Navi da guerra per la Libia, morti in mare in Grecia e Spagna

Si tratta di venti di guerra o si stanno soltanto mostrando i muscoli in vista delle vicende politiche che si stanno determinando? Difficile capire quanto sta avvenendo, letteralmente in queste ore, fra Italia e Libia. Il governo di Tobruq, quello internazionalmente riconosciuto e dovrebbe interfacciarsi con le altre forze in campo in Libia per dar vita ad un governo di unità nazionale, ha denunciato ieri, “l’ingresso” di tre navi da guerra italiane nei pressi delle proprie coste a Daryana, circa 55 km ad est di Bengazi. Il governo libico, come ormai d’uso, nella politica internazionale, ha comunicato tale notizia attraverso pagina Facebook e Twitter. Le parole utilizzate verso l’Italia sono molto dure e nette: «Il governo libico non esiterà a ricorrere a tutti i mezzi che gli consentano di proteggere le sue frontiere e la sua sovranità territoriale. L’Italia deve rispettare i trattati firmati tra i due Paesi. l’ingresso delle navi italiane è un atto contrario a tutti gli accordi internazionali ratificati dall’Onu». Sempre ieri, ma in serata, alcuni caccia militari libici sono decollati per monitorare l’attività delle navi italiane, secondo quanto affermato dal Capo di Stato maggiore libico Saqr Geroushi. Dal Ministero della Difesa italiano giunge una altrettanto immediata smentita definendo totalmente falsa la notizia: «Tutte le navi militari italiane presenti nel Mediterraneo operano in acque internazionali rispettando i limiti stabiliti dai trattati». Per l’Italia tale alzata di toni appare connessa al fatto che lunedì 2 novembre, il governo di Tobruq dovrebbe esprimersi sulla proposta dell’inviato speciale Onu, Bernardino Leon, per un governo di unità nazionale. Per ricordare insomma che l’Onu non si è ancora pronunciata in merito allo sviluppo delle fasi 2 e 3 di EUNAVFOR-MED che prevedono, intanto di intercettare e affondare le imbarcazioni che trasportano profughi anche in acque territoriali libiche (teoricamente dopo aver posto in salvo le persone) e poi di intervenire militarmente anche in territorio libico per impedire ai natanti di partire. Un’operazione ora ribattezzata “Sofia” in nome di una bambina nata durante il salvataggio di alcuni naufraghi, per dare una parvenza umanitaria ad interventi di carattere squisitamente militari e politici. Ma tra le ragioni delle tensioni va anche considerato l’avvicinarsi dell’incontro di Malta fra governi europei e Unione Africana, in cui si rivedranno gli accordi in materia di riammissione di migranti, di contrasto agli ingressi irregolari, di esternalizzazione delle frontiere. Da ultimo le stesse dichiarazioni italiane hanno elementi di ambiguità: si dice che nessuna imbarcazione della marina militare è entrata nelle acque territoriali libiche ma non si smentisce la presenza di tali natanti nell’area ed è noto che anche rispetto alla definizione di quali siano le acque territoriali, nel Golfo della Sirte, il contenzioso fra Italia e Libia va avanti dal 1973 almeno.

Ma mentre c’è il rischio che il pretesto degli smugglers faccia tuonare i cannoni il Canale di Sicilia è solcato per i soccorsi ormai soltanto dalle imbarcazioni delle organizzazioni umanitarie come Medici Senza Frontiere. Le partenze sono ridotte da quei porti ma si continua a morire in altre aree. Nei pressi dell’isola greca di Samos, sono morte 11 persone di cui 6 bambini (4 poco più che neonati) mentre i sopravvissuti sono stati tratti in salvo dalla popolazione locale. Questo meno di una settimana dopo il naufragio di una imbarcazione nei pressi dell’isola di Lesbos (dove dovrebbe sorgere un Hotspot) e in cui erano stipate circa 300 persone. Il bilancio è di 7 morti, (4 bambini) e 34 dispersi. La Grecia, secondo i piani UE dovrebbe garantire assistenza a 50 mila profughi rispetto ai 10 mila che ospita attualmente ma le risorse elleniche scarseggiano e il premier Tsipras ha lanciato l’allarme. Intanto mentre da una parte si dichiara la volontà di superare il Regolamento Dublino, le pratiche di ricollocazione dei profughi sono bloccate e “Dublino” torna ad essere applicato con rimpatri anche verso la Grecia, fino a poco fa considerata inadatta a garantire accoglienza. Una contraddizione che svela una politica tanto miope che ipocrita. E anche in Spagna si muore. Di due giorni fa la notizia dell’affondamento di una imbarcazione nelle acque fra il Marocco e la Spagna. A bordo erano presenti 55 persone con due donne in stato di gravidanza. 15 le persone soccorse e portate a Malaga insieme a 4 cadaveri recuperati. Gli altri sono dispersi e per loro si nutrono ben poche speranze. Si aggiugono all’elenco infinito dei morti in mare.

 

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