovrebbe ormai essere giunta, salvo proroghe o rinnovi del mandato, a compimento dei suoi lavori. Il 18 febbraio scorso a presiederla, al posto di Gennaro Migliore, nominato sottosegretario al ministero di Grazia e Giustizia, è entrato il medico Federico Gelli, come il suo predecessore del Partito Democratico ma fino ad allora non facente parte della Commissione. Anche il vice presidente, Mario Marazziti (Centro Democratico) si era dimesso a causa di altri incarichi ed è stato sostituito da Giuseppe Brescia, del M5S.
Tempo fa avevamo ricostruito i lavori delle audizioni della Commissione, proviamo ora ad aggiornare i dati partendo da una premessa di giudizio. Ci si poteva attendere un impegno più operativo, ispettivo e in grado di affrontare strutturalmente le carenze del sistema di accoglienza. Il mandato lo prevede e con ampi poteri, attendiamo le conclusioni – è prevista a breve una relazione sull’operato – ma non nutriamo grandi speranze in merito.
Le nuove nomine hanno incontrato numerose critiche. L’ingresso di un elemento esterno come Gelli alla presidenza, nominato in quanto esponente del partito di maggioranza, non è stato gradito da M5S e Sel (oggi SI). Duro l’intervento di Erasmo Palazzotto che ha dichiarato il 22 febbraio a Il Fatto: «Non abbiamo nulla di personale nei confronti di Gelli. Ma la logica non può essere quella di occupare posti e di piazzare alla prima occasione utile quelli che non è stato possibile premiare nell’ultima girandola degli incarichi: in questo modo si subordinano i lavori della commissione alle dinamiche interne al Pd e ai rapporti tra i partiti di maggioranza. Avevamo già contestato la costruzione originaria dell’Ufficio di presidenza con due vicepresidenti di maggioranza in una commissione d’inchiesta che indaga su cose che riguardano questo governo. La gestione dei centri di accoglienza non riguarda i fatti del passato ma quello che si fa ora: insomma la maggioranza di governo non può pretendere di essere controllore e controllato».

Palazzotto è entrato nel merito parlando dei fenomeni di corruzione emersi con Mafia Capitale e dintorni e ha aggiunto: «Sarebbe riduttivo limitare lo sguardo ai soli fenomeni speculativi perché poi ci sono anche realtà assolutamente commendevoli che pur in condizioni di emergenza riescono a garantire condizioni di accoglienza dignitose. La comprensione di questi fenomeni deriva da un lavoro intenso di ispezione, di lettura delle carte e dei bilanci. E non vedo come Gelli possa recuperare questo deficit di conoscenza: né si tratta di un lavoro che si possa fare nei ritagli di tempo».
Su quanto è stato realizzato in termini di ispezione avremo modo di trarre bilancio dalla relazione ma intanto proviamo a ricostruire le audizioni che avevamo interrotto al 9 dicembre 2015.

Dicembre 2015
La seduta del 17 dicembre ha permesso l’audizione di due prefetti, Rosetta Scotti Lavina (Dal 1° settembre 2012 Direttore Centrale dei Servizi Civili per l’Immigrazione e l’Asilo e Dal 15 settembre 2014 Direttore Centrale per le Politiche dell’immigrazione e dell’asilo e Francesca Cannizzo, nel 2013 Prefetto di Catania. In quel periodo, terminata ufficialmente l’Emergenza Nord Africa e con il passaggio di molte competenze in materia di accoglienza dalla Protezione Civile al Ministero dell’Interno e quindi alle prefetture, il CARA di Mineo, che insiste sulla provincia catanese era divenuto il più grande d’Europa. Si forma un Consorzio dei Comuni del Calatino che dovrebbe in teoria garantire agli ospiti maggiore accoglienza e possibilità di integrazione ma il tutto si traduce in un coagulo di interessi su cui tuttora si sta indagando.
La seduta del 22 dicembre segue sostanzialmente quella precedente e ha visto l’audizione dell’attuale sottosegretario alle politiche agricole, alimentari e forestali, Giuseppe Castiglione. L’incontro, che ha visto toni anche molto accesi era stato organizzato in ragione che l’On. Castiglione è stato in un periodo particolare, dal 2008 al 2012, Presidente della Provincia di Catania, il territorio in cui insiste il CARA di Mineo. Una storia complessa di dolore e business, quella del centro del Calatino, in cui Castiglione ha avuto un ruolo di primo piano. Nel giugno 2015 egli è stato infatti raggiunto da un avviso di garanzia per turbativa d’asta nell’inchiesta della Procura di Catania sulla gestione del CARA in questione. Inchiesta figlia diretta di quanto partito da Mafia Capitale.

Gennaio 2016
Il 13 gennaio si è svolta l’audizione di Miguel Angelo Nunes Nicolau, Coordinating Officer di Frontex, alla presenza del direttore della Rappresentanza in Italia della Commissione europea e capo del settore politico, Emilio Dalmonte, e dei membri della rappresentanza in Italia della Commissione europea, Marc Arno Hartwig e Francesca Cerri. Il Presidente della Commissione ha ricordato, all’inizio dell’incontro che «l’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea Frontex ha specifiche competenze in materia di gestione delle frontiere esterne in cooperazione con le istituzioni nazionali. L’audizione di rappresentanti di tale organismo costituisce dunque l’occasione per acquisire un prezioso contributo sul tema della identificazione dei migranti e delle misure di origine comunitaria di gestione delle frontiere esterne». Migliore ha ricordato che nel mese di dicembre era stata aperta una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia collegata ad una censura in merito ad una “presunta” insufficienza nell’identificazione di chi sbarca sul territorio nazionale. Il richiamo è ovviamente connesso al rispetto del Regolamento Dublino. Il presidente ha fornito le cifre per il 2015: 153842 persone arrivate, 128796 fotosegnalate di cui 57780 per “ingresso illegale” e 71016 per richiesta di asilo. Tante sono i casi che dimostrano come per mogli degli “illegali” sia stato reso impossibile chiedere prontamente asilo e come, laddove questi siano riusciti a farlo successivamente allo sbarco, numerosi sono quelli che hanno, in prima o seconda istanza, ottenuto forme di protezione.
Quindi l’80% circa di chi è sbarcato è stato fotosegnalato.
Nicolau ha chiarito subito alcuni elementi: a seguito delle pressioni migratorie mai alte come in precedenza, secondo lui, è stato ideato il sistema hotspot che viene individuato dai singoli Paesi e da Frontex, che quindi entra direttamente nel controllo delle politiche interne in materia. «Frontex e le altre agenzie dell’Unione
europea, insieme allo Stato membro interessato, elaborano un pacchetto di sostegno specifico per rafforzare le capacità dello Stato membro in questione – ha affermato – quindi non siamo noi a rilevare le competenze,
non ci sono agenzie che arrivano e assumono la guida delle procedure perché non è corretto: quel che facciamo è fornire un sostegno aggiuntivo agli sforzi già compiuti delle autorità nazionali e dalle autorità
regionali e locali». Ma questo nei fatti si traduce in Italia: Questo si traduce nei fatti in Italia, in un “pacchetto di sostegno fornito da Frontex che riguarda sei ambiti: l’identificazione, e la registrazione, il rinvio, l’esame, dei documenti, l’attività di interrogatorio e l’eventuale rimpatrio. Praticamente tutto. In situazioni più critiche come quella greca, è il caso di ricordarlo, Frontex è ormai presente insieme a “guardie di frontiera” per arginare le fragili frontiere di quel paese. Le affermazioni di Nicolau sono state schiette e per questo fonte di estrema preoccupazione. Il quadro delineato è quello di «Nordafricani che si fingono eritrei o siriani e di somali ed etiopi che si fingono eritrei per avere accesso all’asilo». Come a dire che tale accesso è subordinato non alla situazione personale ma alla nazionalità. Poi si riprende dicendo che anche i “migranti economici” possono provare a chiedere asilo. Certo partono – aggiungiamo noi – da una condizione di difficoltà iniziale non da poco. Deciso poi sul fatto che il ricollocamento per i richiedenti asilo non permette la scelta del paese in cui andare, il dirigente Frontex riafferma l’importanza del prelievo, anche forzato delle impronte – su cui l’Italia dovrebbe introdurre una modifica legislativa -, capacità di valutare e distinguere fra gli sbarcati, chi collabora da chi non collabora (testuale), prossima definizione di una procedura standard per la gestione degli hotspot e dell’intera questione, in sede UE. Nicolau ha evitato di dare risposte “politiche” in merito alla necessità di rivedere il Regolamento Dublino e, pressato da alcune domande, ha riaffermato la necessità della detenzione per i migranti economici da rimpatriare, dell’utilizzo di voli UE per diminuire i costi e della creazione di Ufficiali UE dell’Immigrazione, operanti nei paesi di partenza per facilitare i rimpatri. Rimpatri per cui verranno a breve triplicate le risorse umane a disposizione. Tra le tante sorprese che riserva l’audizione brilla lo stupore provato dal dirigente Frontex, per la scelta di Msf di interrompere il proprio operato nel centro di Pozzallo. Declinando ogni responsabilità – impossibile ospitare in condizioni decenti 600 persone in un posto che ne porta la metà – e scaricando di fatto tutto sulla prefettura, Nicolau reputa “ingiusti” i termini utilizzati dall’Organizzazione Umanitaria.

Il 20 gennaio è stata la volta di ascoltare il Capo della Polizia, il prefetto Alessandro Pansa che ha fornito dati ed è sceso anche in dettagli utili. Ha chiarito che alla fine del 2015 delle persone sbarcate, l’83,9% erano state sottoposte a fotosegnalamento con la prospettiva di giungere al 100% Il miglioramento a detta del dirigente è dovuto al fatto che precedentemente esistevano forme di fotosegnalamento diversificate (migranti economici/richiedenti asilo), oggi con le norme introdotte col sistema Eurodac, sono considerati tutti irregolari fino a quando non riempiono il modello C3. Il suo è stato un lungo intervento che troverete nel resoconto stenografico della seduta (come delle altre citate) in cui sono stati affrontati i nodi centrali, dalle modalità di accesso alla richiesta di asilo, per Pansa sempre possibili, anche nei CIE, per vari parlamentari resi difficili da mancanza di informazioni in tempo, dovute, secondo il Capo della Polizia ai momenti di caos connessi a grandi sbarchi. Nel dibattito si è parlato delle modalità di trattenimento di coloro che non chiedono istantaneamente asilo, dell’uso della forza (per Pansa inutile perché le impronte prese a forza o spezzano le dita – e nessuno si assume tale responsabilità – o “vengono male”), del sistema hotspot, che a detta del prefetto, potrebbe risultare risolutivo a condizione che venga normato, non esistendo ancora alcuna fonte giuridica che ne disciplini l’esistenza e il funzionamento come accade per gli altri centri. Intervenendo su casi specifici ha provato a sminuirne il peso, a definirne la soluzione ed è stato anche estremamente realista nello specificare come chi è chiuso in un CIE ma poi non viene rimpatriato per impedimenti dovuti al paese di origine, può solo ricevere intimazioni a lasciare il territorio nazionale. In merito a espulsioni e rimpatri ha fornito dati utili disaggregati partendo da una affermazione secca:«Noi – tanto per semplificare – rimpatriamo i nigeriani, gli egiziani, i tunisini e, anche se meno, i marocchini e gli algerini. Abbiamo appena fatto un accordo di polizia con il Gambia con cui stiamo avviando dei rimpatri, ma quando si tratta delle altre nazioni quasi mai rimpatriamo qualcuno, perché non ci sono accordi di riammissione, perché non vengono fatti con una pressione politica di tipo internazionale da parte dell’Unione europea». Aggiungendo poi:«Se prendiamo in esame il 2015, i provvedimenti che sono stati emessi sono stati 34.107, di varia tipologia. In particolare, quelli che sono stati effettivamente allontanati sono stati 15.979. Gli stranieri che non sono stati allontanati sono 18.128, mentre sono 8.736 quelli respinti alla frontiera cui non è stato permesso di entrare nel territorio nazionale e che sono stati rimandati indietro. Quelli respinti dai questori con il provvedimento previsto dal nostro ordinamento sono stati 1.345, di cui 176 hanno ottemperato volontariamente all’ordine del questore o all’intimazione del questore e 296 al provvedimento di espulsione. Coloro che sono stati, con provvedimento di espulsione, presi e portati alla frontiera, quindi accompagnati nel Paese di origine, sono 2.529. Altri 1.159 sono stati espulsi effettivamente con accompagnamento, sulla base di un provvedimento emesso dall’autorità giudiziaria, e 1.738 sono stati quelli riammessi nelle procedure di confine». L’obiettivo rimarcato è quello di non aver più accordi bilaterali per i rimpatri ma di carattere europeo.

L’ultima audizione ad oggi riportata è quella del 26 gennaio, con la presenza del Prefetto di Agrigento, dottor Nicola Diomede, e del Questore di Agrigento, Mario Finocchiaro, del Prefetto di Ragusa, dottoressa Maria Carmela Librizzi, e del Questore di Ragusa, dottor Giuseppe Gammino, e del Prefetto di Trapani, dottor Leopoldo Falco, e del Questore di Trapani, dottor Maurizio Agricola. Di fatto si sono fornite importanti informazioni e notizie su quanto sta accadendo in Sicilia.
Il Prefetto di Agrigento si è soffermato sulla situazione di Lampedusa, dove il passaggio da CPSA ad hotspot, a suo avviso ha portato poche modifiche, non certo legate alle forme di assistenza fornite ma ai principi introdotti con la roadmap. Una analisi smentita da alcuni interventi di parlamentari come dal sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini, ma anche in merito consideriamo utile dare intera lettura del dibattito che si è prodotto in Commissione. Alcune novità sono state portate anche in merito ai paesi i cui cittadini sono considerati aventi diritto di relocation (Bahrein, Swaziland, Yemen e Repubblica Centrafricana), il tutto in un anno in cui gran parte delle persone giunte provenivano rispettivamente da Eritrea, Nigeria, Somalia e Marocco. Il Prefetto ha definito meglio anche le condizioni dell’hub presente in provincia, quello di Siculiana (Villa Sikania) dove possono essere ospitate 278 persone, tutti “rilocandi” quasi totalmente eritrei. Se per il Prefetto “i migranti economici non esistono” per il Questore si definiscono tali “tutti quelli che non chiedono asilo”. In questa come nelle altre audizioni sono emerse le tante difficoltà di accedere all’asilo, gli “incidenti di percorso” che hanno portato a respingimenti differiti con tutte le difficoltà che questo ha creato. Si è parlato espressamente di «persone che non dichiarano motivi diversi da quelli dell’asilo ovviamente rimangono all’interno del centro di accoglienza di Lampedusa e vengono trasferite anch’esse a Porto Empedocle. Sulla base di alcune direttive ministeriali, nei confronti di queste persone viene adottato il provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale entro il termine di sette giorni».
Da aggiungere anche per quanto riguarda Lampedusa le discrasie fra i tempi eccessivi di trattenimento nell’hotspot ( fino a 2 mesi) motivati con le condizioni del mare che a volte per 7 / 8 giorni risultavano proibitive e a causa della stessa natura dell’isola. Altro elemento critico emerso è connesso al centro di Siculiana, di fatto utilizzato tanto come Hub quanto come CAS.
Altrettanto complessa la situazione a Ragusa dove Prefettura e Questura sono al centro dei problemi che si sono venuti a creare nell’Hotspot di Pozzallo di cui si è già detto. Tante le vicende che trovano solo in parte spiegazione e per cui rimarranno probabilmente molti elementi di disagio che non potranno essere risolti da una tensostruttura.
Le autorità di Trapani hanno invece evidenziato quanto accaduto nella rapida trasformazione del CIE di Contrada Milo (ritenuto pessimo anche dal Prefetto) in Hotspot. Non è cambiato l’ente gestore che però ora lavora a pieno regime con identico personale (oltre 200 presenze) e che ha una convenzione valida per altri 2 anni. In questa sede ha trovato risposta parziale una vicenda che aveva portato quasi 200 profughi ad essere prima respinti e poi riammessi nell’Hotspot in base al fatto che avrebbero prima dichiarato di voler chiedere accoglienza per lavorare e solo dopo di reclamare asilo. Sulla provincia di Trapani c’è una presenza, va detto di 7 profughi su 1000 abitanti ( la media dovrebbe non superare i 2) e questo è stato fatto notare per riaffermare come solo 3 Hotspot funzionanti (Lampedusa, Pozzallo e Trapani) non sono sufficienti. Ma è evidente che se ne apriranno altri.

Conclusioni

Difficile capire cosa accadrà nei prossimi giorni. I lavori della Commissione, come si diceva all’inizio, si sono interrotti quando il presidente Gennaro Migliore ha ricevuto un incarico di governo tale da rendere incompatibile il mantenimento dell’incarico. Il nuovo presidente risulta totalmente estraneo ai lavori svolti nello scorso anno dall’organismo che presiede e quindi davanti ci sono solo due strade. O la Commissione presenta una sua relazione finale che, stante le condizioni di arrivo potrebbe anche portare ad ulteriori relazioni di minoranza. Oppure verrà a breve emanato un ddl di proroga dei suoi lavori. La seconda soluzione permetterebbe di approfondire i numerosi aspetti non ancora affrontati ma la necessità di rendere pubblico quanto finora emerso, al di là dei resoconti stenografici degli atti parlamentari, resta immutata. Certo è che ad una prima valutazione ci sono anni luce di distanza fra i lavori di questa Commissione e quella che nel 2006 venne creata con la presidenza di Staffan Demistura. Era una Commissione allora forse con meno poteri ma costituita da persone profondamente interne alle tematiche dell’immigrazione che produsse un lavoro, per l’epoca, avanzato, ma rimasto inevaso.